METODOLOGIA DELLA RICERCA STORICA
Dalle conoscenze alle competenze, passando per le opzioni


LEGGI DELLA STORIA (DELLE CIVILTA')
DECALOGO PER IL MESTIERE DI STORICO

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Nota: 1=classi abbienti; 0=ceti marginali. Domande o istanze o rivendicazioni, che si influenzano a vicenda. Risposte o soluzioni operative, frutto di un compromesso o intesa o, al contrario, di una rivoluzione. Dalla insoddisfazione relativa alle risposte date nascono nuove domande, e il meccanismo si ripete.

  1. Quanto più è grande l'insoddisfazione dei ceti marginali, tanto maggiore è la soddisfazione delle classi abbienti.
  2. Quanto meno le domande più pertinenti trovano adeguate risposte, tanto più peggiorano le contraddizioni sociali che le hanno generate.
  3. E' importante che le domande siano pertinenti, ma è più importante che siano condivise.
  4. Quanto più le domande sono condivise, tanto più coerenti o radicali saranno le risposte.
  5. Le domande vengono tanto più comprese, quanto più si prende in esame la situazione sociale che le ha generate.
  6. Se una domanda non trova adeguata risposta, riemerge sempre, anche se non necessariamente nelle stesse forme o modi.
  7. La capacità di saper porre le domande giuste non dipende esclusivamente dalla situazione sociale che si vive, anche se questa può aiutare.
  8. Non c'è nessuna domanda a cui non si possa trovare risposta. Le domande per le quali non si riesce a trovare una risposta, sono domande inutili.
  9. Non è mai successo che una domanda abbia trovato una risposta soddisfacente al 100%.
  10. Quando una medesima risposta permane per troppo tempo, significa che si è tolta la facoltà di porre domande.

Ora, partendo da quest'ultimo punto, vediamo di stabilire altri principi generali utili alla ricerca storica. Infatti, da quando si sono affermate le civiltà, basate sui conflitti antagonistici tra classi o ceti, non solo si è guastato in maniera irreparabile il rapporto uomo-natura (i grandi deserti lo dimostrano, anche se i geografi ci dicono che le cause vanno cercate soltanto negli sconvolgimenti climatici), ma si è anche compromesso il rapporto dell'uomo con se stesso.

Tutti i tentativi che, all'interno di queste civiltà, hanno cercato di recuperare la memoria di un'esperienza comunitaria del passato pre-schiavistico, sono falliti. Il tradimento ha sempre prevalso sulla realizzazione pratica degli ideali positivi, umanistici.

Nel corso di questi continui tradimenti s'è potuta costatare la presenza di alcuni fenomeni costanti, trasversali alla varie civiltà:

  1. ogni tradimento si scontra sempre con una certa resistenza, la cui effettiva entità o consistenza, essendo in genere poco documentata (proprio perché minoritaria o perdente), va più che altro intuita, ipotizzata sulla base di alcuni significativi indizi;
  2. di questa resistenza permangono col tempo alcune tracce, nonostante lo sviluppo della società o civiltà basata sui tradimenti, ma le tracce, se non vengono in qualche modo recuperate, tendono a scomparire in maniera irrecuperabile;
  3. spesso, quanto più i tradimenti sono stati forti, tanto maggiori sono state le opposizioni, ma il contrario non è sempre vero: cioè un tradimento può essere forte anche in presenza di un'opposizione debole;
  4. quando la resistenza non riesce a recuperare le forme del comunismo primitivo (perché p.es. si è lasciato passare troppo tempo), i nuovi ideali si affermano in maniera incoerente, istintiva, al punto che a volte si finisce col creare situazioni ancora più difficili da gestire, ancora più conflittuali, pur essendo partiti da intenzioni opposte;
  5. si può in un certo senso dire che finché la memoria del passato comunitario resta viva, gli errori che si compiono, opponendosi ai tradimenti, sono minori, rispetto a quando ci si deve basare unicamente su un desiderio represso di liberazione;
  6. la resistenza ai tradimenti riporta sempre meno alla situazione originaria se la memoria collettiva s'indebolisce progressivamente. Le opposizioni ai tradimenti affermano valori diversi da quelli sui quali s'era operato il tradimento. Detto altrimenti: se la resistenza è un recupero della memoria perduta, la differenza tra i valori, vecchi e nuovi, sarà irrilevante; ma se la resistenza si deve prevalentemente basare sul desiderio di liberazione (privo di memoria), è facile che la diversità tra i valori sia significativa.
  7. In ogni caso, come regola storica generale, si potrebbe affermare che è impossibile distruggere la memoria storica del comunismo primitivo senza che si formino determinate opposizioni, e anche quando queste non si sviluppano in maniera significativa, è la stessa natura che prende a ribellarsi. La distruzione del passato comporta l'autodistruzione del presente. E in questo processo autodistruttivo chi detiene le leve del potere cercherà di farne pagare tutte le conseguenze alle categorie più deboli, le quali devono arrivare alla consapevolezza che la ribellione violenta è l'unico modo per sopravvivere.
  8. Esiste una tendenza indubitabile alla mondializzazione o globalizzazione di questi fenomeni. Tradimenti e opposizioni ai tradimenti stanno sempre più assumendo una posizione geopolitica planetaria.

* * *

Nella storia gli avvenimenti si ripetono, ma mai in maniera uguale. Non può essere rappresentata da un cerchio l'evoluzione umana, bensì da una spirale, che è in fondo una sequenza di cerchi collegati tra loro, un po' come la struttura del Dna.

Questo perché esiste un'evoluzione, che può essere indicata da una linea retta. La storia è una retta elicoidale, i cui cerchi non sono perfettamente concentrici (uno dentro l'altro), ma come sollevati uno sull'altro, diretti verso una qualcosa. Partono da un punto e sembrano dirigersi verso un altro punto, seguendo un percorso non rettilineo, non uniforme, ma tortuoso.

E' il difficile cammino della libertà di coscienza. Non sono gli anelli che si vedono, perfettamente concentrici, quando si sega un albero a metà o quando si getta un sasso nello stagno. Non c'è un cerchio uguale all'altro, proprio perché la coscienza con cui gli uomini compiono le cose non è mai la stessa, ma sempre in rapporto a determinate culture.

La libertà di coscienza agisce sulla base dei valori che le culture si danno, valori dominanti, della classe al potere, e valori alternativi, che vogliono progressivamente sostituirsi agli altri.

E' dunque sbagliato pensare che esistano dei "corsi e ricorsi" in cui tutto si ripete meccanicamente. E' sbagliato pensare che il crollo del capitalismo sarà analogo a quello dello schiavismo. E' sbagliato pensare che il socialismo democratico sarà analogo al feudalesimo. Anche nel caso in cui dovesse imporsi l'autoconsumo, non si potrà mai parlare di socialismo finché esisterà lo sfruttamento del lavoro altrui.

LE MASSE E LA STORIA

Sono le masse che fanno la storia. Gli individui singoli possono costituire delle interferenze, in positivo o in negativo, all'interno di determinati processi storici, ma, in ultima istanza, non hanno un valore determinante per i mutamenti epocali.

Napoleone p.es. cercò di esportare con la violenza i valori della democrazia borghese, espressi dalla rivoluzione francese, ma, benché quei valori risultassero più progressivi rispetto a quelli aristocratici dell'ancien régime, ne uscì sconfitto. Solo quando quegli stessi valori furono assunti in maniera più democratica dalle masse, essi risultarono vincenti.

E' infatti importante che il nuovo dimostri d'essere migliore del vecchio sul piano pratico e non solo su quello teorico, e anzitutto sul piano democratico, evitando ogni forma di autoritarismo.

Non basta aver ragione per vincere, bisogna anche saper convincere e, per riuscire a farlo, bisogna anzitutto dimostrarlo sul piano pratico, quello etico e politico, quello delle idee che si concretizzano in attività sociali e democratiche, che possono anche essere semplicemente pre-politiche.

L'uso delle armi può al massimo essere una conseguenza dovuta alla necessità di difendere dei valori umani, delle buone pratiche. Quando il popolo si arma per difendere se stesso, per migliorare la sua condizione di vita, la vittoria è molto probabile.

Non basta aver ragione per vincere, bisogna anche saper convincere e, per riuscire a farlo, bisogna vincere la tentazione di usare la forza, a meno che non si sia costretti da circostanze di grave pericolo. Il popolo non ha bisogno delle armi per dimostrare d'aver ragione, ma può usarle quando gli si impedisce di averla.

D'altra parte è vero anche il contrario, e cioè che non basta essere nel torto per perdere la partita: bisogna saper togliere alla forza, al potere, al privilegio una qualunque giustificazione. Non c'è vero progresso nella violenza gratuita, nella reazione istintiva, nella repressione di massa, nella cieca vendetta: l'unico vero progresso è quello delle masse che chiedono giustizia.

Non che le masse in sé siano un idolo da adorare; è che i singoli o i gruppi di potere hanno molte meno possibilità di avere ragione. Anche le masse, quando tratte in inganno, possono compiere errori madornali. La storia è piena di esempi del genere, a partire dal peccato originale.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Metodologia della ricerca storica
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Aggiornamento: 01/05/2015