METODOLOGIA DELLA RICERCA STORICA
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LEGGI DELLA STORIA (DELLE CIVILTA') Nota: 1=classi abbienti; 0=ceti marginali. Domande o istanze o rivendicazioni, che si influenzano a vicenda. Risposte o soluzioni operative, frutto di un compromesso o intesa o, al contrario, di una rivoluzione. Dalla insoddisfazione relativa alle risposte date nascono nuove domande, e il meccanismo si ripete.
Ora, partendo da quest'ultimo punto, vediamo di stabilire altri principi generali utili alla ricerca storica. Infatti, da quando si sono affermate le civiltà, basate sui conflitti antagonistici tra classi o ceti, non solo si è guastato in maniera irreparabile il rapporto uomo-natura (i grandi deserti lo dimostrano, anche se i geografi ci dicono che le cause vanno cercate soltanto negli sconvolgimenti climatici), ma si è anche compromesso il rapporto dell'uomo con se stesso. Tutti i tentativi che, all'interno di queste civiltà, hanno cercato di recuperare la memoria di un'esperienza comunitaria del passato pre-schiavistico, sono falliti. Il tradimento ha sempre prevalso sulla realizzazione pratica degli ideali positivi, umanistici. Nel corso di questi continui tradimenti s'è potuta costatare la presenza di alcuni fenomeni costanti, trasversali alla varie civiltà:
* * * Nella storia gli avvenimenti si ripetono, ma mai in maniera uguale. Non può essere rappresentata da un cerchio l'evoluzione umana, bensì da una spirale, che è in fondo una sequenza di cerchi collegati tra loro, un po' come la struttura del Dna. Questo perché esiste un'evoluzione, che può essere indicata da una linea retta. La storia è una retta elicoidale, i cui cerchi non sono perfettamente concentrici (uno dentro l'altro), ma come sollevati uno sull'altro, diretti verso una qualcosa. Partono da un punto e sembrano dirigersi verso un altro punto, seguendo un percorso non rettilineo, non uniforme, ma tortuoso. E' il difficile cammino della libertà di coscienza. Non sono gli anelli che si vedono, perfettamente concentrici, quando si sega un albero a metà o quando si getta un sasso nello stagno. Non c'è un cerchio uguale all'altro, proprio perché la coscienza con cui gli uomini compiono le cose non è mai la stessa, ma sempre in rapporto a determinate culture. La libertà di coscienza agisce sulla base dei valori che le culture si danno, valori dominanti, della classe al potere, e valori alternativi, che vogliono progressivamente sostituirsi agli altri. E' dunque sbagliato pensare che esistano dei "corsi e ricorsi" in cui tutto si ripete meccanicamente. E' sbagliato pensare che il crollo del capitalismo sarà analogo a quello dello schiavismo. E' sbagliato pensare che il socialismo democratico sarà analogo al feudalesimo. Anche nel caso in cui dovesse imporsi l'autoconsumo, non si potrà mai parlare di socialismo finché esisterà lo sfruttamento del lavoro altrui. LE MASSE E LA STORIA Sono le masse che fanno la storia. Gli individui singoli possono costituire delle interferenze, in positivo o in negativo, all'interno di determinati processi storici, ma, in ultima istanza, non hanno un valore determinante per i mutamenti epocali. Napoleone p.es. cercò di esportare con la violenza i valori della democrazia borghese, espressi dalla rivoluzione francese, ma, benché quei valori risultassero più progressivi rispetto a quelli aristocratici dell'ancien régime, ne uscì sconfitto. Solo quando quegli stessi valori furono assunti in maniera più democratica dalle masse, essi risultarono vincenti. E' infatti importante che il nuovo dimostri d'essere migliore del vecchio sul piano pratico e non solo su quello teorico, e anzitutto sul piano democratico, evitando ogni forma di autoritarismo. Non basta aver ragione per vincere, bisogna anche saper convincere e, per riuscire a farlo, bisogna anzitutto dimostrarlo sul piano pratico, quello etico e politico, quello delle idee che si concretizzano in attività sociali e democratiche, che possono anche essere semplicemente pre-politiche. L'uso delle armi può al massimo essere una conseguenza dovuta alla necessità di difendere dei valori umani, delle buone pratiche. Quando il popolo si arma per difendere se stesso, per migliorare la sua condizione di vita, la vittoria è molto probabile. Non basta aver ragione per vincere, bisogna anche saper convincere e, per riuscire a farlo, bisogna vincere la tentazione di usare la forza, a meno che non si sia costretti da circostanze di grave pericolo. Il popolo non ha bisogno delle armi per dimostrare d'aver ragione, ma può usarle quando gli si impedisce di averla. D'altra parte è vero anche il contrario, e cioè che non basta essere nel torto per perdere la partita: bisogna saper togliere alla forza, al potere, al privilegio una qualunque giustificazione. Non c'è vero progresso nella violenza gratuita, nella reazione istintiva, nella repressione di massa, nella cieca vendetta: l'unico vero progresso è quello delle masse che chiedono giustizia. Non che le masse in sé siano un idolo da adorare; è che i singoli o i gruppi di potere hanno molte meno possibilità di avere ragione. Anche le masse, quando tratte in inganno, possono compiere errori madornali. La storia è piena di esempi del genere, a partire dal peccato originale. |