METODOLOGIA DELLA RICERCA STORICA
Dalle conoscenze alle competenze, passando per le opzioni


CONTRO LA STORIA INSEGNATA

La storia che si insegna non è mai quella che effettivamente avvenne, ma soltanto quella che risultò alla fine di un determinato processo storico, avente un inizio e una fine. E' una storia post-eventum, di quel che è già stato deciso dagli avvenimenti. Non ci si chiede se il nazismo avrebbe potuto non andare al potere o quali potevano essere le condizioni per cui non ci andasse; si prende semplicemente atto che non esistevano condizioni sufficienti per impedire il formarsi di quell'evento.

Rebus sic stantibus, è facile rendersi conto che la storia, propriamente parlando, non può essere "insegnata", proprio perché, così facendo, si viene a negarle quanto di meglio la caratterizza, e cioè lo svolgimento temporale della libertà, quello in itinere, ch'era carico di contraddizioni, di ipotesi in gioco, di molta incertezza sui risultati finali di determinate scelte, quello in cui le forze in campo s'affrontano in una battaglia dai risultati incerti.

Chi "fa storia", cioè chi la "vive", non chi "studia" quella altrui, non può essere sicuro di come gli eventi andranno a finire, soprattutto quando sono in atto dei processi rivoluzionari. Ecco perché, invece di "insegnare storia", bisognerebbe porre i giovani di fronte a un problema, chiedendo loro come lo risolverebbero (è così che si misurano le sue competenze, che sono altra cosa rispetto alle conoscenze e alle abilità). Dalla storia si possono poi ricavare degli esempi da utilizzare come oggetto di discussione. Gli esempi servono per confrontarsi sulle scelte che nel passato altri avevano compiuto su problemi sostanzialmente analoghi ai nostri.

Dunque la "storia studiata" (la didattica della storiografia) deve partire da una simulazione. Occorre fingere una situazione, un caso, una problematica, partendo da una contingenza reale, di tipo sociale, economico, materiale, tecnico... Questo è l'unico modo di uscire dal nozionismo. Si ipotizza una situazione conflittuale, problematica, contraddittoria, e si chiede allo studente quali soluzioni è possibile prospettare. Così lo si abitua a fare "politica", che in teoria dovrebbe essere la scienza preposta a risolvere problemi di una determinata comunità di persone.

In un certo senso la didattica della storia deve contenere un preliminare aspetto romanzato, una sorta di premessa astratta in cui viene ipotizzata una situazione immaginaria ma sufficientemente verosimile. Questa è stata la tecnica che i redattori cristiani hanno adottato per scrivere i vangeli. L'aspetto preliminare romanzato, quello indimostrabile, è stata la resurrezione del Cristo, attorno a cui hanno ricostruito in maniera mistificata una storia realmente accaduta.

Tutto, comunque, va messo per iscritto, perché poi si dovranno confrontare le scelte che nel passato sono state operate su un problema analogo. La storia non va imparata a memoria, o riassunta, non va studiata secondo la logica concatenante di causa ed effetto; anche perché, posto un determinato problema da risolvere, si possono andare a cercare esempi equivalenti in qualunque periodo o epoca storica.

La storia non va studiata in ordine cronologico ma tematico. Quando si sceglie l'impostazione tematica, è inevitabile che l'ordine sequenziale-cronologico venga sostituito da quello reticolare-trasversale. Se si sceglie p.es. l'argomento della progressiva rivendicazione della libertà da parte delle colonie nei confronti delle loro madrepatrie, è evidente che un argomento del genere riguarda tutte le civiltà antagonistiche, nessuna esclusa.

A questo punto si deve necessariamente costruire un quadro sinottico, mettendo in parallelo le soluzioni predisposte da ogni civiltà nei confronti di un determinato problema. La storia va fatta per problemi, nei cui confronti si deve cercare di elaborare delle teorie astratte, dei concetti, delle categorie, si devono trovare delle leggi che tendono a ripetersi, delle invarianze, delle chiavi interpretative sufficientemente oggettive.

E di ogni soluzione "storica" che si è deciso di scegliere e di esaminare, bisognerà verificare criticamente se è stata illusoria o efficace, se ha creato nuovi problemi, ancora più gravi dei precedenti, o se ha spostato in avanti la soluzione di quest'ultimi, e questo facendo sempre attenzione a distinguere tra "contraddizioni contingenti" e "contraddizioni strutturali" (cioè "antagonistiche", per la cui soluzione viene richiesto un intervento particolare, che ribalti i termini della questione).

Se la storia non aiuta a risolvere i problemi del presente, è meglio concentrarsi sull'uso di altri strumenti. La storia deve aiutare a capire se nel passato si sono date delle risposte convincenti, utili, a problemi analoghi a quelli che noi viviamo nel presente. Si pensi solo alla dialettica tra democrazia e dittatura. Nella storia sono tantissimi gli esempi in cui si cerca di superare in maniera autoritaria (seppur in forma mascherata) un momento di forte crisi della democrazia. A scuola non si può fare politica in senso stretto, poiché, inevitabilmente, non essendoci un rapporto alla pari, lo studente verrebbe condizionato dal docente. Si può però fare politica indirettamente, operando una riflessione culturale astratta su un problema ipotetico, affrontato in maniera simulata.

Sotto questo aspetto non ha neppure senso citare dei personaggi. Quando un collettivo sceglie, ad un certo punto, la dittatura, è indifferente sapere che il dittatore si chiamasse Napoleone o Mario Rossi. Infatti è impossibile che un duce possa aspirare a governare senza un esplicito consenso di massa. Quando si appoggia qualcuno, lo si fa come se al suo posto ci fossimo noi stessi. Noi concediamo a lui gli stessi poteri che vorremmo fossero dati a noi al suo posto. Ecco perché le dittature persistono anche dopo la morte dei dittatori. E' un determinato stile di vita che va superato.


Web Homolaicus

Foto di Paolo Mulazzani


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Storia - Metodologia della ricerca storica
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Aggiornamento: 01/05/2015