APPUNTI DI STORIA DELL'ANTISEMITISMO

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APPUNTI DI STORIA DELL'ANTISEMITISMO

I - II - III - IV - V - VI

Epoca romano-cristiana

Nel periodo che va dall'Editto di Milano del 313, dell'imperatore Costantino, al Concilio di Nicea del 325, in cui lo stesso Costantino si fa difensore del cristianesimo ortodosso contro quello ariano, l'ebraismo divenne da "religione permessa" a "setta nefasta e sacrilega".

L'imperatore Teodosio nel 438 emanò un decreto che prevedeva l'esclusione degli ebrei da tutti gli uffici pubblici (soprattutto magistratura e insegnamento). Nel V sec. iniziano le vessazioni cristiane nei confronti degli ebrei: di rilievo l'assalto alla comunità di Alessandria d'Egitto nel 415. Tutta la legislazione antiebraica viene inserita da Giustiniano nel Corpus iuris civilis.

Epoca medievale

I barbari non sono antisemiti ma lo diventano (soprattutto Visigoti e Merovingi) nella misura in cui si cristianizzano.

I musulmani perseguitano gli ebrei fino al regno di Omar (632-61), ma in Spagna sotto la dominazione islamica gli ebrei vivono un periodo d'intensa attività culturale e non pochi di loro sono ministri dei califfi e medici di corte. Notevole è la letteratura giudeo-araba (Avicebron, Maimonide...).

Il regno dei Chazari (tra la Russia e l'impero bizantino) abbraccia l'ebraismo anche nei suoi livelli più alti del potere (455-1016).

L'inizio delle crociate cristiane contro l'islam segna una nuova ondata di antisemitismo. Già nella prima crociata del 1095 l'uccisione di un ebreo viene considerata del tutto lecita, soprattutto se si era indebitati con loro (se ne uccisero almeno 10.000). Si noti che l'antisemitismo aumenta quanto più la società feudale passa dall'autoconsumo al mercato.

La tendenza a isolare gli ebrei da parte delle istituzioni cristiane si manifesta soprattutto a partire dal Mille, in tutta Europa. Sin dal 1179 una disposizione canonica del III Concilio Laterano proibisce a ebrei e cristiani di vivere insieme, anzi chiede di separare nettamente le rispettive abitazioni.

Il primo decreto di espulsione di ebrei dalla Francia viene firmato dal re Filippo Augusto nel 1181.

A partire dal XII sec. la persecuzione da religiosa diventa etnico-sociale. Gli ebrei vengono accusati di praticare l'omicidio rituale di bambini cristiani per ricavarne sangue con cui impastare il pane azzimo e di profanare ostie consacrate. Il cattolicesimo romano diventa tanto più intollerante quanto più perde il controllo della società feudale. Quanto più s'afferma la borghesia contro la nobiltà (laica ed ecclesiastica), tanto più le autorità cattoliche reagiscono con l'uso della forza, cercando pretesti d'ogni tipo: tra questi uno dei più significativi è appunto l'antisemitismo, l'altro quello dell'antislamismo.

La decretale di Innocenzo III, Etsi ludaeos (1205), è piena di stereotipi antisemiti: carnalità ebraica (opposta a spiritualità cristiana), sporcizia ebraica, pratiche magiche, odio ebraico verso i cristiani... Viene elaborata giuridicamente la teoria agostiniana della perpetua servitù degli ebrei (riaffermata da papa Gregorio IX nel 1234, che per la prima volta, peraltro, condanna il Talmud). Lo stesso papa permette a chi parte per la crociata di non pagare i debiti contratti con gli ebrei.

Il IV Concilio Laterano del 1215 obbliga gli ebrei a portare un segno distintivo di riconoscimento (fino ad allora era stato imposto solo alle prostitute). I rapporti sessuali con ebrei potevano anche essere puniti con la morte. A questo decreto si oppongono però i re castigliani.

Le discriminazioni non riguardano soltanto il divieto di matrimonio o di convivenza o di pasto coi cristiani, ma anche di rivestire funzioni pubbliche, di insegnare, di possedere la terra, di fare i mediatori in qualsivoglia negoziato, di testimoniare a carico dei cristiani nei tribunali, di costruire sinagoghe, di consultare medici ebrei da parte dei cristiani, di frequentare bagni pubblici (se non nel giorno riservato alle prostitute), di militare nelle forze armate o di poter accedere alla carriera ecclesiastica o alle corporazioni di arti e mestieri anche dopo la conversione. Praticamente agli ebrei restavano solo forme marginali o indegne o illecite di commercio e finanza (p. es. l'usura: gli ebrei potevano esigere l'interesse da parte dei non ebrei, come prescrive Dt 23,20). Tuttavia l'antigiudaismo medievale poteva essere superato se l'ebreo accettava di abiurare la propria fede battezzandosi cristianamente.

A Parigi nel 1242 ventiquattro carri di manoscritti ebraici di inestimabile valore vengono pubblicamente bruciati.

Nel 1247 papa Innocenzo IV destituisce di fondamento l'accusa di omicidio rituale.

Nel 1300 vengono bruciati vivi 160 ebrei a Chinon in Francia, altri 40 si suicidano in prigione.

A Francoforte viene fatto un pogrom contro gli ebrei nel 1240 e un altro nel 1349. Sono proprio questi eccidi di massa che fanno ritenere i ghetti più sicuri (quanto meno si poteva evitare di essere perseguiti collettivamente per reati compiuti individualmente e si potevano evitare le conversioni forzate e le espulsioni previa requisizione dei beni). Quanto più l'ideologia cattolica viene messa in discussione dall'attività economica della borghesia, quanto più questa attività crea forti contraddizioni sociali nel mondo feudale, tanto più si vanno a cercare capri espiatori su cui scaricare queste tensioni. L'ebreo poteva essere derubato di tutto, non avendo tutele giuridiche o politiche.

In Spagna la segregazione inizia a Tarragona nel 1243, sotto il re Giacomo I; a Oviedo nel 1274; a Villafranca (Catalogna) nel 1291; a Murviedro (Sagunto, in Valencia) nel 1321; a Pamplona nel 1328; a Inca (Maiorca) nel 1346. In Spagna le requisizioni dei beni degli ebrei vanno di pari passo con una forte clericalizzazione della vita sociale, conseguente alla guerra civile contro i musulmani. Le persecuzioni antisemite vere e proprie, con tanto di conversione forzata, iniziano nel 1391 a Siviglia e proseguono a Toledo, Aragona, Valencia, Barcellona... Le forze nobiliari spagnole s'erano enormemente indebitate nell'immane crociata nazionale contro i mori.

Particolarmente duri nei confronti degli ebrei sono i francescani, a motivo della loro gestione dei Monti di pietà, che pretendono d'essere un'alternativa all'usura (durissime le prediche antisemite di Bernardino da Siena, Antonino da Firenze, Bernardino da Feltre). Ma anche i domenicani, che gestiscono l'Inquisizione, sono durissimi nei confronti degli ebrei (Bernard Gui scrive un apposito manuale contro di loro).

Verso la metà del Duecento gli ebrei italiani, a differenza di altri ebrei europei, vivono più di lavoro che di prestito (cfr De regimine judaeorum di Tommaso d'Aquino), ma agli inizi del Trecento la situazione muta radicalmente, poiché viene vietato loro di partecipare alle Corporazioni di Arti e Mestieri, alla milizia e alla maggior parte delle professioni liberali, né potevano fare investimenti fondiari o nell'edilizia. Di qui l'eccezionale sviluppo del credito ebraico, i cui centri più significativi si trovavano a Roma, in Toscana, in Umbria, nelle Marche, in Abruzzo...

Con la conquista angioina dell'Italia meridionale, nel 1265, le fortune degli ebrei subiscono un generale declino. La chiesa appoggia nettamente gli angioini e masse di ebrei si spostano nel nord Italia. Va detto che prima del XIII sec. solo a un esiguo numero di ebrei era stato concesso di vivere a nord di Roma: infatti i Comuni dell'Italia settentrionale temevano la loro concorrenza economica. La situazione mutò del tutto nei secoli XIII e XIV quando la chiesa cominciò a chiedere agli ebrei di praticare il prestito a interesse per impedire che lo facessero i cristiani. Col progressivo declino dell'ebraismo al sud e con l'abbandono del commercio e dell'industria tessile da parte degli ebrei, un numero crescente di loro emigrò nelle regioni del centro-nord, dove investì i propri capitali in agenzie di prestiti su pegno. In poco tempo diventarono la principale fonte economica di molti Comuni, continuamente bisognosi di fondi per pagare le milizie e i lavori pubblici. A partire dal XIV sec. affluirono in Italia anche molti ebrei provenienti da Francia, Germania e Spagna.

Il Concilio di Breslavia del 1267 chiede per i territori dell'arcidiocesi polacca di Gniezno che si stabilisca un quartiere fisicamente separato per gli ebrei.

Alla fine del Duecento gli ebrei di Pisa dovevano risiedere in una medesima via. A Palermo nel 1312 si ordina che gli ebrei si trasferiscano alla periferia della città.

Nel Levante i primi tentativi di segregazione vengono fatti al tempo delle crociate, da parte di Veneziani e Genovesi (a San Giovanni d'Acri nel 1270, a Costantinopoli nel 1320, a Candia e Negroponte nel 1325).

Nel 1348 vengono accusati d'aver diffuso la peste, cioè di avvelenare pozzi e sorgenti (un'accusa cui si oppone papa Clemente VI). Sono forti le persecuzioni nell'impero tedesco dopo questa data, ma varie segregazioni esistevano già a Strasburgo (nel 1349 vengono bruciati 2.000 ebrei), Worms, Norimberga, Vienna, Augusta, Ratisbona, Glogow, Steyr, Spira, Würzburg, Oppenheim ecc. Queste persecuzioni portano gli ebrei a trasferirsi in Polonia, Lituania, Ucraina...

La Reconquista cristiana in Spagna e le crociate contro gli Albigesi in Francia favorirono enormemente l'antisemitismo. Negli ultimi decenni del Trecento la ghettizzazione degli ebrei è generalizzata in tutta la Spagna (dove venivano chiamati "sefarditi", da "sefarad" che vuol dire appunto "Spagna") e nel Portogallo.

Nel 1480 in Spagna l'editto di segregazione generale viene promulgato da Ferdinando il Cattolico e dalla moglie Isabella (è approvato da Sisto IV): dodici anni dopo tutti gli ebrei vengono espulsi dalla Spagna o costretti a convertirsi (340.000 ebrei vengono condannati). Gli ebrei convertiti con la forza e sospettati di rimanere fedeli all'ebraismo vengono chiamati "marrani". Subito dopo il 1492 il governatore aragonese nel Mezzogiorno italiano segue l'esempio dei sovrani spagnoli (nel 1541 sono tutti espulsi dal regno napoletano).

In Portogallo la situazione precipiterà nel 1497 e soprattutto dopo l'introduzione dell'Inquisizione nel 1536 (nella sola Lisbona in mezzo secolo furono processati 2.000 ebrei). Molti emigreranno in Marocco e Tunisia, nell'impero ottomano (dove diventano medici, diplomatici e ministri dei sultani) e in molte città del Mediterraneo orientale, ma anche nei Paesi Bassi, quando l'Olanda si renderà indipendente dalla Spagna (il filosofo Spinoza apparteneva a una di quelle famiglie): particolarmente presenti sono ad Amsterdam. L'imperatore Carlo V aveva già loro concesso, nel 1536, di risiedere nei Paesi Bassi. L'Olanda diventerà il paese europeo di maggiore tolleranza religiosa.

Nelle principali città francesi gli ebrei hanno i loro quartieri, che le autorità tendono a trasformare in recinti chiusi. Ma dalla Francia vengono espulsi prima nel 1306 con Filippo il Bello, poi nel 1394 con Carlo VI.

In Inghilterra vengono espulsi nel 1290, prima che si manifesti la tendenza alla ghettizzazione, ma sotto il governo di Cromwell (1599–1658) potranno farvi ritorno.

In Italia, a Lanciano (1427), a Bari (1463) e a Lecce (1467) si cerca d'imporre la loro segregazione. Là dove non riesce a farlo la chiesa, ci provano le autorità civili: vengono isolati come i lebbrosi o le prostitute o certi gruppi di stranieri. A Trento, nel 1475, l'accusa di omicidio rituale porta a varie esecuzioni capitali.

A Francoforte il ghetto viene istituito nel 1462.

Nei territori dell'islam vi potevano essere dei "quartieri ebraici" soltanto nel senso che la maggioranza della popolazione ivi residente era costituita da ebrei, ma non erano mai quartieri circondati da mura e con ingressi controllati, né si escludeva la mescolanza dei vari gruppi etnico o socio-religiosi. I teologi musulmani non hanno mai sostenuto la necessità di separare fisicamente gli "infedeli" (cristiani o ebrei che fossero) dai seguaci dell'islam. Anzi la vicinanza era vista come occasione per convertire tutti all'islam.

Neanche nell'impero ottomano vi fu mai segregazione. Eccezioni vi furono tra gli sciiti di Persia e Afghanistan. Forse l'unico paese occidentale islamico che allestì dei ghetti fu il Marocco (1438, 1557, 1808).

Epoca moderna

Il primo ghetto (concentrazione forzata in un quartiere urbano o immediatamente periferico) appare a Venezia nel 1516: conteneva 700 ebrei, che potevano uscire dal ghetto solo dall'alba al tramonto. In veneziano "ghèto" significava "fonderia" (il luogo ove si "gettava" il rame e dove gli ebrei erano numerosi). A Venezia, invece di espellerli in massa (cosa che anche gli ebrei rifiutavano), si preferì adottare la tecnica in uso nelle colonie veneziane dell'Egeo. Gli ebrei avevano chiesto l'isola di Murano, ma non venne concessa. Nel 1630 su una popolazione di 150.000 abitanti gli ebrei del ghetto erano saliti a 5.000, ma nel 1766 diminuiranno a 1.700 e nel 1797 a 1.626.

La chiesa cattolica sancisce tale istituzione nel 1555 con la bolla Cum nimis absurdum di Paolo IV, preceduta dai provvedimenti antiereticali contro i protestanti, dall'attività fanatica di Ignazio di Loyola, dall'istituzione dell'Inquisizione romana (1542), dalla proibizione di divulgare il Talmud (1553) e dall'obbligo imposto alle 115 sinagoghe degli Stati pontifici di contribuire alle spese della Casa dei Catecumeni (ove finivano gli ebrei intenzionati a farsi cristiani o quelli sui quali cadeva il sospetto che volessero diventarlo: in tal caso venivano prelevati con la forza e sottoposti a infinite pressioni). Con questa bolla i ghetti diventano obbligatori: l'area doveva essere circondata da mura, aventi un solo ingresso. Di conseguenza tutte le proprietà immobiliari degli ebrei dovevano essere vendute ai cristiani. Agli ebrei era proibito avere botteghe fuori dal ghetto. Il pretesto ideologico era che gli ebrei erano stati condannati da Dio alla schiavitù eterna. Il pretesto sociale era che vessavano economicamente i cristiani, vivevano nelle vicinanze delle chiese senza alcuna distinzione di abito (che invece doveva essere obbligatoria) e assumevano a servizio donne di casa e balie di fede cristiana. Dentro il ghetto poteva esserci soltanto una sinagoga. Pochi mestieri erano loro consentiti (e non dovevano esercitarli nei giorni di festività cristiana) e se praticavano il prestito a interesse il tasso doveva essere fissato dalle autorità civili. Anzi furono queste stesse autorità che, fino a quando il prestito a interesse restò vietato ai cristiani, chiedevano agli ebrei di allestire dei banchi di pegno.

Da notare che nei ghetti le sinagoghe non erano solo luoghi di culto, ma anche centri di studio religioso ad alto livello. L'istruzione scolastica è sempre stata capillare tra gli ebrei. Anche i contrasti sociali venivano ridotti al minimo in quegli ambienti così angusti e difficili da vivere. Il tasso di criminalità era bassissimo. Ufficialmente non esistevano o erano ridotti al minimo prostituzione, omosessualità, figli illegittimi, ricettazione, gioco d'azzardo, lusso... Le attività sociali erano tutte artigianali, commerciali e finanziarie, a volte industriali (con la seta). L'attività professionale prevalente era quella medica. Nei ghetti era difficile procreare, in quanto i confini venivano stabiliti una volta per tutte e non c'era modo di ampliarli. Il maggior numero possibile di ebrei doveva essere stipato nel minor spazio possibile. Questa fu una delle ragioni che portò molti ebrei a preferire l'emigrazione verso la Polonia, dove non vi erano ghetti, anche se non mancarono delle stragi verso la metà del Seicento: qui infatti la popolazione ebraica passò da circa 350.000 unità, verso la metà del Seicento, a circa 7 milioni, ai primi del Novecento.

Nello Stato della chiesa si formano ghetti a Bologna, Ancona, Ascoli, Imola e Recanati. Molti ebrei si convertono, altri emigrano verso l'impero ottomano. Con le bolle di Pio V (Romanus Pontifex del 1566 e Hebreorum Gens del 1569) gli ebrei vengono accusati di magia e si cerca di concentrarli, nell'ambito dello Stato della chiesa, nei soli due ghetti di Roma e Ancona, facendo chiudere gli altri, e cercando di espellere gli ebrei da altri territori pontifici (come p.es. Avignone).

Nel 1584 papa Gregorio XIII obbliga gli ebrei del ghetto di Roma ad ascoltare prediche cristiane per la loro conversione.

Nel 1593 papa Clemente VIII, con la bolla Caeca et obdurata riduce definitivamente tutti i ghetti dello Stato della chiesa a tre: Roma, Ancona e Avignone, e conferma le restrizioni antisemite, destinate a restare in vigore sino al XIX sec.

Nel 1623 papa Urbano VIII afferma la validità del battesimo cristiano di un bambino ebreo contro la volontà dei genitori ed esige che venga allevato presso genitori cristiani.

Nel sud della Francia i ghetti si chiamano Carrière des juifs, in Germania Judenstadt.

Nel 1550 in Turchia e in Grecia gli ebrei, dopo l'espulsione da Spagna e Portogallo, sono tantissimi e hanno in mano i maggiori scambi di merci e denaro dell'intero Levante. Sono fornitissimi delle migliori merci e sono ottimi artigiani e manifatturieri. Sono proprio loro che insegnano ai turchi l'uso di tutte le armi da fuoco e delle stamperie. Erano in grado di stampare libri in molte lingue straniere: era anzi la conoscenza delle lingue, oltre al fatto che tra di loro costituivano una grande comunità internazionale, che li favoriva nei commerci.

A Udine nel 1556 vengono espulsi tutti gli ebrei in quanto non si riesce a costruire il ghetto. Nello stesso anno vengono bruciati vivi 25 ebrei ad Ancona.

Anche dal Ducato di Milano (1597), dal Trentino e dalla Repubblica di Lucca vengono espulsi, mentre nel Granducato di Toscana vengono rinchiusi nei serragli (Firenze, 1571 e Siena, 1572). Verona istituisce il ghetto nel 1597. Nello stato veneziano si formano ghetti anche a Padova, Rovigo, Este, Conegliano, Caneda (Vittorio Veneto). Mantova fu costretta dal papa ad aprire un ghetto nel 1612, le cui spese furono sostenute dagli stessi ebrei. A Modena si provvide nel 1638 e a Reggio Emilia trent'anni dopo. A Genova nel 1660.

Il Seicento fu il secolo dei ghetti per eccellenza, soprattutto in Italia. Quando Ferrara passa sotto lo Stato pontificio (1598) si formano tre ghetti: nella stessa Ferrara (1624-27), a Cento e a Lugo (1635-39). Anche in seguito alla devoluzione di Urbino alla chiesa romana (1631) gli ebrei furono concentrati in tre ghetti: a Pesaro, Urbino e Senigallia (1634).

Il primo vero ghetto degli Stati dei duchi di Savoia viene istituito a Torino nel 1679-80, ma solo nel 1723 Vittorio Amedeo II decise di estendere l'obbligo di risiedere nei ghetti a tutti i suoi sudditi ebrei. L'ultimo verrà costruito a Savigliano nel 1848. Il Piemonte, primo della lista, avrà ben 19 ghetti. Qui la reclusione durò fino all'arrivo delle armate francesi di Napoleone, ma il ritorno dei Savoia nel 1814 portò alla loro reintroduzione, seppur con molta fatica, in quanto, nel frattempo, gli ebrei avevano ottenuto molti posti chiave nell'economia sabauda. Solo con lo Statuto Albertino del 1848 furono definitivamente emancipati.

I ghetti di Trieste e Gorizia risalgono all'ultimo decennio del Seicento.

In quel periodo forse l'unica isola felice per gli ebrei italiani è stata Livorno, che non ebbe mai un ghetto, e dove la popolazione ebraica passò da 20.000 agli inizi del XVII sec. a 38.000 verso la metà dell'Ottocento.

Nel 1614 viene assalito il ghetto di Francoforte. Nel 1711 un incendio distrugge quasi completamente la Judengasse.

Generalmente i pogrom sono assai più numerosi là dove mancano i ghetti, e cioè nell'Europa centro e nord-orientale (Lituania, Russia, Pomerania, Polonia, Germania, Boemia, Austria): qui gli ebrei venivano chiamati "askenaziti" (da "ashkenaz", che vuol dire "Germania", in quanto usavano un dialetto tedesco, detto yiddish, con desinenze e vocaboli giudaici, scritti in caratteri ebraici).

Nel 1684 i cattolici assaltano il ghetto di Padova, dopo che s'era diffusa la voce che gli ebrei di Budapest parteggiavano per i turchi che la stavano assediando. Nello stesso anno la rivolta cosacca in Ucraina, Bielorussia e Polonia ebbe effetti sconvolgenti sugli ebrei.

A fine Settecento in Italia i 3/4 della popolazione ebraica risiedeva nei ghetti, mentre la stessa percentuale nell'Europa centro-orientale risiedeva fuori dei ghetti.

Nello Yemen si istituiscono dei ghetti per gli ebrei nel 1679.

A Istanbul il quartiere ebraico viene smantellato nel 1728-31.

Nel 1782 l'imperatore austro-ungarico Giuseppe II emana un Editto di tolleranza a favore degli ebrei.

Alla fine del Settecento il governo russo impedisce agli ebrei di uscire dalle province polacche.

I ghetti vengono aboliti a partire dalla Rivoluzione francese (nel 1791 viene promulgata la parità giuridica di tutti i cittadini della Francia) e dall'impero napoleonico. Tra i filosofi ebrei più significativi del Settecento è l'illuminista tedesco Mosè Mendelssohn (1729-86) che comincia a sostenere il principio di separazione tra chiesa e Stato anche per gli ebrei, ovvero la natura privata della fede religiosa, rinunciando a fare dell'ebraismo un gruppo etnico intenzionato a costituirsi come Stato.

Sotto Napoleone, nel 1807, un'assemblea di rabbini e notabili ebrei dichiara che gli ebrei non si considerano un popolo a parte, ma cittadini come gli altri, benché di religione mosaica. Finché Napoleone resta al potere, tutti i paesi soggetti al suo dominio si attengono a questo principio di uguaglianza. Dopo la sua caduta solo l'Olanda vi si atterrà.

Molti cattolici italiani (sanfedisti) assaltano i ghetti in quanto temono che gli ebrei appoggino i francesi. Infatti nel 1799 vengono massacrati dai sanfedisti decine di ebrei a Senigallia, a Monte San Savino, a Siena... In ogni caso anche dopo la restaurazione antinapoleonica la rimozione dei ghetti appariva irreversibile. Quello di Roma però fu chiuso solo nel 1870, dopo la breccia di Porta Pia.

Nel 1827 lo zar Nicola I costringe gli ebrei a un servizio militare di 25 anni consecutivi, allo scopo di favorirne l'assimilazione totale. Quando viene assassinato lo zar Alessandro II, nel 1881, si scatenano contro gli ebrei feroci stragi, che culmineranno nel 1903 a Kišinev, dopodiché iniziano i grandi esodi ebraici verso gli Usa.

La completa parità di diritti gli ebrei la ottengono in Austria nel 1868 e negli Stati della Germania l'anno successivo.

Nel febbraio 1840 a Damasco, in Siria, viene ucciso un frate cappuccino Tommaso da Calangiano e il suo servitore. Si diffonde la voce che l'ultimo luogo in cui il frate era stato visto era il quartiere ebraico. Tredici ebrei vengono accusati di "omicidio rituale". Le autorità ottomane e il console francese convalidano la diceria. Gli incriminati vengono torturati (due muoiono), finché un barbiere ebreo accusa alcuni capi della comunità ebraica. Sono condannati a morte, ma il sultano annulla il verdetto per la pressione dei governi europei (decisivo l'impegno di Moses Montefiore) e grazie a un notevole “aiuto” economico dei Rotschild.

Sotto Pio IX, nel 1858, il figlio di una famiglia ebrea di Bologna, Edgardo Mortara, viene battezzato nascostamente da una cameriera quando aveva un anno (lo riteneva a rischio di morte imminente a causa di una malattia) e per ordine della chiesa è sottratto ai genitori, educato cristianamente e indotto a farsi prete e a 21 opta liberamente per il cattolicesimo diventando un eminente prelato della curia romana. Fu uno scandalo internazionale.

Il termine antisemitismo si afferma nel 1879, quando il passaggio dall'antico antigiudaismo cristiano al moderno antisemitismo razzista si è già pienamente compiuto. L'antisemitismo si oppone all'eguaglianza dei diritti civili degli Ebrei, ottenuta con l'emancipazione seguita alla Rivoluzione francese, ed è la reazione alla loro assimilazione.

Epoca contemporanea

Col caso Dreyfus (1894) l'antisemitismo riesplode in Francia, ma era già rinato in Germania e sotto la monarchia austro-ungarica.

In seguito all'antisemitismo dei nazionalismi europei di fine Ottocento si sviluppa il movimento sionista, appoggiato dagli inglesi, che rivendica la creazione di uno Stato di Israele in Palestina.

La rivista gesuita "Civiltà cattolica", tra il 1881 e il 1903, manifesta tutto il proprio antisemitismo.

Negli anni Venti vi sono già 3,5 milioni di ebrei negli Stati Uniti.

Nel 1928 si riserva in Russia una parte di territorio all'emigrazione ebraica, nell'estremo oriente, sulla riva sinistra dell'Amur.

Il nazismo ripristina i ghetti e inaugura i campi di sterminio (lager): dal 1933 al 1945 vengono sterminati 6 milioni di ebrei.

Nell'enciclica Mit brennender Sorge del 1937, scritta da Pio XI contro il razzismo nazista, gli ebrei non vengono neppure citati.

L'Italia fascista aderisce alle leggi razziali del 1938.

La Segreteria di Stato vaticana, nel 1943, dichiara la propria contrarietà all'abolizione integrale della legislazione razziale italiana.

L'insurrezione del ghetto di Varsavia, nel 1943, si conclude tragicamente per gli ebrei.

A partire dal Concilio Vaticano II la chiesa cattolica rimuove l'accusa di deicidio (rivolta agli ebrei per aver ucciso il Cristo) e la tesi della colpa ereditaria collettiva per questo crimine.

L'Onu approva nel 1948 la nascita dello Stato d'Israele, inaugurando un conflitto permanente tra ebrei e palestinesi di religione islamica.

Fonti

SitiWeb

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Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria
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Aggiornamento: 14/12/2018