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 | FEDE E RAGIONE A CONFRONTO
 Il problema di scegliere tra fede e ragione -così come l'ha trattato la 
chiesa in questi duemila anni- è sempre stato un falso problema, poiché l'una 
non può mai prescindere dall'altra. Ogni argomentazione (teologica o di 
filosofia religiosa) che cerchi di dimostrare il primato della fede sulla 
ragione, è destinata a contraddirsi, poiché la fede può avere un primato sulla 
ragione solo quando la ragione non c'è, ossia nei casi di irrazionalismo. Con ciò naturalmente non si vuol sostenere che l'uomo debba necessariamente 
credere in dio, ma semplicemente che gli atteggiamenti di "fede" fanno parte 
dell'esperienza umana, non meno di quelli basati sulla ragione. Che poi la chiesa abbia strumentalizzato il concetto di "fede", 
trasformandolo in una devozione per la divinità, questo è un altro discorso. E' un compito specifico del laicismo quello di riscoprire l'uso semantico 
originale delle parole, depurandole dalle incrostazioni ideologiche formatesi 
nel corso dei secoli. E' molto probabile, tra l'altro, che sul piano storico il concetto di "fede 
cristiana" abbia prevalso su quello di "ragione ellenistica" non tanto perché 
questa avesse fallito nelle sue previsioni o si fosse rivelata non 
sufficientemente fondata, ma perché essa rifletteva un tipo di società in cui la 
divisione in classi contrastava con le aspirazioni di giustizia sociale da parte 
delle masse. Nonostante l'esperienza cristiana non fosse alcunché di sconvolgente sul 
piano sociale (essa in fondo non ha mai predicato alcuna rivoluzione politica), 
nondimeno i suoi principi sembravano offrire al senso represso di 
"democraticità" uno spiraglio maggiore di quello offerto dalla filosofia greca o 
dal diritto romano, i quali o restavano tenacemente legati agli interessi delle 
classi privilegiate, oppure non sapevano risolvere la fondamentale 
contraddizione tra principi teorici democratici e prassi concreta schiavistica. 
Seneca, Marco Aurelio, Quintiliano… erano vicinissimi, sul piano teorico, al 
cristianesimo, ma lontanissimi su quello pratico. La religione cristiana ha avuto buon gioco sul pensiero laico-razionale 
classico non perché la fede sia di per sé migliore della ragione (astrattamente 
parlando, fede e ragione si equivalgono), ma perché era migliore l'esperienza 
sociale che quella religione rifletteva. Finché gli uomini non sapranno costruire sul piano umano (cioè non 
religioso) un'esperienza socialmente più significativa di quella cristiana, 
questa religione non avrà mai fine. Chi si limita a sostenere che la ragione di per sé è migliore della fede, fa 
il gioco della religione. Anche se un novello Tertulliano affermasse che alla 
morte e resurrezione del Cristo si deve credere perché "assurda", non 
bisognerebbe mai limitarsi a sostenere che una fede del genere è pura follia. Bisogna dimostrare coi fatti che la propria ragione non lo è. Anche perché 
nessuno può escludere a priori che un'esperienza del tutto laica si muova nella 
realtà basandosi di più sulla "ragione" che non sulla "fede" dei propri 
sostenitori. OTTO DOMANDE SUL RAPPORTO SCIENZA-FEDE 1) Religione e Scienza possono lavorare insieme? 
	
	Religione e Scienza non solo "possono" ma "devono" lavorare insieme, 
	soprattutto nei campi fondamentali della pace, dei diritti umani e civili, 
	dello sviluppo dell'umanità. Si pensi all'impegno profuso dalle varie chiese 
	del mondo in settori come il volontariato, l'assistenzialismo, il 
	pacifismo... Oggi i problemi che affliggono l'umanità sono così grandi e 
	complessi che occorre il contributo di tutti, mettendo da parte ciò che 
	divide (teoria, ideologia...).
	Ovviamente tale collaborazione non può sussistere sul terreno più 
	propriamente filosofico, epistemologico, ontologico. Ci potrà essere un 
	confronto, uno scambio di opinioni, ma né la scienza né la religione possono 
	pretendere di porre delle condizioni per accettare un'intesa in tale campo. 
	La scienza non può credere, neppure in via ipotetica, nell'esistenza di dio, 
	così come la religione non può essere costretta a rinunciare ad alcuno dei 
	propri dogmi. Il fatto che -come vuole la religione- scienza e fede non 
	possono che andare d'accordo poiché provengono entrambe da dio e sono 
	soltanto gli uomini che le mettono in contrasto tra loro, non ha alcun 
	significato per la scienza. Il contrasto tra fede e scienza non è solo nei 
	mezzi e nei metodi che si usano ma anche nei fini che si perseguono, seppure 
	relativamente agli obiettivi più generali esse possano anche convergere su 
	qualche aspetto.
	Religione e Scienza sono alternative perché alle domande fondamentali 
	della vita danno risposte completamente diverse. Il che, se vogliamo, non 
	agevola certo la collaborazione pratica sui terreni cosiddetti "comuni". 
	Certo, il fatto che la scienza si basi sulla ragione e la religione sulla 
	fede o il fatto che la scienza affermi che l'universo s'è creato da solo, 
	mentre per la religione, senza "la volontà di dio", nessuna foglia si 
	muoverebbe -possono essere considerati delle mere "opinioni", dei "punti di 
	vista" d'importanza equivalente, ma l'esperienza dimostra che, appena questi 
	"punti di vista" vengono accettati, essi sono in grado di modificare tutto 
	il corso dell'esistenza umana.
	Non a caso la religione, specie quella cattolica, è sì disposta ad 
	ammettere "l'autonomia delle realtà terrene", in quanto esse non dipendono 
	più direttamente dalla chiesa, ma non è disposta a riconoscere in modo 
	assoluto tale autonomia; in ultima istanza, infatti, la chiesa si riserva, 
	attraverso il giudizio etico-religioso, d'influenzare quelle realtà (specie 
	quando esse manifestano segni di crisi), allo scopo d'indurle ad accettare 
	le posizioni religiose. E' difficile per la chiesa, nel momento in cui 
	critica i difetti della società laica, pensare al bene di tutti i cittadini 
	prima che a quello di se stessa. 2) Può esistere un cittadino che allo stesso tempo sia laico e credente? 
	
	Oggi è difficile incontrare una persona che sia solo religiosa e che non 
	creda nella scienza. E' più facile incontrarne una che crede solo nella 
	scienza e affatto nella religione. Oggi le persone religiose credono nelle 
	verità della scienza perché a partire da Galileo la scienza riesce a 
	dimostrare con prove concrete la verità delle cose che dice. Se col tempo le 
	verità scientifiche appaiono false, è solo perché esse sono state smentite 
	da altre verità scientifiche, basate su altre prove concrete. La religione 
	non può contraddire la scienza, perché le prove della religione sono 
	indimostrabili e vanno credute solo per fede. Anche le religioni più 
	razionaliste (come la protestante, la cattolica e tutte le filosofie 
	borghesi para-religiose) conservano sempre alcuni aspetti fondamentali che 
	prescindono da un atteggiamento razionale e realistico. Le verità della fede 
	religiosa sono per la scienza delle mere opinioni cui ci si può credere o 
	non credere e, se non possono essere verificate, esse vengono ritenute dalla 
	scienza un non-senso. E' vero, a volte succede che la religione critichi, a 
	buon diritto, gli errori della scienza, ma quando ciò avviene in maniera 
	costruttiva è perché essa si esprime con un linguaggio laico-umanistico, 
	mettendo l'uomo contemporaneo in grado di capirla.
	Oggi molti credenti accettano sia le verità della religione sia le 
	verità della scienza. Naturalmente quando si tratta di rispondere alle 
	domande fondamentali della vita (ad es. com'è nato l'universo o l'uomo, cosa 
	c'è dopo la morte, ecc.), essi preferiscono le risposte della religione, ma 
	tale preferenza viene sempre più circoscritta nell'ambito della coscienza 
	privata, in quanto che ci si rende conto che con molta difficoltà si 
	riuscirebbe a sostenerle in un dibattito pubblico.
	I credenti vivono all'interno di società che hanno per fondamenta le 
	verità della scienza. E' quindi impossibile al credente dubitare di queste 
	verità: se lo facesse si autoemarginerebbe dal contesto sociale, dai 
	rapporti umani (soprattutto se osasse mettere in discussione le verità della 
	scienza non in modo scientifico, ma secondo la logica della religione). Nel 
	migliore dei casi essi devono imparare ad accettare secondo ragione le 
	verità scientifiche, nel momento stesso in cui accettano per fede le verità 
	religiose. Se le verità scientifiche si concretizzano negativamente, il 
	cittadino-credente dovrebbe criticarle come "cittadino", anche se nessuno ha 
	il diritto d'impedirgli di farlo come "credente". 3) La scienza è capace di dare una risposta a tutte le domande dell'uomo? 
	
	Se gli uomini continuano a porsi domande esistenziali o metafisiche del 
	tipo: "Chi sono io?", "Da dove vengo e dove vado?", significa che o la 
	religione non li soddisfa più o che la scienza non è ancora in grado di 
	soddisfarli. L'umanità infatti ha saputo dare a quelle domande, fino ad 
	oggi, solo due grandi risposte: quella religiosa e quella scientifica. Fra 
	l'una e l'altra va collocata quella filosofica, che però fino al marxismo 
	altro non era che una risposta religiosa laicizzata (come già Feuerbach 
	dimostrò). Il marxismo non solo ha definitivamente spiegato perché va 
	superata l'esigenza di fare riferimento a una divinità nella spiegazione dei 
	fenomeni e dei processi storici e naturali, ma ha posto anche per la prima 
	volta all'ordine del giorno la necessità di trasformare le società 
	antagonistiche, basate sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, in società 
	comunistiche, in cui tale sfruttamento non debba più esistere. Nessuna 
	religione e nessuna filosofia pre-marxista è mai riuscita a risolvere 
	praticamente questo compito: al massimo è riuscita a porselo come problema. 
	E' importante qui sottolineare che ai fini della costruzione di tale 
	società o civiltà è impossibile partire da compromessi tra religione e 
	scienza (o tra scienza e filosofia) che riguardino i principî di fondo. I 
	compromessi devono riguardare le azioni politiche, le attività sociali, la 
	tutela giuridica dei diritti umani. Perché questo? Perché le risposte della 
	religione, della filosofia e della scienza coinvolgono interamente tutte le 
	manifestazioni dell'essere umano (hanno cioè una pretesa "totalizzante", 
	"integrale", anche se non per questo la scienza è tenuta, come si sono 
	sentite tenute fino ad oggi le religioni e le filosofie, a non rispettare 
	chi la pensa diversamente). Se la scienza ancora non è in grado di 
	rispondere alle suddette domande, deve comunque ricercare in se stessa le 
	risposte adeguate, non può andarla ad "elemosinare" dalla religione o dalla 
	filosofia para-religiosa.
	In genere, gli uomini che si pongono quelle domande di "senso" lo fanno 
	continuando a vivere la vita di tutti i giorni. Anzi, si può dire che gli 
	uomini in genere vivono la loro vita senza porsi quelle domande e che 
	cominciano a porsele solo quando qualcosa di negativo, di traumatico, è 
	accaduto nella loro vita o attorno alla loro vita (ad es. la morte 
	improvvisa di un bambino o di una persona cara, una calamità naturale, o un 
	licenziamento in tronco...). Ciò significa che per quanto il senso di quelle 
	domande sia sempre lo stesso, non è sempre uguale l'interesse che ci spinge 
	a farle (cioè il motivo di fondo, che è strettamente legato all'ambiente, al 
	contesto vitale della nostra esistenza, alle situazioni). Di conseguenza non 
	sempre sono uguali i mezzi e i metodi con cui cerchiamo di soddisfare questo 
	interesse, di rispondere a quelle domande. 
	Questo è il motivo per cui, pur usando uno stesso linguaggio, spesso non 
	ci s'intende, poiché si dà alle parole un diverso peso e significato (ad es. 
	la gerarchia cattolica parla di Gesù "redentore", pensando alla "salvezza" 
	degli uomini; i teologi della liberazione, invece, pensando alla stessa 
	"salvezza", preferiscono parlare di Gesù "liberatore" -e questo avviene 
	all'interno di una medesima religione!). Tutto quindi sembra dipendere dal 
	punto di vista, dalla prospettiva con cui si guardano le contraddizioni 
	della società (un operaio cattolico -per fare un altro esempio- non può 
	certo avere gli stessi interessi di un imprenditore cattolico e 
	capitalista). Gli uomini in sostanza vivono la loro vita così come viene 
	richiesto dalle società in cui esistono. E alle domande suddette rispondono 
	usando le risposte che la società mette loro a disposizione. Se però essi si 
	accorgono che la società non offre risposte adeguate, ecco che scatta 
	l'esigenza di trovare nuove risposte, e queste risposte vengono ricercate o 
	nella scienza o nella religione (intendendo col termine di "religione" tutto 
	ciò che non è scientifico, ma illusorio, evasivo..., inclusa la filosofia).
	Marx affermò che gli uomini cercano delle risposte solo a quelle domande 
	che sono in grado di porsi. Non possiamo, in effetti, accusare il passato di 
	non aver saputo rispondere alle nostre domande, né possiamo assegnare al 
	futuro tale compito, risparmiandoci ogni fatica. E non è detto che solo per 
	il fatto di porsi certe domande o di pretendere delle nuove risposte, gli 
	uomini siano anche in grado di trovare le giuste risposte. In particolare 
	gli uomini si sentono indotti a cercare sempre nuove risposte ogni volta che 
	incontrano situazioni di sofferenza, di disagio materiale e ambientale e 
	spirituale. Là dove c'è ingiustizia, oppressione, schiavitù, sotto le forme 
	più diverse, lì gli uomini hanno elaborato la maggior parte delle loro 
	risposte.
	Insomma è ingiusto e insensato porsi delle domande per le quali ancora 
	non abbiamo i mezzi con cui trovare delle risposte. Le domande possono 
	essere speculative ma nei limiti di una concretezza di fondo, altrimenti si 
	rischia di cadere nelle astrazioni più arbitrarie. E le domande più 
	concrete, più utili, sono quelle per le quali possiamo almeno intravedere la 
	possibilità di una risposta. Ad es. sarebbe assurdo far dipendere la 
	condotta della nostra vita dalla risposta che possiamo dare alla seguente 
	domanda: "Esistono nell'universo degli esseri simili a noi?". Non dobbiamo 
	neppure pensare che siccome un giorno moriremo tutti, allora non dobbiamo 
	far nulla per migliorare la società in cui viviamo. Peraltro, queste 
	soluzioni di comodo contrastano con l'esigenza naturale dell'uomo di vivere 
	sulla terra una vita felice.
	Se la scienza fosse capace di rispondere a tutte le domande dell'uomo, 
	non esisterebbe alcuna religione. Un credente oggi può accettare 
	contemporaneamente le verità della religione e quelle della scienza appunto 
	perché la scienza non è ancora capace di spiegare, dal suo punto di vista, 
	con gli strumenti della ragione, tutti i perché dell'uomo, tutti i "misteri" 
	della natura. In ogni caso se si pretende che la scienza risponda alle 
	domande di "senso" (esistenziali o metafisiche) dell'uomo, occorre che essa 
	si serva dell'aiuto di quelle discipline che fino a ieri si consideravano 
	"umanistiche" (storia, politica, etica, psicologia, ecc.); occorre cioè 
	accettare l'idea che anche l'etica umanistica o la morale laica possono 
	essere considerate valide scientificamente, appunto perché umanistiche.
	Tuttavia, è vero che molte domande restano ancora oggi senza risposta 
	(anche perché spesso succede che i regimi autoritari amano tenere i popoli 
	nell'ignoranza per meglio dominarli), ma non si può certo dire che la 
	soluzione dei molti problemi pratici che attualmente affliggono gli uomini 
	(malattie, miseria, ecc.) dipenda dalla risposta a quelle domande di 
	"senso". Ad es. se gli uomini avessero individuato l'anello mancante che li 
	separa dalla scimmia, non avrebbero per questo risolto il problema dei 
	debiti del Terzo mondo. Se gli uomini sapessero che l'uomo nell'universo 
	esiste perché la natura tende a creare cose sempre più perfette, non 
	avrebbero certo dimostrato, solo per questo, d'essere perfetti. Ecco perché 
	non possiamo considerare la nostra ignoranza (relativa) come un pretesto per 
	non mettere in pratica, per il bene dell'umanità, le conoscenze di cui già 
	disponiamo. La storia dimostra che esiste un cammino irreversibile, lento e 
	faticoso (con rovesciamenti di fronte) verso la conoscenza della verità 
	assoluta. Il percorso può andare più spedito solo se noi mettiamo in pratica 
	quella parte di verità che già conosciamo. Il tutto, in definitiva, è 
	proporzionato alla nostra autoconsapevolezza. 4) Quando la scienza avrà risposto a tutti i perché della vita ci sarà 
ancora la scienza? 
	
	Quando avremo risposto a tutti i perché della nostra vita non solo 
	scomparirà la religione ma anche la scienza e resterà solo l'autocoscienza. 
	Se noi dicessimo che la conoscenza è infinita dovremmo anche ammettere 
	l'infelicità come costitutiva dell'uomo. Ciò che va considerato infinito è 
	il processo di acquisizione personale della verità. Quando verrà il momento 
	della verità assoluta gli uomini non avranno più bisogno di chiedersi: "chi 
	sono io? da dove vengo e dove vado?"; essi avranno soltanto il compito di 
	realizzare in loro stessi il contenuto della verità appresa.
	Oggi sappiamo soltanto che quanto più la conoscenza s'approfondisce 
	tanto più diminuisce non la ragione ma la fede, non la fede in quanto tale 
	ma quella nelle cose indimostrabili. Il punto tuttavia è proprio questo, che 
	la dimostrazione della verità delle cose non è detto che sia un'operazione 
	meramente intellettuale. L'acquisizione della verità, già da ora, è 
	piuttosto un fenomeno che coglie tutto l'essere umano.
	Si potrebbe qui aggiungere che se uno vuole credere nelle verità della 
	scienza, può farlo anche prima ch'essa abbia dato una risposta esaustiva a 
	tutti i perché dell'uomo (non foss'altro perché a tale ricerca ogni uomo 
	deve collaborare); e se, al contrario, uno decidesse di non volerci credere, 
	neanche tutte le risposte esaurienti ad ogni domanda, lo convincerebbero del 
	contrario. 5) Vi è ancora un senso per la religione? 
	
	E' impossibile dimostrare che nell'uomo vi è il bisogno di una 
	religione. Se nell'uomo vi è questo bisogno, nessuno può dimostrare che una 
	religione sia migliore di un'altra, poiché ogni credente considera la 
	propria come la migliore in assoluto. Dentro l'uomo dunque cosa c'è? Come 
	mai tutti gli uomini possono arrivare più o meno facilmente a credere nelle 
	verità della scienza e trovano tante difficoltà a credere nelle verità di 
	un'unica religione? E, per converso, come mai molti uomini, così tenacemente 
	legati alla loro religione, non solo non riescono ad accettare i valori 
	positivi delle altre religioni, ma neppure le verità della scienza? Il 
	criterio della maggioranza qui non può valere per dimostrare la verità di 
	una religione, come non serve per dimostrare la verità di una tesi 
	scientifica. Il Cristianesimo è presente da duemila anni, eppure dal giorno 
	in cui è nato le religioni non sono affatto diminuite, anzi sono aumentate.
	Nell'uomo dunque c'è sia la fede che la ragione, ma la storia ha 
	dimostrato due cose: 1) che la fede religiosa tende a diminuire mentre la 
	ragione scientifica tende ad aumentare (benché questo di per sé non implichi 
	un progresso verso la democrazia, in quanto, oltre alla ragione scientifica 
	va affermata anche una nuova democrazia sociale); 2) che l'aumento della 
	ragione non danneggia la realtà della fede in quanto tale, ma solo quella 
	della fede religiosa. In altre parole, se la ragione, col tempo, s'è 
	mostrata più disponibile a credere in cose apparentemente inverosimili 
	(p.es. che possano esistere degli extraterrestri o che il Cristo sia 
	scomparso in maniera misteriosa), la fede, al contrario, s'è sempre più 
	disabituata a credere in cose indimostrabili. La realtà del "paradosso" (che 
	è un aspetto della dialettica) può non dare fastidio alla ragione, a 
	condizione naturalmente che le cose in cui credere siano in qualche modo 
	percepibili, verificabili.
	La fede, di per sé, non è estranea alla concezione laica dell'esistenza. 
	La società borghese -è vero- l'ha trasformata in una sorta di fiducia sotto 
	condizione di precise garanzie. Il laicismo non avrebbe nulla da temere se 
	ammettesse che l'unica vera garanzia di cui si può disporre, in un 
	atteggiamento di fede, è la fiducia reciproca. Occorre togliere alla 
	religione il monopolio ideologico sull'atteggiamento di fede e fare della 
	fede umana uno strumento al servizio della ragione scientifica.
	La religione, nei secoli passati, esprimeva una concezione ingenua, 
	primitiva, dell'esistenza. L'uomo aveva bisogno di sentirsi "fisicamente" al 
	centro dell'universo, aveva bisogno di credere, per paura, che attorno a lui 
	non ci fosse alcun altro essere vivente (se non le anime dei morti) e che 
	tutto ruotasse attorno a lui (vedi il geocentrismo). Le scoperte di 
	Copernico, Keplero, Galilei, Newton... hanno in un certo senso "umiliato" 
	quest'immagine superficiale di uomo, presuntuosa suo malgrado, narcisista 
	per ignoranza, e hanno stimolato, anche se spesso con un atteggiamento non 
	meno fideistico di quello che combattevano, il bisogno di conquistare 
	l'intero pianeta (oggi si parla addirittura di conquista dello spazio). 
	Tuttavia, in luogo dell'orgoglio che fino ad oggi abbiamo dimostrato 
	nell'usare in modo indiscriminato, incontrollato, le conquiste della scienza 
	e della tecnica, nel nostro rapporto con la natura, si va facendo strada, 
	negli ambienti più consapevoli, un atteggiamento più realistico, più 
	obiettivo, veramente più scientifico, in virtù del quale sia possibile 
	all'uomo convivere in maniera equilibrata, armonica, con la natura, 
	approfondendo gli elementi di superiorità umana esclusivamente nell'ambito 
	della coscienza e dell'esperienza personale, a livello d'interiorità 
	spirituale e di rapporti sociali. L'uomo cioè deve dimostrare la sua 
	grandezza non pensando d'essere l'unico o il migliore, ma pensando che 
	l'obiettivo che deve realizzare è quello di una civiltà democratica, 
	tollerante, rispettosa dell'ambiente. Il giorno in cui si dovessero 
	incontrare altri esseri viventi che abitano l'universo, se siamo stati 
	abituati a vivere secondo questi criteri, la prima cosa che ci verrà in 
	mente forse non sarà quella di come sfruttarli e opprimerli.
	La scienza borghese ha distrutto la fede nelle verità religiose 
	riguardanti la materialità della vita, ma non è stata coerente in questo 
	compito, poiché la scienza borghese ha bisogno della religione (cioè di 
	tutto ciò che non è scientifico) per permettere alla società borghese di 
	sopravvivere. Il marxismo non solo ha completato quest'opera, ma ha anche 
	distrutto la fede nelle verità religiose riguardanti il significato della 
	vita, seppure fino ad oggi l'ha fatto più in chiave politica che etica. 6) Scienza e Religione quando sbagliano da chi devono essere corrette? 
	
	Se la religione avesse delle pretese scientifiche e sbagliasse nel 
	formulare certe tesi, allora dovrebbe essere corretta dalla scienza, ma 
	questo problema è stato tipico del Rinascimento, allorché la scienza 
	sperimentale e induttiva stava appena per nascere. E' anche vero che la 
	chiesa cattolica si intromette in molti campi nei quali solo la scienza 
	dovrebbe parlare, per cui le possibilità di contrasti non vengono mai meno. 
	D'altra parte non si può pretendere che la chiesa s'interessi unicamente di 
	questioni religiose (culto, riti, dogmi, testi sacri, ecc.), poiché ogni 
	religione pretende d'essere un'esperienza di vita per l'uomo contemporaneo. 
	La scienza non può esigere che la religione resti ferma al tempo delle 
	problematiche in cui è nata.
	Naturalmente quando la scienza commette degli errori essa deve 
	autocorreggersi, ma la scienza ha prodotto anche degli errori così grandi 
	(vedi ad es. l'uso bellico del nucleare o della chimica, la vivisezione o la 
	sperimentazione genetica sull'uomo) che la religione tradirebbe i suoi 
	principî se non intervenisse. Se gli stessi uomini di scienza non 
	protestano, perché non possono farlo i credenti? Se la protesta è a fin di 
	bene, ha molta importanza da quale fonte proviene? Oggi la scienza è così 
	sofisticata che non possiamo permetterci errori di sorta. Certo, la scienza 
	non va posta sotto il controllo della religione, ma gli uomini di scienza 
	(inclusi tutti i cittadini) devono saper discernere quanto reali, nelle 
	proteste della religione, siano i motivi di allarme e quanto invece si 
	tratti di ennesimi tentativi d'ingerenza. Scienza e fede possono competere 
	benissimo sul piano della democrazia, del rispetto dei valori umani. 7) E' forse giusto che la scienza critichi quei credenti che accettano per 
fede cose che la ragione non accetterebbe mai (come ad es. i miracoli)? 
	
	La scienza ha il diritto di criticare solo le idee religione, non le 
	persone che credono, ma questa possibilità va concessa anche alla religione 
	nel suo confronto con la scienza. L'importante è che non si offendano i 
	sentimenti, la sensibilità delle persone, solo perché si ritengono sbagliate 
	le loro idee. Tuttavia, una religione "intelligente" non si metterà tanto a 
	discutere sulla validità di certe idee scientifiche, quanto semmai sulla 
	loro applicazione. Se dopo una spiegazione scientifica, con tanto di "prove 
	ed errori", permane l'atteggiamento religioso su un determinato problema, il 
	rischio, per la religione, sarà quello di trasformarsi da "fede spontanea" a 
	"pregiudizio". In effetti, oggi la religione sembra sempre meno un prodotto 
	istintivo della debolezza o dell'ignoranza umana, e sempre più un prodotto 
	cosciente di certe forze regressive che se ne servono per alienare gli 
	ingenui e sprovveduti, per contrapporli allo sviluppo della scienza e della 
	democrazia.
	Il fatto che uno sia credente non significa, di per sé, che sia più 
	soggetto alla superstizione, o al fanatismo. Gli scienziati nazisti, in 
	questo senso, non erano certo migliori degli inquisitori medievali. Una 
	persona va criticata quando commette cose negative, che danneggiano la 
	collettività, ma se la possibilità dell'errore dipende molto dalla 
	consapevolezza intellettuale delle cose, la decisione di perseverarvi 
	dipende da un atteggiamento interiore, morale o immorale, estraneo ad un 
	intelletto aperto alla ricerca. 8) E' possibile che la scienza arrivi a dimostrare con la ragione la verità 
di quelle teorie in cui la religione credeva per fede? 
	
	La religione è prevalentemente basata sull'intuizione, sulla percezione 
	sensibile delle cose, sulla fantasia, anche se, per darsi una credibilità, 
	dice di essere basata su una "rivelazione". In queste intuizioni a volte si 
	possono ravvisare elementi di verità universali, non dimostrati ma che 
	possono trovare conferma nei processi scientifici e laico-umanistici.
	Certo, la scienza non arriverà mai a credere nella "resurrezione dei 
	corpi" (anche perché questo concetto è anacronistico rispetto alla 
	sensibilità dell'uomo moderno), però essa crede nella perenne trasformazione 
	della materia, e siccome fino ad oggi ancora non sappiamo tutto della 
	materia (e assolutamente nulla dell'antimateria, di cui pur supponiamo 
	l'esistenza), è allora probabile che un giorno la scienza arrivi a dire cose 
	simili a quelle dette, per solo intuito, dalla religione, anche se lo farà 
	in modo completamente diverso (come oggi si usa la silice per i computers e 
	non per fare il chopper).
	Oggi esistono alcuni pranoterapisti che ridanno la vista ai ciechi, 
	l'udito ai sordi, ecc. Forse gli scienziati dicono che si tratta di miracoli 
	religiosi? No, parlano soltanto di effetti psicotronici, medianici e di 
	altro tipo, del tutto reali, scientificamente osservabili, anche se non si 
	riesce a spiegare la loro forte presenza in alcuni individui e non in altri. 
	Anche il Cristo nei vangeli faceva la stessa cosa, ma mentre la chiesa ne ha 
	dedotto ch'egli era "divino", la scienza deve limitarsi a considerarli 
	fenomeni puramente umani, sebbene non così frequenti. Per la scienza la 
	vita, se non quella biologica, non finisce con la morte; in realtà per la 
	scienza la materia è un processo di eterna autotrasformazione.
	Si può anche sostenere che la scienza non sarà mai capace, neppure in 
	futuro, di spiegare i misteri della religione (ad es. il concetto di 
	Trinità, la divinoumanità del Cristo, ecc.), ma a parte il fatto che questi 
	sono misteri solo per la religione e non anche per la scienza (a meno che la 
	scienza non arrivi a riformularli in termini più accessibili all'uomo 
	moderno), resta il fatto che essi non vengono spiegati neppure dalla 
	religione, che infatti li considera dei misteri insondabili. La religione 
	può soltanto dire che "ci sono", non può spiegare "come sono".
	Una grande differenza tra Scienza e Religione consiste nel fatto che 
	mentre la Religione considera "oggettiva" solo la divinità, la scienza 
	invece tende sempre più a considerare tali la storia e la natura. Quanto più 
	infatti l'uomo si rende autonomo dalla religione (e quindi dalla fede nella 
	divinità), quanto più aumenta la sua autocoscienza e comprende d'essere 
	artefice, in prima persona, della vita che vive, tanto più è costretto a 
	rendersi conto che esistono delle leggi oggettive da rispettare, a livello 
	fisico-naturale, ambientale, ma anche storico-sociale, economico e persino 
	etico. L'uomo cioè può vivere la propria libertà solo nella misura in cui 
	comprende il valore oggettivo di queste leggi, adeguandovisi in maniera 
	creativa.
	La religione ha intuito: 1) che la natura non è il frutto del caso o del 
	destino o del kaos (come volevano i greci), né del terrore primordiale di 
	qualche dio (come ad es. nei racconti assiro-babilonesi), in quanto 
	nell'universo vi sono precise leggi di cui occorre tener conto; 2) la natura 
	procede dalle cose inanimate a quelle animate, dal semplice al complesso, 
	dall'inferiore al superiore. Animali e piante sono relativamente recenti e 
	l'essere umano va considerato come un prodotto finale della natura.
	Su quest'ultimo aspetto si potrebbe sostenere che pare quanto meno 
	semplicistico affermare -come fanno molti scienziati- che l'essere umano è 
	il prodotto di un'evoluzione naturale. La sua differenza rispetto a 
	qualunque altra specie animale è troppo grande perché si possa pensare a 
	qualcosa che progredisce in maniera uniforme, regolare. Si ha addirittura 
	l'impressione che l'essere umano non sia un momento dell'evoluzione 
	naturale, ma il suo prodotto finale, quello più complesso e perfetto, 
	assolutamente ineguagliabile, tanto che, a partire dall'essere umano, pare 
	non essere più possibile parlare di "evoluzione naturale" senza parlare, 
	allo stesso tempo di "evoluzione storica". Nel senso che l'unica evoluzione 
	possibile è quella stessa dell'uomo.
	Storia e natura si condizionano reciprocamente, ma la storia ha delle 
	leggi infinitamente superiori a quelle della natura. Si può affermare che la 
	storia è un processo della natura che supera la materia stessa. In questo 
	senso è valido il principio della dialettica hegeliana secondo cui una 
	progressiva trasformazione quantitativa delle cose produce, ad un certo 
	punto, la formazione d'una nuova qualità. L'essere umano rappresenta appunto 
	questa assoluta nuova qualità della natura.
	Gli scienziati dovrebbero scoprire il momento in cui è avvenuto il 
	passaggio dalla quantità alla qualità. Se lo scoprissero, capiremmo anche 
	che non siamo un semplice prodotto della natura, in quanto nella nostra 
	costituzione psico-fisica è presente un elemento che non si trova in alcuna 
	parte della terra e che ci è stato offerto dall'universo: si tratta 
	dell'autocoscienza, cioè della capacità di distinguere il bene dal male, il 
	desiderio forte della verità, della libertà e della giustizia. Un desiderio 
	che è molto più di un istinto. Infatti quanto più si sviluppa tanto più 
	avvertiamo limitato l'universo in cui viviamo. In sintesi 
	
	Una religione che si servisse della scienza per avvalorare le proprie 
	tesi non sarebbe meno ridicola di una scienza che si servisse della 
	religione per fare altrettanto. In genere, quando ciò avviene, le finalità 
	sono di natura antisocialista o antiateistica. In questo senso, sarebbe 
	meglio che scienza e religione marciassero separate, anche se tale processo 
	non può essere imposto con strumenti coercitivi nella speranza d'ottenere 
	buoni risultati.
	Il fallimento del socialismo reale ci ha insegnato che bisogna rischiare 
	che la religione, contestando apertamente la scienza, sul piano ideologico, 
	possa poi giungere a rivendicare determinate posizioni politiche. La 
	scienza, dal canto suo, deve dimostrare la propria superiorità nei fatti e 
	non tanto nelle parole (o, peggio ancora, servendosi del potere politico).
	La scienza non può pretendere che la religione non abbia "fatti" 
	significativi o che debba essere rivolta solo al "passato" o che debba 
	basarsi esclusivamente sulla "coscienza" (e non sull'esperienza) o sul 
	"culto" o sui "testi sacri", emarginandola nettamente dalla vita sociale.
	E' insostenibile il principio secondo cui l'ateismo, proprio in quanto 
	tale, è migliore di qualunque religione, a prescindere cioè dal 
	comportamento degli individui atei. Se tale comportamento, nei credenti, è 
	più democratico, più tollerante, più rispettoso dei diritti umani, bisogna 
	piuttosto affermare che la religione è migliore della scienza. Anche la 
	religione può dimostrare che la scienza ha torto, proprio sulla base di un 
	confronto tra i risultati pratici che entrambe realizzano. Una scienza che 
	porta all'intolleranza, alla discriminazione, al pregiudizio, 
	all'insicurezza... è una scienza che va superata, abolita. Che poi debba 
	essere la religione a farlo o un'altra scienza, questo solo la storia potrà 
	deciderlo.
	Quello che deve essere chiaro è che non ha senso affermare che la 
	scienza, sul piano oggettivo, ha sempre più ragioni della religione, poiché 
	le ragioni vanno dimostrate in modo soggettivo. La verità oggettiva va 
	dimostrata soggettivamente, altrimenti essa è un'astrazione, un dogma, di 
	cui si può facilmente abusare. La scienza socialista aveva dato per scontata 
	la soluzione della contraddizione che il credente in coscienza avvertiva tra 
	fede religiosa e ragione scientifica; aveva cioè detto al cittadino-credente 
	che l'antinomia sul piano pubblico era stata risolta a favore della scienza, 
	mentre sul piano privato, personale, era compito dello stesso cittadino 
	risolverla. Questo adeguamento forzato alle leggi dello Stato oggi non è più 
	accettabile. CATTOLICI, PROTESTANTI E ORTODOSSI SUL RAPPORTO SCIENZA E FEDE Oggi, le tre religioni principali esistenti in Europa: cattolica, 
protestante e ortodossa, hanno tre diversi modi di rapportarsi alla scienza. Vediamo ora quello cattolico, che si può sintetizzare nella formula "R > S" 
(Religione superiore alla Scienza). I cattolici, nei confronti della scienza, 
hanno, in genere, un duplice atteggiamento: rifiutano a priori quella 
"socialista", perché sostanzialmente atea (nelle sue conclusioni filosofiche) e 
accettano con riserva quella "borghese", perché più ambigua: a volte è atea ma 
altre volte è soltanto agnostica, cioè sospensiva, dubbiosa, problematica circa 
l'esistenza di un "dio" o di un "aldilà" o di un'"anima" (Einstein, ad es., 
affermò che "non può esistere un vero conflitto tra religione e scienza").  (Naturalmente qui si usa l'aggettivazione "socialista" e "borghese" in 
riferimento al contenuto filosofico della scienza o alle sue finalità politiche. 
Non si vuol certo dare l'impressione che esistano molte "scienze", come molte 
sono le religioni, per quanto -è bene precisarlo- se è vero che può esistere un 
uso diverso della scienza, allora possono esistere anche più scienze; questo poi 
senza considerare che la scienza "occidentale", frutto del capitalismo, non può 
essere ritenuta la "scienza" qua talis). I cattolici non amano discutere con la scienza marxista e preferiscono 
quella kantiana (oggi diremmo "popperiana"), al massimo optano per quella 
hegeliana. Essi cioè accettano la scienza solo fino al punto in cui le loro 
verità di fede non vengono clamorosamente contraddette: quando ciò avviene, 
spesso accade che la chiesa, a livello istituzionale -naturalmente dopo molti 
contrasti-, decide di trasformare l'interpretazione "letterale" di certi 
fenomeni o passi biblici in un'interpretazione "simbolica" (allegorica, 
figurata). Basta vedere come si legge oggi, dopo la polemica con l'evoluzionismo 
darwiniano, il racconto del Genesi relativo alla creazione dell'uomo e 
dell'universo. Nel dialogo con la scienza borghese i cattolici sono da principio scettici e 
ostili, ma in seguito si mostrano condiscendenti, seppure a malincuore, fanno 
cioè delle concessioni non perché convinti della verità della scienza borghese, 
ma perché sanno di non avere alternative, cioè di non avere la forza sufficiente 
per opporvisi, inoltre perché temono che l'unica vera alternativa alla scienza 
borghese rischi di diventare quella socialista. Fra scienza e religione 
cattolica vi è quindi un rapporto di forza, eminentemente politico: spesso però, 
sul piano ideologico, emergono posizioni cattoliche secondo cui la religione 
avrebbe il diritto di dire l'ultima parola circa i risvolti "etici" di qualunque 
tesi scientifica.  Mentre dunque sul piano ideologico il cattolicesimo considera la scienza 
subordinata (inferiore) alla religione e, per non dover mettere in discussione 
tale principio, tende a rifiutare il confronto; sul piano politico esso sostiene 
tale pretesa attraverso una continua lotta per il potere e la salvaguardia dei 
propri privilegi. La religione cattolica è appoggiata incondizionatamente dalla 
scienza borghese solo quando è in gioco la sopravvivenza di entrambe. Questa 
reciproca strumentalizzazione è evidente nei momenti di lotta anticomunista. La religione dei cattolici ha sempre avuto la pretesa (soprattutto a partire 
dalla Scolastica) di porsi come una scienza, ovviamente in senso lato o 
anagogico rispetto a quella laica e profana (la cui esistenza, fino a Galilei, 
ma sarebbe meglio dire fino alla Rivoluzione francese, non era neppure ammessa). 
I cattolici sono gli unici in Europa ad avere ancora la pretesa di dimostrare 
"scientificamente" (cioè con ragionamenti logici apodittici) le loro verità di 
fede, ivi inclusa l'esistenza di dio. La religione dei cattolici è, in questo 
senso, una religione razionalista, che però, essendo legata alla politica, ha 
accettato del razionalismo solo il discorso formale, l'aspetto esteriore, non il 
contenuto intrinseco.  I presupposti della fede infatti non vengono mai messi in discussione, cioè 
il suo razionalismo non conosce autocritica intellettuale (l'eccezione più 
significativa, perché più vicina alle idee del socialismo, è costituita dalla 
Teologia della liberazione). La scienza fondamentale, ufficiale, del 
cattolicesimo contemporaneo resta il Neo-tomismo, la cui modernizzazione più 
autorevole è rappresentata dal Concilio Vaticano II e dalle encicliche di 
Giovanni Paolo II. Va detto tuttavia che la società borghese, non essendo in grado d'imporre 
alla chiesa una netta separazione dallo Stato poiché ha bisogno della stessa 
chiesa nella lotta contro la classe operaia, costringe la scienza ad essere 
agnostica, ambigua. Questo atteggiamento della borghesia e dei suoi scienziati e 
ricercatori si manifesta nei confronti di qualunque religione. L'unica 
differenza, in questo senso, dei cattolici dai protestanti sta nel fatto che 
mentre i primi vivono il rapporto con la scienza dal punto di vista soprattutto 
politico (cioè nella pretesa di porsi come uno Stato nello Stato), i secondi 
invece lo vivono soprattutto dal punto di vista ideologico, avendo accettato la 
presenza di un solo Stato, quello borghese. In entrambi i casi però la reciproca 
strumentalizzazione di Stato e chiesa ha sempre una funzione anti-socialista. * * * La posizione protestante è la seguente: "S > R" (Scienza superiore alla 
Religione). I protestanti hanno fatto un passo avanti rispetto ai cattolici, in 
quanto hanno accettato gli sviluppi della scienza borghese, ma hanno fatto un 
passo indietro rispetto alle esigenze democratiche ed egualitarie della 
religione, così come essa le intendeva prima che fosse sviluppata 
razionalisticamente e clericalmente dai cattolici latini.  I protestanti non sono passati, di fronte alle conquiste della scienza 
borghese, dall'interpretazione letterale a quella simbolica, ma da quella 
letterale a quella a-religiosa, "demitizzante". Il dio dei protestanti oggi 
viene considerato come una pura e semplice "questione di coscienza". Sono stati 
definitivamente cancellati i riferimenti al passato religioso della chiesa 
cristiana, non esistono tradizioni ecclesiastiche cui rifarsi con autorità, non 
esistono concili o magisteri o padri della chiesa superiori alla Bibbia, la 
quale può essere interpretata in modo del tutto individuale, sulla base di 
acquisizioni scientifiche che certe discipline come la critica storica, 
testuale, formale, ecc. hanno desunto dalle moderne scienze filologiche sorte in 
ambito laico. I protestanti hanno sviluppato un discorso scientifico non della religione 
ma sulla religione, servendosi più della ragione che della fede. La loro 
religione resta appunto nei limiti della ragione e tutti i fenomeni considerati 
contro-natura o extra-razionali vengono rifiutati in blocco, appunto perché 
ritenuti mitici (miracoli, resurrezione di Cristo, apparizioni, reliquie, 
iconografia sacra, ecc.). Al massimo tutto ciò viene interpretato in maniera 
simbolica (come ad es. la presenza del Cristo nell'eucarestia), lasciando alla 
libertà del singolo fedele il diritto di crederci o meno. In questo senso si può 
sostenere che mentre la corrente demitizzante potrebbe portare, se svolta in 
modo consequenziale, all'ateismo, quella simbolica porta invece al deismo 
filosofico o al panteismo. Quali sono le conseguenze pratiche di questo sviluppo religioso del 
protestantesimo, relativamente ai rapporti col fenomeno scientifico? Anzitutto 
va considerato positivamente il fatto che, almeno sul piano intenzionale, i 
protestanti hanno con la scienza un rapporto più ideologico che politico (la 
scienza socialista può dialogare più facilmente con questa confessione). Resta 
però il fatto che la stragrande maggioranza dei protestanti ha acquisito, nei 
paesi capitalisti, la scienza borghese. Essi cioè, pur non pensando, 
giustamente, di far riconoscere alla scienza le classiche verità di fede, 
cercano però di farle ammettere i suoi limiti fondamentali, in forza dei quali 
la scienza stessa debba sentirsi in dovere d'essere giudicata. Il che vuol dire 
accettare la superiorità della scienza sulla religione, ma non la separazione 
ideologica. La superiorità è relativa, non assoluta, per cui la loro religione, 
in ultima istanza, si riserva di dire (con meno enfasi di quella cattolica) cose 
che la scienza non può dire.  Da un lato quindi la religione protestante permette alla scienza borghese di 
svilupparsi senza limiti, senza controlli di sorta, dall'altro si serve dei 
fallimenti di questa scienza per sostenere che la religione è migliore. 
Tuttavia, il protestantesimo, rispetto al cattolicesimo, si presta di più ad 
essere strumentalizzato dal potere borghese. Discorso a parte andrebbe fatto per quei protestanti che pretendono di 
vivere una religiosità non razionale, cioè di tipo mistico, ai limiti del 
fanatismo..., oppure per quei protestanti che avvalorano tesi regressive 
servendosi di argomentazioni speculative (filosofiche o scientifiche): ad es. i 
Testimoni di Geova o la Chiesa Fondamentalista Americana, che presumono di 
servirsi di argomenti scientifici per sostenere la tesi "creazionista", 
opponendosi strenuamente all'evoluzionismo. * * * La posizione ortodossa -prevalentemente vissuta nei paesi socialisti- può 
essere espressa nella formula S // R (Scienza e Religione marciano su binari 
separati). Gli ortodossi in genere accettano la separazione di scienza e 
religione, per quanto sia giusto dire che nell'ambito del socialismo, 
l'accettazione di tale separazione avviene a prescindere da questa o quella 
confessione. Non si può cioè dire che un ortodosso, solo perché ortodosso, 
accetti meglio di un cattolico, nell'ambito del socialismo, la separazione di 
Chiesa e Stato. Il problema è un altro. Gli ortodossi non hanno mai accettato 
alcun rapporto con la scienza e questa si è sviluppata prescindendo 
completamente dall'apporto dell'ortodossia. Essi non hanno mai formalizzato il 
discorso religioso come la Scolastica o come la teologia razionalista e liberale 
dei protestanti, né sono mai scesi a compromessi con la scienza accettando di 
rivedere le loro fondamentali verità di fede.  L'ortodossia è una religione tenacemente legata al proprio passato, alle 
tradizioni più antiche, alla patristica, all'autorità dei concili, 
all'esperienza liturgica, sacramentale, rituale... Gli ortodossi sono più 
"religiosi", sia rispetto ai cattolici, perché meno clericali, sia rispetto ai 
protestanti, perché meno razionalisti. Essi non conoscono i concordati né la 
moderna esegesi biblica. Per loro la religione è anzitutto fede, culto, 
tradizione, conciliarità, comunione ecclesiale. Gli ortodossi nei paesi 
socialisti, se accettano il regime di separazione (e la maggioranza di essi lo 
fa), sanno comportarsi adeguatamente come "cittadini" (laici) nello Stato e come 
"credenti" nella loro chiesa. 
 SCIENZA, FEDE E RAGIONE Roberto Renzetti -
www.fisicamente.net 
	
	Religione, Magia e Scienza nel Rinascimento italiano. (Pubblicato, 
	in forma ridotta, su "Sapere" di Dicembre 2001) 
	
	Galileo condannato e dileggiato una seconda volta! (Pubblicato su 
	"Sapere") 
	
	Le cause del mancato sviluppo della scienza in Spagna. L'abbraccio 
	mortale tra Stato e Chiesa (Pubblicato su "Sapere") 
	
	Bibliografia su "Fatti e misfatti della Chiesa di Roma" 
	
	
	Astrologia, Alchimia, Magia e Religione (alle loro origini note)
	
	La Taxa Camarae di 
	Leone X
	Educazione al Cattolicesimo
	
	La Chiesa Cattolica e 
	la pena di morte
	Il Signore Dio loro di Carlo Bernardini
	
	Vaticano S.p.A. di Paolo Ojetti
	
	Lettura laica della Bibbia
	
	I sistemi di tortura della Santa Inquisizione da eretico.com 
	
	Come nacque la Bibbia (da disinformazione.it/Bibbia.htm) di 
	David Donnini 
	
	Le macellerie cattoliche nella Grande Croazia di Karlheinz Deschner 
	
	In questa Bibbia crudele io non credo più di Enrico Peyretti 
	
	Cause d'intolleranza
	
	Un frate (Jaki) ed un "chierichetto" (Cammilleri) dicono idiozie su 
	Giordano Bruno 
	
	Cattolici ottusamente e cialtronescamente contro Galileo
	
	Il libro nero della Chiesa 
	
	
	Vaticano 
	
	Evoluzione, Cosmologia, Inquisizione secondo le belle anime 
	cattoliche 
	
	Il monumento a Giordano Bruno e le polemiche cattoliche 
	
	
	Quanto ci costa il Vaticano?
	
	Stepinac, beato criminale
	
	
	Le eresie della Chiesa 
	
	
	Un saggio di Domi Belloni sulla Bibbia
	
	
	Costituzione Europea e "radici cristiane" 
	
	
	Giacomo, fratello di Gesù 
	
	
	Islam, ebraismo e 
	Bibbia. Dieci comandamenti. Bibbia e Magia
	Gli evangelici chiedono ragione dei crimini della Chiesa. Alcune 
	cosette sullo IOR
	Eresie Medievali ed Inquisizione 
	
	
	Se Darwin fa paura alla Moratti, di Donatella Tramontano
	Darwin: povero Bertagna! di Donatella Tramontano Fonti 
	
	
	Ateismo filosofico nel mondo antico. Religione, materialismo, scienza. La 
	nascita della filosofia ateaTamagnone Carlo, 2005, Clinamen
	
	L'illuminismo e la rinascita dell'ateismo filosoficoTamagnone Carlo, 2008, Clinamen
	
	Necessità e libertà. L'ateismo oltre il materialismoTamagnone Carlo, 2004, Clinamen
	
	Dio non esiste. La realtà e l'evoluzione cosmica tra caso e necessitàTamagnone Carlo, Clinamen 2010
	
	La filosofia e la teologia filosofale. La conoscenza della realtà e la 
	creazione di DioTamagnone Carlo, Clinamen 2006
	
	Vita morte evoluzione. Dal batterio all'homo sapiensTamagnone Carlo, Clinamen 2011
	
	Dal nulla al divenire della pluralità. Il pluralismo ontofisico tra energia, 
	informazione, complessità, caso e necessitàTamagnone Carlo, Clinamen 2009
	
	Il diavolo nei dettagli. Saggi sull'agnosticismo Huxley Thomas H., 2009, Book Time
	
	Dio? Ateismo della ragione e ragioni della fede Scola Angelo, Flores D'Arcais Paolo, 2008, Marsilio
	
	Ateismo nel Cristianesimo. Per la religione dell'Esodo e del Regno. «Chi 
	vede me vede il Padre» Bloch Ernst, 2005, Feltrinelli
	
	Volti dell'ateismo. Mancuso, Augias, Odifreddi. Alla ricerca della ragione 
	perduta Vitale Vincenzo, 2010, SugarCo
	
	Etica dell'ateismo. DVD. Con libro Flores D'Arcais Paolo, Augias Corrado, 2006, Casini
	
	L'ateismo di Nietzsche e il cristianesimoWelte Bernhard, 2005, Queriniana
	
	L'ateismo impossibile. Ritratto di Nietzsche in trasparenzaSacchi Dario, 2000, Guida
	
	AteismoEndrighi Silvio, cur. Scrignòli M., 2000, Book
	
	Dibattito sull'ateismo Flew Antony, Lombardo Radice Lucio, Bultmann Rudolf, 1967, Queriniana
	
	Lo spirito dell'ateismo. Introduzione a una spiritualità senza DioComte-Sponville André, 2007, Ponte alle Grazie
	
	Nuovo ateismo e fede in Dio2012, EMP
	
	L'ateo smascherato. Immagini dell'ateismo e del materialismo 
	nell'apologetica cattolica da Cartesio a KantDe Liguori Girolamo, 2009, Mondadori Education
	
	La nascita dell'ateismo. Dai clandestini a KantCurci Stefano, 2011, LAS
	
	I senza Dio. Figure e momenti dell'ateismoBodei Remo, cur. Caramore G., 2009, Morcelliana
	
	Il peso del cielo. Etica e ateismo in Lucrezio e NietzschePercetti Luca, 2012, Gruppo Edicom
	
	Elogio dell'ateismo Tonon Nando, 2009, Dedalo
	
	Apologia dell'ateismo Rensi Giuseppe, 2009, La Vita Felice
	
	Il problema dell'ateismo Del Noce Augusto, 2010, Il Mulino
	
	Dio e il nuovo ateismo Haught John F., 2009, Queriniana
	
	Ricerca intorno all'ateismoBianchini Gianni, 2012, Gruppo Albatros Il Filo
	
	Un Dio assente. Religione, ateismoVarone François, 1995, EDB
	
	Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo Giorello Giulio, 2010, Longanesi
	
	Piccole apocalissi. Tracce della divinità nell'ateismo contemporaneo 
	Formenti Carlo, 1991, Cortina Raffaello
	
	Dio non esiste! Gli argomenti del nuovo ateismo Lohfink Gerhard, 2011, San Paolo Edizioni
	
	L'ateismoKojève Alexandre, cur. Filoni M., Stimilli E., 2008, Quodlibet
	
	Il pensiero religioso nei presocratici. Alle radici dell'ateismoZeppi Stelio, 2003, Studium
	
	Massimo Cacciari. Filosofia come a-teismo Bertoletti Ilario, 2008, ETS
	
	L'ateismoVernette Jean, 2000, Xenia
	
	L'ateismo modernoMorin Dominique, cur. La Rocca T., 1996, Queriniana
	
	L'ateismo: natura e cause, Massimo
	
	L'ateismo trionfatoCampanella Tommaso, 2008, Scuola Normale Superiore
	
	Ateismo e cristianesimoMarcozzi Vittorio, 1967, Massimo
	
	Diagnosi dell'ateismo contemporaneo. Relazioni del Simposio (13 e 14 ottobre 
	1978)1980, Urbaniana University Press
	
	Come se Dio non fosse. La questione dell'ateismo, il nichilismo e il 
	problema del malePettinari Graziano, 2005, Trauben
	
	Una religione senza Dio. Satori e ateismoHoseki Schinichi Hisamatsu, 1996, Il Nuovo Melangolo
	
	Problematica dell'ateismoDi Loreto Antonio, Japadre
	
	Esperienza del nulla e negazione di Dio. Interpretazioni dell'ateismo in 
	NietzscheGhedini Francesco, 1988, Gregoriana Libreria Editrice
	
	Issues of vagueness. Methodology and agnosticism, 2005, Il Poligrafo
	
	Storia dell'ateismoMinois Georges, 2003, Editori Riuniti
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