STUDI SULL'ATEISMO SCIENTIFICO


IL GESU' "COMUNISTA" DI COSTANZO PREVE

Mi chiedo dove Costanzo Preve, allorché parla su "Marx 101" (n.7/1989), di riprendere il confronto tra marxisti e credenti, abbia mai letto che il "marxismo non sia, almeno dal punto di vista teoretico, una forma di ateismo": forse nei Manoscritti del '44, laddove Marx sostiene che "l'ateismo è sì una negazione di dio e pone attraverso questa negazione l'esistenza dell'uomo, ma il socialismo in quanto tale non ha bisogno di questa mediazione"?

Se è così, allora bisogna subito precisare che il socialismo, specie quello "qua talis", cioè quello democratico, non s'è mai realizzato, né nell'Europa dell'est, né, ancor meno, in quella dell'ovest. O forse Preve intendeva dire che se l'esigenza di costruire il socialismo democratico dipende dall'atteggiamento assunto nei confronti della religione, allora è preferibile non parlare di "ateismo", onde permettere ai credenti di meglio coinvolgersi nell'impresa?

Persino un ente "insospettabile" come il "Pontificio Consiglio per il dialogo coi non-credenti" sa comportarsi con maggiore coerenza. Infatti, nei due simposi organizzati con alcuni specialisti est-europei, su "scienza e fede" e "società e valori etici", non si è per nulla preoccupato di mascherare le diversità; anzi, ha chiesto che gli interventi fossero il più espliciti possibile, anche in direzione dell'ateismo, nella consapevolezza che sul piano ideologico la convergenza resta alquanto improbabile. (cfr. Science and Faith, Ljubljana-Rome 1984 e Società e valori etici, ed. Città Nuova, Roma 1987).

Ma allora -ci si può chiedere- perché dialogare? Per due semplici ragioni: la prima è che ci sono molti problemi comuni da risolvere (la pace, i diritti umani, l'ecologia, i valori della vita ecc.); la seconda è che il dialogo fa bene alla "salute spirituale", nel senso cioè che cura taluni malesseri tipici dell'uomo moderno: la sclerosi intellettuale, le fissazioni maniacali, i complessi di superiorità o di persecuzione.

In definitiva, la sostanza del problema qual è? E' possibile dialogare coi credenti in qualità di non-credenti, oppure il dialogo è possibile solo quando non è in gioco la Weltanschauung? Il suddetto Consiglio ha risposto di "sì" ad entrambe le domande; Costanzo Preve invece vi ha risposto di "no". "No" alla seconda perché, ovviamente, un dialogo che si limitasse a questo finirebbe con l'impoverirsi; ma "no" anche alla prima perché, a suo giudizio, le posizione ateistiche sono superate.

Qual è la sua proposta? Quella di riprendere le idee, molto apprezzate dai cattolici, del neo-marxista Ernst Bloch, il cui marxismo -lascia intendere Preve- non è così "esplicito", così "immediato", così "fastidioso". Il suo stesso ateismo è più che altro una provocazione a "credere meglio", una sfida, non certo una convinzione autenticamente laica. "Non ci sono in Bloch gli estremi per separare teologia e politica" -dice Preve con soddisfazione (oggi neppure la peggiore ideologia borghese aspira a tenerle unite).

L'eclettismo di Costanzo Preve, tuttavia, non finisce qui. Con pregiudizio e una punta di vanità, egli squalifica la "demitizzazione" iniziata da Bultmann soltanto perché la ritiene inutile "per una fondazione di una prassi di liberazione". Errore madornale, in quanto tutta la critica che nell'ambito della religione porta all'ateismo può essere molto utile a tale prassi, seppure indirettamente. La chiesa infatti l'ha capito e ha tradotto le opere di Bultmann solo quel tanto che bastava per non fare una meschina figura di provincialismo.

Preve inoltre sostiene che nella teologia della liberazione non c'è quasi traccia di marxismo. Altro errore madornale. Senza il marxismo non esisterebbe neppure la TdL, la quale, se ha un limite non è certo quello di non usare categorie strettamente marxiste, ovvero di non rifarsi in toto al marxismo (il che oggi, semmai, è un pregio), bensì quello di avere la pretesa di superare o inverare il marxismo dal punto di vista della religione (che fu poi la pretesa di Comunione e Liberazione agli inizi degli anni '70). Nelle sue espressioni migliori (in questo C.L. non l'ha mai eguagliata), la TdL è rimasta affiliata al marxismo teorico, tanto che ancora oggi costituisce una delle correnti ecclesiali più significative con cui dialogare. I governi USA e altri governi sudamericani da tempo l'hanno capito e da tempo emanano direttive per eliminarla.

Preve critica aspramente anche un luogo comune, da lui ritenuto il "più noto", che a me pare, in verità, assai poco "comune" e addirittura privo di un vero "luogo". Eccolo: "il marxismo può essere radicale nei confronti della fede religiosa solo a condizione di riaffermare senza compromessi il proprio ateismo". Ora, quando mai un marxista democratico ha affermato una sciocchezza del genere? E se l'ha fatto, in quanti gli hanno creduto? L'ateismo marxista è volgare o scientifico? E' un'interpretazione razionale del fenomeno religioso o una bandiera da conficcare nella testa dei credenti?

Inoltre è davvero singolare che Preve voglia limitare la vasta critica della religione compiuta da Marx al rapporto tra "feticismo religioso" e "feticismo economico", così come appare nel Capitale. Sia la religione che l'ateismo sono fenomeni molto complessi, tanto che lo studio dei loro reciproci rapporti si può dire che sia appena uscito dalla culla. Se poi si ha addirittura il coraggio di sostenere che la nozione di "feticismo religioso" non è "una vera e propria categoria scientifica", bensì una "metafora per comprendere la divinizzazione e l'eternizzazione abusiva delle categorie economiche vigenti nel modo di produzione capitalistico" - allora si sono fatti "due passi indietro", poiché non si è compreso che l'esigenza della religione è strutturale al capitalismo, come ad ogni società basata sullo sfruttamento del lavoro altrui.

Preve non sarà per caso uno di quelli che ritiene impossibile qualificare come "scientifico" l'ateismo, in quanto non sarebbe possibile dimostrare l'inesistenza di dio? Se è così (e su questo andrebbe esaminata attentamente tutta la polemica che ha indotto "La nuova ragione" -la rivista dell'Associazione Giordano Bruno- a separarsi dalla "Ragione" "tradita"), non si può fare altro che ricitare il Marx dei Manoscritti di Parigi, il quale, a chi gli chiedeva, con fare sofistico: "Chi ha generato il primo uomo e in generale la natura", rispondeva, serafico: "La tua domanda è essa stessa un prodotto dell'astrazione".

Viceversa, per Costanzo Preve tale domanda "non è affatto ingenua", poiché essa "presuppone un universo d'interesse, entro cui quell'interrogativo ha un senso". Perfettamente vero, ma questo non toglie che la domanda, in modo oggettivo e reale, cioè a prescindere dalle intenzioni di chi la pone, vada considerata per quello che è: una forma di alienazione. Che poi "in molte tradizioni religiose il problema dell'ateismo non si sia mai posto" -come vuole Preve e, con lui, molti altri ideologi che non sanno scorgere accanto alla religione anche la sua "critica"-, ciò non può certo significare che le domande religiose siano di per sé più interessanti di quelle ateistiche o che debbano essere considerate come più "sentite" dagli uomini. In Italia, p.es. non esiste ancora il socialismo, ma si può forse dire che nessuno ne avverta l'esigenza o che tale esigenza sia meno significativa rispetto a quella, ancora dominante (stando ai principali media), del capitalismo? Forse gli uomini primitivi che per un milione di anni hanno vissuto senza religione, si ponevano, solo per questa ragione, meno domande o domande meno importanti dei credenti di oggi?

O forse Preve ci vuole suggerire -ma questo sarebbe davvero grave- che è possibile vivere una forma di religiosità per così "purificata", "arazionale", tale per cui il sorgere dell'ateismo sarebbe molto improbabile? Se questa non è la sua preoccupazione perché citare in nota, condividendolo, l'articolo di C. Sini apparso su "Rinascita" (19/07/1986), il quale, con l'astuzia di uno che per evitare una trappola difficile cade in una facile, sostiene (cito le parole riportate da Preve) che "non si può decidere fra teismo e ateismo, perché i termini tradizionali della questione sfumano oggi nell'insensato". Sulla vuotaggine del "teismo" in effetti si potrebbe anche essere d'accordo, ma un "ateismo problematico" -come Sini va predicando- non è altro che un "agnosticismo di maniera" (tanto più ridicolo quanto più pretende d'essere di "sinistra").

Lo dimostra anche, in una nota di Preve, il riferimento compiaciuto a una lettera privata di L. Althusser, il quale afferma: "l'ateismo è un'ideologia religiosa... il marxismo non è un ateismo (in questo preciso significato)... non c'è conflitto di principio fra la religione e l'ateismo... l'ateismo come sistema teorico è sempre un umanesimo ed ogni tipo di umanesimo è un'ideologia di essenza religiosa".
Non c'è "conflitto di principio"? Forse perché fino a quando si parlerà di "ateismo" bisognerà per forza supporre la presenza della religione? Ma l'alienazione non va forse combattuta, democraticamente, o dobbiamo aspettare ch'essa si estingua da sola?

Le tesi di Althusser avevano fatto il loro tempo ben prima ch'egli morisse. Dopo aver abbandonato la politica, Althusser aveva invano cercato un'impossibile "purezza" di Marx sul piano scientifico, convinto che le rivoluzioni fossero l'esito di eventi ineluttabili, a prescindere dalla volontà dei soggetti. Con fare tipicamente positivistico, egli cercò la perfezione del marxismo nella "teoresi", cioè nell'analisi economica affrontata in modo filosofico, disprezzando infinitamente ogni forma di "umanesimo": il soggetto, per lui, era troppo contraddittorio perché il marxismo potesse farsene carico. Di qui la sua ben nota e triste formula: "La storia è un processo senza soggetto". Ovvero il soggetto rivoluzionario sono masse popolari i cui singoli individui hanno tutti la stessa faccia, poiché ciò che più conta è la loro capacità di adeguarsi a un fine o a una volontà che li trascende. Veramente C. Preve detesta l'idea che il marxismo possa essere considerato come un integrale umanesimo?

L'altro problema che Preve affronta nel suo saggio è il seguente: "com'è stato possibile che il cristianesimo abbia potuto sopravvivere, ed anzi prosperare, dopo la smentita della sua promessa massima e centralissima, quella della parusia, del secondo avvento del Cristo trionfante e del regno di Dio?".

La domanda non è posta bene, però se ne intuisce lo stesso il significato. Cristo infatti non ha mai predicato alcuna "parusia", ma semplicemente l'imminenza del regno (di "dio" è stato aggiunto da discepoli già estranei all'impegno politico, che, per questa ragione, elaborarono anche il concetto di "parusia", onde ridare speranza a chi voleva andarsene dal movimento nazareno). Ma di imprecisioni come queste l'articolo è pieno: ad es. Preve afferma che "il sacramento della comunione deriva dai due dogmi dell'incarnazione e della transustanziazione", quando, semmai, è vero il contrario. I sacramenti facevano parte della "prassi" primitiva della chiesa apostolica: i dogmi emersero per espellere l'eresia dalla comunità.

La risposta che Preve dà alla suddetta domanda si biforca in due rivoli: il primo parte da una tesi di M. Weber, secondo cui "ad una fase 'settaria' delle religioni, caratterizzate da aspettative di tipo messianico ed escatologico, succede inevitabilmente una fase maggiormente 'quotidiana', in cui la secolarizzazione dell'originario contenuto messianico razionalizza gli ambiti 'mondani' dell'esistenza fino all'estinzione pressoché integrale del contenuto messianico stesso".
Su questo due parole, prima di passare al secondo aspetto. Il movimento promosso da Cristo non fu affatto "settario", né sul piano interno (in quanto si voleva una "rivoluzione di popolo" antiromana, con farisei, zeloti, esseni, battisti... alleati), né sul piano esterno (i numerosi rapporti con gli ambienti di cultura greca lo dimostrano). Che alle aspettative messianiche succeda "inevitabilmente" una fase "quotidiana", questo può dirlo un sociologo borghese come Weber, ma fa specie che lo ribadisca anche Preve.

La pretesa "inevitabilità" di un processo del genere non può certo tenere in considerazione la natura delle "deviazioni" o dei "tradimenti" (più o meno coscienti) di cui il messaggio di Cristo è stato fatto oggetto. Parlare poi, al negativo, di "secolarizzazione dell'originario contenuto messianico" fa davvero ridere, poiché le aspettative di tipo "messianico" (sulla cui liceità si può sempre discutere, tant'è che anche il Cristo rifiutava, in certi casi, l'appellativo di "messia") non riguardano certo la sola coscienza religiosa. Weber è un sociologo borghese non solo perché rifiuta il concetto di "rivoluzione", ma anche perché squalifica per principio ogni attesa di cambiamento reale, bollandola col marchio di "messianismo religioso".

Il secondo aspetto di cui sopra è preso a prestito da una frase di G. Lukacs, il quale si richiama "all'intatto fascino che da questi due millenni irradia dall'immagine della personalità del Gesù neotestamentario". Di che "fascino" si tratta? Questo -a detta di Preve- è il punto più importante della sua discussione. Qui però non vogliamo addentrarci in un'analisi su Lukacs, e neppure possiamo perdere tempo a rilasciare attestati di merito a Preve per quelle parti del suo saggio condivisibili al 100%.

Ci limiteremo semplicemente a fare alcune osservazioni. Anzitutto ci spiace che l'autore metta sullo stesso piano "protestantesimo" e "cattolicesimo". Ormai anche le pietre sanno che le migliori ricerche scientifiche sul cristianesimo primitivo sono state prodotte solo in ambito protestante (molte di esse, e non a caso, portano diritto all'ateismo).

E' vero, in via di principio (anche se invece sul piano del "giudizio storico" l'ha fatto) il marxismo non può preferire il protestantesimo "borghese" al cattolicesimo "feudale" (in fondo la Teologia della liberazione è nata in un contesto cattolico), ma se non siamo davvero dei "gonzi" -come vuole Preve-, non si deve neppure diventarlo evitando di ammettere la netta superiorità "critico-teorica" del protestantesimo rispetto al cattolicesimo (la superiorità di quest'ultimo va semmai registrata sul piano etico-sociale). L'unico Paese capitalista in cui l'ideologia cattolica è un po' avanzata è la Francia, ove i teologi, forti delle tradizioni gallicane, possono appropriarsi, con relativa facilità (salvo poi "purgarle" quanto basta), delle migliori conquiste del pensiero evangelico. Persino la famosa frase che Preve attribuisce a Loisy: "Cristo predicò il regno di Dio ed è venuta la chiesa", è stata detta da un teologo tedesco, von Harnack.

Così pure, l'entusiastico apprezzamento di Preve per il "metodo della storia delle forme" non fa che attestare la superiorità teoretica dei protestanti. Anche qui tuttavia bisogna stare attenti: la Formgeschichte (non meno peraltro della Redaktionsgeschichte) ha aiutato a "demitizzare", cioè a smascherare censure, strumentalizzazioni e falsi (e il lavoro continua!), ma non ha mai aiutato a capire, in positivo, da un punto di vista strettamente laico-scientifico e umanistico, in che cosa il messaggio di Cristo poteva o può ancora oggi essere considerato "politicamente rivoluzionario". In questo senso fa bene Preve a contestare Bultmann, ma fa male a contrapporgli Schweitzer: nessuno dei due, infatti, ha saputo impostare il problema.

Meglio sarebbe -e su questo anche Preve è d'accordo- riprendere il discorso, lasciato in sospeso poco prima dell'attuale ricaduta conservatrice, che una certa lettura "materialistica" dei vangeli, orientata a sinistra, aveva inaugurato, a partire dalle opere di Belo, Girardet e prima di loro Brandon. Grazie a questa esegesi si era arrivati alla conclusione che Gesù fosse stato un comunista ante-litteram (il che certo non avrebbe incontrato il consenso di un grande storico delle religioni come A. Donini). Tuttavia, secondo Preve si tratterebbe semplicemente di un "comunismo della distribuzione"... Come se una "distribuzione" comunista possa realizzarsi a prescindere da una "produzione" comunista!

Il limite maggiore di quella famosa lettura "materialistica" stava in realtà nel fatto che tutti gli autori si dichiaravano "credenti". Belo, Girardet e Brandon erano addirittura preti o pastori: il che non poteva non influire sul modo d'intendere la presunta "divinità" del Cristo.

Naturalmente per poter superare tale limite non basta riprendere le loro ricerche dichiarandosi "atei", ma non serve neppure proclamare -come fa Preve- che Gesù fu un "comunista". Il solo modo scientifico sarebbe quello di corredare le proprie tesi di dati concreti alla mano, ma fino ad oggi l'unica cosa di rilievo che si è riusciti a dimostrare è stata la tendenziosità delle fonti neotestamentarie, frutto di una posizione politica conciliante verso il potere costituito. Si è insomma, per dirla con Althusser, "lavorato sui fantasmi", e più di così, allo stato attuale delle fonti, non è possibile fare.

Fonti


Le immagini sono state prese dal sito Foto Mulazzani (sezione Natura/Fiori)

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria - Ateismo
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Aggiornamento: 10/09/2014