STUDI SULL'ATEISMO SCIENTIFICO


E' POSSIBILE DIALOGARE CON L'ATEISMO-SCIENTIFICO?

Le opere sovietiche di ateismo-scientifico, tradotte nella nostra lingua, si contano praticamente sulle dita di una mano: quelle di maggior rilievo restano senza dubbio patrimonio di Teti editore. Persino gli studiosi cattolici si meravigliano dell'esiguità di queste pubblicazioni, pur riconoscendone l'indiscutibile valore (vedi ad es. J. Rajcak, Gesù nella ricerca sovietica contemporanea, ed. Piemme 1985). Si può anzi dire che i contributi più rilevanti dedicati a questo argomento, siano stati quelli di Marcello Craveri, discepolo di Ambrogio Donini, e quelli di Ermis Segatti, un prete della provincia di Torino, oltre all'opera citata sopra e ad alcune cose del mons F. Skoda.

Segatti scrisse negli anni '76-'77 un ampio saggio, in due puntate, per la "Rivista biblica italiana", affrontando tutta l'evoluzione, da Lunacarskij al post-stalinismo, dell'interpretazione sovietica del cristianesimo primitivo. E, di recente, ha pubblicato, riprendendo di quel saggio molti temi e ampliandone altri, un libro dal titolo L'ateismo. Un problema nel marxismo, ed. Piemme.

Il motivo dell'ostracismo occidentale e italiano in particolare nei confronti dell'ateismo sovietico, è difficilmente spiegabile non tanto perché vi siano poche giustificazioni ma, al contrario, perché ve ne sono troppe. Molto ad es. è dipeso dalla nostra tradizionale arretratezza culturale (la Francia, che pur è 'cattolica' come l'Italia, benché più laicamente, ha, sotto questo aspetto, molti meno pregiudizi). Entro i limiti di tale provincialismo bisogna collocare purtroppo, sebbene con riserva, anche le forze cosiddette "di sinistra", che istintivamente o sulla base di motivazioni storiche, tendono a prediligere, sul piano dell'atteggiamento verso la religione, l'agnosticismo o l'indifferenza in luogo dell'ateismo.

L'ex-Pci si era sempre sforzato -giustamente, peraltro- di non fare della 'questione religiosa' un pretesto per dividere le masse popolari. E tuttavia, ad un affronto politicamente corretto della questione religiosa non ha fatto seguito anche un affronto culturalmente (o scientificamente) adeguato. Qualcosa gli Editori Riuniti hanno pubblicato (si pensi p.es. all'ottimo libro del Verret o all'ultimo di Manacorda sul Vecchio Testamento), ma si tratta di ben poca cosa rispetto alla mole di lavoro sostenuta dall'editoria cattolica in funzione anti-ateistica (si veda ad es. la rivista specializzata del Pontificio consiglio per i non-credenti, Ateismo e dialogo, o le diverse 'enciclopedie' cattoliche sull'ateismo contemporaneo).

A queste cause vanno aggiunte altre non meno importanti. La 'guerra fredda' e insieme la propaganda psico-ideologica contro l'Urss non hanno certo contribuito alla diffusione delle idee ateistiche sovietiche in Italia. Meno ancora poteva favorirla l'accentuata propensione degli studiosi sovietici per le tesi della 'scuola mitologica', alcune delle quali provengono direttamente dall'esegesi razionalista del mondo protestante. Praticamente l'unico che sia riuscito a importare da noi le principali tesi sovietiche sulla religione, è stato lo storico delle religioni Ambrogio Donini, che ha saputo rielaborare in forma magistrale le fondamentali acquisizioni dell'indirizzo mitologico, rapportandole alla sensibilità e agli interessi del pubblico italiano.

Gli stessi sovietici non hanno mai fatto nulla per propagandare all'estero le loro idee ateo-scientifiche: l'editrice Progress per anni si è limitata al classico di Lenin, Sulla religione, che è possibile trovare anche presso gli Editori Riuniti, e solo di recente ha stampato un prezioso libro sulla Storia della chiesa ortodosso-russa (la prima opera marxista edita in Italia su questo argomento). La Novosti ha fatto di più, ma sempre in forma di stringati opuscoli. Sembrerà strano, ma fra tutte le riviste sovietiche tradotte in lingua straniera, neppure una esiste che tratti il fenomeno religioso in maniera specialistica. Negli anni '70 la rivista che in Italia ha tradotto più articoli di ateismo-scientifico (prendendoli da pubblicazioni ad hoc dei paesi est-europei) è stata quella cattolico-integralista di Comunione e liberazione, CSEO, oggi da CL accorpata ad un'altra non meno anticomunista, L'altra Europa (ex Russia cristiana).

C'è dunque un vuoto da colmare nell'ambito della sinistra e forse è giunto il momento propizio. Politicamente infatti, grazie anche alla politica della perestrojka, l'atteggiamento del pubblico italiano è meno ostile nei confronti dell'Urss, anzi, per certi aspetti (si pensi al disarmo), è decisamente favorevole. Sul piano scientifico, la ricerca ateistica sovietica, biblica ed extra-biblica, sembra orientarsi oggi con un certo interesse verso l'indirizzo 'storico-razionalista', abbandonando la categoricità di talune tesi mitologiche. Anzi, forse un rapido excursus delle migliori posizioni storiciste sovietiche nei confronti di Gesù Cristo, potrebbe aiutarci a capire in quali direzioni il dialogo dovrebbe essere impostato.

* * *

Con sempre maggior frequenza si va ammettendo la possibilità dell'esistenza di Cristo, nonostante resti salvo il giudizio di tendenziosità e forte lacunosità delle poche fonti disponibili, bibliche e non. In particolare, sembra si stia accettando (ad es. con Kazdan) il principio secondo cui le stridenti contraddizioni presenti nei vangeli possono anche essere indice di 'storicità'. Già il grande storico Kovaliov (del quale gli Editori Riuniti pubblicarono la famosa Storia di Roma) ammise, alla fine della sua vita, in virtù delle scoperte di Qumran, che il cristianesimo poteva essere nato in Palestina, a contatto con problemi e movimenti di natura specificamente ebraica, anche se nella diaspora giudaica e in ambienti ellenistici si sarebbe successivamente sviluppato. Lo stesso Kovaliov sostenne che tra tutte le fonti non cristiane su Gesù, quelle di Plinio il giovane e di Tacito meritavano un'attenzione particolare.

Ciò significa che ora molti racconti evangelici, non contenenti nulla di 'soprannaturale', vengono accolti senza particolari problemi: con Nikol'skij si è arrivati persino a considerare i miracoli di Gesù alla stregua di "semplici guarigioni psichiche o neurotiche". Neppure infastidisce la tradizionale cronologia ecclesiastica in merito alla redazione dei vangeli, né l'idea che i quattro autori possano essere stati dei personaggi reali. Naturalmente la scuola storica non ha rifiutato le fondamentali ricerche della scuola mitologica, secondo cui i racconti evangelici sarebbero stati influenzati da racconti mitologici greco-romani, babilonesi, siriani, egiziani e indiani, nonché dal pensiero del filosofo alessandrino Filone, dalle concezioni dualistiche del mondo tipiche degli esseni e degli iraniani, e dalle idee messianiche anticotestamentarie degli ebrei.

Ma la novità maggiore di questa scuola è che si sta recuperando criticamente la concezione di Kautsky che vedeva nel Cristo un 'politico rivoluzionario' (la sua Origine del cristianesimo, che Lenin annoverò fra i classici della cultura socialista, è reperibile in una vecchia edizione della Samonà e Savelli). A dir il vero il nesso Cristo/rivoluzione ha interessato la biblistica sovietica sin dagli anni '20: memorabile fu il dibattito pubblico fra Lunacarskij e il metropolita di Leningrado Vvedenskij, il quale si rendeva conto che la concezione passiva di cristianesimo elaborata da Tolstoi e fino ad allora dominante in Russia, andava radicalmente mutata. Col tempo però prevalse in questo paese la tendenza a negare al Cristo un ruolo del genere, in quanto si temeva che forze 'clericali' potessero servirsene per contestare il regime. Lo stesso Vvedenskij continuamente ribadiva che le migliori conquiste del comunismo (la proprietà comune, la giustizia sociale, l'uguaglianza degli uomini e dei sessi, ecc.) erano tutte di derivazione 'cristiana'. Per cui, se da un lato l'idea di un Cristo rivoluzionario veniva usata per sconfessare coloro che credevano nella sua presunta 'divinità' (un messia 'figlio di dio' che lottasse politicamente non si lascerebbe uccidere), dall'altro si evitava di approfondire troppo questa idea per non offrire pretesti di rivendicazioni politiche all'opposizione.

Oggi le migliori posizioni storiciste (vedi ad es. Lencman, Svencickaja e il polacco Kosidovskij) ritengono che il Cristo sia stato sì un soggetto rivoluzionario (il cui fallimento non dipese -come voleva Lunacarskij- dalla mancanza di un preciso programma politico ed economico, poiché questo, nelle sue linee essenziali e rapportato alle esigenze e possibilità di quei tempi, era presente), ma ritengono anche che il cristianesimo post-pasquale abbia immediatamente tradito le istanze rivoluzionarie del suo fondatore, sicché proprio le fonti evangeliche ci impedirebbero di conoscerle adeguatamente. Col che l'esegesi sovietica torna a recuperare -come si è detto- le ben note tesi di Kautsky, che in campo confessionale han trovato un riflesso negli studi dell'anglicano S. Brandon e del cattolico F. Belo.

D'altro canto l'idea di un Cristo 'sovversivo' o 'ribelle' ha caratterizzato per lungo tempo la stessa storia della chiesa: basti pensare alle eresie medievali, al socialismo cristiano e utopistico o al modernismo. Intorno a questa idea vi è dunque la possibilità di stabilire un proficuo dialogo con l'ateismo-scientifico. Anche perché la classica accusa rivolta ai comunisti di non dare alcun credito ai valori pre-politici dell'esperienza cristiana, oggi non ha più ragione di essere (cfr ad es la tesi 41 del XVII° Congresso del Pc).

La domanda tuttavia resta: se Cristo fu veramente un soggetto 'rivoluzionario', in che modo o in che misura il suo insegnamento può ancora oggi risultare accettabile? Rispondere a questa domanda, allo stato attuale delle fonti, è praticamente impossibile. Al massimo si possono avanzare delle ipotesi (come ad es. hanno fatto Kolakowski, Bloch, Machovec e altri ancora), che però fino adesso non hanno prodotto risultati significativi. La valorizzazione dei lati 'politici' dell'esperienza del Cristo viene per così dire circoscritta, rigorosamente delimitata, in quella dei lati 'umani': Cristo fu grande come 'uomo' non come 'politico', né avrebbe potuto esserlo -si sostiene- in quella situazione o in quel contesto storico. Di qui l'esigenza di sottolineare l'importanza della cosiddetta 'escatologia': l'unico aspetto che - a detta di molti marxisti, il primo dei quali fu Engels - può avvicinare socialismo e cristianesimo.

Il tema dell'escatologia è in realtà un'arma a doppio taglio: se la si usa come Engels si finisce con l'identificare i limiti dell'esperienza cristiana primitiva con quella dello stesso Cristo (senza cioè poter afferrare il senso dei tradimenti o delle censure operate ai danni del vero vangelo di Cristo da parte degli stessi cristiani); se la si usa invece come Machovec, Bloch, Nikol'skij e molti altri marxisti, si rischia di fare gli interessi dell'odierno cristianesimo, che con l'idea dell'escatologia ha ridotto ai minimi termini l'importanza che la dimensione politica del movimento di Gesù ebbe duemila anni fa, e che forse ancora oggi, seppure indirettamente, potrebbe avere.

Ciò in pratica significa che una vera valorizzazione dell'esperienza politico-rivoluzionaria del Cristo ancora non è stata fatta, ed è assai improbabile che potrà esserlo se non si prescinde da tutte quelle sovrastrutture ideologiche e mitologiche che la comunità cristiana le ha col tempo applicato, ovvero se non si esamina la figura e il messaggio del Cristo dal solo punto di vista umanistico. Detto altrimenti, una volta sgomberato il campo dalle 'illusioni religiose', secondo cui la parusia o 'seconda venuta' del Cristo compenserebbe il fallimento della sua prassi politica, occorre affermare (o azzardare) che se l'esperienza della croce fu una sconfitta del Cristo 'politico', non costituì però un'ipoteca sugli ideali politici di liberazione, come invece i cristiani generalmente credono. Il Cristo insomma, accettando la croce, non solo ha voluto salvaguardare la profonda democraticità della sua politica, in quanto ha evitato di trasformare l'avventurismo di un estremista come Giuda in una sicura catastrofe per l'intero popolo ebraico; ma ha pure lasciata aperta la possibilità di realizzare gli ideali rivoluzionari di giustizia e di libertà dall'oppressione.

Fonti


Le immagini sono state prese dal sito Foto Mulazzani (sezione Natura/Fiori)

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria - Ateismo
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 10/09/2014