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DIETRO LE QUINTE DEL CRISTIANESIMO
LE VERE ORIGINI DEL CULTO CRISTIANO
ED I SUOI EFFETTI SULLA SOCIETÀ
Biagio Catalano
Epilogo
Perdere un’illusione può rendere più saggi che acquisire una
verità.
Ludwig Borne.
Una delle benedizioni (o forse maledizioni) più provvidenziali
per la salute sociale umana, è decisamente la difficoltà di far collimare
immediatamente i dati a disposizione, specie qualora fossero sovrabbondanti e
dispersi: e per quanto riguarda la collimazione dei dati del cristianesimo,
occorre molto tempo, soprattutto perché è un argomento che abbraccia svariati
campi. Per anni mi sono dedicato a questo compito con abnegazione e dedizione,
reputandolo un obiettivo più importante di qualsiasi altro; ed il mio interesse
in merito è stato d’utilità sociale ancorché di curiosità. Per tale motivo,
malgrado avessi voluto evitarmi d’esprimere un parere finale su quanto vi ho
illustrato, a questo punto credo che sarebbe scaturito comunque da solo, sia in
me che in voi: il lettore mi perdoni, dunque, qualora mi fossi reso oltremisura
“partecipato” nel giudizio stesso.
È evidente che la ricostruzione dei veri motivi e delle vere modalità formative
di questa religione e dei suoi scritti, abbia rivelato che i pur esigui dati in
nostro possesso siano stati combinati di modo da evitare che si potesse risalire
direttamente alle figure codificate nei vangeli, che possono comunque essere
resuscitate agevolmente tramite comparazione con fonti esterne. Ciò perché la
vicenda è un complicato miscuglio di storia e mito, la cui maestria ha
semplicemente dello straordinario: uno sforzo tra i più monumentali della
letteratura d’ogni tempo, sebbene non del tutto riuscito.
In effetti, dopo aver riorganizzato i dettagli, mi resi subito conto di come non
avesse torto Agostino, ad ipotizzare che la più angosciosa Spada di Damocle
incombente sulla cristianità, implicherebbe trovare già una sola cosa falsa nei
vangeli: e questo perché il cristianesimo è visibilmente un tipo di costruzione
nella quale la rimozione di un qualsiasi mattone rischia di far crollare
l’intero edificio.
Sarebbe irrispettoso credere che chiunque abbia ideato un progetto simile non
sia stato parte di un circolo di letterati d’un certo rilievo, abbastanza
preparati in questioni politiche, religiose e storiche, che poterono contare
come alleato più sul monopolio dell’informazione che sullo Spirito Santo: ma
dall’altro canto, proprio l’eccessiva sicurezza con cui formularono il sistema,
confidando sull’autorità e sulla coercizione, fu l’ascia bipenne che, col
passare dei secoli, ha lasciato intravedere le vere origini e finalità della
storia cifrata di un movimento di ribellione, che alfine torna ad essere una
mera cronaca di guerra, qualora discissa dagli argomenti carichi di pathos
costruitivi intorno dalla teologia. Dovrebbe essere chiaro che il cristianesimo
sia un sistema politico mistificato, ideato non già per dare un esempio
d’altruismo tramite la vicenda del suo “fondatore”, bensì per tentare di
controllare molto meglio la gente, all’insegna di un metodo al cui interno la
Pax Deorum costituiva un mero comma dell’immortale apologo di Menenio Agrippa.
Penso che quei teologi che agirono immediatamente a ridosso della formulazione
di questa grandiosa impostura avessero subodorato gran parte della realtà dietro
le quinte, ma non riuscirono ad esimersi dall’assecondare il piano, vuoi per
paura, vuoi per ignoranza, credendo che non ci fosse altro mezzo per salvare
l’impero: erano anni di transizione, nei quali andava prendendo piede la
coscienza del fatto che la tirannia avesse i giorni contati, e che in fondo, pur
nella loro follia, i ribelli desideravano sovvertire un ordine iniquo. Il potere
e la sopravvivenza sono obiettivi universali in ogni tempo e luogo, per
soddisfare ai quali qualsiasi ideologia potrebbe essere plagiata a necessità
demagogiche; pertanto non meravigliamoci se il più vizioso sistema di controllo
di tutti i tempi sia scaturito dalla vicenda di un ribelle simbolico, sdoganato
addirittura come un dio, a dispetto delle obiezioni della cultura di cui era
originario.
Innalzare al rango divino una figura avversa al potere costituito, fu una
tattica assai accorta di captatio benevolentiae, poiché questo tipo di
personaggi risultano sempre graditi a quelle masse diseredate, che li difendono
a spada tratta, ignare di difendere i garanti della loro schiavitù. A chiunque
potrebbe parlare di congiure, diremo dunque che si trattò piuttosto di un gioco
obbligato; la congiura, casomai, consisterebbe nel continuare a parlare di una
favola strumentale come se si trattasse in tutto e per tutto di storia.
* * *
Dunque, la società occidentale ha poggiato per secoli su un
grandioso raggiro, ed i suoi cittadini – quelli stessi che si credono così
probi, scaltri ed intelligenti nei “maneggi” di tutti i giorni – non riescono a
capirlo immediatamente. E come potrebbero mai, se gli stessi uomini di chiesa
non riescono a capacitarsi d’essere vittima di un sistema assurdo, che li ha
costretti, per sopravvivere, a salmodiare come “parola di Dio” i versetti di un
primitivo utensile demagogico? Anzi, la prima cosa che tiene entrambi lontani
dalla consapevolezza, è il temere di sentirsi stupidi nell’aver abboccato
generazionalmente all’amo, e probabilmente di perdere i benefici che derivano
dalla persistenza di una società in cui, a questo punto, non il lavoro onesto,
ma prevalentemente l’inganno e l’effimero risiedono alla base del patto di
convivenza.
Da ben venti secoli si è stati formattati di padre in figlio, intessendo nella
personalità uno spirito di abnegazione e bontà estrapolato da scritti che però
implicano servitù: ma il cittadino perbene si è limitato a far spallucce,
ritenendo impossibile che l’intera società sia vittima di una frode globale, e
soprattutto di poter tornare indietro. La gente vuole solo star serena: già il
semplice dubitare, le risulta fastidioso. In fondo, la questione è “cosa da
preti”: ai quali tributano placidi parte del proprio reddito, prestano orecchio
ai loro dettami, si riuniscono nei loro luoghi di culto e partecipano alle loro
festività. Altri pensano che una cosa sono le istituzioni truffaldine, un’altra
il dio che dicono di rappresentare: per cui, si dovrebbe ritornare ai “princìpi
cristiani originari”. I più pensano che le religioni siano una “scelta
personale”, ed il loro carattere fraudolento farebbe comunque parte
“dell’economia di un sistema” nel quale si va avanti così da sempre, onde
evitare che le cose possano peggiorare qualora la gente non avesse dei moniti
inibitori, degli “ammortizzatori” per sfogare i problemi quotidiani e
“preoccuparsi dei bisognosi”.
In effetti, mi rendo conto che, senza i dovuti preliminari, potrebbe riuscire
comunque assai arduo asseverare la natura di tutta questa complicata operazione,
che peraltro è stata ulteriormente diluita dietro graditissimi dogmi, festività,
simboli e belle arti connesse al “sovrumano”, alle “radici culturali”, alla
“morale”, al “bene”, al “sentimento”. E capisco anche che si esiterebbe ad
ammettere i fatti perché, sebbene non si metteranno mai in perfetta pratica i
dettami evangelici, la gente vorrebbe porre comunque qualche esempio da seguire
alla base della società in cui vive, sentendo il bisogno di un’icona in cui
incarnarli; pertanto, tenderebbe a perpetuare il “Gesù di Nazareth” raccontato
in una storia “infallibile” scritta da “santi ispirati” e supportata da
religiosi di mestiere, che recitano la loro parte per consolidare certi assetti,
sussurrando che qualora questo idolo venisse smascherato, qualche altro marpione
ne creerebbe subito un’altra variante.
Dicano ciò che vogliono: nessuna motivazione potrebbe mai giustificare il
perseverare di un sistema che, nei suoi due millenni d’esistenza, ha avallato le
azioni più infelici a copertura di un segreto di pubblico dominio minimizzato
ogni qual volta la sporcizia tendeva a riaffiorare da sotto il tappeto della
storia. Il problema non è tanto insito nel fatto che dietro Gesù si continui ad
adorare ancora il Sole, bensì nella mistificazione, nel far passare un ribelle
politico per un “dio creatore dell’universo incarnato”, nel lucrarci lautamente
sopra e nell’utilizzarlo come strumento d’acquietamento delle “masse ignoranti”,
giustificando, con i sofismi di raziocinatori incoscienti, un’agenda che
pretenderebbe d’estendere addirittura a tutto il mondo la più incredibile
impostura di tutti i tempi. La falsificazione è di per sé un impedimento morale
tra i più grandi, perché implica mancanza di rispetto verso coloro ai quali la
si è imposta come verità indubitabile, per oltre venti secoli.
La rimozione di una mistificazione come il cristianesimo non implicherebbe
affatto inficiare i sentimenti ed il “bisogno di spiritualità”, che del resto
sono stati asserviti ai e strumentalizzati dai dogmi elaborati sulla vicenda
evangelica; né implicherebbe la distruzione delle radici culturali della società
occidentale, che anzi sono state travisate proprio dal cristianesimo. Quanto
alle festività, ai nomi, alle usanze, possono anche continuare ad esistere, se
l’uomo non potrà proprio farne a meno; l’importante è capire che si tratti di
ringraziamenti alla Natura o tutt’al più all’Universo, non già a fantomatiche
divinità suicide, che minacciano di punire i dubbiosi “alla fine dei tempi”.
* * *
Alla luce di quanto analizzato, ci sono almeno tre buoni
motivi per cui i governi avrebbero dovuto liberarsi già da tempo del
cristianesimo: storna danaro pubblico da fini più utili, con grave danno per
l’economia, per la cultura e per la scienza, costituendo un notevole ostacolo al
progresso; è intrinsecamente nocivo per via della sua ideologia di fondo; ed
infine, è eticamente improponibile in quanto basato sul falso più di qualsiasi
altra religione.
In nome di quale “libertà di pensiero” potrà ancora essere concepibile una
menzogna? In che modo potremmo pensare ad una società autorevole, etica e seria,
mirata al progresso, al ben convivere ed alla verità, se le sue stesse leggi, che
dovrebbero sanzionare i raggiri e le prevaricazioni, non si sognano d’agire
contro la più antica e nociva forma d’inganno dell’umanità? In che modo possiamo
cercare buoni esempi dalla società, se essa stessa permette ancora che esistano
e vengano mantenute (a sue stesse spese) concezioni del genere? In che modo
possiamo pretendere di guidare oggettivamente delle nazioni, i cui governi vanno
in crisi su punti programmatici relativi a una “morale” derivata da un
perbenismo confacente agli interessi di oligarchie commerciali, devote ad una
tradizione che ha snaturato l’identità di una cultura? Ed in che modo, infine,
potremmo mai pensare d’arrogarci una funzione di consiglio morale, politico,
economico, culturale addirittura per il mondo intero, additando la pagliuzza
nell’occhio altrui, se prima non avremo visto il trave millenario nel nostro?
Viviamo piuttosto in una società dell’apparenza, della supponenza: di dottori,
professori, monsignori ed onorevoli che credono in favole, imponendole con tutte
le loro forze pure agli altri, volenti o nolenti. Gente che non ha mai dubitato:
e se l’ha fatto per un solo attimo, li hanno riportati subito sulla “retta via”.
Costoro cercano “metodi” e desiderano referti di “studiosi accreditati”, per
“convincersi”; ma in realtà, si tratta di persone che non hanno alcuna
intenzione di capire, poiché risultano impantanati all’interno di quella densa
rete di sofismi imbastita appunto da “esperti”, che separa l’intelletto da dogmi
tanto semplici quanto assurdi, e che proprio per questo necessitano di continue
“interpretazioni”.
Hanno paura che un cambiamento possa recare alla coercizione, ma non considerano
che proprio tramite coercizione e plagio il cristianesimo ha continuato a
regnare per secoli. Allo stato attuale delle cose, la persistenza delle
superstizioni organizzate continua a costituire il vero impedimento per lo
sviluppo oggettivo della specie umana, che nessuna forma di benessere derivato
riuscirà mai a giustificare, perché sarebbe comunque un benessere effimero ed
elitario, in quanto prodotto di una società falsata. A cosa servirà cercare
ancora le cause dei problemi dell’umanità, quando si sarà stati incapaci di
vedere che quelle veramente efficienti risiedono in fattori ritenuti
insospettabili o addirittura vantaggiosi? Equivarrebbe a potare di continuo i
rami di un albero rinsecchito, senza voler notare che le sue radici affondano in
un terreno mai bonificato sin dagli albori della civiltà.
È necessario dunque che tutti i cittadini responsabili facciano la loro parte
affinché l’Italia torni ad essere effettivamente faro del progresso del mondo
civile, denunciando la mistificazione cristiana, di cui è epicentro, per ciò che
essa realmente è, senza alcun timore. Non esiste nulla che l’uomo – adattabile
per eccellenza – non riesca ad ammortizzare: una civiltà impostata su basi
ottimali non ha nulla da temere, specie in una società di diritto come quella
moderna, nella quale le garanzie del progresso e dell’ordine avrebbero dovuto
essere incarnate ab antiquo soltanto dalla legge e dall’istruzione, anziché da
fiabe strumentali. L’Italia, forte del suo passato glorioso, che è quello di una
Classicità soffocata che grida ancora vendetta, non ha bisogno di illusioni, ma
di legalità; il benessere non è garantito dalla fede, ma dal lavoro di
quell’uomo di buona volontà che fatica non meno di quanto sogna; il
comportamento civile non è espressione del credere in un dio, ma della
consapevolezza d’essere tutti uguali quanto a natura; l’armonia non è
espressione della divinità, ma della coscienza del fatto che tutto, prima o poi,
giunge a un termine.
Se è possibile rilevare tutte queste evidenze, sarà altrettanto lecito pensare
che non sussista alcun motivo per fingere di disconoscere i fatti ad oltranza:
si tratta principalmente di una questione d’onestà nei propri confronti, prima
ancora che di giustizia storica.
* * *
Desidero concludere rivolgendo un appello ai lettori.
So già che il problema nell’andare “controcorrente” consiste nel fatto che alla
lunga ci si potrebbe stancare osservando che i più pensano d’essere nel giusto e
vogliano a tutti i costi “redimerti”, rimanendo sordi all’evidenza; ma è
indispensabile cercare di tenere a mente la verità, ed essere quanto più sereni
nel vivere insieme agli altri senza sensi di colpa, soprattutto se certuni vi
criticano allo scopo di guadagnarvi alla “ragione” della fede.
Chi ha scritto i vangeli si è premurato di blindare il suo inganno ammonendo i
fedeli di resistere a tutti i costi ai “falsi profeti”. Per ripagarli con la
stessa moneta, vi suggerisco la medesima cosa, ma in nome di princìpi più veri:
tenete duro, perché non c’è alcun dio qui fuori, e non c’è alcuna punizione da
temere per le proprie azioni, fuorché quella della nostra stessa coscienza e
delle leggi dell’uomo. Nessuno, fuorché una società avara e timorosa, potrà mai
punirvi per aver azionato debitamente il cervello: e questo stesso accadrà
soltanto se le permetterete di farvi questo torto gratuito.
Dunque tenete duro, e cercate di dare una svolta alla storia, per voi e per chi
verrà dopo di voi: è la miglior cosa, l’unica cosa che potreste fare, se davvero
aspirate al progresso e ad una società più serena, equa ed evoluta.
Il volume di 550 pagine è acquistabile qui:
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www.alexamenos.comFonti
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Ateismo filosofico nel mondo antico. Religione, materialismo, scienza. La
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Tamagnone Carlo, 2005, Clinamen
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L'illuminismo e la rinascita dell'ateismo filosofico
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Necessità e libertà. L'ateismo oltre il materialismo
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Dio non esiste. La realtà e l'evoluzione cosmica tra caso e necessità
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La filosofia e la teologia filosofale. La conoscenza della realtà e la
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Vita morte evoluzione. Dal batterio all'homo sapiens
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Dal nulla al divenire della pluralità. Il pluralismo ontofisico tra energia,
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Il diavolo nei dettagli. Saggi sull'agnosticismo
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Ateismo nel Cristianesimo. Per la religione dell'Esodo e del Regno. «Chi
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Senza Dio. Del buon uso dell'ateismo
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Piccole apocalissi. Tracce della divinità nell'ateismo contemporaneo
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Dio non esiste! Gli argomenti del nuovo ateismo
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