STUDI SULL'ATEISMO SCIENTIFICO


INTRODUZIONE A UNA STORIOGRAFIA LAICA DELL'EVENTO-GESU'

Chiunque compia una ricerca su Gesù Cristo, ovvero su tutta la documentazione del cristianesimo primitivo, e viene inevitabilmente a scontrarsi col fatto che chi ha prodotto quella documentazione aveva, come si suol dire, "fede in Gesù Cristo", non dovrebbe soltanto chiedersi fino a che punto tale documentazione possa essere considerata "storicamente obiettiva", ma anche se la suddetta "fede" debba per forza essere intesa nel medesimo senso "religioso" degli autori di quei documenti.

Di questi due aspetti cerchiamo ora di spiegare il primo, ponendoci la seguente domanda: se Cristo fosse stato un uomo "religioso", potremmo considerare "storicamente obiettiva" un'esegesi di tipo religioso, cioè confessionale? Noi tendiamo a negare sia che il Cristo fosse un credente, sia che una qualsivoglia storiografia religiosa possa essere storicamente obiettiva.

Se il Cristo è stato un "credente", solo una storiografia laica può interpretarlo adeguatamente, proprio perché qualunque fede religiosa è di per sé, a prescindere dal modo come viene vissuta e anche dalla consapevolezza che se ne possa avere, una forma di alienazione.

Posto questo, veniamo alla seconda parte del problema. E' possibile che alla espressione "fede in Cristo" si possa dare una connotazione laica? Sì, è possibile, anzi bisogna farlo, soprattutto nel caso in cui si ritenga che il Cristo non fosse una persona credente.

E' compito dello storico dimostrare che al tempo di Gesù Cristo vivente la "fede" o la "fiducia" nei suoi confronti poteva manifestarsi in forme non espressamente religiose e, in particolare, che queste forme potevano anche assumere connotazioni politiche e persino politico-rivoluzionarie, cioè eversive.

Perciò anche la semplice espressione "fede in Gesù Cristo", che di regola viene data per scontata nella sua accezione religiosa, va rimessa in discussione, togliendo alla chiesa, o comunque all'esegesi confessionale, il privilegio d'avere una sorta di monopolio interpretativo.

In sintesi: il fatto che la documentazione storica del cristianesimo primitivo ci presenti un Cristo religioso non è motivo sufficiente per credere ch'egli lo fosse veramente, e questo per almeno quattro ragioni:

  1. Gesù non ha scritto una sola parola;
  2. l'unico documento ch'egli ci ha lasciato è la Sindone, che attesta l'esecuzione di un sovversivo politico, ritenuto, a causa delle incredibili sevizie, particolarmente pericoloso (di regola infatti i sovversivi venivano o fustigati o crocifissi, a seconda della pericolosità, mentre i sovversivi religiosi, se giudei, venivano lapidati, se cittadini romani venivano decapitati, ma in tal caso dovevano esserci motivazioni politiche);
  3. i documenti più antichi intorno alla sua vicenda sono stati scritti almeno mezzo secolo dopo, quando Gerusalemme era già stata distrutta e tutta la Palestina occupata dai romani, e quindi sotto il peso di un condizionamento storico che indubbiamente favoriva un'interpretazione di tipo revisionista (nella fattispecie in senso mistico) dell'operato politico del Cristo;
  4. se vogliamo considerare le lettere di Paolo come fonte ispirativa dei vangeli, allora bisogna precisare ch'esse propagandano un Cristo del tutto spoliticizzato, avulso dalle problematiche della Palestina del suo tempo. Il Cristo di Paolo è per così dire decontestualizzato, privo di riferimenti spazio-temporali.

Il Paolo che si convertì sulla strada di Damasco, si considerava, inizialmente, un seguace di Pietro (cioè credente nell'idea di resurrezione del Cristo), e lo restò fino a quando, constatata l'assenza di un'imminente parusia trionfale (a favore del nazionalismo ebraico), se ne distaccò dopo l'incidente di Antiochia, rinviando alla fine dei tempi la suddetta parusia. Questa idea di Paolo fu condivisa dall'ultimo Pietro.

Detto questo, torniamo alla prima delle quattro ragioni e chiediamoci: perché Cristo, che sicuramente aveva tutti i mezzi per poterlo fare (e un'importante tradizione ebraica alle spalle), scelse di non scrivere una sola parola? E' difficile pensare che questo comportamento non sia stato dettato da una scelta consapevole.

Per rispondere a tale domanda dovremmo porcene un'altra, dando per scontato che avesse lasciato scritto qualcosa di suo pugno: se l'avesse fatto, gli storici avrebbero davvero potuto avere notizie più obiettive su di lui? Oppure dovremmo arrivare ad ammettere che l'unica condizione per poter avere notizie più obiettive su di lui sarebbe stata quella che il suo tentativo rivoluzionario fosse riuscito? In tal caso infatti i suoi discepoli avrebbero sicuramente avuto meno motivi per mistificarlo.

Va detto tuttavia che anche nel caso in cui il Cristo avesse scritto qualcosa di suo pugno o che la rivoluzione avesse avuto buon esito, nulla avrebbe potuto impedire agli storici di dare opposte interpretazioni a medesime fonti.

Non è neppure da escludere che, se anche la rivoluzione fosse riuscita e Cristo fosse morto serenamente di vecchiaia dopo aver scritto le proprie memorie, i suoi successori, volendo, avrebbero potuto ribaltare tutte le sue conquiste e tutte le interpretazioni ortodosse che se n'erano date. Cose di questo genere sono comunissime lungo la storia. Lo stalinismo, p.es., s'impose come l'erede più coerente del leninismo. Il fascismo di Mussolini s'affermò come tentativo di realizzare, dal punto di vista della piccola borghesia, gli obiettivi rivoluzionari del socialismo.

La scelta di non scrivere nulla è dipesa probabilmente dalla convinzione che la scrittura, ai fini della verità storica, non serve a nulla. La sua è stata una scelta nettamente anti-ebraica. Peraltro, immaginiamoci che possibilità avrebbe avuto il Cristo, nel caso in cui avesse lasciato dei testi scritti, di non vederseli manipolati una volta che il suo tentativo eversivo fosse fallito. Praticamente nessuna, tanto più che ai suoi tempi i testi erano scritti a mano e circolavano in poche versioni, per lo più a disposizione della classe dirigente, che li leggeva a un pubblico che si limitava ad ascoltare.

Sono possibili manipolazioni persino oggi, con testi stampati e prodotti in migliaia di copie: figuriamoci cosa si sarebbe potuto fare allora. Oggi la manipolazione avviene in tanti modi, del tutto diversi da quelli di duemila anni fa: basti pensare a tutti gli ostacoli se non impedimenti veri e propri che esistono nel far circolare una pubblicazione, alla sua mancata segnalazione nei premi prestigiosi, al privilegio di recensirla che hanno i pochi addetti all'informazione pubblica, ai costi eccessivi di stampa e diffusione e pubblicità, al fatto che una società basata prevalentemente sull'informazione audiovisiva non favorisce la diffusione della lettura, al fatto che i media, di volta in volta, impongono all'attenzione dell'opinione pubblica determinati argomenti e non altri.

Duemila anni fa fu sufficiente lasciar credere che la tomba vuota andava interpretata come "resurrezione di un morto" per ottenere un'intera documentazione storica falsificata sull'evento-Gesù. Non esiste neppure un testo del Nuovo Testamento o del cristianesimo primitivo che metta in discussione questa fondamentale tesi mistica, e tale unanimismo ha indotto molti storici a credere che l'avvenimento in questione sia davvero accaduto.

Se si fosse partiti subito dal presupposto che, nella predicazione del Cristo, qualunque aspetto favorevole allo sviluppo della fede religiosa va considerato spurio, cioè in sostanza aggiunto successivamente alla sua predicazione, prima in forma orale poi scritta, noi ci saremmo risparmiati la fatica di cercare dei criteri con cui stabilire, con buona approssimazione, la storicità di ciò che Cristo può aver detto o fatto.

Infatti, qualunque criterio che non parta da questo presupposto ha un'efficacia euristica ed ermeneutica prossima allo zero. Facciamo solo due esempi. Sulla base del criterio della molteplice attestazione si sostiene che il Cristo abbia predicato il regno di "dio" o dei "cieli". In realtà è tutto da dimostrare che il regno predicato dal Cristo fosse davvero di "dio" e non dell'"uomo", fosse dei "cieli" e non della "terra".

Questo per dire che se, in via preliminare, non ci s'intende sul significato delle parole, è impossibile cercare di stabilire dei criteri scientifici. E, stante l'attuale documentazione religiosa su Cristo, quel che al massimo possiamo cercare di fare è comprendere in che senso i suoi seguaci intendevano la parola "regno" dopo la distruzione di Gerusalemme, dopo la sconfitta della guerra giudaica contro Roma. La storia del cristianesimo primitivo è soltanto la storia delle origini dell'interpretazione mistificata che si diede (anzitutto tra i suoi stessi seguaci) dell'operato del Cristo e che ad un certo punto diventò dominante.

Ora prendiamo un esempio che, secondo molti esegeti, soddisfa il criterio dell'imbarazzo: il battesimo di Gesù. Stando a coloro che ne sostengono la storicità, tale evento sarebbe attendibile, in quanto col passare del tempo si è cercato di ridurne l'importanza o addirittura di tacerlo, come risulta in quella linea canonica che va dal protovangelo di Marco a Giovanni. In realtà quell'evento non è mai accaduto, e non perché un "figlio di dio" (consapevole di esserlo) non poteva essere battezzato da un uomo, quanto perché il Cristo politico non poteva ritenere possibile che con un battesimo di penitenza si sarebbe potuto risolvere il problema della corruzione della classe sacerdotale che gestiva il Tempio.

Nei Sinottici il battesimo di Gesù viene messo bene in evidenza semplicemente perché nell'ambito dell'operazione falsificatoria (in senso mistico) operata nei confronti del Cristo (il quale aveva rotto i ponti col Battista sin dal momento dell'epurazione del Tempio), i cristiani poterono riprendere i rapporti con la corrente essenico-battista, dando ad essi una valenza esclusivamente religiosa, sulla base di un compromesso molto preciso: i battisti avrebbero considerato Gesù l'ultimo messia e l'unigenito figlio di dio, mentre i cristiani avrebbero considerato Giovanni Battista il primo che ebbe consapevolezza di questa particolare identità del Cristo. La conclusione del patto fu che i cristiani avrebbero adottato il battesimo essenico come rito di iniziazione cristiana, in cui il convertito non si limita a pentirsi dei propri peccati, ma crede anche che l'unica salvezza possibile proviene dalla divinoumanità del Cristo.

Nel quarto vangelo questa falsificazione ha dovuto fare i conti con una versione dei fatti che squalificava il battesimo sul piano politico, ritenendolo del tutto insufficiente per la realizzazione del regno. Di qui la defezione dei discepoli di spicco dalla comunità di Giovanni.

Di questi esempi se ne possono fare a centinaia, ma non ne vale la pena. Cercare di stabilire dei criteri di verificazione all'interno di testi mistificati non ha alcun senso. L'unica cosa che si può fare è soltanto quella di cercare di capire i motivi per cui sono nate certe falsificazioni, ovvero che cosa di vero esse possono aver rimosso o manipolato.


Le immagini sono state prese dal sito Foto Mulazzani

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria - Ateismo
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Aggiornamento: 10/09/2014