STUDI SULL'ATEISMO SCIENTIFICO


POVERTA' DELLA LOGICA ATEISTICA

Richard von Mises Carlo Bernardini

Nel numero 5/2013 di "MicroMega", intitolato Ateo è bello! Carlo Bernardini basa il proprio ateismo "scientifico" su ciò che disse un accademico neopositivista, Richard von Mises: "Non esiste la dimostrazione della non-esistenza di ciò che non esiste".

Detto da un esponente del Circolo di Berlino (non di Vienna), la cui filosofia aveva apprezzato quella del Trattato di Wittgenstein, fa un po' specie. Che poi lo ripeta un fisico prestigioso come Bernardini, è increscioso.

È dai tempi del logico Frege, anzi forse da quelli di Hume e Leibniz, che non ci si permette più di dire che, in campo logico, una proposizione è vera se ha una qualche corrispondenza nella realtà. La logica moderna non è come quella aristotelica: non si basa su soggetto e predicato, che devono trovare conferme nella realtà, secondo il famoso sillogismo: "Se tutti gli uomini sono mortali, e Socrate è un uomo, Socrate è mortale". Cosa che gli Scolastici neo-aristotelici chiamavano "adaequatio rei et intellectus".

La logica moderna, quella astratta della borghesia, si basa invece sul fatto che anche una proposizione falsa è sensata, cioè un'espressione può essere sensata anche in quanto "logicamente" falsa. L'esempio di Wittgenstein è famoso: "piove o non piove": anche la negativa è vera e può convivere tranquillamente con l'affermativa, anzi, proprio questa sussistenza permette di creare qualunque tipo di proposizione.

L'informatica si nutre di queste cose, facendo suo l'esempio, in positivo, che Bernardini usa per dimostrare la fondatezza del proprio ateismo: "La dimostrazione dell'esistenza del pane è il pane". Bella tautologia questa, che, per quanto esistenzialmente povera, Wittgenstein avrebbe però rovesciato immediatamente nel suo contrario, proprio per rendere la logica più stringente: "La dimostrazione dell'esistenza (sottinteso: logica) del non-pane è il non-pane".

In campo informatico, quando si devono elaborare algoritmi, "pane" e "non-pane" si equivalgono perfettamente. In logica la forma è sostanza. Pertanto dire che dio non esiste perché il credente non può dimostrarne l'esistenza, non ha senso. In campo logico non si deve "dimostrare" alcunché di metafisico, se non una propria interna coerenza formale, che i logici si guardano bene dal contraddire prendendo esempi dalla realtà. E in questo, purtroppo, bisogna dire che sbagliano, poiché la logica della vita, per quanto contraddittoria sia, è sempre più interessante e avvincente della logica formale dei segni e dei simboli.

Non è comunque sul piano della "dimostrazione logica" che l'ateismo può giocare la propria partita con il misticismo. Non è certo con la tautologia del pane che si dimostrano le contraddizioni del pane eucaristico! Infatti non si tratta - diceva Wittgenstein - di "di/mostrare" qualcosa. In campo etico si può soltanto "mostrare" qualcosa, cioè al massimo l'ateo può essere più convincente del credente se "mostra" sul piano etico d'essere migliore di lui. E quando riuscirà a farlo, sul piano etico, che è quello dell'affronto dei bisogni e delle umane contraddizioni, possiamo star tranquilli che sarà migliore anche di quell'ateo che basa il proprio ateismo su affermazioni meramente logiche.

CONTRO E PER

Feuerbach diceva che gli uomini avevano creato un dio a loro immagine e somiglianza, e aveva ragione. Ma non s'era accorto che quando gli ebrei dicevano che l'uomo era a immagine e somiglianza di dio, erano più realisti e materialisti dei pagani, i quali ponevano tra gli uomini e gli dèi un abisso incolmabile. Per loro infatti gli dèi erano immortali, gli uomini no. Per loro era impossibile opporsi a un dio senza l'aiuto di un altro dio. Inoltre al di sopra di tutti gli dèi dominava il destino, che nessun dio poteva violare, meno che mai gli uomini. I greci erano fatalisti, gli ebrei no; erano dominati dall'idea di schiavismo, gli ebrei no.

Eppure chi ha saputo trarre dalle concezioni religiose dell'ebraismo delle conclusioni inedite è stato solo il cristianesimo, che arrivò a dire una cosa sconvolgente: un uomo, Gesù, era dio; cosa che aveva dimostrato risorgendo da morte, o comunque scomparendo misteriosamente dalla sua tomba.

"In principio era il logos", cioè Cristo era l'intelligenza dell'universo, posta a capo di ogni cosa; "il logos era presso dio", cioè era di sostanza divina, in quanto imparentato con la divinità; "il logos era dio", cioè, pur essendo umano in tutto e per tutto, lo era anche in senso divino. Quindi un uomo era dio. Tutte le religioni precedenti al cristianesimo venivano subissate da questa consapevolezza semi-ateistica.

Semi-ateistica perché, dicendo che solo un uomo era dio (in via esclusiva), non si arrivava, purtroppo, a un'altra logica conseguenza (inerente alla sua stessa predicazione), e cioè che tutti gli uomini sono dèi: si volle mantenere in vita la religione quando in realtà essa andava rimossa.

Infatti, se gli uomini sono dèi, non esiste alcun dio qualitativamente diverso da loro. Il logos, al massimo, non è che il prototipo della divinità umana, di cui dobbiamo prendere consapevolezza. Non c'è altro dio che l'uomo, e Cristo ne è l'emblema, ucciso da quelle stesse persone che avrebbero dovuto riconoscerlo per prime.

Ma c'è di più. Se tutti gli uomini sono dèi, allora lo sono anche le donne, ma se lo sono anche le donne, allora esistono due prototipi. In principio non c'è l'uno ma il due. L'essenza della divinità umana è duale per definizione.

Dobbiamo dunque arrivare a tirare queste due conclusioni, superando definitivamente il cristianesimo e qualunque altra religione: in principio esiste solo un'essenza umana, che è divina e duale, distinta per genere.

Se è così, la dimensione terrena è solo una delle dimensioni universali cui siamo destinati. È solo un banco di prova, una sorta di esperimento in vitro, un'anticipazione di ciò che ci attende nell'universo. Su questa pianeta stiamo sperimentando il meglio e il peggio di noi, per poter capire come regolarci quando ne saremmo fuori.

Noi sappiamo che il Sole si spegnerà tra 5 miliardi di anni, ma questo tempo è lunghissimo soltanto perché non deve condizionarci nelle nostre scelte di vita. Noi in realtà dobbiamo renderci conto d'essere eterni e in grado di muoverci in uno spazio illimitato. Dobbiamo prendere consapevolezza di avere caratteristiche divine, proprio per il fatto di esistere. Ce le abbiamo dalla nascita, proprio perché l'essenza umana (esattamente come quella naturale) è eterna e universale, per cui, in quanto essenza divino-umana, noi non siamo mai nati e mai moriremo.

Dobbiamo abituarci all'idea di dover vivere in eterno in uno spazio illimitato, in cui non esiste alcun dio che ci dica come dobbiamo essere. L'unica cosa che dobbiamo cercare di capire è come vivere al meglio questa essenza umana. Purtroppo però sono circa 6000 anni che abbiamo smesso di capirlo, cioè da quando siamo voluti uscire dallo stato di natura del comunismo primordiale. È appunto questa condizione di vita che dobbiamo cercare di recuperare. E dobbiamo farlo su questo pianeta, assolutamente, anche usando la violenza contro chi ce lo impedisce. Solo recuperando lo stato di natura possiamo tornare ad essere quel che eravamo, possiamo avere speranza di popolare l'universo nel migliore dei modi. Ne va della sopravvivenza del genere umano, il quale, se non riesce ad essere secondo natura, inevitabilmente si autodistrugge.

Dobbiamo porre fine all'antagonismo sociale attraverso una resistenza attiva al male. Neanche il più piccolo torto deve passarla liscia. Non nel senso che bisogna essere spietati con chi sbaglia, ma nel senso che, di fronte a ogni abuso, bisogna reagire prontamente, altrimenti il virus si diffonde in maniera incontrollabile.

Questo significa che la democrazia è possibile solo in piccole comunità, dove ci si controlla reciprocamente. Queste comunità devono essere autosufficienti, cioè non possono dipendere da entità esterne, come dio, lo stato, il mercato, la chiesa... Né è pensabile che una città possa dipendere dalla campagna o viceversa.

Dobbiamo creare comunità basate sull'autoconsumo e sulla democrazia diretta. Dobbiamo arrivare a scambiarci solo delle eccedenze, nella convinzione che la sovranità è inalienabile e indivisibile, come diceva Rousseau. E qualunque forma di delega deve poter essere revocata in qualunque momento.

Ci attende un lavoro enorme, ma a nostro favore giocano le contraddizioni irrisolvibili dei sistemi antagonistici. Dobbiamo soltanto rinunciare all'illusione di poterle risolvere. Dobbiamo approfittare del momento in cui esse scoppieranno, ma bisogna prepararsi subito ad avere le idee sufficientemente chiare, proprio perché non saranno gli eventi, di per sé, a darcele. Le idee conformi a natura vanno elaborate prima. Nessuna pratica rivoluzionaria senza teoria rivoluzionaria, diceva Lenin.

Noi dobbiamo andare al di là della contrapposizione tra paganesimo, ebraismo e cristianesimo, tra comunità particolare, vissuta p.es. nell'ambito di una polis, e comunità internazionale. Noi dobbiamo vivere in comunità ristrette, dove sia possibile la democrazia diretta e quindi il controllo reciproco, dove il rispetto della natura sia integrale, e dove tutto ciò venga fatto con la consapevolezza che il genere umano appartiene a un destino comune, che può essere percorso seguendo strade diverse, su cui si può camminare liberamente, senza temere interferenze altrui.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria - Ateismo
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Aggiornamento: 27/11/2014