STUDI SULL'ATEISMO SCIENTIFICO


ESISTIAMO SOLO NOI

Quando i moderni atei arrivano a dire che l'essere umano s'è formato casualmente, in virtù di processi irrazionali avvenuti nell'universo, non si rendono conto di dare un'interpretazione non meno mistica di quella che offrono i creazionisti. Pur di eliminare l'idea di un "progettista" e quindi di un "disegno intelligente", sono disposti a credere che "per costruire una macchina perfetta e meravigliosa, non è necessario sapere come fare a costruirla" (Daniel C. Dennett, Ateismo ed evoluzione. Perché non abbiamo più bisogno di Dio, in "MicroMega" n. 5/2013).

Ora, che bisogno c'è di sostenere ipotesi così indimostrabili quando ancora non abbiamo gli strumenti con cui comprendere l'universo che ci contiene? (1) Non è forse sufficiente dire che per noi umani, almeno per come viviamo su questa terra, l'universo potrebbe anche essere sempre esistito e non avere alcun confine fisico? Non faremmo prima a immaginarci una situazione analoga a quella del feto nel ventre della madre? L'utero è il suo universo, che lo nutre attraverso il cordone ombelicale. Man mano che si sviluppa, sente che qualcosa deve esserci al di fuori del proprio ambiente. Quando questo gli diventa troppo stretto, si mette spontaneamente in posizione per uscirvi. E quando lo fa, s'accorge che deve continuare a crescere e che, man mano che lo fa, prende consapevolezza che le persone che l'hanno generato sono come lui.

Cresciamo quantitativamente per capire che, qualitativamente, non c'è nessuno diverso da noi. L'universo sarà popolato solo di esseri umani: non abbiamo bisogno di dire che esiste un dio o che non esiste. Quando si ha consapevolezza che non possono esistere altro che esseri umani, la questione dell'esistenza o inesistenza di un dio, è del tutto superflua. Nessuno se la porrà nell'universo, e noi oggi lo facciamo soltanto perché viviamo un'esistenza alienata, in cui non sappiamo più chi siamo.

Dovremmo invece partire dal presupposto che se l'universo (il contenitore) è eterno e infinito, lo è anche l'essenza umana (il suo principale contenuto). Il fatto che non ci sia chiaro il perché e il come, non ci deve interessare, sia perché è probabile che non lo sapremo neppure quando usciremo dalla nostra dimensione terrena (proprio perché quando le cose sono eterne e infinite, ogni risposta sta proprio in questa eternità e infinità), sia perché non è trovando una risposta a questi interrogativi che riusciremo davvero a capire come diventare quel che siamo.

La necessità di "umanizzarci" va al di là della consapevolezza che possiamo averne: è intrinseca alla nostra stessa natura e non dipende certo dalla nostra intelligenza o dalla cultura che possediamo o dagli ambienti che si frequentano. Non c'è nessun dio proprio perché c'è solo l'essere umano.

Certo, nella generazione riproduttiva esiste un prima e un dopo, nel senso che per essere figli occorrono padri e madri. Ma noi dobbiamo considerare questi processi come illimitati nel tempo. Non dobbiamo ragionare come gli Scolastici medievali, che pensavano di poter dimostrare l'esistenza di dio proprio escludendo che si potesse andare a ritroso all'infinito. Invece si può, e il fatto che lo si possa dimostra appunto che non abbiamo bisogno di alcun dio, in quanto l'infinità (nello spazio e nel tempo) fa parte della natura umana, e chi cerca di negarla, nega questa natura.

Per quale motivo dobbiamo ammettere l'esistenza di un dio, quando ciò ci costringe a negare la nostra infinità? Per quale motivo dovremmo essere contenti di sapere che noi abbiamo avuto un inizio, quando sappiamo benissimo che ogni inizio ha sempre anche una propria fine? O la fine rappresenta un nuovo inizio o, per noi, non esiste.

Avere la consapevolezza di una propria eternità, dovrebbe essere motivo sufficiente per sentirsi appagati. Noi non siamo mai nati, e mai moriremo. Siamo destinati a esistere, perché siamo sempre esistiti. Il fatto che su questa terra l'esistenza umana abbia avuto un inizio, non significa ch'essa abbia avuto un inizio anche nell'universo. Le forme di esistenza che sperimentiamo su questa terra non sono certamente le uniche possibili che avremo a disposizione quando vivremo nell'universo.

In questo momento non possiamo neppure sapere con sicurezza se l'universo che riusciamo a contemplare sia l'unico possibile o non soltanto una piccola porzione di uno spazio cosmico ancora più grande. Di sicuro sappiamo che, se siamo eterni, non ha alcun senso parlare di "morte antropica dell'universo fisico". Le cose eterne non muoiono mai: si trasformano.

Noi dobbiamo soltanto aspettare di uscire dalla nostra dimensione, recidendo il cordone ombelicale che ci lega ad essa. Ma, prima di farlo, dobbiamo dimostrare d'essere capaci di popolare l'intero universo, nel rispetto della nostra umanità e delle esigenze riproduttive della natura. Il che, stando a quanto ci appare, sembra essere la cosa più difficile di questo mondo.

Nota

(1) E che, per inciso, non avremo mai finché vivremo sul nostro pianeta. Questo per dire che i capitali che spendiamo per le ricerche spaziali e le osservazioni astronomiche forse potremmo anche risparmiarceli. Non serve a nulla studiare l'universo quando su questa terra abbiamo il suo principale condensato, e cioè l'essere umano.


Le immagini sono state prese dal sito Foto Mulazzani

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria - Ateismo
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Aggiornamento: 10/09/2014