STUDI SULL'ATEISMO SCIENTIFICO


J. F. SAMARIN E I LIMITI DEGLI SLAVOFILI

Nell'Ottocento russo, prima che le idee socialcomuniste monopolizzassero i dibattiti politici, esistevano tre correnti di pensiero fondamentali, di cui solo la prima venne considerata dai bolscevichi molto progressista:

  1. quella democratico-rivoluzionaria di A. Herzen e V. Belinskij, che chiedeva la fine dell'autocrazia zarista e della servitù della gleba. Partita su posizioni vicine ai Decabristi, s'interessò di socialismo utopistico e di filosofia hegeliana, iniziando a prendere contatti col Marx parigino. A essa, successivamente, s'aggregarono personaggi di tutto rilievo come F. Dostoevskij, N. Cernyscevskij, M. Saltykov, M. Petrascevskij, A. Plesceev, A. Majkov, che sconteranno vari anni di galera in Siberia;
  2. quella dei cosiddetti "occidentalisti", di K. Kavelin, T. Granovskij, V. Botkin, P. Annenkov..., i quali chiedevano le stesse cose dell'altra corrente, ma sostenendo l'ideologia borghese, le riforme liberali e lo sviluppo capitalistico;
  3. la terza corrente era quella che gli occidentalisti chiamavano "slavofila", rappresentata da A. Chomjakov, I. Kireevskij, K. Aksakov, J. Samarin e altri. Costoro, generalmente credenti, erano politicamente monarchici, però chiedevano la piena libertà di opinione e la valorizzazione delle tradizioni religiose del popolo russo, contro ogni forma di occidentalizzazione, borghese o atea che fosse; anzi, erano convinti che se tutti i popoli slavi si fossero uniti sotto l'egida dello zarismo e le comunità di villaggio (obscina) avessero acquisito maggiore autonomia rispetto ai grandi latifondisti, la Russia sarebbe potuta restare tranquillamente contadina.

Di tutti questi intellettuali qui si vuole ricordare soltanto Jurij F. Samarin (1819-76), che mentre da giovane era un fervido hegeliano, vicino agli occidentalisti, come il suo amico Aksakov, quando venne a contatto con Chomjakov e Kireevskij abbracciò la causa degli slavofili, dedicandosi anche alle riforme agrarie e istituzionali del suo paese, contro il servaggio.

La parte più interessante della sua produzione filosofica è quella relativa ai rapporti tra hegelismo e chiesa ortodossa.

Al giovane Samarin Hegel piaceva perché, dopo l'esperienza irreligiosa se non addirittura anticlericale della rivoluzione francese, secondo lui aveva saputo recuperare, avvicinandosi così allo spiritualismo della chiesa ortodossa, il valore ontologico della religione, tenendo questa subordinata alla filosofia.

Nella critica del temporalismo della chiesa romana, il giovane Samarin vedeva una linea di continuità tra riforma protestante ed hegelismo, auspicando che, senza minare lo sforzo teoretico di Hegel, l'istanza di interiorizzazione del protestantesimo trovasse nell'ortodossia il proprio sbocco naturale: in ciò il primato andava comunque concesso alla filosofia, in quanto la chiesa russa veniva sì vista matura sul piano della spiritualità ma anche deficitaria su quello speculativo.

Il giudizio che Samarin dava della chiesa romana, istituzione eminentemente politica e quindi priva di vera sacralità e spiritualità, è sempre stato molto netto, e tuttavia egli era convinto, ingenuamente, che la riforma protestante costituisse un'alternativa positiva al cattolicesimo, a condizione ovviamente ch'essa approdasse all'esperienza più profonda dell'ortodossia.

In breve, pur non avendo saputo cogliere nella Riforma (specie nella variante calvinista) la quintessenza dello "spirito borghese", Samarin aveva visto giusto nel considerare Hegel alquanto superficiale nell'analisi delle tradizioni ortodosse dell'Europa orientale.

L'incontro col principale esponente degli slavofili, Chomjakov, lo portò su posizioni più marcatamente confessionali e di conseguenza più ostili alle influenze della cultura borghese sulla Russia.

In particolare si convinse di due cose:

  1. Hegel aveva usato la religione per dimostrare la superiorità della sua filosofia, ma questa, nella sua essenza, tendeva verso l'ateismo;
  2. la concezione di "essere" che aveva Hegel coincideva sostanzialmente con quella di "nulla", in quanto per la sua filosofia ciò che più contava era il divenire prodotto dalla negazione.

Conclusione: la filosofia hegeliana andava rifiutata proprio perché astratta, razionalista, priva di spiritualità, lontanissima dall'ortodossia. Sotto questo aspetto, anche il protestantesimo non aveva recuperato nulla dell'antica ortodossia, ma aveva soltanto svolto una funzione di negazione del cattolicesimo.

Insomma Samarin era giunto a considerazioni opposte a quelle maturate nel periodo giovanile. Quella che per lui era una lacuna, e cioè la mancanza di una teologia ortodossa all'altezza di quella cattolica e protestante, si rivelava invece un pregio: non a caso infatti nessuna chiesa ortodossa ha mai pensato di razionalizzare la fede religiosa, cercando definizioni astratte di tipo filosofico, come già i teologi latini iniziarono a fare con la Scolastica.

Tuttavia, quello che per lui era un vantaggio della chiesa ortodossa, e cioè il primato concesso al conciliarismo e quindi il rifiuto degli aspetti individualistici della fede, Samarin non riuscì mai a trasporlo in quelle esperienze laiche della democrazia rivoluzionaria del suo tempo, che anzi vide con molto sospetto.

Egli in un certo senso rappresenta l'esempio della limitatezza di chi giustifica la propria cultura e la propria partecipazione politica a partire da una posizione di tipo religioso.

Quando studiava Hegel, il protestantesimo e il cattolicesimo, non aveva capito l'importanza di un processo di progressiva laicizzazione dell'istanza religiosa. Vide anzi questo processo negativamente e non riuscì mai a capire che semmai era non il processo in sé, bensì la classe che lo supportava (la borghesia) a produrre fenomeni negativi, come appunto la nascita del capitalismo.

Quando Samarin pensava che l'ortodossia fosse superiore, come esperienza di vita spirituale, ad altre confessioni cristiane, non riuscì mai a capire che di fronte alle contraddizioni sociali del capitalismo occorreva un'esperienza non meno "sociale" per poterle superare, e questa esperienza non poteva essere offerta da una confessione come quella ortodossa, che per principio non ha mai svolto attività politica contro i poteri dominanti, politici o economici che fossero.

Quando si accorse che in Russia si stavano sviluppando idee vicine al socialismo, utopistico e scientifico, non riuscì mai a capire che il socialismo non voleva soltanto essere un'ideologia politica opposta a quella del liberalismo borghese, di cui comunque ereditava il lavoro di smantellamento parziale della religione, ma voleva anche porsi come una forma di umanesimo che avrebbe potuto superare, sul piano etico, la spiritualità della religione ortodossa, la quale, senza dubbio, rispetto alle altre due confessioni, presenta aspetti di indubbia spiritualizzazione sul piano dell'esperienza umana.

Gli slavofili rimasero troppo credenti sia quand'era il momento di rovesciare lo zarismo e di opporsi al decollo del capitalismo in Russia, sia quando non si preoccuparono mai di dare alle tendenze rivoluzionarie della loro epoca un risvolto autenticamente umano, che non avesse nulla di religioso.

Purtroppo i credenti, nella maggior parte dei casi, non solo non aiutano il formarsi di esperienze rivoluzionarie, ma pensano anche sia un loro dovere ostacolarle a motivo della presunta superiorità etica o umana della loro fede religiosa.


Le immagini sono state prese dal sito Foto Mulazzani (sezione Natura/Fiori)

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria - Ateismo
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Aggiornamento: 10/09/2014