IL MITO DELL'EVOLUZIONE DEL GENERE UMANO

TEORIA
Etica Filosofia Antropologia Pedagogia Psicologia Sociologia Ecologia Logica Ateismo...


IL MITO DELL'EVOLUZIONE DEL GENERE UMANO

L'idea che l'uomo provenga dalle foreste africane e si sia progressivamente evoluto, uscendo da uno stato scimmiesco, per poi espandersi in tutte le direzioni della terra, non è così pacifica come sembra. Non dimentichiamo infatti ch'essa venne formulata quando si era convinti che la nostra civiltà (europea, capitalistica) fosse la migliore del mondo, anzi della storia.

Nessuno oggi nega che l'evoluzione abbia le sue motivazioni, ma non ha senso usarla in maniera assolutistica, al fine di dimostrare un progresso inarrestabile, quello appunto che ci ha portato agli attuali livelli. Questo modo di guardare le cose, più che scientifico, è mitologico.

Il fatto d'aver trovato antichissimi reperti umani, che ci presentano tutta una serie di ominidi, non è sufficiente a dimostrare che la teoria evolutiva sia quella giusta. Spesso gli scienziati trovano le prove che vogliono trovare, quelle che confermano idee precostituite, così come i turisti quando vanno all'estero, che vedono soltanto quello che si aspettano di vedere.

Sulla base della teoria evoluzionista ci è diventata familiare l'idea secondo cui la specie umana sia partita da un preciso punto geografico (l'Africa), per poi diramare da esso secondo una linea progressiva (o appunto evolutiva) che si è successivamente diversificata. Infatti gli scienziati parlano di australopiteco, homo habilis, erectus, sapiens ecc., come se il percorso fosse stato abbastanza regolare (a parte la strana scomparsa dell'uomo di Neanderthal). Gli ominidi si sarebbero formati uscendo dalle foreste, entrando negli spazi aperti delle savane, dove avrebbero acquisito la posizione eretta del bipede.

L'evoluzionismo è stato usato per mettere a tacere i miti del creazionismo, ma in questa battaglia ideologica è stata proprio la scienza a rimetterci. E' evidente infatti che non si può contestare il concetto di "evoluzione" (anche i creazionisti erano convinti di essere migliori di quanti non erano né cristiani o non avevano la pelle bianca, tant'è che non mostravano scrupoli di sorta nel cercare di schiavizzarli).

Tuttavia è non meno indubbio che esiste anche il concetto di "involuzione", che è il suo rovescio. La vita umana non assomiglia affatto a una uniforme linea retta, ma semmai alle parabole degli andamenti borsistici, cioè a continue oscillazioni di alti e bassi che spesso portano a crack irrecuperabili. Basta vedere la storia di tutte le civiltà, le quali, dopo aver raggiunto il picco del loro sviluppo, iniziano un declino inesorabile, fin quasi a scomparire dalla faccia della terra.

Noi abbiamo voluto sostituire dio con la scimmia nel momento in cui noi stessi ci sentivamo delle divinità, ma così facendo abbiamo fatto delle scimmie un pretesto per avvalorare i nostri nuovi miti. Non a caso quando parliamo di "evoluzione umana", la facciamo terminare con l'uomo bianco civilizzato.

Che la nostra origine scimmiesca sia semplicemente un mito antireligioso e non una realtà scientifica, è dimostrato dal fatto che non consideriamo i neri africani superiori a noi. Eppure basta guardarli fisicamente per accorgersene. Chi può superare un nero nella corsa e non erano forse più forti gli schiavi neri di quelli delle due Americhe?

L'evoluzione per noi occidentali è un dogma così indiscutibile, che non ci permette di vedere una realtà molto evidente, e cioè che da un punto di vista fisico il bianco è recessivo rispetto al nero. Se fossimo davvero obiettivi, intellettuali onesti, dovremmo dire che il nero africano, che per milioni di anni ha vissuto il comunismo primordiale, è stato di gran lunga superiore a qualunque altra tipologia umana formatasi successivamente. Ancora oggi i neri lo dimostrano col loro fisico statuario e, se vogliamo, con altre caratteristiche che noi da tempo abbiamo perduto e che purtroppo ora stanno perdendo anche loro (p.es. il senso del collettivo, il rispetto della natura e degli animali, il desiderio di riprodursi, la fiducia ingenua nelle cose...).

Moravia diceva che l'Africa rappresenta, rispetto all'Europa, l'innocenza perduta, l'innocenza che loro stessi, stando a contatto con noi, hanno irrimediabilmente perduto.

Noi occidentali non saremmo mai disposti ad ammettere che dal nero africano al bianco europeo vi è stata in realtà una grave involuzione, che ha messo in pericolo la sopravvivenza dello stesso genere umano. L'idea di "umano" che oggi va per la maggiore è quella dell'affarista, intellettualmente dotato, tecnologicamente avanzato, particolarmente individualista, con un basso livello di moralità, al punto che è disposto a compiere qualunque cosa pur di acquisire potere o di non perderlo. Noi questo tipo di soggetto ogni giorno lo definiamo "evoluto".

Ma c'è un'altra ragione per cui la teoria evoluzionista non può dimostrare la propria scientificità. Noi facciamo partire l'uomo dal nero e lo facciamo arrivare al bianco, ma chi ci dice che i primi uomini non siano stati in realtà olivastri? Verrebbe infatti naturale pensare che per passare dal nero al bianco ci voglia un tempo infinitamente superiore a quello che ci vorrebbe per passare dall'olivastro al bianco. E noi non abbiamo decine di milioni di anni di vita.

Perché dunque non dare per scontato che i primi uomini abbiano avuto un colore della pelle né troppo scuro né troppo chiaro, che è appunto quello tipico delle popolazioni mediorientali, le quali, ad un certo punto, si sono diramate in varie direzioni, mutando il loro aspetto a seconda dell'ambiente incontrato (troppo caldo, troppo freddo, troppo ventoso ecc.). Non ci sarebbe stata un'unica linea evolutiva.

Peraltro il Medio Oriente, cioè quella zona del Mediterraneo orientale che va dalla Siria al Sinai, si presenta come crocevia di tre continenti, che a partire da quell'area facilmente avrebbero potuto essere popolati quasi in simultanea. Non ci sarebbero stati ostacoli di sorta.

L'uomo primitivo doveva avere una percezione del pianeta molto più "globale" della nostra. Poteva muoversi liberamente in qualunque direzione. Cosa che oggi solo pochissime persone possono fare. La terra è diventata una prigione, in cui gli esseri umani si sono rinchiusi da soli e non hanno più la chiave per poterne uscire.

CREAZIONISMO ED EVOLUZIONISMO

Come non esiste alcun "creazionismo divino" così non esiste alcun vero "evoluzionismo umano". Non ci può essere alcun "passaggio naturale" dal mondo animale a quello umano, poiché se le somiglianze sono relative, le differenze sono invece abissali.

Nessun animale possiede la libertà di coscienza, e non l'avrà mai. Invece l'essere umano la possiede sin dalla nascita, anche quando non la usa perché è un neonato e la sua libertà di scelta è minima, e nessuno gliel'ha data, perché non si può dare qualcosa a qualcuno che già la possiede. Non solo, ma quanto più la usa tanto più è se stesso, cioè non diventa qualcosa di diverso da quel che è già. La libertà di coscienza ci fa essere noi stessi, non diventiamo "migliori" ma diventiamo quel che siamo, quel che dobbiamo essere. Di nessun animale si potrebbe mai dire una cosa del genere.

Sotto questo aspetto "ontologico", l'origine dell'uomo non ha equivalenti di alcun tipo. Vien quasi da pensare che l'essere umano non abbia mai avuto alcuna origine, cioè che sia sempre esistito e destinato a esistere sempre, poiché la sua libertà di coscienza è indistruttibile, è una componente strutturale all'esserci, all'essere umano, anzi alla sua essenza, che prescinde, in un certo senso, dalla fisicità dei nostri corpi, in cui essa comunque agisce, in quanto non c'è coscienza al di fuori della materia.

Noi dovremmo soltanto accettare l'idea che la materia che in questo momento viviamo (il nostro corpo specifico) è solo un aspetto della materia infinita dell'universo. Coscienza e Materia sono entrambe infinite, eterne, insondabili.

Quando si parla di "evoluzione", bisognerebbe chiarire ch'essa non ha alcun rapporto con la libertà di coscienza, che è eterna e immutabile. Quel che mutano son solo le forme in cui tale libertà si manifesta, che sono incredibilmente varie.

Il fatto che siano esistiti degli animali prima ancora della comparsa dell'uomo sulla terra, non sta affatto a significare che nell'universo non fosse già presente un'essenza umana. Se la libertà di coscienza è un elemento costitutivo dell'uomo, che non può essergli dato da alcun animale, allora bisogna escludere l'evoluzione. Non siamo diventati "umani" attraverso un'evoluzione progressiva: lo siamo sempre stati. Ciò che mutano - e lo fanno a prescindere dal concetto di "evoluzione", poiché non è detto che il presente sia migliore del passato - sono le modalità formali che la coscienza si dà per vivere.

Noi non siamo "figli della Terra": è la Terra ad essere nostra figlia. L'universo è sempre esistito e il cosiddetto "big bang" non è affatto il suo inizio, ma solo l'inizio di una sua piccola parte, che ha permesso una nostra particolare forma di vita, relativa alle condizioni di spazio e tempo che ci sono date sul pianeta Terra.

Noi siamo nati su questo pianeta ma la nostra essenza, che è assolutamente unica nell'universo, esisteva già, ed è stata proprio questa essenza a generarci. Noi siamo figli e padri nello stesso momento. Non siamo destinati a un'esistenza eterna sulla Terra, ma neppure a non avere alcuna esistenza. La Terra è solo la condizione per una forma di vita, certamente non l'unica condizione, e si potrebbe anche dire che l'universo può prevedere diverse forme di vita. L'unica cosa che noi chiediamo all'universo è che ogni forma di vita sia compatibile con la nostra libertà di coscienza.

La dimensione più prossima alla nostra essenza è l'universo, che è eterno e infinito. Nessuno ci ha creati, nessuno ci può distruggere. Nessuna evoluzione può renderci diversi da quel che siamo. La libertà di coscienza è una sola e in virtù di essa il tempo che ci separa dagli uomini di milioni di anni fa è uguale a zero, mentre il tempo che ci separa dal nostro cane o gatto è infinito.

Gli esseri umani sono illimitati nella profondità della loro coscienza, infiniti nel loro numero e unici nell'universo. Non esiste alcun essere vivente equivalente o superiore all'essere umano. Tutto ci è inferiore. Tutti gli animali sono un nostro sottoprodotto, esattamente come tutti i minerali e i vegetali. L'unico vero "prodotto" dell'essere umano è l'essere umano stesso.

Darwin ha elaborato la teoria evoluzionistica studiando gli animali e poi, con una forzatura di tipo pseudo-ateistico, ha applicato la medesima teoria all'essere umano, senza rendersi conto che a-teismo non può voler dire ridurre l'uomo a un animale, ma alzarlo al rango divino. Non c'è mai stato alcun creazionismo perché non c'è nessun dio che non sia l'uomo, distinto in maschio e femmina, che si attraggono per completarsi e riprodursi, e si respingono per conservare la loro specificità. Per la stessa ragione ontologica non esiste alcun evoluzionismo che ci renda umani da una condizione di partenza animale.

La libertà di coscienza è la sintesi suprema della legge degli opposti che si attraggono e si respingono senza sosta. Dunque la morte non esiste, se non come forma di transizione da uno stato di vita a un altro. E se in questa vita io sono stato affezionato a un animale, ho diritto a esserlo per sempre, quindi anche gli animali sono eterni. Quel che l'uomo vuole, se l'aiuta a essere se stesso, l'avrà.

* * *

L'evoluzionismo non è una scienza, ma dire che, per questa ragione, va recuperato il creazionismo, è assurdo. Non si può passare da un'ipotesi a una fede.

Usare il creazionismo contro l'evoluzionismo non ha senso come fare il contrario, poiché i tempi cui ci si riferisce sono talmente ampi da risultare inutilizzabili per dimostrare concretamente qualcosa.

Le teorie creazionistiche sono destinate a estinguersi da sole, a motivo del crescente interesse per le questioni terrene.

Tuttavia usare l'evoluzionismo per propagandare idee ateistiche non porta da nessuna parte, poiché l'ateismo deve restare una questione di coscienza, non di scienza. L'ateismo è "scientifico" solo per chi in coscienza già vi crede.

SPECIE UMANA E ANIMALE

E' ridicolo pensare che la coscienza sia un prodotto evolutivo della materia o della natura, poiché, se ciò fosse vero, non si capirebbe il motivo per cui essa non sia presente in alcun animale.

Noi possiamo soltanto fingere di poter parlare con gli animali o ci illudiamo di poterlo fare, ma non c'è assolutamente modo ch'essi apprendano qualcosa che vada al di là dell'istinto o dell'abitudine. Gli animali si adattano all'ambiente per abitudine e, se lo modificano, lo fanno sulla base di certi istinti, ma sono lontani dall'essere davvero creativi. A noi paiono versatili semplicemente perché le specie sono illimitate, ma ogni specie, in realtà, non ha fatto altro che specializzarsi in qualcosa di particolare.

Solo noi abbiamo la possibilità di riprodurre, in qualche modo, tutte queste particolarità. L'essere umano sembra essere la sommatoria di tutte le specie viventi, incluse quelle estinte. Quindi questa nostra prerogativa ci porta inevitabilmente a pensare che all'origine di ogni specie animale vi sia stata una sorta di essenza umana, da cui, per sottrazione, tutte le specie si sono formate.

Le specie animali non hanno fatto che specializzarsi in una delle infinite caratteristiche dell'essenza umana universale. Non siamo stati noi a ereditare il meglio degli animali, ma sono stati gli animali a trovarsi, per così dire, specializzati in una o più qualità già presenti in tale essenza. Tant'è che noi, volendo, possiamo riprodurre qualunque peculiarità del mondo animale, mentre gli animali non sono in grado d'imitare, se non in misura molto ridotta, le caratteristiche umane e, di queste, solo alcune.

Le specie animali sono così specializzate nelle loro particolarità che provano non poche difficoltà a imitarsi persino tra loro. Se lo facessero, sarebbe, per loro, come andare contro natura. Un carnivoro che non mangiasse un erbivoro, quanto tempo durerebbe? Formiche e api vivono solo in grandi collettivi, ma con regole del tutto diverse e non arriveranno mai a modificarle osservandosi a vicenda.

Noi in realtà non abbiamo nulla da imparare dagli animali. Ci diciamo il contrario soltanto perché noi stessi non ci comportiamo in maniera umana. È evidente, infatti, che la disumanità ci rende peggiori degli animali e quando ci accusiamo di comportarci come animali, in realtà stiamo dicendo una cosa senza senso, in quanto nessun animale fa per istinto ciò che noi facciamo in libertà. Dovremmo limitarci a dire che siamo peggio delle bestie, ma anche questa espressione è ingenerosa nei confronti degli animali. La realtà è che una libertà usata negativamente è infinitamente peggiore, proprio per le sue enormi possibilità, di qualunque istinto e, sotto questo aspetto, gli animalisti avranno tutte le ragioni di questo mondo a preferire gli animali agli esseri umani.

Anzi, questo forse spiega il motivo per cui tutte le specie animali, appena hanno modo di conoscerlo, hanno terrore dell'essere umano. È da almeno 6000 anni che gli animali sono abituati a vederci come il loro nemico n. 1. E non sarebbe strano se essi si fossero trasmessi questa paura anche per via genetica. Non è affatto vero, parlando per assurdo, che i dinosauri sono scomparsi per far posto all'uomo: se ci avessero dato fastidio, avremmo sicuramente trovato il modo di farli fuori. I dinosauri rappresentano soltanto l'infanzia dell'umanità, quando, da piccoli, ci piaceva giocare coi mostri, coi giganti dalla forza spaventosa. I dinosauri sono scomparsi perché noi siamo diventati adulti e abbiamo capito che più importante della forza è l'astuzia e più importante dell'astuzia è la capacità di voler bene, cosa che solo con una coscienza matura sappiamo esercitare.

UOMO E ANIMALE NEL RAPPORTO CON LA NATURA

E' assurdo pensare che l'uomo si sia "evoluto" dall'animale sotto il diretto influsso del lavoro. Anche gli animali "lavorano", e non solo quando cacciano o si procurano il cibo, ma anche quando si fanno le abitazioni o quando convivono con altri animali in un rapporto di mutuo vantaggio, o quando si sentono impegnati collettivamente (ognuno con la propria mansione specifica) a realizzare un progetto comune, oppure quando migrano da un continente all'altro o addirittura quando fanno da supporto a esigenze umane.

Si potrebbero fare migliaia di esempi con cui dimostrare che tutti gli animali, in un modo o nell'altro, "lavorano", e tutti usando oggetti della natura, che possono anche essere trasformati radicalmente rispetto al loro scopo originario (si pensi p.es. al castoro, quando fa le sue dighe).

E non si può neppure dire che la differenza tra animale e uomo sta nel fatto che l'uomo compie consapevolmente ciò che l'animale fa per istinto. Gli animali, esattamente come l'uomo, hanno il problema di adattarsi all'ambiente che trovano. Tutti devono ingegnarsi a trovare le soluzioni per sopravvivere: la tigre siberiana non ha certamente gli stessi problemi di adattamento della tigre di Sumatra, anche se entrambe rischiano, per colpa dell'uomo, l'estinzione. Tutti hanno armi di difesa e di attacco e tutti hanno l'intelligenza sufficiente per usarle, ammesso che l'uomo non sconvolga l'habitat in cui si vive.

Chi ritiene inoltre che l'uomo si differenzia dall'animale proprio perché, perfezionando sempre più i propri strumenti lavorativi, ha potuto liberarsi da una stretta dipendenza dalla natura, non si rende conto che è questa stessa dipendenza che rende "umano" l'uomo. Pretendere di "emanciparsi" dai vincoli naturali, in forza della propria intelligenza, non rende l'uomo migliore degli animali, ma peggiore.

La differenza tra il tipo di lavoro umano e quello animale, non è qualitativa ma quantitativa. Nel senso cioè che l'uomo ha la possibilità di compiere modificazioni radicali, anche irreversibili, che rendono impossibile l'esistenza in determinati ambienti. Spesso anzi nei deserti che l'uomo ha creato (dovuti a disboscamenti, contaminazioni nucleari o inquinamenti chimici o petroliferi), gli unici a poter sopravvivere, in quegli ambienti limite, sono soltanto pochi animali.

Il lavoro non è la condizione prima e fondamentale della vita umana che ci distingue dal mondo animale, poiché su questo pianeta tutti lavorano; anzi, semmai sono taluni esseri umani che vogliono vivere senza lavorare. E se questo lavoro dobbiamo concepirlo come un'attività finalizzata a "dominare" la natura, allora dobbiamo dire che gli animali sono più "naturali" dell'essere umano. Dobbiamo smetterla di concepire la natura come una risorsa di cui possiamo fare ciò che vogliamo.

L'obiettivo degli uomini non è quello di far progredire la produzione utilizzando al massimo le risorse naturali che si trovano nell'ambiente; anche perché, se davvero questo fosse il loro obiettivo, si sentirebbero inevitabilmente costretti a sostituire le proprie risorse con quelle altrui, vedendole esaurirsi in poco tempo. Il nostro compito è quello di trovare un rapporto equilibrato con la natura, e questo non è possibile se le nostre esigenze produttive vengono considerate superiori a quelle riproduttive della stessa natura.

Non ha alcun senso sostenere che compito dell'uomo è "dominare la natura", e poi meravigliarsi se alcune popolazioni che, ad un certo punto, s'accorgono d'essere a corto di risorse naturali, pretendono di "dominare" altre popolazioni. I conflitti sociali hanno una loro motivazione anche nel conflitto esistente tra uomo e natura.

Il socialismo non potrà mai essere un'alternativa al capitalismo se anzitutto non rimette in discussione questo primato ingiustificato dell'uomo sulla natura. Non è sufficiente sostituire una classe dominante con un'altra, non basta rimpiazzare la proprietà privata dei mezzi produttivi con quella pubblica.

Certo, se è vero che non ha alcun senso addebitare a fenomeni naturali le cause del malessere sociale, è però anche vero che se gli antagonismi non vengono risolti in maniera "naturale", gli uomini saranno continuamente indotti a vedere la natura come una "matrigna", e questa si difenderà come può dalla loro arroganza.

Ciò che differenzia l'uomo dall'animale è qualcosa che non si vede: è la libertà di coscienza. Noi dobbiamo essere "naturali" non perché la natura ce lo impone, ma perché sappiamo che questo è l'unico modo per essere umani.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 14/12/2018