Ingenuità e cinismo. Erasmo e Lutero sulla libertà umana

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INGENUITA' E CINISMO
ERASMO E LUTERO SULLA LIBERTA' UMANA

Quando iniziò a diffondersi il luteranesimo, vari papi (Leone X, Adriano VI, Clemente VII) avevano chiesto a Erasmo da Rotterdam, noto intellettuale umanistico, d'intervenire a favore della chiesa romana. Lo stesso Lutero nel 1519 gli aveva chiesto di pronunciarsi apertamente a favore della riforma, ma Erasmo aveva rifiutato. Infatti le sue idea di cristianesimo era quella di un'esperienza tutta interiore, fonte di perfezione morale e personale, senza astratte discussioni teologiche. Erasmo voleva una religione entro i limiti della ragione. Condannando il temporalismo del papato, aveva in un certo senso anticipato le idee luterane, ma si guardava bene dal dare alla propria critica un risvolto politico.

Decise comunque di scendere in campo. Alla fine del 1523, da Basilea (ove soggiornerà dal 1521 al 1529) aveva mandato a Enrico VIII d'Inghilterra il brogliaccio di un'opera sul libero arbitrio. E Lutero, venutone a conoscenza, il 15 aprile 1524 lo invitava a rimanere quel che era sempre stato: uno "spettatore" neutrale.

Probabilmente Erasmo s'era illuso che fosse ancora possibile salvare la pace con la moderazione, la saggezza e la benevolenza, pur essendo intimamente convinto - da buon umanista - che nessuna delle due opinioni (cattolica e luterana) potesse esprimere compiutamente la verità delle cose. Nello scegliere l'argomento per la sua disputa con Lutero aveva comunque visto giusto: la questione del libero arbitrio era il punto più evidente di frattura tra l'umanesimo cristiano e la riforma protestante. Anche Lutero lo sapeva bene.

Il suo De libero arbitrio comparve a Basilea tra il 2 e il 5 settembre 1524. Giunsero subito a Erasmo le congratulazioni di Enrico VIII, di Juan Luis Vives, di Giorgio di Sassonia, del Gattinara e di molti altri. Tuttavia non sembrava che Erasmo si fosse particolarmente impegnato sull'argomento. Forse perché sapeva che il problema doveva essere affrontato in sede filosofica, con rigore e penetrazione di logica stringente; invece l'opera di Erasmo non era che un'elencazione di passi coi quali si richiamava all'autorità della Scrittura, della Chiesa e della tradizione, anche se poi cercava di avviare più che una discussione, una distinzione sui poteri della libertà umana. La stessa autorità della Scrittura era richiamata senza un supporto teologico vero e proprio. D'altra parte Erasmo era un dotto filologo, un aristocratico umanista, non uno spirito rivoluzionario. Vagheggiava una riforma lenta, graduale della chiesa, senza sovvertimenti esteriori.

E' stato però giustamente osservato che la posizione erasmiana sul problema del libero arbitrio era più eretica della stessa posizione luterana, in quanto che egli sosteneva che il problema del libero arbitrio si può affrontare non già richiamandosi all'autorità della Chiesa o dei concili, ma semplicemente all'autorità della ragione, che per il letterato Erasmo coincideva col buon senso comune.

La reazione di Lutero non si fece attendere. Scrisse subito a Spalatino (solerte cancelliere di Federico di Sassonia) dicendosi disgustato del De libero arbitrio, anticipando al suo amico e collaboratore, Nicolas Hausmann, che risponderà per le rime a Erasmo. Tuttavia non poté farlo subito, perché i primi mesi del 1525 lo vedono impegnato nella polemica contro Carlostadio, poi dovette occuparsi delle conseguenze sulla vita della chiesa della fine della guerra dei contadini, e anche perché si sposò con Katharina von Bora.

E' solo nell'autunno del 1525 che poté mettersi al lavoro. Il suo De servo arbitrio apparve a Wittenberg a fine dicembre. Lutero mise tutto se stesso nella realizzazione di quest'opera che, fra tutte, gli fu sempre particolarmente cara. Il suo compito fu agevolato dalla stessa mancanza di struttura filosofica dell'opera di Erasmo: infatti il De servo arbitrio è, più che un lavoro di teologia sistematica, un lavoro di teologia biblica.

Sotto una veste che formalmente vuole sembrare oggettiva e distaccata, bruciava uno spirito ardente e infiammato. Lutero pronuncia davvero un'arringa appassionata in difesa della causa per la quale ha optato mediante una scelta di fede che rendeva ai suoi occhi tutto chiaro e convincente. D'altronde la fede è, proprio riguardo al problema del libero arbitrio, una categoria gnoseologica e non soltanto psicologica.

Il Libero arbitrio di Erasmo si articola in quattro parti: 1) un'introduzione nella quale l'autore si richiama alla Disputa di Lipsia tra Carlostadio ed Eck e all'Assertio di Lutero contro la bolla di Leone X; 2) un'esposizione di testi a favore del libero arbitrio; 3) un'esposizione dei testi contro il libero arbitrio; 4) l'indicazione di una "via media" tra le opposte tesi.

Il succo di Erasmo era il seguente: con il peccato originale la libertà del volere umano non è stata distrutta ma solo viziata. Quindi rimane nell'individuo la libertà (o grazia, come la chiama Erasmo) naturale di alzarsi, sedersi, andare, venire, parlare, tacere e fare tutte quelle attività che, comunque, non riguardano il problema della sua personale salvezza.

C'è poi la grazia preveniente od operante, che è la capacità di disprezzare se stessi e la propria condotta: siamo perciò in grado di avere resipiscenze, di pentirci e di decidere una nuova linea di condotta.

A questo punto interviene la grazia cooperante, la quale, a parere di Erasmo, ci fa fare ciò che abbiamo deciso di fare; e infine c'è la grazia che conduce a buon fine le nostre determinazioni e ci sorregge per tutto il cammino del ravvedimento fino alla compiuta santificazione. Questa grazia sollecita, trascina e conclude e, proprio per questo, presuppone una decisione dell'uomo, che liberamente risponda alle sollecitazioni, cooperi con Dio e, sia pure con l'aiuto di Dio, concluda ciò che ha deciso e iniziato.

Erasmo parlava di diverse "grazie", quella naturale, che di fatto è la possibilità di scegliere tra il bene e il male, e quella religiosa, secondo cui Dio darebbe ad alcuni uomini la fede, senza la quale non si può essere salvati. Per Erasmo la fede è quella condizione grazie alla quale l'uomo può scegliere tra bene e male.

Emerge costante in tutta l'opera la preoccupazione dell'umanesimo evangelico, che, di fronte allo scatenarsi delle passioni, vuole salvaguardare l'autonomia della ragione, la libertà e la dignità dell'uomo. La contestazione della dottrina luterana della predestinazione è inevitabile.

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Lutero invece ribalta completamente il discorso. L'umanesimo evangelico è fallito proprio perché l'uomo ha preteso, consapevolmente, di salvarsi senza l'aiuto di Dio.

Il Servo arbitrio di Lutero, l'unico lavoro nel quale, insieme al Catechismo, egli vorrà ancora riconoscersi quando gli si proporrà nel 1537 un'edizione completa delle sue opere, è un poderoso trattato costituito dalle seguenti parti: a) Prefazione, nella quale giustifica il ritardo col quale risponde ad Erasmo; b) Prima parte, dove discute sugli argomenti di Erasmo in favore del libero arbitrio; c) Seconda parte, dove prende in esame gli argomenti erasmiani contro il servo arbitrio; d) Terza parte, in cui confuta il libero arbitrio.

Proprio nel rifiuto della tradizione dei Padri e nell'affermazione della "sola Scriptura" (cioè del "libero esame", senza gli impedimenti delle varie interpretazioni patristiche, conciliari, scolastiche e papali), Lutero è convinto di poter affermare la vera dignità dell'uomo singolo, capace d'intendere la parola di Dio autonomamente. Pare lo scontro di due individualismi: uno politico-religioso, l'altro etico-religioso.

Una cosa su cui Erasmo faceva particolarmente leva erano i comandamenti: se l'uomo non fosse libero di scegliere tra bene e male, perché mai Dio gli avrebbe dato dei comandamenti da seguire? Ma Lutero aveva la risposta pronta: i comandamenti non sono stati dati all'uomo perché li seguisse (infatti non potrà mai seguirli visto che è schiavo del male), ma per portare l'uomo alla disperazione di se stesso, affinché prenda atto della sua impotenza. Se l'uomo fosse capace di scegliere il bene, a che pro - si chiede Lutero - il sacrificio di Cristo? L'uomo non può giungere alla fede se non dopo la disperazione, e in ogni caso non può giungere nemmeno alla fede senza la grazia divina. Lutero era ostile alle opere perché - secondo lui - esse danno all'uomo l'illusione di poter raggiungere con le sue forze la salvezza.

Come noto, vi era in Lutero anche l'idea di una predestinazione, ossia che nella massa dei dannati Dio possa scegliere alcuni uomini a cui dare la grazia della fede. Dio, nella cupa teologia luterana, è giusto e misericordioso, perché, da un lato, condanna tutti gli uomini, in quanto davanti a lui nessuno può considerarsi innocente, e, dall'altro, perché salva chi gli pare.

Ciò su cui Erasmo puntava molto nella sua polemica erano le buone opere: se non servono a nulla, visto che l'uomo le fa solo per suo egoismo, a che serve compierle? Ma Lutero non diceva che non vanno compiute: per lui le opere buone possono essere soltanto l'effetto della salvezza. Le opere sono buone o cattive a seconda che siano opere di fede o no: il giusto farà le opere non per guadagnarsi la salvezza, ma solo per la gloria di Dio, per ringraziarlo di aver concesso ad alcuni la salvezza.

Per Erasmo senza il libero arbitrio sarebbe impossibile spiegare le questioni della giustizia e della misericordia divina: come potrebbe Dio giudicare l'uomo s'egli potesse soltanto compiere il male? Ma su questo Lutero lo accusava di semi-pelagianesimo, perché gli pareva che, stando a ciò che Erasmo diceva, l'uomo potesse raggiungere la salvezza con le sole sue forze, compiendo semplicemente delle buone azioni. Erasmo però replicava a quest'accusa dicendo che senz'altro Pelagio finì per dare al libero arbitrio più di quel che non convenga (1), ma anche Agostino che lo contestava tolse al libero arbitrio più di quanto non fosse lecito (era noto infatti il suo motto "compelle intrare", col quale sosteneva che se anche l'uomo non è ispirato da Dio, va comunque guidato, cioè forzato a credere).

Sostenere il servo arbitrio, o meglio, negare il libero arbitrio in modo radicale - secondo Erasmo -, e poi pretendere che tutto si faccia per necessità, dichiarando che Dio determina in tutti gli uomini non solo le opere buone ma anche quelle malvagie, porta alla conseguenza non solo che l'uomo non ha alcun titolo ad essere considerato come l'autore delle sue buone opere, ma anche che non si può neppure considerarlo come l'autore delle malvagie. Erasmo addirittura respingeva l'idea che le guerre contro gli infedeli fossero giuste e volute da Dio.

Lutero però obiettava che noi non possiamo permetterci di giudicare Dio, anche se punisce apparentemente senza motivo, ma dobbiamo approvare tutto ciò che fa, persuadendoci che sia inevitabilmente buono. E quindi tutto ciò che non è fatto dalla grazia di Dio non può essere ritenuto buono. Dal che ne segue che il libero arbitrio, privato della grazia di Dio, non è affatto libero, ma prigioniero e schiavo del male, dato che non può, da solo, volgersi verso il bene.

Se poi la Scrittura, come sostiene Erasmo, è oscura, allora - dice Lutero - è impossibile trovarvi una definizione precisa del libero arbitrio. Il fatto che l'uomo dica "se voglio", "se faccio", "se intendo" e così via, non dimostra l'esistenza del libero arbitrio, in quanto sono parole "umane", ossia hanno un senso convenzionale, convenuto tra gli uomini. E' chiaro che con Dio tutto questo non c'entra proprio niente: le realtà celesti son ben diverse da quelle terrestri.

D'altra parte Lutero già nel 1520 aveva scritto, ne La libertà del cristiano, che libertà e libero arbitrio sono due concetti diversi. Il libero arbitrio non può esistere per l'uomo, appartenendo solo a dio, la cui azione è buona in sé e non perché corrisponde a criteri estrinseci di bontà. L'uomo però è libero quando riceve la forza di seguire la volontà divina: il libero arbitrio, al massimo, può esercitarlo riguardo alle attività naturali come mangiare, bere, generare ecc. Gli aspetti morali sottostanno a leggi necessarie, perché divine, e nessuno le può evitare né mutare. Tutti dipendono da dio, anche i corrotti e gli empi, che fanno la sua volontà senza saperlo. La libertà sta nell'adeguarsi a una volontà superiore, che è tale perché ci ha generati e ci conserva integri. Non è importante capirlo, perché comunque si è destinati a fare la volontà divina. Dio sa tutto, nella sua prescienza, e sa destinare le cose al meglio: nulla può avvenire se non per suo volere. Il libero arbitrio non solo non esiste nell'uomo, ma neppure negli angeli e tanto meno negli animali. Satana è il principe del mondo e la salvezza sarà possibile solo nei cieli.

Una dimostrazione eloquente dell'inesistenza del libero arbitrio viene offerta, secondo Lutero, dal fatto stesso che i giudei, pur tendenti alla giustizia con tutte le loro forze, piombarono nella somma ingiustizia uccidendo il Cristo. I pagani invece, pur tendendo all'empietà, giunsero alla giustizia per grazia divina, cioè insperatamente.

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In sostanza la domanda fondamentale cui entrambi i contendenti avevano cercato di rispondere era la seguente: si può essere liberi di scegliere in una società corrotta? Lutero aveva risposto di no; Erasmo gli aveva invece replicato di si, sulla base di una semplice considerazione: la natura umana, benché corrotta dal peccato originale, resta incline al bene, pur non potendolo conseguire pienamente. Tale orientamento è del tutto naturale; pertanto se si nega questa innata predisposizione al bene, si toglie all'uomo la responsabilità personale.

Lutero invece sosteneva che il peccato originale aveva tolto all'uomo la facoltà di compiere il bene (e la crocifissione del Cristo lo dimostrava), per cui non gli restava che affidarsi totalmente a dio: cosa che il papato, con la sua grande corruzione, non permetteva di fare: ecco perché bisognava liberarsene e non si poteva certo farlo limitandosi alle buone intenzioni. Tra uomini e dio vi è un abisso e qualunque pretesa dell'uomo di poter decidere il bene, rischia d'infrangersi contro la volontà divina. Erasmo quindi non aveva capito che non bastano le buone intenzioni per cambiare stile di vita, occorre una grazia divina speciale.

Era una polemica, questa, che oggi consideriamo priva di senso, sia perché non si era capito che per cambiare stile di vita occorre rivoluzionare i rapporti economici esistenti, sia perché non si era capito che nessuna realtà divina può modificare tali rapporti. In particolare Lutero, pur avendo preteso una liberazione politica e culturale dal papato, aveva rifiutato quella sociale dei contadini contro la nobiltà.

La cosa più curiosa è che Lutero, nonostante il suo concetto di predestinazione e il suo rifiuto del libero arbitrio, fece una riforma religiosa dal chiaro contenuto politico. Erasmo invece si limitò ad assumere una posizione filosofica e morale. Cioè uno fece una rivoluzione del pensiero negando valore all'autonomia della volontà umana; l'altro invece, proprio affermando tale autonomia restò una monade isolata.

Note

(1) In particolare Erasmo negava l'eresia pelagiana laddove essa sosteneva che la volontà peccatrice dell'uomo era stata guarita dalla grazia divina del Cristo, per cui l'uomo poteva tendere alla salvezza facendo affidamento soltanto sul proprio libero arbitrio. Secondo lui questa era una forma di arroganza, in quanto si trascurava l'indigenza del genere umano. Non per questo però si poteva negare il libero arbitrio, altrimenti la stessa responsabilità morale diventava un'illusione e ogni cosa veniva sottomessa alla volontà di un dio imperscrutabile. E faceva questo esempio: se un padrone sa di avere un servo inaffidabile e gli assegna un compito prevedendo che non lo eseguirà, dovrà comunque punirlo se non lo eseguirà. Viceversa per Lutero la volontà umana era come un asino che deve portare dei pesi: l'animale va dove lo conduce chi gli sta in sella, sia esso dio o il demonio.

Fonte: www.filosofico.net/luter.htm


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria
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Aggiornamento: 14/12/2018