IDEE PER UN MANUALE DI STORIA DELLA FILOSOFIA

TEORIA
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IDEE PER UN MANUALE DI STORIA DELLA FILOSOFIA
(O DI SCIENZE UMANE)

TITOLO

Storia del pensiero e delle sue applicazioni. (Pensiero in senso lato e astratto; Applicazioni in senso concreto: sociali, politiche, pedagogiche...)

Verificare in che modo il filosofo (il teorico) ha contribuito a sviluppare una concezione di vita favorevole allo sviluppo dell'umanità, tralasciando quindi quelle parti del suo pensiero giudicate irrilevanti a tale scopo.

QUADRO CULTURALE

- Filosofi precedenti, correnti e scuole filosofiche coeve all'autore. (Questo per verificare nell'Iter biografico, gli influssi coscientemente accettati e quelli involontariamente subìti, nonché quelli che l'autore ha cercato di superare e quelli che ha superato effettivamente).

- Sottolineare il pensiero di queste correnti rispetto all'avvenimento più significativo della loro epoca (ad es. Riforma protestante, Rivoluzione francese).

- Esistono delle correnti di pensiero che più di altre hanno influenzato lo sviluppo della storia contemporanea:

  1. il percorso dell'empirismo inglese che ha portato alla nascita dell'economia politica classica e alla moderna sociologia e statistica;
  2. il percorso del materialismo francese che ha portato alla nascita delle teorie politiche sul socialismo; da queste teorie emergono, seppure non in maniera esplicita, quelle dell'ecologia, dell'ambientalismo... Il materialismo francese ha portato anche allo sviluppo dell'umanesimo laico (quest'ultimo troverà forti sviluppi nella Sinistra hegeliana e nel leninismo);
  3. il percorso della filosofia idealistica tedesca che ha portato alla scoperta delle leggi della dialettica, e che ha portato agli sviluppi della filosofia della scienza, del linguaggio... e che ha altresì portato alla nascita di scienze, sviluppatesi poi in maniera autonoma dalla filosofia, come la psicologia, la psicanalisi, la pedagogia, in parte la sociologia...

Naturalmente tutte le correnti di pensiero e di azione che sono seguite all'economia, alla politica e alla filosofia suddette, dovrebbe essere preso in attenta considerazione, mentre per tutto quanto ad esse precede sarebbe sufficiente un esame sintetico.

L'esame delle scienze naturali dovrebbe saper cogliere (fra le altre cose) quegli aspetti che hanno un aggancio, un riflesso, una conseguenza diretta o indiretta sulle questioni umane o sociali.

Quanto alle questioni religiose, queste, dal punto di vista culturale, vanno poste a fondamento della comprensione sovrastrutturale di tutte le civiltà antagonistiche, in quanto lo sviluppo della religione è una conseguenza dello sviluppo dell'antagonismo sociale. La teologia non può essere tenuta separata dalla filosofia, poiché la filosofia borghese altro non è che una laicizzazione della teologia cattolica. E la laicizzazione più coerente della filosofia borghese altro non è che l'umanesimo laico del materialismo storico-dialettico.

QUADRO STORICO

- Situazione generale del periodo in cui è vissuto l'autore scelto. Visione sintetica ma globale, che riguardi l'economia, la politica, i conflitti sociali...

- Dal quadro storico (che può precedere quello culturale o stargli accanto) si devono comprendere i "perché" delle scelte del filosofo, il quale risulterà tanto più interessante quanto più avrà saputo calarsi nelle esigenze e nei processi del suo periodo storico.

ITER BIOGRAFICO E INTELLETTUALE

- Seguire uno svolgimento cronologico delle opere, sottolineando di queste, in una battuta, l'aspetto principale.

- L'iter serve per collegare un filosofo con la sua epoca, per capire l'evoluzione del suo pensiero prendendo in esame tutte le sue opere, per capire infine se lo stesso autore si è preoccupato di concretizzare il proprio pensiero e in che misura l'ha fatto (qui vanno evidenziati i limiti esperienziali, le incoerenze, le astratte coerenze, ecc.).

- Il contenuto delle opere principali va analizzato tenendo individuando, e tenendoli in parallelo, secondo una visione sinottica, i fattori storici (culturali) e socio-personali particolari che possono aver indotto o condizionato a scrivere quelle determinate opere.

- Non di tutti i filosofi è necessario elaborare una biografia, ma solo di quelli le cui opere hanno un contenuto autobiografico rilevante (p.es. Kierkegaard) o di quelli le cui opere hanno un contenuto sociale rilevante (p.es. Marx).

- In generale comunque deve valere il principio che lo studioso deve potersi incontrare non solo con un pensiero ma anche con un pensante.

ASPETTO SISTEMATICO E ANALITICO

- Trattare separatamente e in maniera approfondita non i campi preferiti dal filosofo, ma i campi utili ai fini di una "filosofia applicata": ad es. dedurre l'etica non dalla metafisica ma dalla politica o dalla pedagogia o dal diritto....

- Evidenziare il contributo che l'autore ha dato al progresso della conoscenza dei fatti concreti, sociali, individuali...

- Evidenziare gli aspetti negativi del suo pensiero (che possono costituire un regresso rispetto al suo pensiero precedente o rispetto a quello di altri filosofi che l'hanno preceduto).

- Ermeneutica critica di alcuni testi dell'autore: le cd. "fonti".

ASPETTO DIDATTICO

- Offrire allo studente le chiavi interpretative fondamentali per compiere un'ermeneutica critica di alcuni testi originali dell'autore.

- Metterlo in grado di fare dei paralleli tra filosofie ideologicamente affini o tra filosofie che hanno trattato un medesimo argomento, partendo da punti di vista diversi se non opposti.

- Ricercare su altre fonti (visive, artistiche, documentaristiche, cinematografiche, archivistiche, ecc.) ulteriori motivi/cause che hanno determinato/caratterizzato una corrente filosofica o un autore, per averne un quadro storico-culturale il più possibile completo.

- Ricerca multi/interdisciplinare con insegnanti di scienze fisico-chimico-matematiche, biologiche, naturali, ma anche letterarie, espressive, linguistiche... per una verifica collegiale di alcune ipotesi culturali comuni (di partenza).

- Scansioni disciplinari. Il Triennio delle medie superiori dovrebbe prevedere lo studio delle scienze sociali: antropologia, sociologia, politologia, diritto, economia, etnologia...; delle scienze linguistiche: letteratura italiana e straniera, linguistica, semiotica, psico e socio-linguistica, lingue dialettali...; delle scienze esatte: fisica, chimica, matematica, astronomia, geografia, statistica ecc.; delle scienze estetiche o artistiche: musica, pittura, scultura, recitazione, spettacolo, fotografia, cinematografia, arte digitale...

RILIEVI CRITICI

- Sintetizzare il dibattito critico sull'autore (coevo o successivo alle sue pubblicazioni).

- Evidenziare un'opinione personale sul dibattito.

- I rilievi critici sul pensiero dell'autore devono farsi, oltre che qui, anche nei paragrafi precedenti, cercando sempre di distinguere il pensiero dell'autore da quello del docente.

SETTORI IN CUI INDAGARE

A) FILOSOFIA/GNOSEOLOGIA (con riferimento particolare a religione, psicologia e psicanalisi, metafisica, ontologia...). Tracciare l'iter dell'emancipazione della filosofia dalla religione. Verificare i progressi compiuti verso la conoscenza dialettica.

B) FILOSOFIA/SCIENZA (con riferimento a scienze esatte ed applicate, sperimentali e matematiche, epistemologia, insiemistica, scienze contemporanee: biotecnologia, bioetica...). In che modo la filosofia si è rapportata alla scienza?

C) FILOSOFIA/ETICA (con riferimento a etica, morale, diritto, psico-pedagogia...). In che modo la filosofia ha contribuito a sviluppare i valori dell'umanesimo laico, non religioso?

D) FILOSOFIA/POLITICA (con riferimento a etica, economia, sociologia, diritto...). In che modo la filosofia ha contribuito a sviluppare le idee favorevoli alla democrazia e al socialismo? In che modo è stata superata dalla politica?

E) FILOSOFIA/ESTETICA (in riferimento alla teoria dell'arte, alla letteratura, poetica, arti plastiche, ma anche cinematografia, ecc.). In che modo la filosofia ha contribuito a fare dell'estetica una scienza in grado di interpretare la realtà usando gli strumenti dell'arte in generale?

F) FILOSOFIA/LINGUISTICA (in riferimento al problema della lingua nazionale, agli studi sulle figure retoriche, semiologia e semiotica, teoria del romanzo ecc.). In che modo la filosofia ha contribuito a sviluppare un linguaggio formale, comunicativo?

PERCORSI DA SEGUIRE QUANDO SI STUDIA FILOSOFIA

Quando si studia filosofia bisognerebbe concentrarsi su tre aspetti fondamentali:

1) Biografia del filosofo (evoluzione del suo pensiero in rapporto alla sua vita, con lettura sintetica di tutte le opere o comunque di quelle che meglio indicano i passaggi da talune idee ad altre).

2) Contesto storico e culturale in cui si sono sviluppati vita e pensiero del filosofo, cercando di capire i condizionamenti subiti dall'ambiente e le innovazioni prospettate per superare determinati problemi.

3) Analisi trasversale-comparata dei vari filosofi o scuole di pensiero di uno o più periodi storici, secondo i principali settori d'indagine (gnoseologia, scienza, etica, politica, estetica e linguistica), sulla base di alcune ipotesi da verificare o di alcuni princìpi o concetti o categorie di cui occorre seguire l'itinerario (ad es. qual è stata nei secoli l'evoluzione della dialettica?).

Cerchiamo di capirci. La filosofia andrebbe fatta per grandi temi, in maniera trasversale ai singoli autori. L'affronto di ogni singolo tema andrebbe storicamente contestualizzato, poiché se un filosofo greco parla di "Essere" e un teologo parla di "Dio", non vogliono dire esattamente la stessa cosa. Cioè astrattamente può trattarsi di una semplice questione terminologica, ma nel concreto, là dove si parla di "Dio", si deve per forza fare riferimento a una "chiesa". Che questa chiesa sia poi equiparabile a un "partito politico" non è importante. Lo è invece il fatto che, sul piano filosofico, si dica che l'"Essere" greco o romano veniva considerato come qualcosa di astratto, oggetto di dibattito, in cui ci si poteva credere o meno, senza per questo incorrere in sanzioni di alcun tipo, benché anche nel mondo greco-romano le idee ateistiche non venissero così facilmente accettate come si crede. Socrate, p. es., fu eliminato proprio in quanto ateo.

Generalmente i filosofi sono più laici e individualisti dei teologi; quest'ultimi invece sono più dogmatici, e quindi più intolleranti, proprio perché sul piano sociale hanno un'organizzazione collettiva che devono difendere. Non può mai esserci piena libertà di pensiero in un'organizzazione chiesastica, meno che mai quando su una determinata questione dibattuta interviene un'assemblea conciliare, che stabilisce in maniera formale e definitiva in che cosa credere e come farlo. Ecco perché in genere la filosofia assume atteggiamenti contestativi nei confronti della teologia, per quanto spesso con le dovute cautele.

Ma, a parte questo, la filosofia andrebbe fatta per singoli temi, in maniera trasversale ai singoli autori, anche per una semplice ragione: qui si ha a che fare con 2500 anni di storia, in cui spesso un autore si rifà, più o meno esplicitamente, a un altro che l'ha preceduto, dicendo più o meno le stesse cose, con parole diverse, ma con finalità analoghe. Un affronto lineare, cronologico, sequenziale diventa faticoso, dispersivo, improduttivo, e soprattutto non permette una visione olistica, integrata, delle cose, cioè dei problemi e delle soluzioni che sono state proposte.

Noi dovremmo limitarci a individuare i temi di fondo, magari partendo da quelli odierni, per vedere come nel passato sono stati affrontati, sempre che lo siano stati. Vi sono problemi, infatti, come ad es. quello ambientale, che nel passato, a causa della mancanza di una rivoluzione industriale, si ponevano assai poco.

Un affronto trasversale e olistico di questo genere ci permetterebbe di prendere in esame anche le filosofie e le teologie diverse da quelle dell'Europa occidentale. Nei nostri manuali di filosofia sempre più spesso s'incontrano capitoli dedicati alle filosofie indo-buddiste e alle teologie islamiche, ma si tratta sempre di un approccio fine a se stesso, non integrato con tutto il resto. Invece noi abbiamo bisogno di vedere come un determinato argomento è stato affrontato in ogni parte del pianeta, in qualunque momento della storia. E' l'idea stessa di "globalismo", oggi molto attuale, che ce lo impone.

Un approccio olistico del genere sembra che faccia diventare poco rilevante il rapporto che il singolo autore ha avuto col proprio tempo storico, cioè le biografie rischiano di diventare poco importanti. Questo però sarebbe un errore. E' certamente importante discutere argomenti di carattere generale, ma lo è anche verificare il modo concreto in cui il singolo autore ha cercato di risolvere un determinato problema, lasciandosi coinvolgere personalmente.

L'assunto fondamentale da cui bisogna partire è che "la prassi è il criterio della verità", cioè è nella realizzazione pratica che si vede se una teoria è in grado di reggere alla prova dei fatti. Anche perché è la prassi che decide dove, come e quando una teoria va modificata. La filosofia deve uscire dal limbo delle discussioni meramente astratte. Questa esigenza era già ben visibile durante le rivoluzioni borghesi, e si è definitivamente imposta col sorgere della critica anti-hegeliana e soprattutto con la nascita del socialismo.

Forse l'unico luogo in cui la filosofia continua a essere fatta in maniera astratta, come "storia della filosofia", è quello della scuola e dell'università, le quali ancora risentono dell'impostazione gentiliana della disciplina.

CONSIDERAZIONI DI METODO

PRIMA: sottolineare il fatto che quasi tutti i manuali di storia della filosofia (ma anche della sociologia e della psicologia e della pedagogia) hanno tralasciato la vita del filosofo staccandola dal suo pensiero e nel pensiero hanno staccato gli aspetti gnoseologici da quelli politici (tant'è che risulta privilegiata sempre la filosofia "tedesca"); sottolineare altresì il fatto che i rapporti filosofia/religione in direzione dell'ateismo e i rapporti filosofia/scienza in direzione dell'autonomia di quest'ultima, sono stati generalmente poco sviluppati. Bisogna in realtà partire dalle applicazioni concrete della filosofia per meglio capire la sua utilità e attualità.

SECONDA: una Storia della filosofia che voglia essere concreta non può non tener conto del fatto che al giorno d'oggi taluni concetti, come ad es. spirito, noumeno, monade, ecc. non hanno alcun significato né per l'uomo comune né per l'uomo di scienza: non perché astratti (anche quelli della fisica nucleare lo sono), ma perché non trovano alcun riscontro nella realtà soggetta a indagine scientifica. Cosa significa "indagine scientifica"? Significa poter trovare una corrispondenza tra determinate cause e determinati effetti. Il concetto di "inconscio" in psicanalisi è scientifico? Se si prendono in esame taluni effetti come i sogni, i lapsus, i tic, le manie ecc. lo è sicuramente. Ma al di fuori di questi effetti concreti, individuabili e analizzabili, qualsiasi riflessione sull'inconscio non ha senso. Ciò implica l'inutilità di far ripercorrere all'uomo contemporaneo l'iter di ogni speculazione filosofica relativamente all'uso di concetti astratti come spirito, monade, noumeno, ecc. Oggi a nessuno interessa conoscere la diatriba bizantina sulla natura e la persona del Cristo, e per quale ragione dovrebbe essere più interessante conoscere la differenza fra le due concezioni dello "spirito assoluto" in Hegel e Croce? Non è sufficiente affermare che con queste concezioni si è cercato di "immanentizzare" il concetto teologico di "dio", senza però riuscire a superarlo?

TERZA: se una qualunque Storia della filosofia vuole essere un minimo comprensibile, utilizzabile dall'uomo comune, oltre che dall'uomo di scienza, deve per forza tener conto delle categorie mentali con cui quest'uomo è abituato a ragionare, per cui, in questo senso, prima di iniziare qualunque ricerca e nel mentre la si svolge, bisognerà continuamente verificare il senso/significato delle parole/espressioni che si dicono. A tale scopo, quella linguistica che dichiara insensato ogni discorso non verificabile (in qualche modo) empiricamente, va posta a fondamento della suddetta ricerca filosofica. Questo significa fare "violenza" al singolo filosofo? No, perché se i concetti cd. "astratti" ch'egli ha formulato erano veramente importanti nel contesto del suo pensiero "astratto", se ne troverà sicuramente un riflesso "concreto" in altri aspetti del suo pensiero, come ad es. quello politico, etico, sociale, ecc. (quegli aspetti che oggi indiscutibilmente interessano di più). Naturalmente una Storia della filosofia del genere continuerà a prendere in esame tutto il pensiero del singolo filosofo, ma si soffermerà in modo particolare su quegli aspetti che ancora oggi, per il loro contenuto progressivo, possono suscitare un certo interesse. Dobbiamo in sostanza smettere di "dedurre" la concretezza (politica, sociale, culturale) di determinate filosofie partendo dalle concezioni più astratte (idealistiche) espresse dai filosofi. Si deve invece scoprire il valore ideale, complessivo, generale delle loro filosofie da quegli aspetti più concreti del loro pensiero e/o della loro attività pratica che si lasciano sottoporre a indagine critico-scientifica.

QUARTA: un manuale di Storia della filosofia che sia efficace, concreta, veramente utile, non può essere una sorta di archiviazione o catalogazione sintetica del pensiero di ogni filosofo, ma deve partire da una determinata interpretazione della realtà, dei fatti storici, della società umana. Una Storia della filosofia deve servire per dimostrare alcune fondamentali tesi del suo autore (o di più autori, o di una corrente di pensiero cui gli autori, più o meno esplicitamente, si rifanno). Una Storia della filosofia "neutrale" non esiste, non ha senso e non serve a nessuno. Il lettore infatti non può capire il valore di un filosofo con il concetto di "neutralità": per lui "neutralità" significherà soltanto "relativismo". Ciascun filosofo gli sembrerà aver ragione sugli altri. L'ultimo filosofo, solo perché a lui più vicino o solo perché in grado di guardare dall'alto tutti gli altri, gli sembrerà il migliore. Ciò è assurdo. Una Storia della filosofia non solo dovrà mettere in luce il progresso della verità ma anche i molti tradimenti di cui essa è stata oggetto, nonché i suoi faticosi progressi nonostante i tradimenti. Una tale Storia della filosofia non assomiglierà a una ottimistica linea retta né a un pessimistico circolo chiuso, ma piuttosto a una spirale o a un percorso a zig-zag verso un determinato obiettivo, che è la verità delle cose.

QUINTA: una Storia della filosofia deve essere una storia della "filosofia" non una storia della "teologia" in veste filosofica. Occorre togliere dalla storia della filosofia tutte quelle speculazioni metafisiche che avvicinano i filosofi ai teologi. Al centro della filosofia va posto l'uomo, non dio, né concetti astratti come essere, sostanza, spirito, idea, ecc., che altro non sono se non lo stesso concetto di dio in chiave immanentistica. Certo, in questa laicizzazione della teologia bisogna vedere un progresso del pensiero umano, un merito della filosofia. Ma non occorrerà soffermarcisi più di tanto, poiché oggi certe conquiste le diamo per scontate, non avendo bisogno di ripercorrere per filo e per segno l'iter con cui nel passato sono state conseguite.

SESTA: ciò che più deve interessare è il riscontro tra un pensiero e la realtà. Solo in questo modo una Storia della filosofia può essere veramente interessante. Non si tratta cioè soltanto di stabilire l'intrinseca coerenza di un pensiero (cosa peraltro poco importante, poiché anche l'incoerenza può essere frutto di progresso) o il suo sviluppo più o meno lineare, ma di stabilire in che modo il pensiero si pone come "riflesso della realtà"; cioè in che modo il pensiero si accorge o non si accorge di questo riflesso, e in che modo cerca o non cerca di rispondervi, e se, rispondendovi, lo fa in modo adeguato o inadeguato. Il problema insomma è quello di collegare la filosofia alla storia: non solo nel senso di ricercare nella storia le realizzazioni o le conferme della filosofia, ma anche nel senso di vedere o verificare come nasce una filosofia in e da un determinato contesto storico (per una contestualizzazione della filosofia).

SETTIMA: sotto questo aspetto però una mera "storia della filosofia" non ha molto senso, poiché la filosofia, presa in sé, non ha alcuna storia: sono infatti gli uomini che hanno una storia e, avendola, hanno anche una filosofia, come un diritto, una morale, un'economia politica, un'estetica, ecc. Bisognerebbe quindi creare un manuale che fosse nel contempo storico e filosofico. La filosofia non dovrebbe essere trattata come una disciplina a se stante, ma come il pensiero in cui si caratterizza ogni altra scienza o disciplina, pur nell'uso di un proprio specifico linguaggio: il diritto cioè ha una "filosofia", la morale anche, e così via. Ciò significa che in un manuale di storia del "pensiero" (diviso per epoche storiche determinate) occorrerebbe prendere in esame, di una determinata epoca, tutte le manifestazioni del pensiero (nel loro rapporto organico con la realtà) da un punto di vista concettuale, cioè eminentemente speculativo, appunto filosofico. Una Storia della filosofia dovrebbe essere in realtà una filosofia della storia, cioè una filosofia che sa cogliere della storia e nella storia, in maniera sintetica ma globale, quegli elementi che l'hanno fatta progredire (sul piano sociale, culturale, politico, gnoseologico, ecc.).

OTTAVA: In questo senso lo studente non ha bisogno di conoscere in profondità gli aspetti negativi della storia (soffermandosi analiticamente sulle sue aporie), perché li conoscerà ugualmente se approfondirà quelli positivi, che sono appunto emersi dal contrasto con quelli negativi. Lo studente ha bisogno di conoscere in profondità (ma sempre in maniera sintetica perché non è uno specialista) il senso della contraddizione fondamentale di un'epoca, il cui affronto ha portato alla fine di una determinata situazione e alla nascita di un'altra. Ed egli ha bisogno di conoscere il senso complessivo, globale, organico, di questa contraddizione, che è contraddizione sociale, culturale, politica, ecc. Il manuale dovrebbe essere una filosofia universale della storia, che concentra in maniera sintetica l'evoluzione complessiva dell'umanità, offrendo allo studente le chiavi per poter interpretare in qualunque momento la contraddizione fondamentale di un'epoca, di una nazione, di un individuo, di un pensiero (lasciando a lui il compito di declinare il metodo).

NONA: Certo, chi fa diritto o economia o scienze naturali... potrebbe anche fare la storia della propria disciplina, portando lo studente a capire meglio l'evoluzione della stessa (ad es. una Storia della matematica si fa poco nelle scuole). In tal senso non ci sarebbe bisogno di una specifica filosofia universale della storia, essendo sufficiente il rapporto stretto Storia/Filosofia. Tuttavia, lo statuto epistemologico della filosofia è quello di avere per oggetto di ricerca una realtà che non le appartiene, ma da cui è appartenuta. Ogni disciplina ha una propria filosofia, ma quale disciplina, da sola, sarebbe in grado di approdare al punto di vista della totalità o universalità? Un rapporto interdisciplinare tra la filosofia e le altre scienze deve essere impostato in modo tale da ricercare un linguaggio comune sui fondamenti, sulla metodologia di base, nei punti di partenza e di arrivo, non durante il percorso, in cui si affermano espressioni tecniche e specifiche. L'autonomia cioè deve misurarsi con un punto di riferimento comune, col quale confrontarsi. La filosofia deve indicare le direttive utili a far progredire l'umanità, ma per poter far questo deve recuperare la credibilità perduta presso le altre scienze, ognuna delle quali, in questo mondo concepito in chiave sempre più integrata, interconnessa, interdipendente, non può essere soddisfatta della propria assoluta autonomia. La quale è stata fonte di progresso quando si trattava di emanciparsi da una filosofia astratta, dogmatica e intollerante, ma ora è solo fonte di debolezza, di arbitrio e di pochezza intellettuale.

CHE SENSO HA INSEGNARE FILOSOFIA?

Se le idee di Marx relative al rapporto tra struttura e sovrastruttura fossero state accolte dal Ministero della Pubblica Istruzione, da tempo un insegnamento come filosofia avrebbe dovuto essere soppresso. Almeno per come viene fatto, che è tipicamente hegeliano, cioè idealistico, che in Italia vuol dire "gentiliano".

Noi docenti facciamo una storia della filosofia che parte dal mondo greco e arriva a metà Novecento. La storia invece la iniziamo col basso Medioevo e nella classe terza dobbiamo concluderla con la rivoluzione inglese del 1688, mentre in filosofia si arriva a finire la Scolastica.

Tra le due discipline i legami iniziano a vedersi solo in quarta e naturalmente in quinta. Ma in maniera del tutto casuale, in quanto i manuali di filosofia non si preoccupano affatto di stabilire dei nessi organici con la storia, né quelli di storia con la filosofia: al massimo si fanno brevi premesse o riferimenti estemporanei.

Gli studenti non hanno mai una percezione integrata, olistica, dei processi storici, in cui gli elementi sovrastrutturali vengono visti in maniera organica con quelli socioeconomici. Peraltro, per poterla avere integrata, non dovrebbero studiarsi solo filosofia, ma anche molte altre discipline.

Delle due quindi l'una: se vogliamo fare una "storia della filosofia", non possiamo farla come "storia del pensiero", poiché questa non è in grado di autogiustificarsi, avendo bisogno del supporto di altre scienze che spiegano la realtà concreta, quella sociale, economica e tecnico-materiale; se invece vogliamo aiutare gli studenti a "fare filosofia", allora dovremmo scegliere determinati argomenti (p. es. verità, libertà, giustizia, uguaglianza, diritti umani, ecc.) e affrontarli in maniera trasversale agli autori e alle epoche storiche, rendendoli edotti sulla possibilità di dare interpretazioni diverse a seconda dei diversi contesti storico-culturali.

In entrambi i casi bisogna far capire loro che le idee non nascono a caso, ma in rapporto a determinati problemi da risolvere. Le idee che non servono a chiarire le cose, che non aiutano ad affrontare questioni fondamentali per la vita di uno studente, non dovremmo neppure prenderle in considerazione. Si deve sempre partire dal loro presente, dal loro vissuto, per convincerli che val la pena approfondire determinati argomenti.

Mettersi a discutere sulla natura divino-umana del Cristo o sui misteri della trinità non serve a nulla, se i termini di quelle argomentazioni dogmatiche non vengono tradotti in un linguaggio conforme al loro tempo o se non si riesce a far capire loro che da quelle discussioni teologiche potevano scaturire conseguenze di tutt'altra natura, p. es. politiche o culturali o sociali.

Se diciamo che le basi dell'ateismo moderno sono state poste da vari teologi della Scolastica, senza specificare che nelle loro argomentazioni i suddetti teologi erano molto influenzati dallo sviluppo mercantile della borghesia comunale e signorile, noi daremo allo studente l'impressione che quei teologi cattolici (spesso monaci e frati) fossero particolarmente incoerenti, sicuramente meritevoli di condanne a vario titolo.

Non si possono spiegare le prove anselmiane o tomiste dell'esistenza di dio, senza precisare che già in questa pretesa vi è un indizio di ateismo; e che questo modo di ragionare, così influenzato dalla borghesia, non trova riscontri nell'area bizantina medievale, dove pur si sarebbe potuto arrivare all'ateismo seguendo la via apofatica, quella per cui "dio è tutto ciò che non è" (come appunto farà capire la rivoluzione d'Ottobre).

Insomma, forse è il caso di rivedere cosa diceva Marx nell'Ideologia tedesca, scritta con Engels nel 1845-46 a Bruxelles e rimasta inedita sino al 1932. E la prima cosa importante che disse fu proprio quella che non si può partire dai "pensieri" ma dalla "realtà", cioè dalle caratteristiche della società civile. Non - si badi - per sostenere che i pensieri possono essere soltanto un "prodotto" della realtà, ma per precisare che "le circostanze fanno gli uomini non meno di quanto gli uomini facciano le circostanze". Non si può mai prescindere dalla vita reale.

E la seconda cosa importante da dire è che la realtà sociale, una volta presa in esame, non va giustificata in quanto tale, come in genere fa la filosofia, ma analizzata nei suoi aspetti critici, nelle sue contraddizioni fondamentali, per poi porsi politicamente il compito di come risolverle.

Insomma la filosofia andrebbe sostituita con le scienze socio-economiche e con quelle etico-politiche. La filosofia fa soltanto parte della cultura generale, come la letteratura, l'arte e la religione.

Bibliografia

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NOTE AGGIUNTIVE

1) Lo studio teoretico della filosofia come scienza metodologica della dialettica (anticipatrice della politica rivoluzionaria), se fatto a partire dai greci non ha senso: a) perché la filosofia tedesca di Kant, Fichte, Schelling e soprattutto Hegel, ha saputo magistralmente sintetizzare tutti i problemi della filosofia ad essa precedente, per cui quest'ultima andrebbe studiata, al massimo, come parte integrante di una storia della cultura, nella quale la filosofia dovrebbe essere posta accanto allo studio delle concezioni politiche, economiche, giuridiche, pedagogiche, estetiche, religiose... di una determinata società, epoca ecc.; b) perché è solo la filosofia tedesca che costituisce il momento più alto della filosofia in quanto tale, ed anzi essa rappresenta il punto di partenza per la comprensione o almeno per l'affronto di molti problemi contemporanei, a condizione naturalmente che accanto a Hegel si metta la Sinistra hegeliana, dalla quale è emersa la figura di Marx, che eredita meglio di chiunque la scoperta più significativa della filosofia hegeliana, e cioè il principio della dialettica, che egli applica, per la prima volta, all'economia e alla politica. Nella politica, come noto, i risultati migliori li darà Lenin).

2) Bisognerebbe fare un manuale che comprendesse la storia della cultura greca, latina e anglosassone fino a Kant escluso, in cui tale cultura venisse svolta in stretta relazione con l'ambiente in cui s'è formata (economia, società, conflitti di classe, religione...); e un altro manuale che esaminasse, oltre a ciò, anche la storia della filosofia (da Kant a Lenin) come tematica a sé. Ovviamente la filosofia va sempre studiata in relazione alla storia (economia, politica ecc.), altrimenti risulta incomprensibile, ma il vantaggio della filosofia contemporanea (che parte da Kant e finisce con Lenin) è quello di riuscire a focalizzare i problemi teorici più importanti per l'uomo contemporaneo. Soprattutto per cercare di capire il modo in cui questi problemi sono stati affrontati e risolti. Il problema infatti non è soltanto quello di apprendere le cose che altri hanno già detto, ma anche quello di poter dire cose che altri ancora non hanno detto, seguendo però il loro metodo e sviluppandolo per il meglio.

3) Oggi chi vuole studiare la filosofia ha davanti a sé vari sbocchi operativi: politica, scienza, estetica, diritto, sociologia, psicologia, pedagogia ecc. Lo studio della storia della filosofia (a partire da Kant) è anche lo studio della rinuncia della filosofia a darsi, come tale, uno statuto scientifico, ovvero è lo studio della sua trasformazione in scienza applicata. Oggi qualsiasi problema filosofico deve essere impostato in maniera scientifica per essere risolto, ma questo significa che la filosofia non trova più la sua ragione d'essere in se stessa, come succedeva prima (fino a Hegel è stato così). La filosofia è scientifica non tanto perché rigorosa, logica, razionale, dialettica ecc., ma perché riflette obiettivamente i dati oggettivi della realtà, e per far ciò essa deve darsi degli strumenti che tradizionalmente non sono filosofici.

Le scienze di oggi devono sapere perché e in che modo la filosofia è giunta a queste conclusioni. Devono sapere anche perché nessuna scienza priva di fondamenta filosofiche (quelle che vanno da Kant a Marx) potrebbe essere attendibile. La filosofia peraltro permette alle scienze naturali di trovare un stretto rapporto con le scienze storico-sociali. La filosofia la si realizza sopprimendola e la si sopprime realizzandola -ha detto Marx.

4) Per quanto riguarda la storia della filosofia, così come viene fatta nei manuali scolastici, è assurda la pretesa di voler insegnare allo studente non solo ciò che di essa è ancora "vivo" ma anche quel che di essa è "morto". Al giovane interessa vivere il presente, e il passato lo deve studiare solo per quel tanto che serve alla comprensione e alla vivibilità del presente, altrimenti non si uscirà mai dal nozionismo fine a se stesso.

Di tutto quello che oggi possiamo considerare ancora "vivo", dobbiamo soprattutto studiare i motivi per cui esso è nato e si è sviluppato, il contesto storico-sociale in cui ciò è avvenuto, le conseguenze teorico-pratiche ch'esso ha generato. Naturalmente nella scelta tra il "vivo" e il "morto" bisognerà tener conto degli attuali interessi in gioco: idealismo e materialismo, ateismo e religione, rivoluzione e riforma, socialismo e capitalismo ecc. Lo studente deve sapere se l'autore di un manuale di filosofia è socialista o no, materialista o idealista, perché deve confrontarlo con posizioni opposte.

Lo studio della storia della filosofia o è finalizzato alla comprensione del presente o non serve a niente: sia che questo presente lo si accetti, sia che lo si rifiuti. D'altra parte la scelta sulla base degli attuali interessi in gioco noi la facciamo sia che ne siamo consapevoli sia che non lo siamo. Non esiste un testo neutrale, né un docente neutrale. Lo studente deve abituarsi a credere che l'oggettività o l'obiettività non è in contraddizione con le scelte di campo che si possono fare.

CONSIDERAZIONI SULLA STORIA DELLA FILOSOFIA
PER UNA FILOSOFIA DELLA STORIA


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Foto di Paolo Mulazzani


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria
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Aggiornamento: 14/12/2018