TEORIA
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Uomo e antiuomo Parlando con un amico, ex dirigente Enel, delle trasformazioni in corso nella società civile, con riferimento alla ristrutturazione di quell’ente avvenuta negli ultimi anni novanta, e da lui vissuta personalmente, ne è venuta fuori una sorta di testimonianza, che mi permetto di riportare. “Ciò che è successo all’Enel coinvolge aspetti che vanno certamente al di là di quelli che potevano essere i propositi strettamente aziendali di chi promosse e guidò il cambiamento. Aspetti che si iscrivono in una trasformazione profonda della società, tutt’ora in atto, della quale è opportuno cercare almeno di prendere consapevolezza. Per riandare al passato - dice l’amico - ricordo che negli anni ’70 a Vinci, il paesino di Leonardo, l’Enel teneva uno zonista; mi par si chiamasse Cecconi, ma non ci giurerei. Quando l’andai a trovare vidi il suo piccolo ufficio, ordinato e familiare, e soprattutto vidi lui. Era un mio dipendente, pronto a darmi tutti i chiarimenti di cui avessi avuto bisogno, ma la gestione dell’ufficio era cosa sua, lui era l’Enel per gli abitanti del luogo. Quando fu cancellata questa figura, residuo del passato, ci sembrò una cosa ovvia e aziendalmente corretta, anche se la sensazione di una perdita nessuno ce la poté togliere. In cosa poi si sostanziasse questa perdita non è certo facile dire. Oggi un abitante di Vinci che vuol parlare con l’Enel deve fare un numero, a cui risponde un operatore di un call-center di Potenza. Ma nessuno poteva immaginare che la stessa sorte sarebbe toccata a tutta la struttura esistente. Con la privatizzazione dell’ente e la successiva ristrutturazione sono state in seguito cancellate Agenzie, Zone, Distretti, Compartimenti, quasi tutto quello che c’era, sostituito in gran parte da collegamenti, per lo più automatici.” Aggiunge: “Mi è capitato di sentire e leggere opinioni, su quel che è successo all’Enel, secondo le quali vi sarebbe stata una nefasta cancellazione di competenze a tutti i livelli e in ogni settore. Al che uno si domanda com’è possibile che le cose vadano avanti ugualmente?” Evidentemente quelle competenze non erano più necessarie. Per quanto valide e altamente competitive non servivano più nel nuovo contesto. Pure il Cecconi aveva una sua “competenza”, non più necessaria con il call-center di Potenza; anche se c’è da scommettere che a Vinci preferirebbero ancora il Cecconi. In conclusione sembra di poter dire che i collegamenti hanno avuto e stanno avendo in ogni campo la meglio sulle persone, sugli uomini. Questi ultimi si sono come svuotati, e i collegamenti hanno imposto il loro carattere alla realtà. Con una persona si può anche parlare, con un collegamento si può solo sperare che vada a buon fine. Rimane il fatto che una società interconnessa risulta straordinariamente più potente di una nella quale prevalgono le competenze individuali. Si tratta di scegliere, potendo... ma non si può. Il processo ha un carattere assolutamente generale. Quelle che fino a una certa epoca erano sempre state normali ristrutturazioni aziendali, a un certo momento, come fosse stata suonata una campana, sono divenute altro: rifondazioni spregiudicate dei rapporti all’interno delle aziende e conseguentemente fra queste e la società civile, con l’obbiettivo esclusivo di stare al mercato. Ovunque ci troviamo di fronte agli stessi moduli: risponditori automatici, call centers, operatori gentili e esaurienti finché stiamo entro confini ben definiti; ché, dio non voglia si vada fuori dal seminato, sorgono d’un tratto barriere insormontabili di fronte alle quali nessuno, dico nessuno, è in grado di ottenere alcunché e l’impotenza e l’incomunicabilità divengono totali (parlo per esperienza personale). Sembra che ci sia in giro una sorta di diffusa rassegnazione di fronte a questo stato di cose. Ciascuno ne intuisce l’anomalia, ma non lo confessa neppure a se stesso, per non sembrare stonato: fa in modo di conviverci, arrabbiandosi il meno possibile. E, beninteso, occorre sempre tener conto del fatto che una società interconnessa è straordinariamente più potente di una nella quale prevalgono le competenze individuali. Lo è per due motivi: il primo è il suo carattere di rete, con la flessibilità e l’adattabilità di cui godono certi tipi di reti, oggi al centro dell’attenzione degli scienziati, che ne trovano esempi ovunque in natura; reti nelle quali l’importanza dei nodi risulta del tutto trascurabile rispetto a quella dei collegamenti. Il secondo motivo è l’economicità, il rendimento, il risparmio: infatti laddove prevalgono i collegamenti servono meno uomini; ne sono prova evidente tutte le sedi oggi abbandonate, chiuse, dismesse, presenti in ogni città; tristi monumenti al nulla. Questo è progresso. Eppure in quelle stesse sedi per decenni impiegati e funzionari hanno lavorato, vissuto e anche lottato, scambiato idee e sentimenti, interagito intensamente con i cittadini e la società civile; lontani mille miglia dall’immaginare la totale sostituibilità di quel loro concretissimo mondo coi semplici, sfuggenti, inafferrabili moduli della comunicazione informatizzata. Tant’è. Un bel risparmio, non c’è che dire. Ma siamo proprio sicuri che lo svuotamento di quelle sedi non prefiguri uno svuotamento ben più grave, che attiene a noi stessi? Sembra che in nome del progresso facciamo di tutto per perseguire proprio questo fine. |