IMPLICAZIONI LOGICHE E ONTOLOGICHE DEL VIAGGIO NEL TEMPO

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IMPLICAZIONI LOGICHE E ONTOLOGICHE DEL VIAGGIO NEL TEMPO

Adriano Torricelli

Ormai, probabilmente, è solo questione di tempo... quella che fino a pochi anni fa non era nemmeno un'ipotesi lontanamente futuribile (il viaggio nel tempo) pare stia oggi diventando uno dei traguardi prossimi della scienza e della tecnologia. Non che il problema dello spostamento forzato di oggetti o persone lungo l'asse spazio-temporale possa, sia dal punto di vista teorico che pratico, ritenersi in via di risoluzione. Tuttavia molti scienziati, alla domanda sulla possibilità di simili viaggi, oggi vi risponderebbero probabilmente che “ci si sta lavorando”. A tale proposito, vi invito a visitare tra l'altro i seguenti link: it.wikipedia.org/wiki/Ronald_Mallett; www.youtube.com/watch?v=0YlXiyDTLok&feature=related.

Scienziati di tutto il mondo (americani, russi, israeliani, ecc.) avanzano infatti la possibilità di creare dei cunicoli spazio-temporali (di solito, piccoli buchi neri controllati che fungano da distorsori del cronotopo, ovvero dello spazio-tempo einsteiniano...) attraverso i quali sarebbe forse possibile 'spedire' degli oggetti (inizialmente semplici particelle subatomiche) indietro o avanti nel tempo.

Se questi esperimenti andranno a buon fine, il periodo che stiamo vivendo potrebbe costituire l'inizio di una nuova era della scienza e della tecnica umane, nonché della vita stessa dell'umanità: un'era nella quale sarebbe contemplata una nuova forma di turismo, quello dello spazio-temporale!

L'argomento di cui qui mi voglio occupare tuttavia, non sono assolutamente i viaggi nel tempo o le macchine che li renderebbero possibili (argomenti dei quali peraltro, come la quasi totalità delle persone, non so pressoché nulla) quanto piuttosto le implicazioni logiche e ontologiche di tali viaggi in relazione alla nostra idea di Tempo e più in generale di Realtà.

Due possibili modi di tornare nel passato: a) da spettatore; b) da artefice

La teoria relativistica di Einstein ha sempre asserito o comunque data per scontata la possibilità per gli uomini di viaggiare nel tempo, ma sempre in quella che ci appare come la direzione naturale di esso, ovvero il futuro.

È noto difatti che, secondo tali teorie, quanto più un corpo fisico è lontano da una massa (p. es. la Terra) capace di distorcere in modo significativo il tessuto spazio-temporale, tanto più per esso il tempo scorrerà lentamente.

Per tale ragione, colui che ad esempio viaggia su un aereo a duemila piedi d'altezza, invecchierà più lentamente (almeno per il breve arco del suo viaggio) di colui che in quello stesso lasso di tempo rimarrà a terra. La differenza di invecchiamento sarebbe in questo caso davvero minima, ma se la distanza del viaggiatore aerospaziale dalla Terra (ovvero dalla massa capace di distorcere sensibilmente, inclinandolo, lo spazio-tempo) aumentasse, anche la differenza di velocità dei due rispettivi tempi (il suo e quello terrestre) aumenterebbe in modo proporzionale. Il che implica che il viaggiatore aereo, una volta tornato a terra, avrebbe compiuto, rispetto ai suoi simili rimasti ancorati al suolo, un lieve balzo in avanti nel Tempo, equivalente allo scarto tra i due rispettivi tempi.

La verità di questa ipotesi – a prima vista alquanto improbabile – è oramai un fatto provato e sotto gli occhi di tutti, tra l'altro e in primo luogo qualora si consideri il funzionamento dei moderni GPS o navigatori satellitari, costretti a tenere conto della differenza esistente tra il tempo del satellite e quello dell'utente al volante della sua auto (una differenza che, se non calcolata, renderebbe le indicazioni del primo incoerenti con i fatti sperimentati dal secondo).

D'atro canto, pur non escludendone a priori la fattibilità, Einstein non approfondì mai (almeno per quel che mi è dato sapere) il tema dei viaggi nel Tempo a ritroso, ovvero verso il passato: un'idea questa ancora più inquietante della precedente, in quanto scardinante un principio, quello dell'unidirezionalità del Tempo, del quale molto difficilmente l'uomo comune riuscirebbe seriamente a dubitare.

Dando dunque per assodato (in coerenza con le recenti ricerche di alcuni fisici e matematici di tutto il mondo) che un tale percorso a ritroso sia possibile, tenterò qui di analizzarne le implicazioni, ponendomi le seguenti domande: cosa comporterebbe per noi, sul piano teorico e speculativo, la possibilità di ritornare nel passato? Ovvero, in che modo questa possibilità sconvolgerebbe le nostre stesse idee di Tempo e di Realtà?

Come accennavo nel titolo del paragrafo, due sarebbero a mio avviso le possibili modalità di un tale tipo di viaggio nel Tempo: quella di viaggiare negli eventi del passato da puro e semplice spettatore (come cioè se li guardassimo da uno schermo); e quella di entrarvi di persona, ovvero fisicamente, e interagire con essi, inevitabilmente influenzandoli.

Nel primo tipo di viaggio, la nostra idea di Tempo non sarebbe sostanzialmente modificata. In esso infatti ci limiteremmo a ricostruire, come peraltro cercherebbe di fare un normale storico, anche se con un'obiettività e una precisione impossibili per lui, ciò che è avvenuto in un determinato luogo e in un determinato tempo del passato. Saremmo cioè capaci di osservare un dato segmento del passato senza minimamente modificarlo, e senza quindi scalfire la nostra idea di un Tempo univoco, unidirezionale.

Non è però esattamente questo tipo di viaggio nel Tempo (nel passato) che ci viene in mente quando pensiamo a ciò che tante volte abbiamo letto nei romanzi di fantasia o visto nei film. In questi ultimi infatti noi vediamo di solito persone catapultate fisicamente nel passato e in grado di interagire con i suoi luoghi e le sue persone.

Né può sfuggire la raccomandazione che tanto spesso viene fatta, soprattutto nei film, a questi improvvisati viaggiatori spazio-temporali: quella cioè di cercare di interagire il meno possibile con la realtà nella quale si verranno a trovare, onde non modificare il flusso degli eventi successivi e rendere impossibile la loro stessa nascita e/o ciò che ha reso possibile il loro viaggio nel Tempo.

Cercherò ora, in modo ovviamente più esaustivo e preciso che nei film in questione, di mettere in evidenza tutte le implicazioni racchiuse in una simile raccomandazione, che raccoglie in nuce l'intera gamma dei problemi di cui mi voglio occupare.

Si parla di solito, a proposito dei viaggi a ritroso nel Tempo, del paradosso del nonno: un tizio torna nel passato e uccide suo nonno... il che rende impossibile che suo padre e lui stesso siano mai nati. Come ha fatto dunque costui, a nascere e a tornare indietro nel Tempo se suo nonno è morto prima di poter dare vita a suo padre?

In questo indovinello sono a mio avviso racchiusi più problemi. E precisamente due.

A) Il primo, quello più evidente, consiste appunto nel fatto di negare con il proprio viaggio nel passato il presente da cui si è partiti. Nego mio nonno e così nego me stesso...

Le soluzioni a questo primo paradosso sono due: uccidendo mio nonno io do vita a uno sviluppo temporale non coincidente con quello da cui sono partito, a un universo parallelo in cui non esisteremmo né io né mio padre. Si avrebbe cioè una biforcazione della linea evolutiva della Realtà, la quale perciò perderebbe per noi il suo carattere di univocità.

L'altra soluzione, più semplice, è che – dal momento che io e mio padre esistiamo e/o siamo esistiti – anche se cercassi di uccidere mio nonno, non potrei riuscirvi. Altrimenti non si spiegherebbe il fatto che io sia effettivamente qui a cercare di ucciderlo.

In un caso avremmo dunque una biforcazione del tempo (due processi temporali distinti), nell'altro un ritorno al passato coerente e compatibile con il tempo dal quale siamo giunti!

Parrebbe tutto chiaro... ma le cose sono in realtà più complesse, poiché dietro al problema appena posto, apparentemente 'risolto' con queste due ipotesi alternative (entrambe plausibili), se ne cela un altro, meno appariscente ma più sottile e insidioso.

La raccomandazione che spesso viene fatta nei film ai viaggiatori nel passato, quella di cercare di non mutare il flusso degli eventi con i quali interagiscono, ha infatti ancora molto da dirci. Essa presuppone l'idea che il loro ritorno nel passato possa essere del tutto (o quasi) ininfluente sul flusso degli eventi e tende all'acquisizione di due obiettivi: il primo (già analizzato) è che essi non determinino eventi che impediscano agli eventi futuri di configurarsi in modo pressoché uguale a come effettivamente si sono configurati, permettendo ai viaggiatori temporali di nascere e partire per il loro viaggio; l'altro (più difficile da raggiungere) è che essi non lascino alcun segno del proprio passaggio, così da garantire il fatto che lo sviluppo successivo della linea temporale sia del tutto identico a quello da cui sono partiti.

È dunque facile vedere come, idealmente, tali raccomandazioni abbiano come scopo il fatto che i viaggiatori temporali riescano a limitarsi (nonostante la propria presenza fisica) a una visione pura, ininfluente, sul corso degli eventi passati.

Ma basta una semplice riflessione per capire che questo non è possibile. Un elemento (per quanto piccolo) posto al'interno di un dato contesto, finisce difatti inevitabilmente per modificarlo. E queste modificazioni, anche se (almeno in apparenza) minime, non potranno non lasciare delle tracce su ciò che avverrà dopo la sua scomparsa. In altri termini, anche se la presenza del viaggiatore del tempo non determinasse uno sviluppo del corso degli eventi incoerente con la situazione dalla quale è partito (cosa che avverrebbe se, ad esempio, egli riuscisse a impedire a Cristoforo Colombo di scoprire l'America o uccidesse suo nonno...), ciononostante la sua stessa presenza costituirebbe un elemento perturbante del tempo in cui è venuto a trovarsi e quindi implicitamente degli eventi a esso successivi.

B) Ed ecco qui il secondo e più insidioso problema: il fatto cioè, che la presenza dei viaggiatori del Tempo nel passato comporterebbe comunque per forza di cose una modificazione attiva dei fatti in cui vengono a trovarsi.

Anche qui, emergono a mio avviso due possibilità: da una parte si può ipotizzare che la presenza del viaggiatore darebbe comunque luogo a un corso di eventi diverso da quello da cui è partito, ovvero all'ormai celebre universo parallelo (e ciò anche se essa non avesse, almeno apparentemente, sovvertito la linea temporale in cui si è inserita – ad esempio se egli non avesse ucciso suo nonno o sabotato l'impresa di Colombo.)

Postulando difatti che, rispetto alla linea temporale dalla quale proviene, egli costituisca un elemento nuovo, se ne deve inferire che il suo arrivo abbia determinato un nuovo sviluppo temporale, magari molto vicino a quello da cui proviene ma in ogni caso diverso.

Vi è tuttavia una seconda possibilità. Essa consiste nell'eventualità che la presenza del viaggiatore sia già inclusa nel flusso temporale passato che lo ha generato, ovvero che in essa il suo ritorno costituisca un fatto non incidentale ma necessario. In altri termini, dovremmo ipotizzare che, prima che lui e suo padre nascessero, suo nonno era stato vittima di un tentato omicidio, e/o che il viaggio di Colombo fosse stato oggetto di un tentativo di sabotaggio, il tutto ad opera chiaramente di un (probabilmente non riconosciuto) viaggiatore temporale.

Questa seconda possibilità, che pure evita il paradosso di un universo parallelo al nostro, è ciononostante a mio avviso quella dalle implicazioni più complicate e sconvolgenti. E ciò per una ragione molto semplice: secondo tale idea, il passato finirebbe per basarsi sul futuro come il futuro si basa sul passato. Ciò poiché nel flusso degli eventi passati sarebbero presenti degli elementi che affondano le loro origini non in ciò che è vi stato prima ma in ciò che sarebbe avvenuto dopo di esso. Non è difficile accorgersi di quanto questa asserzione sia assurda, anche se, stando almeno a quanto postulato fin qui, inevitabile.

Un tale paradosso si può esemplificare in una vicenda come quella che segue: il fatto cioè che la Rivoluzione industriale sia stata in realtà avviata da un viaggiatore proveniente dal futuro il quale, tornato nel diciannovesimo secolo, abbia fornito agli uomini di quel periodo le conoscenze atte a spianare la strada al percorso scientifico e tecnico che secoli dopo avrebbe reso possibile la Macchina del tempo che gli ha permesso di tornare nel diciannovesimo secolo.

Possibile spiegazione di questo paradosso

Come si spiega un tale paradosso, che presuppone non che tornando indietro in un dato momento del tempo noi ne modifichiamo gli eventi, creando così un futuro parallelo rispetto a quello dal quale siamo venuti, bensì che il nostro ritorno al passato sia scritto da sempre in esso (ovvero nel flusso temporale complessivo nel quale ci troviamo) e che quindi, come elementi del suo futuro, noi abbiamo influenzato tale passato (nonché indirettamente tutto ciò che è venuto dopo di esso) nel suo divenire?

Penso che l'unica soluzione a un simile paradosso logico consista nel postulare l'esistenza di un piano a-temporale rispetto al flusso temporale del quale ci stiamo occupando: ovvero nel presupporre che esista un piano di “eternità” (diciamo così) all'interno del quale tutto ciò sia in qualche modo già scritto e che, in quanto radicalmente 'altro', tale piano ne costituisca la vera causa del paradosso in oggetto.

La “tautologia” in questione (il futuro genera il passato come il passato genera il futuro) potrebbe infatti essere superata solo postulando l'esistenza di un elemento a tali termini logicamente e ontologicamente superiore, che come tale rendesse logicamente possibile una simile circolarità generativa, di per sé negante un vero e proprio rapporto di una causa ed effetto.

Tengo però a precisare il fatto che, quando parlo di un piano a-temporale, non penso necessariamente a un'eternità assoluta, bensì (quantomeno necessariamente) a un'eternità relativa rispetto al flusso temporale nel quale ha luogo questa tautologia. In altri termini, una simile ipotesi implicherebbe che vi fosse una dimensione – che in sé potrebbe essere tanto temporale (uno spazio-tempo) quanto atemporale – contenente e generante lo spazio-tempo nel quale ha luogo il paradosso appena analizzato.

Un tale ragionamento finisce indirettamente per confermare l'ipotesi precedente, quella cioè dell'universo parallelo, seppure in una forma un po' diversa: anche qui si avrebbe difatti un universo aggiuntivo rispetto al nostro, il quale però più che essere ad esso parallelo ne costituirebbe una sorta di contenitore e pianificatore. (Se poi un tale universo debba in se stesso avere una natura temporale o a-temporale, questa è un'altra questione, del tutto ininfluente per il nostro discorso...).

L'ipotesi, così spesso avanzata dalla fisica moderna, dell'esistenza di più realtà parallele (le quali assieme verrebbero a comporre il cosiddetto multiverso) sarebbe quindi una volta di più confermata da queste ipotesi, seppure ancora una volta in via del tutto ipotetica e astratta.

Vedi anche La questione del tempo

Fonti


Web Homolaicus

Foto di Paolo Mulazzani


Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teoria
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Aggiornamento: 14/12/2018