TOMMASO D'AQUINO: l’esistenza e l’essenza di Dio

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TOMMASO D'AQUINO: l’esistenza e l’essenza di Dio

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Giuseppe Bailone

L’esistenza di Dio non ha l’evidenza razionale immediata del principio di non contraddizione o del principio che il tutto è maggiore di ogni sua parte. Non ha l’evidenza sensibile delle cose del mondo dell’esperienza. La si può, però, dimostrare con la ragione, riflettendo sui dati dell’esperienza.

La filosofia può e deve offrire il primo e fondamentale servizio alla fede, servendosi dell’esperienza e della ragione per arrivare a Dio.

Tommaso indica cinque vie razionali per arrivare all’esistenza di Dio.

    1. La via ex motu dall’evidenza sensibile del movimento dei corpi risale alla necessità di un primo motore. Se, infatti, ciò che si muove ha un motore, questo, se si muove a sua volta, rinvia ad altro motore; il rinvio può essere molto lungo, ma non può andare all’infinito: si deve, pertanto, concludere che il rinvio porta ad una causa ultima di movimento, ad un primo motore.
    2. La via ex causa, partendo dai rapporti di causa ed effetto che abbiamo sotto gli occhi, arriva, per non andare di causa in causa all’infinito, all’esistenza di una causa prima non causata da altra causa.
    3. La via ex contingentia parte dalla contingenza del mondo e delle sue cose: esse si generano e si corrompono, possono essere e non essere, sono contingenti, esistono ma potrebbero non esistere; se esistono lo devono ad altro che a sua volta, se è anch’esso contingente, rinvia ad altro; l’impossibilità di procedere all’infinito postula il necessario, cioè un ente che esista necessariamente di per sé e che possa così essere causa del contingente.
    4. La via ex gradu: constatato il diverso grado di perfezione delle cose, si risale alla perfezione assoluta, di cui tutte le cose partecipano in varia misura.
    5. La via ex fine: tutte le cose, anche quelle prive d’intelligenza, tendono ad un fine; ci deve quindi essere chi le ordina in tal modo, cioè Dio.

I primi due argomenti sono ricavati dall’aristotelismo, il terzo da Avicenna, il quarto è di natura platonica, il quinto viene dalla concezione antropomorfica di Dio come monarca dell’universo.

Le prove sono tutte a posteriori, hanno cioè la base di partenza nel mondo sensibile e il punto di forza nella necessità razionale di trovare una spiegazione dei suoi movimenti, dei suoi effetti, della sua esistenza, dei suoi diversi gradi di bontà e di bellezza, dei fini che sono presenti nelle sue cose. Portano a Dio come primo motore, causa prima, ente necessario, perfezione e intelligenza creatrice.

Anselmo d’Aosta ha tentato la via del ragionamento puro, a priori, senza ricorso all’esperienza. E’ partito dall’idea di Dio, pensato come ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore, e ne ha dedotto l’esistenza. Tommaso, però, non considera valida quella prova. L’idea di Dio da cui parte Anselmo viene dalla sua fede, non è presente in tutti gli uomini, tanto meno negli stolti. Non è la base di un percorso razionale che porta alla fede, è già nella fede.

Eppure, Tommaso sostiene che essenza ed esistenza, distinti in tutti gli enti creati, sono invece inscindibili in Dio. Sostiene che Dio esiste in virtù della sua essenza. Non dice cose simili a quelle di Anselmo?

Tommaso dice di no. Dice che la prova di Anselmo non è possibile, perché noi non abbiamo una conoscenza diretta dell’essenza divina. Non possiamo quindi ricavarne l’esistenza. Il rapporto necessario tra essenza ed esistenza in Dio lo raggiungiamo a partire dalla conoscenza degli effetti che rinviano alla sua esistenza, non dalla conoscenza, dall’idea, della sua essenza.

Di Dio, con la sola ragione, possiamo conoscere l’esistenza. Della sua essenza possiamo avere solo una conoscenza approssimativa. L’essere divino, infatti, è simile ma non identico all’essere di tutti gli altri enti.

Interviene qui la teoria dell’analogia dell’essere. Essa ci dice che Dio noi lo possiamo conoscere in modo analogo ma non identico al modo in cui conosciamo le altre cose. E ci aiuta a superare i limiti della teologia negativa e della teologia positiva.

La via negativa ci aiuta a liberare l’idea di Dio da tutte le imperfezioni proprie delle cose sensibili, come la corporeità, la finitezza, la molteplicità, ecc. e ci porta a pensarlo come spirituale, infinito e uno. La via positiva ci aiuta a conoscere Dio attraverso le cose buone e belle che ha dato alle sue creature e che in lui esistono in grado supremo.

L’analogia dell’essere ci aiuta ad approssimarci al grado supremo della perfezione divina. L’analogia ci impedisce di attribuire a Dio in modo univoco attributi che noi impariamo ad usare per le cose di questo mondo, ma ci aiuta anche a superare il semplice riconoscimento dell’alterità divina, propria della teologia negativa.

Scrive Tommaso: “Quando si dice che Dio è buono o sapiente s’intende non solo che egli è causa della sapienza o della bontà ma che queste cose preesistono in lui in modo più perfetto (eminentius)”.1 Il di più di perfezione di Dio non ci permette di conoscerlo come conosciamo gli altri enti, ma neppure ce lo rende inconoscibile. Possiamo parlarne usando le parole normali con la riserva di intenderle potenziate nel loro significato in modo eminente. Le nostre parole restano inadeguate ma ci offrono il modo di pensare Dio senza ridurlo alle dimensioni delle cose finite.

La ragione ci può dire con certezza che Dio c’è, perché abbiamo bisogno di riconoscere la sua esistenza per spiegare il mondo. L’esistenza di Dio è la premessa fondamentale della fede. La fede ci porta al Dio personale e trinitario della rivelazione e della religione.

La ragione ci dice che il mondo dipende da Dio. Aristotele pensa che il mondo sia eterno. Tommaso crede che il mondo abbia avuto inizio nel tempo. Il contrasto tra le due tesi non può essere risolto dalla ragione con le sue sole forze. La ragione deve riconoscere il suo limite e cedere il passo alla fede. La fede spiega la dipendenza del mondo da Dio con la rivelazione della creazione avvenuta nel tempo.

Cedendo il passo alla fede, secondo Tommaso, la ragione non si ritira, non si annulla, ma segue la fede, assicurando alla teologia carattere di razionalità. Le verità di fede, come quella della creazione del mondo nel tempo, diventano così verità ragionevoli, accettate dalla ragione e difendibili con la ragione dagli attacchi dei razionalisti increduli e infedeli.

La ragione, con le sue sole forze, apre al discorso della fede e, poi, segue la fede accompagnandola in posizione subalterna, ma attiva. Trova, così, la risposta a domande sue rimaste aperte.

Nota

1 Summa Theologiae, I, q.13, a. 6.


Fonte: ANNO ACCADEMICO 2010-11 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO

Torino 17 maggio 2010

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999.

Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf)

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015