IL TROPPO LAICO BAYLE

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IL TROPPO LAICO BAYLE

I - II

Prima che sorgesse il XVIII sec., forse uno dei più risoluti oppositori delle credenze religiose è stato Pierre Bayle (1647-1706), la cui importanza, per l'affermazione dell'ateismo seicentesco, non può essere considerata inferiore a quella di Spinoza, Hobbes e Locke, per quanto questi si siano sempre guardati dal definirsi tali. Non dimentichiamo però che se si prende un qualunque manuale di storia dell'ateismo scritto da un autore confessionale (tra i maggiori Del Noce e Fabro), tutti i filosofi citati sopra (e molti altri naturalmente) rientrano nella categoria dell'ateismo o quanto meno dell'agnosticismo, anche se loro, ufficialmente, si definivano "deisti". E sono proprio gli autori di questi manuali che, senza volerlo, ci portano a considerare atei o quanto meno agnostici tutti i filosofi che espressamente non dicevano affatto di esserlo. Non a caso dalla filosofia hegeliana, ch'era quella ufficiale dello Stato confessionale di Prussia, verrà fuori, in maniera logica e consequenziale, l'ateismo della sua ala Sinistra.

Quella che Bayle proprio non sopportava era la metafisica, non solo perché aveva pochissima fiducia nelle verità prefabbricate dalla logica formale, ma soprattutto perché riteneva che certi filosofi, a motivo del loro ateismo (pur non professo per motivi di opportunità), avrebbero potuto farne a meno, come Cartesio, Leibniz, Spinoza ecc. Di Cartesio, in particolare, apprezzava la fisica e il metodo di giungere alla verità passando per il dubbio, anche se, diversamente da lui, evitava di usare il dubbio per negare verità ai fatti storici. Dai fatti - diceva - bisogna saper distinguere il probabile dall'apparenza e dall'errore.

Fu proprio Bayle, in Francia, a preparare il terreno all'ingresso della filosofia materialistica e sensistica elaborata dagli inglesi, e non bisogna dimenticare il suo debito nei confronti dell'italiano Vanini, finito oggi purtroppo nel dimenticatoio.

Stupefacente il suo interesse per le cose anche minute: per lui non esisteva nulla d'insignificante. Di qui la scelta della forma del Dizionario storico-critico per la sua opera principale, ove è impossibile trovare una gerarchia di concetti. Il suo obiettivo era proprio quello di contrapporsi alla conoscenza astratta, avente soprattutto finalità teleologiche, come p.es. quella di Bossuet, che col suo Discorso sulla storia universale aveva posto l'ultimo grande e vano tentativo d'interpretare la storia in chiave teologica. Anzi, probabilmente Bayle fu il primo, in epoca moderna, a liberare la scienza storica dalle catene della Bibbia. Così come aveva fatto Galilei nei confronti delle scienze naturali.

Di sicuro a Bayle va riconosciuto il merito d'aver sostenuto che una società di atei è semplicemente una società umanistica e che il vero problema è soltanto quello di combattere le superstizioni e l'idolatria, che per lui altro non erano che forme di ipocrisia, soprattutto sotto il cristianesimo e soprattutto quando questo vuol diventare "chiesa di stato". Se fosse vissuto in Italia, dove addirittura per un millennio abbiamo avuto un potente Stato della chiesa, sarebbe andato incontro a sanzioni ben più gravi di quella che, nel 1693, l'obbligò a rinunciare all'incarico di professore di storia e filosofia presso l'École Illustre di Rotterdam, per aver sostenuto, contro un altro esule ugonotto come lui, Pierre Jurieu, il principio della tolleranza religiosa anche nei confronti degli avversari religiosi.

Umana e naturale sono i due aggettivi che preferiva per qualificare una società non religiosa. Per molti versi era più aperto di tanti odierni atei e credenti, in quanto sapeva distinguere le idee dalla pratica. Infatti non avrebbe mai ammesso che idee religiose o ateistiche conducono, di per sé, a comportamenti morali o immorali. Il fatto che alcune idee siano migliori di altre andava per lui semplicemente dimostrato con fatti concreti. Un secolo e mezzo prima di Marx aveva capito che solo la prassi è il criterio della verità. E su questo fu difeso anche da Toland, benché non da Voltaire, che nel suo Dizionario filosofico dice di temere fortemente degli statisti atei. Anche Rousseau e Montesquieu erano convinti che non si potesse separare l'etica dalla religione. In tal senso potremmo dire che il vero capo spirituale del migliore Illuminismo è stato proprio Bayle.

In effetti se tutti ci comportassimo secondo le sue idee, dovremmo rinunciare immediatamente a qualsivoglia contrapposizione di tipo ideologico. Ognuno dovrebbe avere la possibilità di sviluppare il proprio pensiero, pretendendo dallo Stato il rispetto del diritto di parola, di stampa, di associazione ecc. Bayle non tocca mai, propriamente parlando, i contenuti della fede, ma contesta sempre l'idolatria e la superstizione. Diderot, che su questo era all'unisono, dirà nell'Enciclopedia che nell'arte del ragionamento pochi era in grado di eguagliare Bayle.

L'unica cosa che si dovrebbe combattere - se fossimo, diciamo, più obiettivi - è la pretesa di servirsi della politica per far passare la propria ideologia. Come noto però questa pretesa caratterizza tutte le religioni integralistiche (inclusa quella cattolico-romana), per le quali non si può fare differenza tra fede e politica, nel senso che una fede senza politica viene considerata di nessun valore. E' dai tempi dell'imperatore Teodosio, il quale fece del cristianesimo una religione di stato, che in Europa occidentale, nonostante le numerose rivoluzioni borghesi, non esiste più la libertà di coscienza, ammesso e non concesso che sia esistita al tempo dell'impero romano.

Infatti in nessuna legislazione occidentale esiste, a fianco della libertà "di" religione, anche la libertà "da" ogni religione. Quando si parla di "libertà di coscienza", generalmente s'intende un qualsivoglia atteggiamento religioso o para-religioso o cripto-religioso, ma non uno esplicitamente a-religioso. Questo perché l'ateismo viene ancora paragonato a qualcosa di eversivo, di destabilizzante, di moralmente pericoloso, in quanto affine a dottrine ciniche e materialistiche, se non addirittura rivoluzionarie.

Ecco perché quando si parla di radici culturali dell'Europa, queste - dicono i clericali (laici ed ecclesiastici) - non possono essere che "cristiane", eventualmente suddivise in cattoliche e protestanti, senza far cenno alcuno né a quelle ortodosse, ebraiche e islamiche, né, tanto meno, a quelle laiche dell'agnosticismo e dell'ateismo.

Le idee di Bayle furono ereditate da D'Holbach, che resta ai vertici dell'ateismo illuministico europeo. Ed entrambi arrivarono a dire una cosa che forse oggi, pur con tutta la scienza e la tecnica di cui disponiamo, ci risulta ancora alquanto oscura. E cioè che se è uno, in forza del suo personale cinismo, giunge a formulare principi assurdi, ateistici o religiosi che siano, potrebbe sempre mutare opinione "lasciandosi ispirare ai consigli della natura, che in nessun modo porta al vizio o all'immoralità". Lo diceva D'Holbach nel suo Sistema della natura, elogiando proprio Bayle.


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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015