L’orologio di Keplero o l’infinito vivente di Bruno

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L’orologio di Keplero o l’infinito vivente di Bruno?

Gian Maria Volontè interpreta Giordano Bruno

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Giuseppe Bailone

Bruno “sapeva di essere un Mercurio mandato dagli dei, non uno di quegli impostori che escono dal «fango» e dalle «caverne della terra»”.[1]

Esaltando il divino che è in ogni uomo, Bruno varca i limiti della “raggione calculatoria” di Copernico, nei quali invece si chiude Keplero, raggiunge l’infinito degli infiniti mondi e l’infinito divino presente in ogni cosa finita, vede e crede in un mondo di cui l’orologio di Keplero è solo lo scheletro dei suoi limiti apparenti.

Bruno e Keplero hanno portato il neoplatonismo, la metafisica che ha alimentato e accompagnato la rivoluzione copernicana, al bivio che il tribunale dell’Inquisizione impone: accettare l’umiliazione dell’uomo che, avendo già ridotto la propria ragione a funzione “calculatoria”, può anche rinnegarla di fronte alla brutalità del potere, o esaltare la dignità umana col martirio, avendo sublimato la ragione in “eroico furore”.

Il bivio morale ha alle spalle un’alternativa metafisica: l’orologio di Keplero o l’infinito vivente di Bruno.

Bruno affronta il martirio, Galileo abiura.

L’uomo moderno occidentale ammira il martirio di Bruno e subisce il fascino del suo universo infinito, ma è sedotto dall’orologio di Keplero.

La forza della seduzione dell’orologio è anche nella possibilità che esso offre di poterlo abbandonare, rinnegare nei momenti terribili, e riprendere poi, senza problemi di coscienza, e magari clandestinamente.

L’orologio di Keplero forse non vale il martirio, però ricompensa in parte l’umiliazione di chi lo rinnega: Galileo, dopo l’abiura, in carcere domiciliare ad Arcetri, continua il suo lavoro; Cartesio, dopo la condanna di Galileo, chiude nel cassetto il suo trattato sul mondo, ma elabora una metafisica di piena legittimazione dello studio del mondo come orologio e di esaltazione delle possibilità tecniche che esso offre all’uomo.

I frutti della scienza e della tecnica impostate da Keplero e da Galileo offrono all’uomo moderno umiliato dalla violenza dell’Inquisizione buone gratificazioni compensative, ma la schiena dritta di Giordano Bruno continua a inquietare gli animi e il suo universo infinito e animato affascina ancora.

L’alternativa metafisica e morale si ripresenta spesso nella filosofia moderna e contemporanea. Oggi, le crescenti difficoltà a controllare gli effetti del potere umano sulla natura possono indurci a tornare al bivio Keplero-Bruno, a riflettere sul significato della dignità umana promossa dalla cultura umanistico-rinascimentale.

Quale dignità?

Bruno e Keplero hanno, infatti, avviato a due interpretazioni ben diverse.

In Keplero, matematismo e teologia biblico-cristiana solidarizzano: Dio ha creato il mondo-orologio per l’uomo e gli ha assicurato titoli ontologici (è l’unica creatura fatta a sua immagine e somiglianza) e mezzi (il linguaggio matematico) per diventarne il dominatore.

In Bruno l’uomo non ha privilegi ontologici (il divino è presente in lui come in ogni altro ente di un universo infinito, di cui non è il centro, perché nell’infinito non c’è centro e ogni cosa, anche un pidocchio o un verme, è centro del suo mondo) ma può con la filosofia cogliere il divino presente in ogni cosa e capire gli equilibri sempre instabili che governano gli infiniti mondi.

All’ipertrofico Ego della teologia biblico-cristiana e della tecno-scienza le pagine di Bruno possono impartire una salutare lezione di modestia e promuovere un’idea di dignità umana attenta agli equilibri che il fare umano può disastrosamente compromettere. 

Bruno si oppone sia al matematismo della scienza di Keplero e di Galileo che alla teologia della trascendenza biblica e cristiana, convergenti nel fare della ragione calcolatrice il punto di forza dell’uomo, ciò che lo avvicinerebbe a Dio e lo renderebbe padrone del mondo.

Per Bruno, la dignità umana trova la sua espressione massima nell’eroico furore conoscitivo, non nel dominio meccanico della natura.

E’ vero che gli scienziati scientisti sono scettici sul fronte metafisico e teologico, ma la loro ragione calcolante è la stessa dei teologi che spingono Dio fuori del mondo, nella trascendenza, e riducono, come i tecnici, il mondo a teatro del dominio umano. Al di là di controversie apparentemente radicali, questi scienziati e questi teologi della trascendenza sono profondamente solidali, perché ancorati alla stessa ragione calcolante, che, per i primi, ferma l’uomo sulla terra, per gli altri, apre la via verso la trascendenza: l’immagine di mondo che emerge da entrambi è infatti la stessa, è l’orologio di Keplero.

Nei fatti la violenza dell’Inquisizione e i successi della tecnica moderna hanno solidarizzato per il trionfo della metafisica dell’orologio di Keplero, che ha dilagato anche nel sociale (ad esempio, con la “fisica sociale” di Comte e dei suoi epigoni o con lo scientismo di certo marxismo); ma non hanno distrutto la metafisica alternativa di Bruno. Questa, infatti, costretta a vita carsica ha avuto significativi momenti in cui è ricomparsa allo scoperto, in parte o apertamente, come, ad esempio, con Vico, Diderot, Goethe, Schelling, Hegel, Schopenhauer, Bergson.


[1] Michele Ciliberto, Giordano Bruno, Laterza 1990, p. 269.


Fonte

Fonte: ANNO ACCADEMICO 2010-11 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999.

Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf)

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 26-04-2015