Scheda didattica su Cartesio

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RENATO CARTESIO (1596-1650)

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Con Cartesio (Francia), Leibniz (Germania) e Spinoza (Olanda) nasce il razionalismo, un altro modo di opporsi alla teologia scolastica e controriformistica. Il conoscere dipende dalla ragione, non dalla fede né dai sensi, e la ragione si avvale di idee innate (a priori), impresse da Dio e derivate dalla mente umana, da cui è possibile ricavare la spiegazione razionale della realtà, a prescindere dall'esperienza che se ne può fare. La scienza per eccellenza è la matematica, basata su intuizione e deduzione. Anche la fisica e la metafisica sono scientifiche, secondo argomentazioni logiche, non dipendenti dalla teologia. L'etica è laico-razionalistica (usa argomenti religiosi in maniera convenzionale). Il razionalismo è dogmatico, in quanto le idee innate non vengono dimostrate, e si rifà soprattutto a Pitagora, Parmenide e Platone.

Il Metodo

Discorso sul metodo, Meditazioni e Regole per la direzione dell'intelligenza.

Cercare un metodo valido, razionale, che ponga un fondamento assoluto a un sapere unitario: idee chiare e distinte (princìpi di per sé evidenti, cioè regole certe e facili). Procedimento intuitivo-deduttivo: solo l'intelletto è capace di scienza, non tanto l'esperienza o l'esperimento. La metodologia deve precedere la conoscenza dell'oggetto. Quindi lo spirito (mens) deve rivolgersi anzitutto verso se stessi: il metodo è la prima condizione per conoscere la verità. La mente o anima (res cogitans) va nettamente distinta dai sensi del corpo o materia (res extensa), anche se esiste un'influenza reciproca.

Quattro regole generali (per giungere alla verità delle cose)

1) Non accogliere mai alcuna cosa per vera, senza conoscerla con evidenza come tale (criterio della resistenza al dubbio): evita la precipitazione e la prevenzione; non includere nei tuoi giudizi se non ciò che si presenta alla tua mente con tale chiarezza e distinzione da non avere motivo alcuno di metterlo in dubbio.

2) Dividi ogni problema da esaminare in tante singole parti per meglio risolverlo (Analisi).

3) Conduci con ordine i tuoi pensieri cominciando dagli oggetti più semplici e più facili, per salire, per gradi, fino alla conoscenza dei più complessi e supponendo un ordine anche tra quegli oggetti che non hanno alcun rapporto di dipendenza naturale (Sintesi).

4) Fare sempre enumerazioni (controllando l'analisi) così complete e rassegne così generali, da essere sicuro di non aver omesso nulla, e poi fare revisioni generali (verificando la sintesi).

Intuizione e deduzione

Le principali discipline che offrono una conoscenza scientifica (certa ed evidente) sono l'aritmetica e la geometria, perché hanno a che fare con un oggetto così "puro e semplice" che non possono essere rese incerte dall'esperienza (la fisica, concepita in maniera deduttiva, non è che una conseguenza scientifica della matematica: p.es. la mia penna scrive non perché scopro che ha l'inchiostro ma perché è composta di due punti che formano un segmento, che tengo in verticale).

Le suddette scienze si svolgono con i soli due atti dell'intelletto per mezzo dei quali possiamo pervenire alla conoscenza delle cose senza timore di sbagliare: intuizione e deduzione. La matematica si fonda anzitutto sull'intuizione, in quanto pone dei postulati di per se stessi chiari/evidenti, e da essi, per deduzione, dimostra delle verità che conseguono necessariamente le une dalle altre. Scienza della ragione = Matematica universale.

L'intuizione è l'atto istantaneo e semplice con cui l'intelletto preso a sé, nella sua natura di facoltà conoscitiva distinta dai sensi, coglie qualcosa che è di per sé evidente (contro la gnoseologia aristotelico-tomistica che faceva derivare la conoscenza intellettiva da quella sensitiva attraverso l'illuminazione dell'intelletto agente).

La deduzione invece è l'atto con cui si conosce con certezza qualcosa, di per sé non immediatamente evidente, a partire da altre conoscenze. Nella deduzione si intuisce soprattutto il nesso che lega una conoscenza all'altra.

Il metodo non è quello che parte dall'assioma per arrivare al teorema, cioè dal più semplice al più complesso (come in Euclide e Aristotele): è invece quello che, nella ricerca (analisi) della soluzione di un problema complesso, scopre il principio più universale, la verità più semplice che permette di risolvere il problema. Solo dopo si deve cercare quali siano tutte le possibili applicazioni di questo principio universale.

Dubbio metodico

Per verificare la validità del criterio di evidenza occorre il dubbio metodico (preliminare a tutto, iperbolico). Bisogna dubitare di tutto, soprattutto dei sensi e della realtà delle cose conosciute attraverso i sensi. Bisogna sospendere il giudizio su tutto ciò che non appare assolutamente evidente.

L'unica immediata verità evidente è che noi stiamo dubitando (o pensando), quindi esistiamo: Penso, dunque sono (Cogito, ergo sum). La verità di sé ci è data solo da noi stessi. Il dubbio quindi non è sistematico o fine a se stesso, come quello degli scettici, perché non si può dubitare di dubitare, ma è metodico, cioè valido solo come metodo per raggiungere la verità. Non è neppure un sillogismo (la cui fondatezza è di tipo logico), ma una verità evidente di per sé, che si coglie per intuizione.

Le idee (come rappresentazione o immagine mentale soggettiva)

I pensieri della mente umana possono essere solo di tre tipi:

  1. idee innate (intuizioni originarie sempre vere: io, dio, i principi matematici e logici);
  2. idee avventizie, provenienti dal di fuori (dalla natura o dalla società; non offrono garanzia di obiettività assoluta);
  3. idee fattizie o fittizie, inventate completamente da noi (non hanno alcuna verità).

L'unica idea a non essere un prodotto del pensiero è quella di Dio, che è sostanza perfetta e infinita, mentre noi siamo imperfetti e finiti (infatti dobbiamo partire col dubbio): abbiamo solo l'idea astratta di perfezione e di infinità. Noi crediamo nelle idee esterne solo perché le riteniamo conformi a idee innate. Dio permette all'uomo di credere nell'evidenza di certe idee (chiare e distinte, corrispondenti alla realtà esterna). Le idee però non sono vere perché corrispondono alla realtà esterna, ma è questa che diventa tanto più vera quanto più corrisponde alle idee innate. Gli errori sono dovuti alla fretta, alla distrazione, all'interesse, alle passioni, cioè da un elemento pratico che dipende dalla volontà e che si riferisce alle idee avventizie e fattizie.

La filosofia naturale: il meccanicismo

La materia è una sostanza estesa (res extensa) in un universo privo di vuoto (il vuoto è soltanto una materia troppo sottile per essere percepita).

L'estensione è divisibile all'infinito (non esistono gli atomi: al massimo si accetta una concezione "corpuscolare" della natura materiale).

L'universo non ha limiti, ma più che infinito (solo Dio lo è), è indefinito.

La materia è inerte, non ha alcuna intelligenza ma solo leggi meccaniche, e riceve inizialmente il proprio movimento da Dio, anche se poi lo conserva da sé, senza che esso cresca o diminuisca: non c'è entropia nell'universo (dispersione di energia). La materia è sempre omogenea a se stessa, anche se si frantuma in parti più piccole.

La materia non ha alcun principio vitalistico o animistico né finalistico.

Per essere conosciuta, la materia non ha bisogno della fisica sperimentale: è sufficiente la matematica, che è una logica intuitiva (idee innate) e deduttiva (idee collegate tra loro).

La materia va conosciuta soltanto nella sua estensione, cioè forma, quantità e movimento. Il moto è locale e tridimensionale, in quanto si riduce a una pura variazione di distanza, quindi a qualcosa di relativo.

Nella materia vi sono qualità primarie (geometrico-meccaniche) e qualità secondarie (colore, sapore, odore, suono...) che non appartengono ai corpi, ma sono il modo in cui il soggetto percepisce coi sensi gli elementi quantitativi dei corpi.

Il movimento della materia è in linea retta e uniforme (principio di inerzia): un corpo può modificarlo solo se entra in contatto con un altro corpo (in tal caso il movimento di un corpo passa a un altro in maniera proporzionale). Ma nell'universo la quantità complessiva del movimento resta costante ed è calcolabile (Dio conserva nell'universo l'uguale quantità di moto che aveva all'istante della creazione).

Il contatto tra i corpi converte il moto rettilineo in vortici (movimenti rotatori continui attorno a più centri, le stelle).

Le stelle si sono formate da particelle piccolissime, senza forma e grandezza determinata, in grado di ruotare molto velocemente. La rotondità delle stelle è dovuta allo sfregamento delle particelle. I pianeti vengono attratti dai vortici delle stelle. La gravità non è una proprietà dei corpi ma dei vortici: la gravitazione non può essere spiegata con le forze che agiscono a distanza, poiché ciò rientrerebbe nella magia.

In sintesi: Tre leggi della natura: le prime due contengono il principio di inerzia e la terza il principio di conservazione del moto:

  1. Ogni cosa continua ad essere, per quanto può, nello stesso stato in cui è nata e non lo cambia mai se non incontrandosi con altre.
  2. Ogni parte della materia presa singolarmente non tende mai a muoversi secondo linee curve, ma secondo linee rette, per quanto molte di queste parti siano spesso costrette a deviare, poiché ne incontrano altre nel loro cammino, e perché, quando un corpo si muove, si determina sempre un circolo o anello di tutta la materia che viene mossa insieme (teoria dei vortici).
  3. Un corpo che si muove e ne incontra un altro, se ha meno forza per continuare a muoversi in linea retta di quanta ne ha quell'altro per resistergli, perde la sua determinazione, senza nulla perdere però del suo movimento; se invece ha più forza, muove con sé quell'altro corpo e perde del suo movimento tanto quanto gliene dà.

L'essere umano

L'anima/mente è la res cogitans, dotata di libertà e di volontà, avendo bisogno di darsi uno scopo. Essa subisce le passioni del corpo, ma è fonte di idee innate.

Il corpo/materia è la res extensa, dotato di necessità, essendo sottoposto alla stretta causalità e alle passioni o agli istinti.

Fra loro sono irriducibili, perché determinati da leggi differenti, ma s'influenzano a vicenda.

Nel corpo umano il principio di ogni movimento è il calore. Per dare vita al corpo umano Dio ha semplicemente provocato all'interno del cuore questo calore che è all'origine di tutte le funzioni del corpo umano.

L'uomo, per la componente del corpo, rientra nell'ambito della natura materiale e soggiace alle stesse leggi meccaniche. Tuttavia il suo comportamento è irriducibile al comportamento degli animali, mostrandosi non limitato dalla conformazione degli organi.

Se si costruisse un automa che imita perfettamente l'uomo, ci accorgeremmo dal linguaggio che è un'imitazione. Infatti il linguaggio umano non è limitato a una rispondenza fissa fra segni articolati e stimoli esterni o stati fisiologici, ma è in grado di adattarsi continuamente a situazioni non previste. Anche il comportamento umano è in grado di adattarsi continuamente al mutare delle circostanze.

La conoscenza ha origine da un'azione del corpo sull'anima, ma l'atto volontario si manifesta con l'azione dell'anima sul corpo: p.es. fuoco acceso > tocco la fiamma > mi scotto > tolgo il braccio (res extensa: vedere e toccare); pensare che il fuoco scotta e che si può sentire dolore prima ancora di provarlo (res cogitans: prevedere e reagire con intelligenza). Cioè l'anima non risponde soltanto seguendo lo schema meccanicistico di stimolo/reazione, ma risponde anche attraverso una libera scelta, modificando lo schema. Bisogna abituarsi a reagire alle passioni con la riflessione.

L'incontro tra anima e corpo avviene nella ghiandola pineale (ipofisi). Il razionalismo favorisce lo studio della medicina e della psicologia.

La morale provvisoria (valida finché non sarà trovata quella definitiva)

1) Obbedire alle leggi e ai costumi del proprio paese, professando opinioni moderate, lontane dall'eccesso (passioni) e conducendo una vita poco appariscente (conformismo).

2) Essere decisi nelle azioni che s'intendono compiere, seguendo anche le opinioni più dubbie, una volta deciso di accettarle con l'uso della ragione. Occorre liberarsi dai pentimenti e rimorsi che agitano la coscienza degli spiriti deboli e sempre oscillanti (coerenza).

3) Cercare di vincere se stessi piuttosto che affidarsi alla fortuna, mutando i propri desideri piuttosto che l'ordine del mondo, e in generale abituarsi a credere che non vi è nulla che sia interamente in nostro potere oltre ai nostri pensieri; dopo aver fatto del nostro meglio riguardo alle cose a noi esterne, convincersi che quanto non si riesce a fare è perché esorbita del tutto dalle nostre possibilità (criterio del meglio).

4) Esaminare le diverse occupazioni degli uomini e scegliere la più adatta alle proprie capacità (saggezza stoica).

Osservazioni critiche

  1. Cartesio si è dato delle certezze matematiche aprioristiche (da cui ha pensato di poter ricavare certezze fisiche e metafisiche attraverso la semplice deduzione logica), ma non è stato capace di darsi delle certezze etiche, proprio a causa dell'individualismo del Cogito. Quando vuole impostare un metodo pratico per esistere, una sorta di etica sociale, Cartesio non offre alcuna certezza e si affida al conformismo più assoluto, diventando moralmente indifferente a qualunque valore etico. L'unica cosa in cui crede, più di ogni altra, è se stesso.
  2. Non esistono verità autoevidenti. Il singolo, preso in sé, non può avere certezza di alcuna verità. Di sicuro più evidenti delle verità matematiche sono quelle fisiche, anche se lo sono solo per i sensi, i quali naturalmente possono ingannarci, ma non fino al punto da impedirci di essere noi stessi. Le verità matematiche sono un'astrazione, come lo è il singolo separato da un contesto sociale. Possiamo anche pensare che tutto ciò che percepiamo non sia vero ma frutto di abitudini e di convenzioni, ma finché ci permette di essere noi stessi, resta vero, proprio perché la verità può essere colta solo nella sua interezza e solo in riferimento al fatto che l'io è un composto di relazioni sociali, all'interno delle quali si può tanto più essere se stessi quanto più ci si sente liberi. Ecco perché è una verità autoevidente, che s'imponga contro la libertà di non crederla come tale, è sempre una falsità.
  3. Uno che si convince d'essere o di esistere solo per il fatto che “pensa” di essere o di esistere, vive una forma di alienazione, che non potrà certo superare sostenendo la necessità di avere idee “chiare e distinte” (la chiarezza dell'insieme non è deducibile dalla scomposizione delle sue singole parti). Il problema del Cogito cartesiano è che quando si arriva alla certezza di essere o di esistere, si ottiene al massimo una certezza di tipo “fisico”, che non dice nulla di significativo al modo umano di esistere. Infatti il modo umano di esistere è, per Cartesio, contrassegnato da mille dubbi, e quando perviene a delle certezze, queste al massimo sono di tipo matematico, cioè intellettualistico, da cui pensa di poterne ricavare altre di tipo fisico e metafisico, in maniera ancora più astratta, in quanto basate su dimostrazioni puramente logico-deduttive.

Testi di Cartesio

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Aggiornamento: 26-04-2015