1 Natura umana
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Il percorso umano verso l’individuazione nel pensiero di Erich Fromm

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Autoconservazione e tendenza allo sviluppo
L’assunzione dell’esistenza di una natura umana è servita tradizionalmente ai pensatori autoritari per giustificare i sistemi sociali ed etici vigenti nel loro rispettivo periodo storico.
Nell’opporsi a tale pretesa, i pensatori progressisti hanno abbracciato l’opposta tesi dell’infinita malleabilità dell’uomo.
Entrambe le concezioni appaiono a Fromm insostenibili: rifiutando la contrapposizione tra fattori biologici e fattori culturali, egli avversa con eguale intensità l’innatismo di concezioni biologiche o metafisiche della natura umana evitando al tempo stesso di cadere in quel relativismo sociologico che vede nell’uomo il mero prodotto delle circostanze sociali.
Considerando l’uomo come in balia di fattori ambientali o di una struttura socioeconomica sulla quale non può avere alcuna influenza, non solo si riduce ogni scienza dell’uomo alla semplice descrizione e categorizzazione delle modalità con cui egli è plasmato dal suo intorno sociale (compito assolto a parer mio a suo tempo dalla sociologia funzionalista), ma si rende illegittima, o perlomeno inutile, l’esistenza stessa della psicologia dinamica. Infatti, a ben poco servirebbero gli sforzi della psicoanalisi nel modificare la struttura psichica del paziente, se si assumesse che questa, così come il suo comportamento, è comunque determinata da circostanze esterne.
E’ dunque necessario, come Fromm afferma, supporre l’esistenza di un qualcosa che reagisce alle influenze ambientali, e che in tali reazioni sviluppa forze in grado di incidere sul processo sociale. Questo qualcosa è ciò che costituisce la natura umana, mentre queste forze, come vedremo più avanti, sono alla base della formazione del carattere, individuale e sociale.
Benché sia innegabile che l’uomo subisce l’influenza della società in cui vive, egli non è infinitamente adattabile, né si lascia plasmare indiscriminatamente da ogni circostanza.
Vi sono, è vero, aspirazioni umane, bisogni e paure, che si sviluppano in relazione a certe condizioni di vita, e sono soggetti a modifica nel corso del processo storico, ma esistono altresì bisogni la cui soddisfazione è prioritaria in ogni situazione, e che quindi possono considerarsi biologicamente intrinseci alla natura dell’uomo. Questi bisogni imprescindibili dell’uomo sono riconducibili alla funzione di autoconservazione, l’assolvimento della quale costituisce il movente principale del comportamento umano (2). A parte queste esigenze fisiologiche inerenti la stessa sopravvivenza dell’uomo, vi sono altri bisogni intrinseci alla sua natura che, se frustrati, danno luogo ad una serie di reazioni mentali ed emotive che, secondo Fromm, costituiscono il nucleo delle più gravi nevrosi. (3)
Primo fra questi è l’innata tendenza a sviluppare le potenzialità umane maturate nel corso dell’evoluzione storica ed individuale. Benché tali capacità non siano innate, innata è la tendenza che, una volta che queste si siano sviluppate, ne impone l’espressione, e la loro frustrazione è causa, come vedremo, di fenomeni simbiotici e distruttivi.
L’esigenza di libertà e l’odio per l’oppressione è il primo prodotto di questa tendenza alla crescita, e al tempo stesso ne costituisce la condizione fondamentale che ne permette l’applicazione, non potendosi avere alcuna crescita in assenza di libertà.
Nella lotta dell’uomo per la libertà ed il proprio sviluppo le sue armi più potenti sono l’amore per la giustizia e per la verità. Fromm osserva come il senso di verità e di giustizia siano particolarmente evidenti nel periodo della fanciullezza, nella quale l’individuo più abbisogna di essi per la propria condizione di impotenza; tali tratti sono dunque radicati nella stessa condizione umana, e nell’individuo sano essi si sviluppano sino a divenire qualità costanti della sua personalità adulta.

(2) A questo proposito Fromm distingue tra fenomeni psicologici di abbondanza e di carenza: fintantoché la soddisfazione della funzione di autoconservazione non è assicurata, non potrà parlarsi di fenomeni di abbondanza, nei quali consistono tutte le manifestazioni più tipicamente umane. La psicologia di Freud, spiega Fromm, sarebbe quindi essenzialmente una psicologia dei fenomeni di carenza, definendo lo stesso piacere come conseguenza della riduzione di una tensione dolorosa, ed individuando in tale tensione, in definitiva, il movente ultimo del comportamento umano (E. Fromm, “Escape from freedom” , 1941, trad. italiana “Fuga dalla libertà”, Mondadori, Milano, 1994, pag. 230).
(3) I bisogni psichici di cui qui si parla sono da Fromm riassunti in “Psicoanalisi della società contemporanea” nei bisogni di correlazione, radicamento, trascendenza, identità e orientamento. In questo paragrafo ed in quelli che seguono non seguirò schematicamente questa distinzione, cosa che peraltro Fromm non fa se non riassumendo, nell’opera citata, alcuni concetti chiave da lui sviluppati. Ad ogni modo le passioni razionali e irrazionali di cui si parla in questa tesi sono comunque riconducibili alle necessità psichiche sopra elencate, espressione di soluzioni progressive, o rispettivamente regressive, a queste stesse necessità.

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Andrea Ciacci - Tesi di Laurea in Psicologia - Anno Accademico 2003/2004
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Ultimo aggiornamento: 04-dic-2004.