Psicologia-Guerra
Psicologia-Guerra

Il percorso umano verso l’individuazione nel pensiero di Erich Fromm

Home
Premessa
1 Natura umana
2 Natura umana
3 Natura umana
4 Natura umana
5 Natura umana
6 Natura umana
7 Natura umana
8 Natura umana
9 Natura umana
10 Natura umana
1 Carattere Società
2 Carattere Società
3 Carattere Società
4 Carattere Società
5 Carattere Società
6 Carattere Società
7 Carattere Società
8 Carattere Società
9 Carattere Società
10 Carattere Società
Psicologia-Guerra
Bibliografia
Ricerca
Psicologia della guerra: violenza, distruttività e narcisismo sociale
1.

Contrariamente a quanto si possa pensare e a quanto illustri studiosi hanno pressoché unanimemente sostenuto, sembra che la violenza non possa considerarsi una caratteristica innata nella specie umana.
Dall'analisi antropologica, psicologica e sociale compiuta da Fromm in "Anatomia della distruttività umana", risulta infatti come in certi gruppi sociali 'primitivi', ossia 'non evoluti' nel senso che a questi termini si dà nella cultura occidentale, la distruttività fosse praticamente assente, e laddove questa si manifestasse, ciò avveniva come conseguenza di particolari circostanze ambientali, quali un eccessivo affollamento o la competizione per l'approvvigionamento di risorse primarie determinata da uno stato di carenza materiale, con la conseguente lotta per la sopravvivenza.
La guerra potrebbe dunque essere considerata un costrutto prevalentemente culturale, poiché sono gli schemi culturali ai quali più o meno coscientemente aderiamo che ci portano, oggi, a ritenere giusto che certi interessi, che spesso si fanno pretenziosamente assorgere al rango di valori, possano essere conquistati, difesi e propagati seminando morte e distruzione.
La più consueta giustificazione a ciò è, appunto, la convinzione pressoché generalizzata che la guerra (ma si potrebbe dire lo stesso del carcere, dello sfruttamento, delle diseguaglianze sociali, e mille altri eccetera) sia sempre esistita, e che quindi non sta certo a noi porre fine o anche solo mettere in discussione un ordine naturale che si propaga da millenni.
A questo proposito si può far riferimento alla distinzione proposta da Fromm in "Dalla parte dell'uomo. Indagine sulla psicologia della morale" tra 'dicotomie storiche' e 'dicotomie esistenziali': mentre le dicotomie esistenziali sono insolubili, poiché inerenti lo stesso paradosso dell'esistenza umana (ad es. vita/morte), le dicotomie storiche sono contingenti e socialmente condizionate, e per questo risolvibili, se non nell'epoca in cui queste si manifestano, in un periodo storico ad essa successivo.
Ciò che i pensatori conservatori e autoritari fanno ed hanno fatto, è ed è stato il far passare per dicotomie esistenziali ogni dicotomia socialmente condizionata che potesse essere oggetto di discussione e fonte di lotta sociale. Così si è sostenuto, ad esempio, che lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, la divisione in classi della società, la proprietà dei mezzi di produzione nelle mani di una ristretta minoranza, eccetera eccetera siano una condizione, seppur dolorosa, irrinunciabile; così si sostiene che l'istituzione del carcere si perda nella notte dei tempi, mentre, anche se ciò è misconosciuto, esso è un'invenzione relativamente recente nella storia dell'umanità essendo stato introdotto, nelle sue diverse forme, parallelamente all'evoluzione della società industriale. E, allo stesso modo, così si sostiene che, da quando mondo è mondo, i membri di ogni popolo si siano sempre massacrati, per un qualche oscuro impulso naturale, fra di sé e con quelli dei popoli vicini.
Dall'analisi compiuta da Fromm risulta invece ribaltato il preteso rapporto inverso tra guerra e civilizzazione: i popoli più belligeranti risultano essere spesso anche i più industrializzati e la guerra, ben lungi dall'essere sempre esistita, risulta per lo più un prodotto della storia, almeno in riferimento alle proporzioni ed ai costi umani dei conflitti moderni.

2.

In "Psicoanalisi dell'amore. Necrofilia e biofilia nell'uomo", Fromm distingue tra differenti forme di violenza, sulla base delle rispettive motivazioni inconsce ad esse sottese:

Violenza ludica. E' una forma non patologica di violenza, riscontrabile in quelle attività il cui scopo è dimostrare la propria abilità, come negli sport da combattimento. Benché dietro la logica esplicita del gioco possano talvolta nascondersi motivi per lo più inconsci di aggressione e distruttività, questo tipo di violenza è la più lontana dai propositi di distruzione.

Violenza reattiva. E' un tipo di violenza al servizio della vita, non della morte. Essa è volta a difendere la vita, la libertà e la dignità umane, e si esprime nella forma della lotta contro l'aggressore. A questa forma di violenza si potrebbero ricondurre i vari movimenti di liberazione nazionale, la resistenza contro il fascismo, e più in generale ogni forma di ribellione violenta e di lotta non convenzionale contro il potere e l'ingiustizia sociale.
Ciononostante a queste stesse motivazioni possono ricorrere leaders politici e religiosi, che attraverso l'abile manipolazione delle menti dei loro adepti possono persuadere individui e popoli di essere minacciati da un nemico, in modo tale da innescare in essi il meccanismo di questa ostilità reattiva. I risultati psicologici derivanti dall'accettare come veritiera una presunta minaccia sono infatti gli stessi di quelli derivanti da una minaccia reale.
Naturalmente questa persuasione non ha effetto allo stesso modo su ogni individuo, ma la sua efficacia sarà direttamente proporzionale alla dipendenza emozionale della persona ed alla sua carenza di convinzioni proprie e sentimenti autentici.
Sembra comunque che in generale non sia difficile convincere la maggioranza delle persone dell'esistenza di un'imminente pericolo di essere attaccati e quindi motivarle a difendersi: su questo meccanismo si è basata ad esempio la propaganda di guerra sia della Germania nazista agli inizi della seconda guerra mondiale che degli Stati Uniti d'America nei più recenti conflitti di Afghanistan ed Iraq, ed è impressionante notare le similitudini tra i proclami di Goebbels e quelli di Powell o di Rumsfeld, praticamente equivalenti e addirittura intercambiabili, basati entrambi sul motivo dominante della 'difesa contro l'aggressore straniero'.

Violenza vendicativa. E' quel tipo di violenza che consegue da un'offesa arrecata e che si manifesta posteriormente ad essa, e che pertanto non ha alcuna funzione di difesa.
Per Fromm il fine di questo tipo di violenza sarebbe l'irrazionale pretesa di annullare magicamente, per tramite di essa, l'offesa subita.
L'esigenza della vendetta sembra comunque soccombere di fronte ad uno stile produttivo di vita: quanto più una persona o un gruppo vivono produttivamente, tanto meno essi si faranno trasportare da questo spirito di rivalsa, e lo sviluppo delle proprie capacità sarà sufficiente a far dimenticare l'offesa subita.
Al contrario, l'individuo nevrotico può essere portato ad imperniare la propria intera esistenza sul desiderio di vendetta e motivare lo stesso desiderio di rivalsa a livello collettivo come base della propria autostima e dell'immagine del proprio gruppo sociale.

Violenza compensativa. E' una forma di violenza assai più patologica delle precedenti.
In essa consiste quel tipo di violenza che si manifesta come sostituto delle attività produttive, esercitata da un individuo, o da un gruppo, impotente.
Sarebbe un'esigenza intrinseca della natura umana quella di esercitare una propria influenza sul mondo: se ciò non può essere fatto per mezzo dell'esercizio delle proprie capacità creative, l'individuo (o il gruppo) sarà spinto a farlo tramite la distruzione; se la vita non può essere trascesa creando, lo si farà quindi distruggendo la vita stessa, poiché il distruggere la vita è comunque un modo, benché irrazionale, di trascenderla, ed il trascendere la vita è un bisogno innato di ogni membro della specie umana.
La violenza compensativa è la violenza degli inetti: di coloro che, avendo la vita negato loro la capacità di esprimere creativamente le proprie facoltà, si vendicano sulla vita distruggendo la vita stessa.
Nella violenza compensativa sta anche l'essenza del sadismo: in esso non sarebbe tanto il desiderio di infliggere dolore il punto essenziale, quanto l'impulso al controllo assoluto su di un essere vivente. La sofferenza inflitta sarebbe perciò un mezzo, poiché non esiste controllo più totale di quello di costringere un altro a soffrire senza che egli possa difendersi. L'essenza della spinta sadica sarebbe dunque quella di ridurre l'animato all'inanimato, poiché nell'esercizio del sadismo si degrada un essere vivente ad oggetto privandolo di una delle sue qualità essenziali: la libertà.
Sembra quasi superfluo rilevare come l'atteggiamento sadico tipico della violenza compensativa sia riscontrabile nei cosiddetti tutori dell'ordine di ogni regime, totalitario e non. Naturalmente non si vuole qui generalizzare ad un'intera categoria i difetti di alcuni singoli, ma appare evidente come senza la spinta sadica delle polizie dei vari stati non sarebbe stato possibile il verificarsi di numerosi eventi storici più o meno recenti ed il rendersi operative di alcune disposizioni la cui provenienza dalle alte cariche dello stato viene sovente addotta dai loro esecutori a motivo di giustificazione.
Per debellare sul nascere l'accusa che si stiano dando sentenze immotivate sulla base del pregiudizio e della partigianeria, si possono portare numerosi esempi concreti che vanno dall'irruzione nella scuola Diaz a Genova nel Luglio 2001, alle torture dei manifestanti nella caserma di Bolzaneto sempre a Genova ed a quelle operate a Napoli nel febbraio del 2000 (dove diversi manifestanti furono addirittura strappati alle cure dei medici, per essere trasferiti dall'ospedale alla caserma sede delle torture), a quelle insolitamente rese pubbliche eseguite per puro diletto e senza la classica scusante degli ordini dei superiori (almeno così ci dicono) dai soldati americani nel carcere di Abu Graib, in Iraq.
E senza scomodare, per non essere accusati, oltre che di faziosità, anche di anacronismo, i lager per ebrei e dissidenti nella Germania nazista, i Gulag nella Russia "comunista" e, più recentemente, i contras antirivoluzionari che la CIA addestrava alla tortura in Nicaragua contro il popolo ed i sandinisti, e gli orrori consumatosi negli stadi cileni durante la dittatura del generale Pinochet, instaurata successivamente all'assassinio, anch'esso sponsorizzato dalla CIA, del presidente democraticamente eletto Salvador Allende.
La violenza compensativa, costituente l'essenza del sadismo, è dunque il risultato necessario di una vita non vissuta, il sostituto patologico della vita, indice della sua inefficienza e dell'impotenza di chi la compie. La repressione sociale di questo tipo di violenza può soffocarne l'espressione per timore della punizione o dell'ostracismo che ne deriva, ma essa torna a manifestarsi non appena la forza repressiva risulta indebolita o qualora sia possibile sottrarsi al suo influsso.
La sua repressione si rivela dunque inefficace, sempre ipotizzando che chi occupa una posizione di potere nella società senta l'esigenza di reprimere questa forma di violenza, poiché, come si è visto, essa sembra piuttosto costituire un valido coadiuvante nel mantenimento dell'ordine e dello status quo del sistema sociale.
Poiché la violenza compensativa è la conseguenza dell'impotenza, la sola cura capace di debellarla è lo sviluppo produttivo delle proprie facoltà e l'esercizio creativo del proprio pensiero e del proprio sentimento, base di una vita non alienata ed autentica.

Sete di sangue. E' una forma arcaica di violenza, nella quale si afferma la vita, ma al più profondo livello di regressione. Con essa si dà una risposta al problema dell'esistenza rinnegando la ragione e regredendo ad uno stadio pre-umano: uccidere diviene così la suprema affermazione di se stessi, e l'essere uccisi l'unica alternativa.
Questa forma di violenza può essere riscontrata nella pratica dei sacrifici umani presso alcuni popoli, come gli Atzechi, dove lo spargimento di sangue era considerato necessario affinché il cosmo continuasse a funzionare e la madre terra potesse produrre i suoi frutti.

3.

Sempre in riferimento all'opera di Fromm risulta importante il nesso tra guerra e narcisismo.
Il narcisista risolve il problema del proprio rapporto con il mondo sostituendo a quest'ultimo se stesso; non avendo sviluppato il proprio io come centro della sua relazione con gli altri il suo ego crolla quando il suo narcisismo viene ferito, reagendo con rabbia o cadendo in uno stato di depressione.
Il narcisista tenta quindi in ogni modo di evitare tali ferite, e nel far ciò può seguire essenzialmente due strategie: può aumentare il proprio narcisismo, ponendosi sempre più al di sopra di ogni critica o eventuale insuccesso, soluzione che equivale ad aggravare la propria malattia mentale fino agli estremi della psicosi; può altresì tentare, qualora ne abbia la possibilità, di rendere la realtà conforme alla narcisistica immagine di sé, cercando di guadagnarsi il consenso di un'altra persona che viene così resa partecipe della sua malattia (folie à deux), o addirittura, nel caso il narcisista occupi una posizione di leadership, di migliaia o milioni di persone (folie a millions).
Quest'ultima situazione è purtroppo tutt'altro che rara, e sono proprio gli individui profondamente narcisisti a risultare i più "adatti" a ricoprire una posizione di potere, sia in quanto aspirano essi stessi al potere per le proprie caratteristiche caratteriali, sia in quanto, essendo privi di dubbi riguardo alla convinzione della propria grandezza, meglio di ogni altro si prestano ad assorgere ad immagine proiettata del narcisismo di coloro che non hanno la possibilità di soddisfarlo a livello individuale.
Mentre infatti leaders politici e capi di ogni tempo hanno ed hanno avuto innumerevoli occasioni di alimentare la narcisistica immagine di sé, questa possibilità non è concreta per la persona media, che cerca quindi di esprimere il proprio narcisismo per mezzo del proprio gruppo.
Caratteristica del gruppo narcisista è il bisogno di un leader in cui i suoi membri possano identificarsi: nel sottomettersi al leader gli individui proiettano su di esso il proprio narcisismo e vivono per mezzo di lui, considerando i suoi successi come i propri successi e godendo di essi come fossero il risultato del proprio sforzo personale.
E' questo il meccanismo che sta alla base del fenomeno del 'narcisismo sociale', e gli atteggiamenti narcisistici di cui il leader o il gruppo sono investiti saranno naturalmente considerati virtù all'interno del gruppo stesso, poiché è proprio su tali proiezioni che si fonda la sua forza, e da esse dipende la sua stessa sopravvivenza.
Il sintomo più evidente del narcisismo è la mancanza di oggettività e di giudizio razionale. A livello collettivo questo si traduce nella comune convinzione della superiorità del proprio gruppo rispetto a tutti gli altri, nel disprezzo della diversità e delle minoranze e, quando ciò non basta a soddisfare l'immagine grandiosa del gruppo, nella brama di conquista e nel desiderio di assoggettamento dei gruppi alieni.
In questa logica, al narcisismo di gruppo ferito si può rispondere solo annientando l'offensore per cancellare magicamente l'offesa subita (v. 'violenza vendicativa' in 2.), annullare la percezione della propria vulnerabilità e ristabilire l'immagine di grandezza che l'affronto ha messo in discussione. Quanto descritto ha forse qualcosa ha che vedere con il fatto che, come hanno dimostrato le recenti ultime elezioni statunitensi, la politica estera di Bush della cosiddetta 'guerra preventiva' riscuota un largo consenso, al di là degli interessi lobbystici dell'economia nordamericana, anche tra gli appartenenti ai ceti inferiori, che sarebbero senz'altro i meno avvantaggiati dalla difesa di tali interessi?

Home | Premessa | 1 Natura umana | 2 Natura umana | 3 Natura umana | 4 Natura umana | 5 Natura umana | 6 Natura umana | 7 Natura umana | 8 Natura umana | 9 Natura umana | 10 Natura umana | 1 Carattere Società | 2 Carattere Società | 3 Carattere Società | 4 Carattere Società | 5 Carattere Società | 6 Carattere Società | 7 Carattere Società | 8 Carattere Società | 9 Carattere Società | 10 Carattere Società | Psicologia-Guerra | Bibliografia | Ricerca

Andrea Ciacci - Tesi di Laurea in Psicologia - Anno Accademico 2003/2004
Per problemi o domande su questo sito contattare Galarico
Questo ipertesto si trova nella sezione Teorici del sito Homolaicus
Ultimo aggiornamento: 04-dic-2004.