Kant: lo spazio e il tempo

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Kant: lo spazio e il tempo

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Giuseppe Bailone

Le sensazioni nascono dall’azione delle cose sui nostri sensi. Non sono ancora conoscenza, ma sono la radice di tutta la nostra conoscenza: ci forniscono le molte e caotiche impressioni sensibili che poi unifichiamo mediante le nostre forme a priori facendone gli oggetti della nostra conoscenza. Le impressioni sensibili le riceviamo nello spazio e nel tempo.

Le sensazioni hanno quindi una forma e un contenuto.

Il contenuto empirico viene ricevuto nelle forme spaziali e temporali che ne fanno quella cosa particolare che è: qui e adesso sento questo suono, vedo questo colore, ho questa impressione termica, e così via.

Tutte le forme spaziali e temporali delle impressioni sensibili sono determinate dalle forme pure dello spazio e del tempo.

Che cosa sono lo spazio e il tempo nella loro purezza formale?

Sono cose oggettive, in sé, fuori di noi?

Per Kant sono le forme a priori, soggettive, della sensibilità.

Sono le condiziono formali di tutte le nostre possibili intuizioni empiriche. Sono quindi intuizioni pure.

Di esse Kant ci dà una duplice esposizione, metafisica e trascendentale.

“Per esposizione intendo la rappresentazione chiara (anche se non particolareggiata) di ciò che appartiene a un concetto; l’esposizione, poi, è metafisica quando contiene ciò che esibisce il concetto come dato a priori”.1

Nell’esposizione metafisica spiega che si tratta d’intuizioni e non di concetti.

Avendo noi intuizioni empiriche di spazi e di tempi particolari possiamo farci dei concetti di tempo e di spazio come unificazioni concettuali di queste singole intuizioni, così come ci facciamo il concetto di un colore unificando intuizioni cromatiche particolari fra loro identiche. Quando, però, noi abbiamo l’intuizione sensibile in un particolare momento di una cosa posta in un particolare spazio, non sono i concetti di spazio e di tempo a determinare quella spazializzazione e temporalizzazione dell’oggetto. C’è, infatti, un unico spazio e un unico tempo di cui i singoli spazi e tempi sono parti, limitazioni: l’unità viene prima, è la condizione delle sue determinazioni particolari, non è il loro risultato per composizione col pensiero. Noi intuiamo nello spazio e nel tempo le cose molto prima di riflettere col pensiero sullo spazio e sul tempo: le forme pure del tempo e dello spazio le usiamo intuitivamente molto prima di pensarci su e anche senza pensarci.

I concetti generali di spazio e di tempo sono concetti di tutto ciò ch’è comune ai singoli spazi e ai singoli tempi, ma questi singoli spazi e singoli tempi sono determinazioni particolari di un unico spazio e di un unico tempo. E ciò ch’è unico non può essere oggetto di una conoscenza discorsiva, ma solo di una conoscenza immediata, di un’intuizione. I concetti di spazio e di tempo, pertanto presuppongono la loro intuizione. Le relazioni spaziali e temporali sono di natura intuitiva e non logica.

“Lo spazio non è affatto un concetto discorsivo – o, come si dice, universale – dei rapporti delle cose in generale, ma un’intuizione pura. In primo luogo, infatti, non ci si può rappresentare che un unico spazio, e se si parla di molti spazi, non s’intendono con ciò che le parti di uno spazio unico e medesimo. Queste parti non possono precedere lo spazio unico e onnicomprensivo, quasi ne fossero gli elementi costitutivi (dalla cui riunione possa nascere l’insieme), ma sono pensate solo in esso. Lo spazio è unico per essenza ed il molteplice che in esso si trova, e quindi anche il concetto universale di spazio in generale, non poggiano che su limitazioni. Ne segue che, rispetto allo spazio e a fondamento di tutti i suoi concetti, sta un’intuizione a priori (non empirica). Egualmente, anche tutti principi geometrici, ad esempio che in un triangolo la somma dei due lati è maggiore del terzo, non sono mai derivati dai concetti universali di linea e di triangolo, ma dall’intuizione e, senz’altro, a priori con certezza apodittica. […] Dunque la rappresentazione originaria dello spazio è intuizione a priori e non concetto”.2

Come forme a priori delle sensazioni lo spazio e il tempo sono intuizioni pure. Come concetti li pensiamo attraverso la riflessione sull’esperienza. Solo con la metafisica, però, possiamo conoscere la loro natura di forme a priori.

“Il tempo non è un concetto empirico, derivante da una qualche esperienza. Infatti la simultaneità o la successione non potrebbero neppure mai costituirsi come percezioni se non ci fosse a priori, quale fondamento, la rappresentazione del tempo. […] Il tempo è una rappresentazione necessaria, che si trova a fondamento di tutte le intuizioni. Rispetto ai fenomeni in generale, non è possibile sopprimere il tempo come tale, mentre è possibilissimo togliere via tutti i fenomeni dal tempo. Il tempo è dunque dato a priori. Solo in esso è possibile una qualunque realtà dei fenomeni. Questi possono tutti dileguare, ma il tempo come tale (in quanto condizione universale della loro possibilità) non può essere soppresso. […] Il tempo non è un concetto discorsivo o, come si suol dire, universale, ma una forma pura dell’intuizione sensibile. Tempi diversi non sono che parti dello stesso tempo. Ma la rappresentazione che può esser data solo da un unico oggetto è un’intuizione. […] L’infinità del tempo significa semplicemente che ogni quantità determinata di tempo è possibile soltanto per mezzo della limitazione dell’unico tempo che sta a suo fondamento”.3

L’esposizione trascendentale dello spazio e del tempo li dimostra come il fondamento della possibilità della matematica come scienza.

L’intuizione pura dello spazio rende possibile i giudizi sintetici a priori della geometria, mentre l’intuizione pura del tempo è il fondamento dei giudizi a priori dell’aritmetica.

“La geometria è una scienza che determina le proprietà dello spazio sinteticamente, ma tuttavia a priori. […] Tutte le proposizioni geometriche sono infatti apodittiche, ossia legate alla coscienza della loro necessità; tale è, ad esempio, la proposizione che lo spazio ha solo tre dimensioni. Ma siffatte proposizioni non possono essere giudizi empirici o d’esperienza, né venir tratte da essi”.4 Il carattere d’intuizione dello spazio rende possibile la sintesi delle proposizioni geometriche, mentre il suo carattere a priori rende possibile la loro natura apodittica. Come a priori formale di tutte le sensazioni esterne lo spazio fonda il carattere scientifico non solo della geometria pura, ma anche delle sue applicazioni all’esperienza.

L’intuizione a priori del tempo fonda i giudizi sintetici a priori della meccanica, o teoria generale del moto, e dell’aritmetica.

L’aritmetica costruisce i suoi concetti di numero con un’addizione successiva delle unità nel tempo. Ha quindi nell’intuizione pura del tempo il fondamento del carattere sintetico e a priori dei suoi giudizi.

Kant sostiene che “il concetto di mutamento, e, con questo, quello di movimento (come movimento di luogo) è possibile solo mediante la rappresentazione del tempo; e che, se questa rappresentazione non fosse un’intuizione (interna) a priori, nessun concetto, qualunque esso sia, potrebbe render concepibile la possibilità di un mutamento, ossia del collegarsi in uno e medesimo oggetto di predicati opposti in modo contraddittorio (ad esempio, l’essere e non essere nel medesimo luogo della medesima cosa). Solo nel tempo due determinazioni opposte contraddittorie possono aver luogo in un medesimo oggetto, e precisamente l’una dopo l’altra. Quindi il nostro concetto del tempo rende ragione di tutte le conoscenze sintetiche a priori che sono avanzate dalla teoria del moto, la quale non è certamente poco feconda”.5

Kant respinge tutte le concezioni del tempo e dello spazio come realtà assolute, cioè indipendenti da tutte le condizioni soggettive della loro intuizione. Respinge quindi la teoria di Newton, che li presenta come ricettacoli in sé sussistenti delle cose, quella di Leibniz, che li presenta come rapporti fra le cose stesse, ma anche quella di Berkeley che riduce lo spazio e le cose in esso a semplici immaginazioni.

Mentre lo spazio come intuizione pura è la condizione di tutte le intuizioni empiriche del senso esterno, il tempo come intuizione pura è la condizione formale di ogni intuizione empirica sia del senso interno che di quello esterno. Quindi, dal tempo dipende ogni rappresentazione fenomenica, perché anche le rappresentazioni ottenute tramite lo spazio sono mutamenti interni del soggetto, che si presentano pertanto nel tempo.

“Il tempo è la condizione formale a priori di tutti i fenomeni in generale. Lo spazio, in quanto forma pura di ogni intuizione esterna, è circoscritto, come condizione a priori, ai soli fenomeni esterni. Di contro, poiché tutte le rappresentazioni – abbiano o no come loro oggetti cose esterne – appartengono in se stesse, quali determinazioni dell’animo, allo stato interno, e siccome questo stato interno ubbidisce alla condizione formale dell’intuizione interna, ossia del tempo, ne segue che quest’ultimo è la condizione a priori di ogni fenomeno in generale: condizione immediata dei fenomeni interni (delle nostre anime) e, di conseguenza, condizione mediata di quelli esterni. Se mi è possibile dire a priori: tutti i fenomeni esterni sono determinati a priori nello spazio e in base a rapporti spaziali, mi è anche possibile, in base al principio del senso interno, affermare in modo rigorosamente universale: tutti i fenomeni in generale, ossia tutti gli oggetti dei sensi, cadono nel tempo e stanno necessariamente fra di loro in rapporti di tempo”.6

L’Estetica trascendentale termina con la distinzione dell’intuizione sensibile propria dell’uomo dall’intuizione intellettuale teorizzata da molti filosofi metafisici, ma per Kant non presente nell’uomo: l’intuizione sensibile umana dà forma spaziale e temporale a oggetti che non crea, ma riceve passivamente, mentre l’ipotetica intuizione intellettuale sarebbe divina e creatrice dell’oggetto. L’intuizione intellettuale, scrive Kant, “sembra propria soltanto dell’essere supremo, e non mai di un essere che è dipendente, tanto rispetto alla sua esistenza quanto rispetto alla sua intuizione (che determina la sua esistenza in relazione ad oggetti dati).7

Torino 9 marzo 2015

Note

1 Kant, Critica della ragion pura, a cura di Pietro Chiodi, UTET 1967. p. 100.

2 Ib. pp. 101-2.

3 Ib. pp. 106-7.

4 Ib. p. 102.

5 Ib. pp. 107-8.

6 Ib. p. 109.

7 Ib. p. 122.


ANNO ACCADEMICO 2014-15 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999.

Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf)

Plotino (pdf)

L'altare della Vittoria e il crocifisso (pdf)

Fonti

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Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
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Aggiornamento: 06-09-2015