PLOTINO: antropomorfismo e teomorfismo

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PLOTINO: antropomorfismo e teomorfismo

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Giuseppe Bailone

Vittorio Mathieu vede in Plotino il filosofo che combatte l’antropomorfismo di Democrito e propone una concezione “teomorfa” della natura.

Quello di Democrito non è, secondo Mathieu, un antropomorfismo dell’essere, quale era, ad esempio l’antropomorfismo religioso già criticato da Senofane, ma un antropomorfismo dell’attività, dell’operare.

Il primo antropomorfismo consiste nel concepire la natura o il divino al modo in cui siamo fatti noi uomini, mentre il secondo consiste nel pensare l’operare naturale o divino al modo in cui operiamo noi uomini.

Mathieu, un plotiniano del nostro tempo, chiama “materialismo” questo antropomorfismo dell’operare e vede in Plotino il critico più radicale di esso.

“La concezione plotiniana della natura è antiantropomorfica. Se tutto il divenire dipendesse dal muoversi degli atomi nel “gran vuoto”, come voleva Democrito, tutto sarebbe in linea di principio in podestà dell’uomo. Potrebbe darsi, ovviamente, che a certi risultati l’uomo non riesca a giungere perché gli mancano, o le forze, o strumenti abbastanza minuti, e tempo e pazienza sufficiente per produrre tutti gli spostamenti di atomi necessari. Ma non si tratterà di un’impossibilità di principio. Se si immagina un demiurgo così potente e preciso da afferrare con pinze minutissime, o altro strumento adatto, qualsiasi atomo, e accostarlo e scostarlo nel modo debito rispetto a qualsiasi altro, è chiaro che ogni trasformazione pensabile potrebbe essere progettata ed eseguita da un demiurgo siffatto, secondo lo stesso procedimento con cui opera l’uomo. L’uomo perciò non sarebbe altro che una figura molto ridotta di questo demiurgo: inferiore ad esso, non per il modo di operare, ma solo perché incapace di mettere mano sui costituenti ultimi della realtà. (…) La fortuna dell’atomismo ha una ragion d’essere ben precisa: esso interpreta l’intero divenire cosmico come se fosse tale che in linea di principio, potremmo produrlo noi. E poiché noi conosciamo e spieghiamo scientificamente un fenomeno quando sappiamo come eventualmente potremmo produrlo, è chiaro che l’atomismo è l’interpretazione della realtà che risponde all’ideale della scienza (due millenni prima che la scienza moderna si formasse)”.1

“Plotino contesta nel modo più radicale che la natura operi come operiamo noi, presupponendo elementi dati e progettandone la ricombinazione. E, quel che è più, nega che operiamo solo così anche noi. La sua teoria dell’azione come “contemplazione”, riferita insieme a noi e alla natura, è questa negazione. (…) La natura è per Plotino “teomorfa” (se per Dio s’intende l’Intelligenza), non antropomorfa, e l’essenziale dell’uomo è la sua capacità di operare al modo in cui operano i logoi della natura, non di intendere quelli al modo in cui opera la nostra ragione, discorsiva e strumentale”.2

Ma, se “l’essenziale dell’uomo è la sua capacità di operare al modo in cui operano i logoi della natura” e se questo operare è teomorfo, in questione non è l’antropomorfismo dell’operare, bensì il tipo di operare che l’antropomorfismo prospetta. Se l’uomo è capace di attività diverse, alla prima distinzione proposta da Mathieu, quella fra antropomorfismo dell’essere e antropomorfismo dell’operare, conviene aggiungere una seconda distinzione, basata sulla differenza tra l’azione umana tecnica e quella, altrettanto umana, artistica e contemplativa.

Se si scrive che l’uomo è per la sua essenza capace di azione teomorfa, si deve poi ammettere che l’azione della natura e di Dio risultano antropomorfe, simili all’attività umana. Certo, non simili all’attività “materialistica” della ragione discorsiva e strumentale, che promuove l’antropomorfismo criticato, ma simili all’attività contemplativa.

Se l’uomo assomiglia a Dio, infatti, Dio assomiglia all’uomo.

Il rapporto tra l’uomo plotiniano e l’Intelligenza divina è analogo a quello tra l’uomo democriteo e il superdemiurgo di cui sopra. In entrambi i casi l’attività è simile, la differenza è di potere.

L’antropomorfismo è un limite che è illusorio voler superare, se non si vuole rinunciare ad una spiegazione razionale della realtà.

Del resto, Plotino non esita a offrire del mondo intelligibile immagini tratte dal mondo umano, come, ad esempio, nel passo che segue.

“L’Uno troneggia e siede al di sopra del Nous come sopra un bel piedestallo che a Lui è sospeso. Se Egli deve avanzare, deve incedere non sopra qualcosa di inanimato, e nemmeno direttamente sull’Anima; ma dinanzi a lui deve trovarsi un essere immensamente bello, così come dinanzi ad un gran re s’avanzano, nel suo corteo, dapprima personaggi di minor conto, poi uomini sempre più elevati in dignità, poi chi è più vicino al re ed ha incarichi di maggior responsabilità, infine chi, dopo di lui, riceve i più grandi onori; dopo di loro ecco all’improvviso apparire il re stesso nella sua maestà: i presenti lo venerano e lo adorano, se non se ne sono già andati, paghi di aver visto il suo corteo”.3

In realtà, nel proporre Plotino come campione dell’antiantropomorfismo, Mathieu vuol far dire a Plotino che l’uomo non è padrone della natura, non può dominarla interamente con la tecnica e deve riconoscere il limite in ciò che la natura e lui stesso hanno di “teomorfo”, di divino.

“Il progettare è un modo di riferirsi alla realtà che è in noi inevitabile, ma che intrinsecamente è carente, perché proprio di una condizione d’indigenza o di bisogno. L’uomo non può farne a meno, perché si trova “gettato quaggiù”, ma la natura non ha questa origine. L’artificiale, il “fatto da noi”, non adeguerà mai la natura, che “nasce” diversamente. Il nostro agire artificiale sulla natura rimane necessario, ma diviene disastroso se non si riconosce questa sua inadeguatezza”.4

La natura, dice il Plotino di Mathieu, non si lascia ridurre al dominio integrale dell’uomo.

“La natura resiste, e noi dobbiamo capirne il perché. Il residuo può ridursi, ma non scompare. Pensare che possa sparire, lasciandoci padroni assoluti, è un atto di superbia intellettuale che ci manda a picco; e quanto più la scienza, con i suoi successi, ci induce a credere che il residuo scompaia, tanto più la filosofia deve avvertirci che non sarà mai così. (…)

Ciò che dal punto di vista della scienza è un “residuo” oscuro, da ridurre via via e da spostare più in là, dal punto di vista della filosofia neoplatonica è l’essenziale: la natura è il rapporto con l’”intelligibile”, che non si può costruire, perché la sua ricchezza infinita è racchiusa nel semplice, e il nostro rapporto con lui non è una relazione esterna, perché lui è il nostro stesso essere. Quell’essere la scienza lo giudica, giustamente, “intrattabile”, in quanto si presenta nell’essenza, da cui la scienza prescinde.

C’è, quindi, tra scienza e filosofia, un rovesciamento assiologico che, tuttavia, non può dichiararsi necessario: è oggetto di un’opzione, e Plotino e i materialisti optano in due modi contrari”.5

L’antimaterialismo di Plotino, diretto allora contro Democrito ed Epicuro, è per Mathieu, oggi, straordinariamente attuale: “Il programma di Epicuro fu reso attuabile dal metodo di Galileo, e i successi di questo procedimento, inimmaginabili al tempo di Plotino, sono oggi imponenti. Ma gli inconvenienti di una sua unilateralità sono a loro volta visibili, ed è merito di Plotino averli fin da allora individuati”.6

Sembra che per Mathieu, in mancanza di un limite religioso e metafisico, l’uomo non sappia darsi una misura. Se, già nel mondo antico, Democrito ed Epicuro avevano costruito un’etica della misura razionale, perché i moderni materialisti non dovrebbero riuscire a fare altrettanto, magari imparando dai loro antichi maestri, dai limiti che la scienza incontra e dagli effetti, non sempre quelli desiderati, dei suoi interventi tecnici sulla natura?

Perché il materialismo dovrebbe essere necessariamente unilaterale e senza limiti morali?

Non corre lo stesso, ma opposto, rischio di unilateralità lo spiritualismo?

Note

1 Vittorio Mathieu, Come leggere Plotino, Bompiani 2004, pagg. 32-33.

2 Vittorio Mathieu, Come leggere Plotino, Bompiani 2004, pag. 124.

3 Enneade, V, 5, 3.

4 Vittorio Mathieu, Come leggere Plotino, Bompiani 2004, pag. 120.

5 Vittorio Mathieu, Come leggere Plotino, Bompiani 2004, pag. 121.

6 Vittorio Mathieu, Come leggere Plotino, Bompiani 2004, pag. 119.


Fonte: ANNO ACCADEMICO 2009-10 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO

Torino 8 gennaio 2010

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999.

Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf)

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L'altare della Vittoria e il crocifisso (pdf)


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Aggiornamento: 26-04-2015