PLOTINO: l'orma e l’interpretazione

TEORICI
Politici Economisti Filosofi Teologi Antropologi Pedagogisti Psicologi Sociologi...


PLOTINO: l'orma e l’interpretazione

I - II - III - IV - V - VI - VII - VIII - IX - X - XI - XII - XIII - XIV - XV

Giuseppe Bailone

Democrito, secondo Plotino, prende troppo alla lettera la testimonianza dei sensi e si fa condurre in un percorso razionale che, invece di portare al semplice che cerca, porta all’assurdo.

La fedeltà letterale ai sensi è l’errore di tutti i materialisti. Ma, Plotino non propone, per evitarlo, di voltare le spalle ai sensi. Egli non condanna i sensi, ma quello che Ugo Bonanate definisce un “approccio di estremo letteralismo alla realtà” sensibile.1

Non ci sono solo le strade di Zenone, contro i sensi, e di Democrito, troppo fedele ai sensi. Platone ed Aristotele, secondo Plotino, aprono una terza strada, quella della fedeltà non letterale ai sensi, quella che interpreta le immagini sensibili come orme di ciò che sensibile non è.

Non dobbiamo fermarci davanti al mondo fisico così come si presenta, né tentare di capirlo smontandolo come facciamo con i nostri prodotti. Dobbiamo interpretarlo e andare oltre. Nella sua fisicità c’è l’orma del mondo intelligibile superiore: ogni cosa naturale, anche la meno importante, ha qualcosa di sorprendente, il thauma2, qualcosa che segnala il divino.

Il thauma, l’orma del divino, non è il miracolo che interrompe la regolarità della natura, non è il fine mirabile a cui la struttura delle cose sembra orientata, né l’ordine geometrico del mondo.

Plotino non solo respinge decisamente il meccanicismo di Democrito e di Epicuro, ma, interpreta Platone ed Aristotele con una certa forzatura, liberandoli da ogni idea di progettualità e di finalità all’origine della natura.

Il mondo non è un prodotto meccanico, non è la realizzazione di un progetto divino, neppure realizza la finalità oggettiva aristotelica. Il mondo deriva con necessità da Dio. Lo vedremo più avanti.

Il thauma, l’orma da prendere in considerazione, è ciò che di apparentemente contraddittorio presenta l’esperienza, l’unità complessa delle cose. Essa non va smontata, come fanno i meccanicisti, ma anche i finalisti, che riducono l’unità delle cose ai loro elementi e al fine che li terrebbe insieme.

Smontare l’unità complessa delle cose significa prendere troppo alla lettera l’apparire sensibile della complessità e non cogliere il carattere essenziale dell’unità delle cose. E’ un errore che accomuna filosofie diverse, anche opposte. Gnostici ed epicurei, ad esempio, sono agli antipodi nella valutazione della realtà materiale e nelle proposte morali, ma, gli uni e gli altri si fermano ai dati immediati del mondo fisico senza accorgersi delle tracce, delle orme del divino presenti in esso.

Ugo Bonanate spiega: “Pur valutando il sensibile in maniera antitetica, gnostici ed epicurei sono d’accordo nell’attribuirgli un’evidenza innegabile (…) giungono ad interpretare la realtà come talmente esplicita nel manifestare la sua natura da impedirsi di scoprire quelle ulteriori valenze che un diverso – più articolato e sfumato – giudizio sul sensibile permette invece di individuare. La conoscenza della realtà, immagine che è anche orma, richiede, quale condizione preliminare, di accettare che il suo carattere non sia esplicito e di ammettere che in essa si dispongono livelli sovrapposti”.3

La natura va interpretata, non solo letta: essa rimanda ad altro, allo spirito, al mondo intelligibile, al divino.

La domanda che l’atteggiamento di Plotino nei confronti del proprio corpo suscita trova qui i primi elementi di risposta: Plotino si vergogna di essere nel corpo, non offre i suoi dati sulla nascita e sul mondo in cui s’è formato, né vuole che un pittore lo ritragga, perché i suoi tratti del viso e i suoi dati biografici vanno interpretati, non riprodotti con fedeltà letterale: rimandano alla sua realtà vera, di cui sono solo un’immagine – orma.

Davanti ad un’orma non ci si ferma a copiarla, a fissare in memoria i suoi elementi, ma, si cerca ciò a cui essa rimanda, si cerca altro.

Sulla scia di Plotino si muove, in tempi a noi vicini, Bergson. Bergson non respinge il fotografo, ma sulla natura si orienta come Plotino.

All’inizio del secolo scorso Bergson, nelle sue riflessioni sull’evoluzione e sulla vita si accorge di quanto la sua filosofia sia vicina a quella di Plotino, così lontana nel tempo, e di quanto profondamente Plotino lo abbia preceduto nella sua critica a quello che lui chiama “scientismo”. Inizia, allora, a tenere lezioni su Plotino al Collège de France.

Per Bergson è scientismo quel positivismo che, nella seconda metà dell’Ottocento, enfatizza la scienza fino a non riconoscerne più limiti di validità e di estensione. E’ l’atteggiamento di chi pensa che il metodo della scienza possa essere impegnato in ogni tipo di conoscenza e che con esso sia possibile finalmente risolvere anche le millenarie questioni metafisiche. Ad esso Bergson propone cautela e sobrietà: “Noi abbiamo soltanto domandato alla scienza di restare scientifica, di non avvolgersi in una metafisica inconsapevole che si presenta allora agli ignoranti, o ai semidotti, sotto la maschera della scienza.”4

“In Plotino, come in Bergson, c'è una unità originaria che non nasce da una composizione o da una scomposizione, c'è una unità originaria che si manifesta a livello sensibile in queste forme viventi, le quali sono unitarie alla loro origine, non per effetto di una composizione, di un montaggio. Paragoniamo, ad esempio, l'unità di un cavallo con quella di un'automobile. L'unità di un'automobile è dovuta al fatto che il costruttore l'ha progettata in un certo modo e poi ha indicato certi materiali da modellare e da mettere insieme, cosa che viene fatta alla catena di montaggio. Questo non avviene affatto per il cavallo. Esso ha un'unità originaria che si esprime, si espande, poi si fissa in un organismo la cui unità originaria non è dovuta ad una azione artificiale di qualcuno che l'abbia costruito, ma è dovuta al fatto che è l'espressione molteplice o articolata in tanti organi di una unità non composta. Questo concetto dell'unità è quello che unisce Bergson a Plotino e che dà luogo ad una critica di quello che Bergson chiama il finalismo. Bergson, cioè, non accetta l'idea della natura meccanica della realtà, ma non accetta neanche l'interpretazione di questa realtà naturale come il prodotto di un finalismo, cioè come prodotto di un progetto che abbia anzitutto delineato il punto a cui si voleva arrivare e poi abbia messo insieme, abbia composto dei pezzi o degli elementi per dar luogo a questo risultato. Per Bergson il finalismo non è altro che un meccanicismo a cui si premette l'idea del tutto; la natura non nasce così, non nasce da un progetto, nasce da una espressione, da una estrinsecazione, questo è il punto di vista che lo avvicina a Plotino”.5

Gli odierni progressi delle biotecnologie offrono nuovi elementi a chi pensa che tutte le cose, anche quelle viventi, si possano conoscere smontandole e rimontandole, ma anche gli argomenti di Plotino vengono aggiornati nell’eterno dibattito metafisico. Ecco ad esempio, che cosa scrive Vittorio Mathieu, autore del passo su Bergson appena citato:

“Anche oggi, che si esegue la fecondazione in vitro e, cosa ben più importante, si decifra il linguaggio con cui i viventi si trasmettono informazioni, non siamo affatto in condizione di capire in che senso questo linguaggio "informi" in senso aristotelico. Analizziamo lo strumento con cui il vivente parla e possiamo, a volte, influire sul significato e quindi sui risultati del suo discorso; ma, per ora, non siamo affatto capaci di "parlare" a quel modo. Forse lo saremo un giorno. E allora le considerazioni che Plotino fa sulla vita (metafora che usa continuamente) andranno spostate più in là. Per ora, però, la sua riserva rimane valida: non siamo padroni della phýsis della vita, se non per un aspetto del tutto marginale. Il suo generarsi originario non avviene secondo i modi in cui operiamo, e cioè per uno spostamento di elementi: avviene in un altro modo, che non siamo in grado di progettare”.6

Plotino non è sepolto nel passato remoto, il suo messaggio rivive nelle battaglie di oggi: non dobbiamo studiare la natura come se potessimo diventarne padroni, ma interpretando le sue orme che rinviano ad altro, al divino, ad Altro, all’Uno.

Note

1 Ugo Bonanate, Orme ed enigmi nella filosofia di Plotino, Franco Angeli, Milano 1985, pag. 30.

Ugo Bonanate, nato nel 1939, si è formato a Torino alla scuola di Abbagnano ed è ordinario di Filosofia morale all’Università di Torino.

2 Enneade, III, 3, 3.

3 Ugo Bonanate, Orme ed enigmi nella filosofia di Plotino, Franco Angeli, Milano 1985, pag. 31.

4 La pensée et le mouvant, 1934, 3° ed., pag. 83. Ho tratto la citazione dal Dizionario di Filosofia di N. Abbagnano alla voce Scientismo.

5 Intervista di Rai Educational a Vittorio Mathieu del 17/12/1987. Vittorio Mathieu è nato nel 1923 e si formato a Torino alla scuola di Augusto Guzzo.

6 Vittorio Mathieu, Come leggere Plotino, Bompiani 2004, pag. 34.


Fonte: ANNO ACCADEMICO 2009-10 - UNIVERSITA’ POPOLARE DI TORINO

Torino 16 ottobre 2009

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999.

Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf)

Plotino (pdf)

L'altare della Vittoria e il crocifisso (pdf)


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 26-04-2015