SCHELLING: LA FILOSOFIA DELLA NATURA)

TEORICI
Politici Economisti Filosofi Teologi Antropologi Pedagogisti Psicologi Sociologi...


SCHELLING: LA FILOSOFIA DELLA NATURA

(1775-1854)

Schelling

I - II - III - IV - V

Giuseppe Bailone

Fichte si presenta come l’erede di Kant, capace di portare a compimento la sua rivoluzione filosofica, avviata con l’affermazione dell’imperativo categorico come dato della ragione, ma interrotta dopo quel primo passo. Anche Schelling pensa che Kant abbia aperto una nuova strada alla filosofia e si sia, però, fermato ai suoi primi passi. L’opera kantiana che Schelling considera centrale nella sua rivoluzione copernicana è la Critica del giudizio. In particolare, in quest’opera apprezza l’idea di organismo come realtà unitaria che ha in sé il proprio principio di organizzazione e, ancor più, l’estensione di quest’idea alla considerazione della natura come totalità unitaria orientata a un fine.

Schelling sa bene che in Kant la riflessione teleologica sulla natura non ha valore scientifico, anche se risponde a un bisogno profondo dell’uomo. Queste cautele kantiane, però, non fermano il suo slancio rivoluzionario, alimentato anche dagli studi delle nuove scoperte scientifiche, soprattutto in chimica e in biologia, che mettono in crisi il determinismo meccanicistico di tanta scienza naturale del Settecento, profondamente influenzata da Newton. Contribuisce a questa maturazione anche lo studio della filosofia di Spinoza, il cui oggettivismo appare a Schelling complementare al soggettivismo fichtiano. Anche la filosofia di Giordano Bruno, oggetto di profonda attenzione da parte di Schelling, vi ha una parte importante.

Nella primavera del 1797 esce il suo primo importante lavoro filosofico sulla natura, Idee per una filosofia della natura: introduzione allo studio di questa scienza. L’identità di natura e spirito (“la natura è lo spirito visibile e lo spirito è la natura invisibile”) è, in questo scritto, espresso con molta chiarezza: “la natura in sé stessa necessariamente e originariamente non solo esprime, ma realizza di fatto le leggi dello spirito”. Espressione questa, che segna la distanza ormai incolmabile da Kant, per il quale la riflessione estetica e teleologica è solo la risposta soggettiva (anche se questa soggettività non è individuale, bensì universale) al bisogno umano di cercare un’armonia tra la fede morale nella libertà e il determinismo del mondo fisico. Questa distanza cresce ancora nello scritto che esce l’anno dopo Sull’anima del mondo: ipotesi di fisica superiore per illustrare l’organismo universale. Qui, dall’idea di un’anima del mondo come unico principio vitale si arriva a sostenere la nozione di materia vivente, respinta da Kant.

In questi scritti, vivamente apprezzati da Goethe e dai romantici, si denuncia l’insufficienza e l’insostenibilità del meccanicismo, mentre si nega anche ogni concezione personalistica della divinità. Si sostiene, infatti, la natura inconscia dello spirito che si manifesta nei fenomeni naturali.

L’azione inconscia dello spirito nella natura, però, non dev’essere accostata alla posizione fichtiana del Non-Io da parte dell’Io: è l’azione dell’anima del mondo, con chiaro riferimento al Timeo platonico e alla tradizione neoplatonica sia antica che rinascimentale.

Schelling è ormai distante da Kant, dalle concezioni tradizionali e personalistiche della divinità, ma anche da Fichte.

L’approdo della sua filosofia all’identità di natura e spirito è, per lui, un ritorno alle origini del pensiero occidentale: “Già nei tempi più antichi – scrive – si riteneva che tutto quanto l’universo fosse compenetrato da un principio vivificante detto anima del mondo, e la più recente epoca di Leibniz assegnò ad ogni pianta la sua anima”.1

È anche un ritorno alla condizione umana primitiva, anteriore alla riflessione.

“Come sia possibile un mondo fuori di noi, come sia possibile una natura e con essa l’esperienza, sono domande che dobbiamo alla filosofia, o, meglio, è proprio con queste domande che è sorta la filosofia. Prima gli uomini erano vissuti in una specie di filosofico stato di natura. Allora l’uomo era ancora tutt’uno con se stesso e con il mondo circostante. Questo stato traspare ancora in oscure reminiscenze anche al pensatore che più se ne sia sviato. Se deplorevoli esempi non li seducessero, molti non lo abbandonerebbero mai, e sarebbero felici in se stessi, giacché la natura spontaneamente non emancipa nessuno dalla propria tutela, e nessuno è nato figlio della libertà. Non sarebbe neanche comprensibile come l’uomo abbia potuto lasciare quello stato, se non sapessimo che il suo spirito, il cui elemento è la libertà, aspira a rendersi libero, e doveva prima svincolarsi dai ceppi della natura e delle sue cure, e affidarsi alla sorte incerta delle proprie forze, per poter ritornare un giorno – come vincitore e per merito proprio – a quello stato in cui aveva trascorso ignaro di se stesso la fanciullezza della propria ragione”.2

In questo viaggio di ritorno, il giro di boa è il superamento del meccanicismo.

“Ora, il meccanicismo è ben lungi dal costituire da solo la natura. Infatti, non appena entriamo nel campo della natura organica ogni collegamento meccanico di causa ed effetto vien meno. Ogni prodotto organico sussiste per se stesso, la sua esistenza non dipende da un’altra esistenza. Ora, la causa non è però mai identica all’effetto: un rapporto di causa ed effetto è possibile solo fra cose affatto diverse. L’organismo, invece, produce se stesso, scaturisce da se stesso: ogni singola pianta non è che il prodotto di un individuo della sua specie, e così ogni singolo organismo produce e riproduce all’infinito soltanto il proprio genere. Nessun organismo quindi procede in avanti, ma ritorna sempre in se stesso all’infinito. Pertanto un organismo come tale non né causaeffetto di una cosa fuori di esso, e quindi non è qualcosa che possa inserirsi nel nesso di causa ed effetto. Ogni prodotto organico porta in se stesso la ragione della propria esistenza, giacché è causa ed effetto di se stesso. Nessuna parte singola potrebbe sorgere se non in questo tutto, e questo stesso tutto consiste solo nell’azione reciproca delle parti. In ogni altro oggetto le parti sono arbitrarie: esse esistono solo in base alla mia divisione. Soltanto nell’essere organizzato le parti sono reali, ed esistono senza il mio intervento, poiché tra esse e il tutto esiste un rapporto oggettivo. A fondamento di ogni organismo sta quindi un concetto, giacché là dove vi è relazione necessaria del tutto con le parti e delle parti col tutto, ivi c’è il concetto. Ma questo concetto abita nell’organismo stesso, e non ne può venir separato: l’organismo organizza se stesso, e non è soltanto un’opera dell’arte, il cui concetto si trova fuori di essa, nella mente dell’artista. Non solo la forma, ma anche l’esistenza dell’organismo è conforme a scopi. Esso non potrebbe organizzarsi se non fosse già organizzato. La pianta si nutre e si mantiene in vita assimilando sostanze esterne, ma essa non può assimilare nulla senza essere già organizzata. Il mantenersi in vita del corpo vivente è legato alla respirazione. L’ossigeno che esso inspira viene scomposto nei suoi organi, per poi scorrere come fluido elettrico nei nervi. Ma per rendere possibile questo processo è necessario che vi sia già organizzazione. L’organizzazione si forma quindi solo dall’organizzazione. Appunto per ciò forma e materia sono inseparabili nel corpo organico: questa determinata materia non poteva sorgere e svilupparsi se non insieme con questa determinata forma, e viceversa. Ogni organismo è dunque un tutto: la sua unità si trova in lui stesso, e non dipende dal nostro arbitrio pensarlo come un’unità o come una molteplicità. Il rapporto di causa ed effetto è qualcosa di transitorio, di dileguante, mera apparenza, nel senso comune del termine. L’organismo invece non è mera apparenza, ma esso stesso oggetto, e più precisamente un oggetto sussistente di per se stesso, in se stesso intero e indivisibile; e poiché la forma è inseparabile dalla materia, l’origine di un organismo in quanto tale non è più spiegabile meccanicisticamente di quanto lo sia l’origine della materia stessa”.3

La natura è vita e attività. È omogenea allo spirito. Tra spirito e natura c’è perfetta circolarità: lo spirito non va pensato come successivo allo sviluppo dei diversi momenti di espressione della natura, o viceversa; spirito e natura sono aspetti paralleli di un unico processo; la natura non è, nel suo sviluppo, anteriore allo spirito e lo spirito non ne è il superamento.

L’identità di natura e spirito e una profonda conoscenza degli ultimi sviluppi delle ricerche nelle varie scienze naturali guidano Schelling nella costruzione di un’articolatissima fisica speculativa. In essa il finalismo, acquisita natura rigorosamente conoscitiva (quella che mancava nel giudizio riflettente di Kant), ha una posizione centralissima.

La costruzione di una fisica speculativa esige una preliminare chiarezza sulla differenza fra speculazione ed empiria.

“Come empiria la fisica non è altro che raccolta di fatti, referto di quanto osservato, di quanto accaduto in condizioni naturali o modificate. Quella che oggi si chiama fisica è una gran confusione di empiria e di scienza, e appunto perciò non è né l’una né l’altra.

Il nostro scopo, riguardo a quest’oggetto, è appunto quello di separare scienza ed empiria come anima e corpo, e, non accogliendo nella scienza nulla che non sia passibile di una costruzione a priori, di spogliare l’empiria di ogni teoria e di restituirla così alla sua originaria nudità.

Ora, l’antitesi tra empiria e scienza consiste precisamente in questo, che quella considera il proprio oggetto nel suo essere come qualcosa di definitivo, di realizzato, la scienza invece considera il proprio oggetto nel suo divenire e come qualcosa che dev’essere ancora realizzato. Non potendo muovere da ciò che è un prodotto, cioè cosa, la scienza deve muovere dall’incondizionato. La prima ricerca della fisica speculativa è quella che concerne l’incondizionato nella scienza della natura”.4

Per Schelling la natura è pervasa da uno slancio formativo che determina la sua organizzazione e che è lo steso che anima lo spirito.

L’acquisizione di questo principio formativo gli consente di vedere la natura come un continuo divenire e organizzare in unità i molti suoi fenomeni attraverso le opposizioni, i contrasti, che la caratterizzano. Alla radice del movimento vitale della natura c’è, infatti, una polarità, per la quale l’organizzazione unitaria della natura scaturisce dall’opposizione delle forze contrarie.

“L’unità e la totalità della natura – spiega Pareyson – sono il principio e il termine dell’organizzazione: l’anima del mondo, principio positivo della vita e prima forza della natura, afferma l’unità scandendola nella dualità, giacché non v’è unità senza opposizione né opposizione senza unità. E come l’unità della natura si afferma attraverso la dualità, così la totalità si afferma attraverso la molteplicità, sì che l’organizzazione non può fare a meno di quell’impulso formativo mediante il quale la natura si concentra e si individua nei suoi infiniti prodotti, e insieme li raccoglie e li stringe in un grande organismo universale dominato dall’azione reciproca”.5

Torino 15 febbraio 2016

Note

1 Introduzione alle Idee per una filosofia della natura come introduzione allo studio di questa scienza, in Luigi Pareyson, Schelling, presentazione e antologia, Marietti 1975, p. 143.

2 Ib. pp. 137-8.

3 Ib. pp. 140-41.

4 Ib. pp. 157-58.

5 Ib. p. 22.

Giuseppe Bailone ha pubblicato Il Facchiotami, CRT Pistoia 1999. Nel 2006 ha pubblicato Viaggio nella filosofia europea, ed. Alpina, Torino.

Nel 2009 ha pubblicato, nei Quaderni della Fondazione Università Popolare di Torino, Viaggio nella filosofia, La Filosofia greca.

Due dialoghi. I panni di Dio – Socrate e il filosofo della caverna (pdf) Plotino (pdf) L'altare della Vittoria e il crocifisso (pdf)

Bibliografia

Schelling, Lettere filosofiche su dogmatismo e criticismo, Nuova deduzione del diritto naturale, ed. Sansoni 1958.
" , Introduzione alle Idee per una filosofia della natura in L'empirismo filosofico e altri scritti (a c.di G. Preti), La Nuova Italia 1967.
" , Sistema dell'idealismo trascendentale, Laterza 1965.
" , Esposizione del mio sistema filosofico, Laterza 1969.
" , Scritti sulla filosofia, la religione e la libertà, Mursia 1974.
" , Ricerche filosofiche sull'essenza della libertà umana, Laterza 1974.
" , Lezioni monachesi sulla storia della filosofia moderna, Esposizione dell'empirismo filosofico, Sansoni 1950.
" , Filosofia della rivelazione, Zanichelli 1972.
" , Schelling (a c. di Pareyson), Marietti 1975.
" , Bruno, Bocca Torino 1906.

Download


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Teorici
 - Stampa pagina
Aggiornamento: 12-04-2016