Il lato oscuro di un pregiudizio

Livio Scorolli

1. Premessa;
2. Ancora su natura e cultura;
3. Futuere;
4. Per concludere;
5. Specchietto.



1. Premessa

Se da un lato sostenere i diritti degli omosessuali è un impegno civile per chi rifiuta ogni forma di discriminazione, dall'altro portare alla consapevolezza le cause del pregiudizio è l'unica via possibile per sensibilizzare chi è disposto a mettere in dubbio le proprie certezze. Sembra quindi opportuno analizzare il pregiudizio dall'angolazione di chi ne è portatore e indipendentemente da chi ne è vittima, poiché per definizione esso è un difetto di conoscenza da parte di colui che lo manifesta: prende forma e si alimenta prescindendo da chi è giudicato e condiziona il suo comportamento fino a renderlo inautentico.

In ogni pregiudizio, in particolare se relativo alla sfera sessuale, vi una forte componente emotiva e ideologica, quindi per giungere alle radici non basta focalizzare l'insieme circoscritto di idee preconcette. Il percorso che si seguirà è, sicuramente per qualche aspetto, inesplorato.

2. Ancora su natura e cultura

Quando si parla di omosessualità la natura viene spesso evocata per dimostrare la fondatezza di supposizioni altrimenti indimostrabili attribuendole ciò che non le appartiene; non sembrano quindi superflue alcune considerazioni preliminari.

Maschile e femminile sono categorie logiche fondate sulla rilevanza della funzionalità riproduttiva. Constatiamo negli individui umani la dominanza di due generi, ignorando per scarsa conoscenza e pregiudizio altre condizioni, e attribuiamo alla natura l'attuazione di un principio: gli esseri umani possono essere o maschi o femmine. La natura è del tutto indifferente alle categorie logiche del pensiero umano e seleziona caratteri sessuali diversificati, come per altri tratti fisici e temperamentali. Di più: recenti studi (Camperio Ciani, Carmelli, Zanzotto, 2008) hanno dimostrato che l'omosessualità maschile non solo non è contro natura, ma rientra nelle strategie evolutive ed è garanzia della continuità della specie.

È per effetto di una proiezione psicologica che si attribuiscono modalità del pensiero umano ai processi naturali e ciò che è il risultato dell'evoluzione (cioè dei complessi meccanismi della selezione naturale) viene uniformato alle categorie logiche del pensiero. E poiché la natura non si conforma al pensiero umano – anzi lo minaccia dando vita a individui che cambiano sesso nel corso della loro vita per ermafroditismo sequenziale –, i soggetti portatori di quei caratteri che per la cultura sono oscuri e inessenziali sopravvivono in ambiti emarginanti della società, avendo il difetto di non essere omologati dalla cultura. Nulla di nuovo.

La cultura – la lingua – definisce, ignora e confonde, relativamente ai caratteri che gli individui debbono possedere per essere considerati idonei rispetto all'ambiente evolutivo. I caratteri sessuali consentono di esplicitare il concetto: al di fuori di ristretti ambiti ancora oggi poco si sa dell'omosessualità e tale diffusa ignoranza non solo non è giudicata negativamente, ma nei millenni è stata favorita.

Precisando che è in argomento l'omosessualità maschile (dell'omosessualità femminile, il cui corrispondente pregiudizio è molto attenuato, si dirà oltre), cosa si ignora? Ad esempio come si attua il rapporto: non la relazione amorosa, su cui non mancano espliciti documenti, fin dall'antichità classica, ma il rapporto fisico che, per semplificata analogia, viene concepito sulla falsariga del rapporto eterosessuale. La cultura omofobica poco sa l'erotismo omosessuale e per rappresentarselo non può che adottare il modello eterosessuale. In base a tale modello l'omosessuale è il soggetto passivo (la femmina) ma il ruolo del soggetto attivo resta inconcepibilmente appannato; viene cioè ignorato colui che nel pregiudizio (gli omosessuali non accettano la distinzione dei ruoli attivo e passivo) dovrebbe essere il soggetto attivo.

È questa figura evanescente che si vuole mettere a fuoco: con una vena di ironia, il deus ex machina che scende dall'immaginario e scioglie l'intreccio.

3. Futuere

Se si adotta il modello eterosessuale, coloro ai quali viene attribuito il ruolo sessuale attivo, sia nell'omosessualità maschile che nell'eterosessualità, hanno in comune l'erezione e la capacità di fottere (dal latino futere, cioè avere rapporti carnali con significato osceno, e fututus, usato come sinonimo di stupratus; in greco phyteyo [= pianto] costituisce una metafora di generare). Se si supera il fastidio per l'uso del termine volgare, si comprenderanno le ragioni della scelta lessicale.

Colui che svolge il ruolo sessuale attivo fotte, ha rapporti carnali con maschi e/o femmine. Si sarebbe potuto usare copula in quanto in ambedue i casi vi è accoppiamento, congiungimento; se però si considera, come si vuole, un accoppiamento indifferenziato, indipendente dal sesso del partner, il termine fottere sembra più appropriato. E dicendo accoppiamento indifferenziato non ci si riferisce all'accoppiamento del bisessuale, ma alla potenzialità di un organo che può, indifferentemente dal partner, piantare il seme, anche su terreno sterile, con l'effetto di produrre piacere erotico.

Il termine fottere viene usato anche per imbrogliare raggirare buggerare, di fatto sinonimi di "inculare" (avventurandosi nei territori di quello che la psicoanalisi chiama Es, è il caso di mettere da parte moralismi e ipocrisia). Essere fottuti crea ansie e angosce. Per indicare l'imbroglio, il raggiro, la fregatura si usa una metafora sessuale: non è una stranezza? L'argomento andrebbe affrontato con competenza e forse è stato fatto: qui si desidera circoscrivere il discorso al pregiudizio verso l'omosessualità, maschile ovviamente.

È umiliante essere raggirati, fottuti, prenderlo nel culo, e chi fotte è un bastardo (astuto, furbo, scaltro, temerario, spudorato, figlio di puttana non fa differenza). E perché non viene smascherato e additato come bastardo (astuto, furbo ecc.) colui che nel rapporto omosessuale si suppone svolga una funzione attiva? Parlando di omosessualità maschile, nell'accezione più negativa, uno dei soggetti viene penetrato, fottuto: allora perché quando si stigmatizza l'omosessualità colui che fotte viene confuso con colui cui si attribuisce un ruolo passivo? I più informati potrebbero obiettare che i ruoli non sono distinti, come si crede. Già! come si crede; infatti ciò che si crede è che l'omosessuale lo prende; colui che lo mette resta celato nel rimosso perché è colui che fa inconsciamente paura. La psicoanalisi sostiene questa interpretazione con la simbolica figura del padre sessualmente potente e temibile; ma qui non si vuole fare psicoanalisi, anche perché essa, con qualche eccezioni, non ha smascherato chi fotte accontentandosi di relegarlo nell'immaginazione nevrotica.

Non c'è nulla da temere (sessualmente e psicologicamente) da chi nell'omosessualità ha un ruolo passivo (?) eppure è il soggetto che viene umiliato perché si fa fottere; e il termine rende efficacemente la duplice accezione. Ma viene assolto colui che fotte.

Quanto di negativo la società attribuisce all'omosessualità si riversa su colui che lo prende. Però viene da fare una considerazione: se nell'immaginare l'accoppiamento tra omosessuali si mette in ombra il partner con ruolo attivo, è la passività che esprime e risolve il rapporto omosessuale così come concepito nel pregiudizio. È la passività di chi peraltro di supporrebbe destinato, da un punto di vista biologico e adeguandosi alla dicotomia M/F, a svolgere invece una funzione di penetrazione – fecondazione – che fa da potente supporto al pregiudizio. Una conferma di ciò è nel dato che il pregiudizio verso l'omosessualità femminile, come si è detto, è molto attenuato: viene concepita più come una perversione. Č che nell'omosessualità femminile è assente il rischio insito nella presenza di chi fotte. Ed è questa la chiave di volta: la paura di essere fottuti, una paura talmente corposa che induce a rimuovere, nel pregiudizio, il fantasma (attivo) e denigrare, sfottere, la persona reale (passiva?).

In sintesi: il pregiudizio associa le dicotomie maschio-femmina e attivo-passivo: l'erezione fallica e la capacità di fottere rappresentano l'elemento discriminante. E così l'omosessuale che si suppone abbia un ruolo attivo elude il pregiudizio; pregiudizio non disgiunto da quello verso la donna (i pregiudizi si associano tra loro mediante paralogismi) quando le viene attribuito un ruolo passivo. Anche una donna virile crea angosce; ma questo è un altro discorso.

4. Per concludere

L'anonimo soggetto attivo, implicitamente presente nel pregiudizio, è il fantasma di chi fotte. E se tale fantasma genera angosce è perché nutrito dal pensiero "forte" della cultura occidentale; la quale da secoli ammette, velata dalle mistificanti razionalizzazioni di valori che puzzano come pesce marcio, la rozza distinzione del genere umano in due categorie: "chi è attivo e fotte" e "chi è passivo ed è fottuto"; tacitamente assolve "chi fotte", apertamente denigra e colpevolizza "chi è fottuto". E la Legge? Il senso comune sa che la legge non è uguale tutti.

Il vero pregiudizio è che "chi fotte" è attivo (astuto, furbo, scaltro, forte, ecc.) e "chi è fottuto" è passivo (ingenuo, grullo, minchione, debole, ecc.). L'omosessuale che lo condivide parteggia per chi è causa della sofferenza che gli deriva dalla sua diversità.

Dovrebbe essere evidente che le vittime del vero pregiudizio non sono solo gli omosessuali; i quali hanno il diritto di vivere una diversità riconosciuta e compresa; ma hanno anche il dovere di rendersi consapevoli di ciò che nella loro esperienza vi è di comune ad altri esseri umani.

5. Specchietto

Si è detto che più blando è il pregiudizio verso l'omosessualità femminile.

In un universo sociale in cui il pregiudizio imperversa e il pensiero scientifico progredisce solo lì dove il profitto ne trae vantaggio, alle lesbiche si concede di vivere la loro sessualità nei limiti dell'immaginario del maschio che fotte. Perché della loro sessualità la società ne sa ancora meno che dell'omosessualità maschile; e se ne sapesse di più il pregiudizio dilagherebbe con la stessa violenza del pregiudizio verso i gay.

Nelle strategie di perpetuazione della specie il "rifiuto" della lesbica di farsi fecondare dall'organo dell'altro sesso non sarebbe da molti accettato come normale, non adeguandosi essa agli imperativi biologici; come se la natura dovesse rispettare gli imperativi che l'uomo, anche di scienza, le attribuisce. Il pregiudizio dilagherebbe soprattutto perché la diversità è la perenne minaccia per le intelligenze pigre e opportuniste.


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Registrato il: 13/03/2012 – Pubblicato il: 14/03/2012


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