LA NATURA DEL RAPPORTO DI COPPIA

L'uno in sé non esiste, non si autogiustifica. Esiste l'uno che si sdoppia, in maniera asimmetrica, formando una diade, e dallo sdoppiamento nasce il terzo elemento, e così via, in una catena senza fine.

L'uno è isolamento, solitudine. Quello vero, positivo, è intrinsecamente duale, nel senso che il due è una possibilità che prima o poi si estrinseca, senza nulla togliere all'identità dell'uno, o meglio alla sua diversità.

Infatti l'identità dell'uno, la creatività che lo caratterizza, sta nel suo sdoppiarsi. Non ha senso parlare di identità dell'uno a prescindere da quella del due. Uno e due hanno due identità diverse, altrimenti non si spiegherebbe lo sdoppiamento, e tuttavia un'identità senza l'altra non sussiste.

L'uomo, in un certo senso, cerca la donna (e la donna l'uomo) nel momento in cui ha perso o sta per perdere l'identità di sé, anche se non è molto esatto parlare di "perdita" o "smarrimento". Sarebbe sufficiente dire che l'identità si "modifica", subisce un mutamento quantitativo, senza che ciò debba comportare una modificazione qualitativa (altrimenti si sconfina nel patologico, come ad es. nella trans-sessualità). Quanto più aumenta la consapevolezza di sé tanto più ci si rende conto d'aver bisogno dell'altro, cioè ci si rende conto che l'altro è una necessità di cui non si può fare a meno, per il bene di se stessi. Quindi si perde sì qualcosa ma per guadagnarne un'altra ben più importante.

Il discorso della crisi d'identità va visto anche sul versante della donna, poiché quand'essa avverte il bisogno di "sicurezza" o di "protezione" (in questo senso andrebbe inteso il bisogno di una specifica "compagnia"), è probabile che ciò sia un indice di debolezza (frutto anche di condizionamenti sociali), per quanto nessuno si sognerebbe di colpevolizzare questa debolezza.

Dobbiamo piuttosto esigere dalla società che certi meccanismi non avvengano in maniera automatica (ad es. sposarsi, fare dei figli, mettere su casa, ecc.).

Se volessimo approfondire l'argomento dovremmo dire che non è tanto l'uomo che va alla ricerca della donna nel momento della crisi d'identità, quanto è piuttosto il lato femminile presente in lui a emergere e a spingerlo verso la ricerca di un partner: si cerca qualcuno perché si è perso qualcosa di sé o perché si va in cerca di qualcosa (che in questo caso è "qualcuno") di cui si avverte inspiegabilmente il bisogno.

L'uomo ritrova se stesso dimostrando, per mezzo della donna, di poter essere "utile", di poter convivere, nel particolare, con la "diversità". Nella donna invece il sintomo della crisi sta nella rassegnazione alla propria debolezza, all'inferiorità cui la società maschilista la costringe, e quindi nella necessità che avverte d'essere protetta dalla forza maschile.

A volte la donna cerca di superare la propria crisi, assumendo atteggiamenti analoghi a quelli del maschilismo (donna virago, amazzone, lesbica, femminista ad oltranza), ma la contraddizione invece di risolversi si acuisce; come quando, da parte dell'uomo in crisi, si avverte la necessità d'essere guidati da un "duce" avente funzione di "padre".

La donna, come persona umana, non è altro che l'estrinsecazione concreta di un aspetto dell'essere umano. La donna cioè è già dentro l'uomo, al punto che l'uomo in crisi non fa che cercare se stesso nella donna che ha di fronte. E riesce a trovare veramente un'altra persona solo quando questa persona lo aiuta a ritrovare se stesso.

Ecco perché si parla di un unico "essere umano" quando, pur nella diversità naturale delle identità, l'uomo e la donna riescono a realizzare una forte comunione d'intenti.

La donna, senza volerlo, solo per come è fatta, può rendere schiavo l'uomo dei propri sensi. Se un uomo è normale, non c'è nulla che possa attirarlo più di una donna, specie se di questa donna è innamorato. Su questo Gotama aveva assolutamente ragione. Un uomo che si sente attirato più dal potere economico o politico, sta pagando un'alienazione sicuramente più sofisticata.

Se la donna è innamorata di un uomo, è difficile che possa liberarlo dalla sua schiavitù. Dovrebbe infatti imporgli un regime di severità tale per cui potrebbe anche rischiare di perderlo. E anche se questa perdita fosse solo temporanea, per una donna può essere difficile da accettare. E poi non è semplice che un essere fisicamente debole possa imporsi su uno forte. E' in fondo nell'interesse della donna che l'uomo si mostri arrendevole nei suoi confronti. E quanto, in questo, il sesso femminile possa essere usato per uno scopo strumentale, è facile capirlo.

Le donne spesso si meravigliano di poter, in virtù della loro bellezza, indurre gli uomini alla schiavitù. Il fatto è che gli uomini cercano in ogni cosa non il relativo ma l'assoluto, e quando, in un modo o nell'altro, credono d'averlo trovato, non riescono ad avere un atteggiamento equilibrato. Per timore di perdere l'assoluto, finiscono col bruciarlo.

Probabilmente questi eccessi sono tanto più forti quanto più è forte l'alienazione che si vive personalmente, la quale ovviamente va messa in relazione con quella, assai più generale, dell'intera società.

La complessità del rapporto uomo-donna è sicuramente più profonda di quella del rapporto uomo-uomo o donna-donna. Chi non accetta questa profondità non è una persona del tutto normale, nel senso che può nutrire tendenze omosessuali o può anche avere dei complessi (p.es. dei sensi di colpa o di vergogna) nei confronti del proprio aspetto fisico o di qualche sua parte, o nei confronti della propria madre o del proprio padre (al punto da decidere di non sposarsi), oppure può addirittura essere un pedofilo o, senza cadere in morbosità così gravi, vuole restare adolescente tutta la vita (il complesso di Peter Pan).

Altre persone che rifiutano la profondità del rapporto uomo-donna, sono il misogino (p.es. il prete cattolico) e, al lato opposto, il playboy (vedi p.es. il Diario del seduttore di Kierkegaard).

Le motivazioni che possono portare a rifiutare tale profondità sono tante e su di esse si basa spesso la fortuna di molti filosofi, teologi, fondatori di religioni, psicanalisti e altri famosi pensatori della storia.

La tentazione, in questi casi, è stata sublimata in altre attività (prevalentemente intellettuali), in virtù delle quali sono stati scritti decine, centinaia di volumi sul significato della vita e sull'origine dell'universo: milioni di parole che di fronte al mistero del rapporto uomo-donna non valgono assolutamente nulla.

Nel rapporto uomo/donna la disparità fisica è così rilevante che basta un nonnulla per metterla in evidenza. Cioè anche quando in apparenza sembra dominare l'uguaglianza giuridica, politica, civile, sociale, di fatto l'uomo conserva sempre il potere per ribaltare la situazione. Questo perché tra forma e sostanza c'è un abisso.

Nei sistemi antagonistici la diversità fisica pesa come un macigno sulla testa delle donne: è una oppressione in più, cui la donna si sente costretta, non perché ve la costringe la natura, ma perché la discriminazione sociale in generale fa sentire la sua condizione una condanna. Persino il sistema socialista amministrato non è mai riuscito a risolvere questo problema.

Oggi non è più possibile pensare che la donna si debba sentire diversa proprio perché diversa. La diversità dovrebbe essere una scelta non una forzatura, dovrebbe essere un atteggiamento interiore, un prodotto della coscienza e non dei condizionamenti esterni (che poi vengono anche interiorizzati). O comunque, poiché nessuno vive come Robinson, la donna dovrebbe esser lasciata libera di scegliere i propri condizionamenti: ecco perché si dovrebbero tollerare tutte le esperienze possibili di socializzazione.

Questo -lo si comprende facilmente- non è un problema che può essere risolto affermando la pura e semplice uguaglianza giuridica. Forse non lo si risolve neppure affermando l'uguaglianza sociale. Nell'uguaglianza infatti la scelta dei ruoli dovrebbe essere libera, ovvero l'affermazione della personalità non dovrebbe essere sottoposta a condizionamenti che dipendono dalla diversità fisica. Siamo in grado di realizzare un'uguaglianza del genere?

La donna è troppo soggetta a etichettature da parte dell'uomo: è l'uomo che, in ultima istanza, decide cosa la donna può fare, cosa deve pensare, come deve essere. I mezzi di comunicazione appartengono agli uomini e quando se ne impadroniscono le donne la cultura è sempre maschilista.

Non ci può essere nessuna forma di uguaglianza, neppure quella fra uomo e uomo, se prima non si precisa il tipo di relazione umana fra uomo e donna.

Non ha senso che la donna si concepisca al servizio dell'uomo -come tutte le religioni hanno sempre detto. La donna non può affermarsi socialmente assumendo, in maniera precostituita, atteggiamenti favorevoli all'uomo o assumendo atteggiamenti di tipo maschilista, che se anche possono nuocere agli interessi di singoli maschi, fanno comunque gli interessi di una cultura non femminile.

Bisognerebbe che culturalmente passasse l'idea secondo cui l'uomo che pensa di servirsi della propria mascolinità per imporsi sulla donna, cioè per dominarla o circuirla, è semplicemente un essere ridicolo, da biasimare o da compatire.

In una situazione del genere è del tutto naturale che la donna si senta diversa anche in contrapposizione all'uomo, ovvero che la propria diversità risulti essere il frutto di una rivendicazione.

Il problema tuttavia resta sempre quello di come far convivere in maniera pacifica e democratica le diversità, di cui quella fra uomo e donna è senza dubbio la più universale.

Le regole della democrazia non possono essere dettate da nessuno, non possono essere imposte né dai più forti né dai più deboli che si ribellano ai più forti, né dalla maggioranza né dalla minoranza che vuole diventare maggioranza, né dagli uomini né dalle donne.

Probabilmente quando tutte le forme di disuguaglianza verranno un giorno risolte, rimarrà ancora da risolvere quella tra uomo e donna. O forse sarebbe meglio dire che fino a quando non si realizzerà l'uguaglianza dei sessi, ogni altra forma di uguaglianza risulterà manchevole di qualcosa.

L'uomo deve abituarsi ad accettare l'idea che la donna, per sentirsi veramente libera, ha bisogno di esercitare un potere più grande di quello che l'uomo può esercitare nei suoi confronti. E dovrebbe limitarsi a intervenire quando la donna, nell'esercitare il proprio potere, confonde la disponibilità dell'uomo in un segno di debolezza.

Come principio generale di una minima emancipazione femminile si potrebbe far valere questo: poiché nella società antagonistica la differenza fisica tra persone di sesso opposto viene fatta pesare fortemente sul cosiddetto "sesso debole", si dovrebbe considerare reciproca la libertà sessuale solo quando nella coppia l'iniziativa viene presa dalla donna; forse questo può garantire meglio ch'essa non si senta indotta ad accettare, per debolezza o quieto vivere, la volontà dell'uomo. Cioè prima di aspettare che la fine delle discriminazioni sociali comporti anche la fine di quelle fisiche, si potrebbe partire dalla lotta contro quest'ultime per arrivare a superare le altre.

UN PARTNER VALE L'ALTRO?

Che cosa vuol dire che per un uomo, posto l'amore come condizione, una donna vale l'altra (e l'uomo per la donna, naturalmente)?

Semplicemente che nel momento della scelta del partner non bisogna avere dei modelli precostituiti, ovvero bisogna essere disposti ad amare chiunque sia disposto a fare altrettanto. L'amore infatti o è reciproco o non esiste. Poiché chiunque ha bisogno d'amore, non si può amare senza essere ricambiati.

La posizione della chiesa romana, relativamente all'indissolubilità del matrimonio, qui è davvero assurda. Se c'è vero amore, il divorzio non si pone, e se l'amore non c'è, prima o poi il divorzio sarà inevitabile. Un amore obbligato è una schiavitù, e illudersi che sia libero vero autentico, quando non è reciproco, significa cadere in una doppia schiavitù. Ritenere poi che la propria libertà debba passare attraverso mortificazioni e sofferenze, questo è addirittura follia, anche se in questa follia chi più ci ha rimesso, nella storia, è stata la donna.

La scelta del partner quindi è relativa alla propria capacità d'amare. E nessuno può essere autorizzato a sentirsi così speciale, nella sua capacità d'amare, da ritenere impossibile trovare il giusto partner.

Alcuni sostengono che quanto più un uomo è determinato da una consapevolezza generale o universale delle cose (come p.es. un profeta, un filosofo, un santo, un predicatore, un fondatore di religioni, un politico rivoluzionario ecc.), tanto meno è disposto a scegliersi una donna particolare con cui vivere un'esistenza che rientra nella normalità. Naturalmente la stessa cosa si potrebbe dire per alcune donne (Ipazia, Giovanna d'Arco, Caterina da Siena ecc.).

In ogni caso questa è una caratteristica che riguarda poche persone, disposte a sacrificare la vita personale per il bene dell'umanità, e non è affatto detto che chi invece sceglie di mettersi con un partner non s'impegni nella stessa maniera per realizzare il bene universale.

In verità spesso succede che l'uomo non incontra il proprio partner perché è troppo incentrato su di sé, sui suoi problemi, sul suo modo particolare di vedere la realtà.

Naturalmente, una volta fatta la scelta, è assurdo sostenere che un partner vale l'altro. All'uomo non è data la possibilità di amare con la stessa intensità due o più donne contemporaneamente, scelte in maniera particolare, specifica, come partner della propria vita. L'uomo potrebbe farlo solo se in ogni donna si limitasse a vedere un essere umano in generale, cosa che dovrebbe però fare nei confronti di qualunque essere umano, prescindendo quindi dalla differenza di genere.

E' ovvio che nessun uomo può prescindere dalla differenza sessuale nel mentre considera la donna come essere umano in generale. Ma è altresì evidente che quando un uomo guarda la donna come essere umano in generale non può compiere una scelta particolare, innamorandosene, altrimenti tra uomo e donna non potrebbe esserci alcuna libera collaborazione per il bene dell'umanità. Una scelta particolare condiziona in modo particolare, anche se la persona scelta ha una grande capacità d'amare in maniera universale. La vicenda di Abelardo ed Eloisa è emblematica, a tale proposito.

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Teoricamente la legge islamica non vieta a un uomo di sposarsi con quattro donne contemporaneamente. Come noto lo stesso diritto non viene riconosciuto alle donne. Ma il punto non è questo.

Che la poligamia sia illimitata o ridotta a un numero massimo di partner non fa molta differenza. Infatti l'uomo non è più "universale" quanto più è ampia la sua possibilità di scelta. E' illusorio far dipendere un concetto spirituale, come la coscienza universale delle cose, da una mera questione quantitativa.

L'uomo è universale quando rinuncia ad amare la donna semplicemente per la sua specifica caratteristica fisica. Se si vuole realizzare un rapporto particolare (e quindi anche fisico), è evidente che questo rapporto deve diventare esclusivo di altri. Quanto più la particolarità è forte, tanto più deve essere esclusiva di altre particolarità, onde permettere all'universalità di potersi esprimere il più liberamente possibile.

In un regime monogamico una donna libera può collaborare più facilmente, per il bene dell'umanità, con un uomo sposato.  Non a caso in un regime poligamico le donne sono costrette a subire maggiori restrizioni nei loro rapporti personali, proprio perché l'uomo sposato teme di più l'uomo sposato che l'uomo libero.

Oggi abbiamo una tale consapevolezza delle esigenze dell'amore che non possiamo tollerare finzioni o privilegi di qualsivoglia genere. L'idea stessa di "capofamiglia" ci risulta estranea. Un uomo non può vivere con due diverse donne una medesima esperienza d'amore, proprio perché viene meno all'esigenza di assolutezza nel particolare.

E' infatti assurdo pensare che nella scelta di un rapporto particolare venga meno l'esigenza di un rapporto universale con le cose. Gli stessi uomini islamici sono spesso costretti a investire sulle loro madri un'aspettativa universale superiore a quella che possono investire sulle loro mogli. Una religione poligamica finisce sempre col dare alle madri un peso maggiore che alle mogli. Da noi è il contrario. Anzi quando un uomo sposato resta troppo attaccato alla madre, viene considerato un cattivo marito.

Nella cultura occidentale il bigamo può sì esistere ma solo ufficiosamente, non solo perché la legge gli impedisce di manifestarsi pubblicamente, ma anche perché la moglie chiederebbe immediatamente il divorzio, a meno che non avesse interesse a comportarsi diversamente. La bigamia è considerata un reato peggiore dell'adulterio, anche se sul piano pratico sono la stessa cosa. L'aspetto maggiormente ridicolo è che la bigamia non costituisce reato se uno dei matrimoni è celebrato con rito religioso senza effetti civili. Difficilmente un islamico potrebbe accettare regole giuridiche di questo genere, anche perché i figli che ha dalle sue donne li considera tutti suoi, mentre in occidente dipende molto dall'elemento psicologico dei genitori.

Sul piano etico noi invece dovremmo dire che un qualunque uomo sposato con più mogli è un relativista, è un opportunista e, in fondo, un egocentrico. Tutto il contrario dell'uomo "universale". In una situazione matrimoniale del genere è impossibile trovare due donne che provino per lo stesso uomo un sentimento che nella sua profondità sia analogo. Per provare sentimenti del genere bisogna vivere col partner un'esperienza assoluta nel particolare.

In una situazione poligamica le mogli si sentiranno rivali tra loro e per impedire litigi l'uomo sarà costretto a porre tra loro delle gerarchie, a fare delle preferenze. L'islam poligamico impone di vivere il rapporto coniugale come una forma feudale di sottomissione, dove il ruolo della donna è precostituito.

Che cos'è, in questo senso, il delitto d'onore? E' la pretesa di un'assolutezza quando ne manca il presupposto fondamentale: l'amore reciproco, che può realizzarsi solo nella reciproca libertà dei partners. La differenza tra islam e cristianesimo è che il primo tutela il delitto d'onore legalmente, come sanzione pubblica, ufficiale. Ci si illude di salvaguardare l'universalità mostrando che la sanzione è socialmente condivisa. In questa maniera si evita di discutere la causa dell'adulterio.

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Tuttavia il problema resta: a un partner con una coscienza universale delle cose, il rapporto particolare con un altro partner rischia di apparire un limite invalicabile alla sua capacità d'amore universale.

Non si può risolvere questo problema semplicemente rinunciando al matrimonio, sia perché non si può condannare un uomo sposato a vivere un'esistenza particolare con una coscienza particolare, sia perché una persona non sposata non è di per sé più universale di una sposata (come invece credono assurdamente i cattolici, che impongono il celibato ai preti). Qui a essere in gioco è il fattore della coscienza.

Il problema si può risolvere facendo sì che la coppia si ponga come obiettivo quello di realizzare, anche attraverso il loro amore particolare, una forma universale di amore, che coinvolga quante più persone possibili. Basta vedere, in tal senso, il rapporto che Marx e Lenin ebbero con le loro rispettive mogli.

Una società "aperta" dovrebbe appunto essere una società in cui la capacità di amare va oltre il rapporto di coppia. E' assurdo infatti pensare che l'amore che oggi pretendiamo di vivere in maniera assoluta nell'ambito della coppia, sia più intenso di quello che vivevano gli uomini primitivi nell'ambito del collettivo. Una coppia che si concepisce n alternativa al collettivo sociale, è una forma d'illusione.

L'amore non solo è vero se è reciproco, ma anche se in tale reciprocità la coppia vive per il bene dell'intera umanità. L'amore deve poter diventare un'esperienza collettiva di cui tutti si fanno carico. Si potrebbe anzi dire che come nella vita di coppia non esiste amore senza reciprocità, così nella vita sociale non esiste amore se non è a tutti i livelli (cioè nel campo della giustizia, dell'istruzione, della sanità ecc.).

La coppia non può pretendere di vivere l'amore se non ha la preoccupazione di realizzarlo anche sul piano sociale, collettivo.


Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Uomo-Donna
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Aggiornamento: 14/12/2018