S. MARIA DEL SUFFRAGIO

 

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Corrado Giaquinto, Natività della Vergine 
e S. Manzio
(1732).

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Corrado Giaquinto, Natività della Vergine 
e S. Manzio
(1732). Particolare.

 

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Interno con l'ancona dell'altare maggiore 
progettata da C. Giaquinto.

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Interno con la cupola.

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Particolare della cupola.

 

Benedetta il 15 settembre 1689 dal nobile cesenate mons. Nicolò D’Arcano, vescovo di Comacchio, fu progettata dall'architetto Pier Mattia Angeloni. La Compagnia di S. Maria del Suffragio (su modello dell'Arciconfraternita del Suffragio di Roma, perché con la preghiera si suffragassero le anime del Purgatorio) era già presente a Cesena nel 1635; le furono destinate sedi diverse, finché negli anni 1656-61 fu costruita ad opera della Confraternita una piccola chiesa, che poi venne demolita per dar luogo alla chiesa definitiva.

Gli arredi interni furono progressivamente abbelliti e arricchiti da donazioni di devoti e di privati tra il XVII e il XVIII secolo (si ricordano l'altare sul lato destro e le argenterie sacre donate dal nobile cesenate Mario Abati), ma anche a spese della stessa Compagnia  la quale,  già agli inizi del sec. XVIII,  disponeva di un cospicuo patrimonio derivato da lasciti testamentari.

Dopo l'invasione napoleonica, il governo francese soppresse la Confraternita, ne confiscò i beni e spogliò la chiesa di numerosi oggetti d'arte (fra cui i candelabri d'argento); dopo di che la chiesa rimase semplice rettoria.

            

L'impianto distributivo dell'edificio è a pianta rettangolare, caratterizzato da quattro grandi pilastri (due per lato) che suggeriscono una divisione in navate e che, movimentando la pianta piuttosto essenziale, sostengono una piccola cupola dal cui centro s'innalza una lanterna ottagonale alta circa due metri: presumibilmente l'impianto utilizzò parte di quello dell'edificio preesistente (le due campate del vestibolo e del corpo vero e proprio) a cui fu aggiunto il nuovo presbiterio con l'altare maggiore affiancato da due coretti.

 

Nella zona presbiteriale, coperta da volta a crociera, si eleva l'altare maggiore in marmi policromi, realizzato nel 1754.

 

Furono invece eseguiti nel 1781 da Francesco Calligari i due angeli stefanofori assestati sulle spalle del timpano, a seguito della decorazione a stucco dell'interno, su cui troneggia la grande pala di Corrado Giaquinto raffigurante la Natività della Vergine e S. Manzio (1754), rappresentazione di gusto squisitamente rococò, inserita nella bella ancona in marmo disegnata dallo stesso Giaquinto ma eseguita dal marmorino Giovanni Fabbri da Fossombrone (che pure curò il rivestimento della cappella della Madonna del Popolo nella Cattedrale); non sono però a lui attribuibili, ma ad Antonio Trentanove di Rimini, le due icone ai lati su pilastrini, la Carità e la Speranza .  

 

Sul lato destro, con le colonne in marmo nero,  è l'ancona Abati  (un'iscrizione sul fianco sinistro ne ricorda la munificenza), oggi altare di 
S. Liborio (originariamente fungeva da altare maggiore) su cui è posta  la pala di Francesco Andreini (1697-1751), I Santi Liborio, Giuseppe e Marco (1750), in sostituzione di una precedente tela raffigurante la Beata Vergine della neve e S. Liborio; nel 1836 al posto della figura della Vergine fu collocata una nicchia con una Vergine Addolorata  poi sostituita nel 1931 da una Vergine Desolata lignea. 

 

Sul lato opposto è l'altare di S. Antonio, acquistato dai minori Conventuali di S. Francesco nel 1771: fatto realizzare dal Cardinale Albizzi, ospitava una S. Margherita del Guercino oggi a Roma nei Musei Vaticani. La tela attuale, L'Immacolata, i Santi Giuseppe, Francesco d'Assisi, Antonio da Padova e anime del Purgatorio (1656?), è attribuita a Giovan Battista Razzani (1603-1666) e presumibilmente era stata eseguita per la chiesa precedente. Anche quest'altare fu adornato successivamente da stucchi, putti e scheletri realizzati da Francesco Callegari (1781).

 

Allo stesso autore si attribuisce pure la realizzazione dei quattro evangelisti nei pennacchi della cupola; e le quattro statue di stucco ai lati (due per ogni altare laterale) che rappresentano le Virtù cardinali.

 

Altre opere di pregio furono aggiunte dalla Confraternita negli stessi anni: si ricordano la Porta maggiore, opera dell'intagliatore A. Cardinali (1713), l'organo, acquistato nel 1780 e realizzato dalla ditta Filippo Gatti di Bologna (1761), poggiante sulla bella controfacciata realizzata da Calligari e 
 Urbini (1781), e infine la bussola e i confessionali a cui collaborò, per le parti lignee, lo stesso Urbini (1735-1814).