PIEVE DI  SAN  VITTORE  IN  VALLE

 

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A circa Km. 5 da Cesena, lungo la via sarsinate, sulla sinistra del Savio, sorge l'antica Pieve di S. Vittore in Valle, citata per la prima volta in un atto di vendita risalente al 919. E' pure espressamente menzionata in Pulon matt, cantlena aroica dall'anonimo cantore cinquecentesco, quando ricorda gli amori di Pulon e di Vittoria.

La pieve era dotata di una vasta giurisdizione: in un diploma del vescovo Letone del 1186  si legge che l’estensione del pievato andava dal Ponte Vecchio, alle porte di Cesena, fino al torrente Borello (a ponte Sapis usque ad Borelli flumen). L’area presumibilmente ricalcava le dimensioni dell’antico pagus romano. Il centro rurale è  ancor oggi attraversato dalla via che da Ravenna, per Sarsina, collegava il versante romagnolo con quello toscano, lungo la val Tiberina: non a caso infatti sorgeva nel borgo anche un Ospedale per pellegrini, scomparso senza lasciare tracce.

L’edificio plebano ha subito nel corso dei secoli numerosi restauri e rifacimenti, tanto che sopravvivono scarse tracce della sua storia più antica, presumibilmente risalente all'VIII – IX secolo (ma sull’epoca di costruzione si fanno diverse ipotesi): la struttura originaria, di cui si abbia sicura testimonianza, era romanica in forma basilicale a tre navate, con abside a sette facce rivolta ad oriente. L’impianto generale dal punto di vista planimetrico è rimasto inalterato: le tre navate sono suddivise da una doppia fila di sette pilastri in muratura con appendice a forma di “T”. Altri elementi originali sono le decorazioni in cotto a raggera distribuite lungo la tribuna esterna; le finestrelle di forma allungata nei tre lati centrali dell’abside; il motivo delle doppie arcatelle sui fianchi della navata principale, nonché la caratteristica decorativa delle raggere e semiraggere tipica di molti edifici tardoravennati.

Nel sec. XVII fu ridotta ad una sola navata e anche la facciata fu rifatta in stile barocco; nel corso del secolo successivo fu nuovamente riportata a tre navate, con otto archi a tutto sesto poggianti su sette pilastri. Il restauro conservativo più imponente fu eseguito tra il 1926 e il 1933, che ricondusse allo stile originario l'intera struttura. Altro restauro di ripristino fu infine eseguito nel 1958, che però ricostruì arbitrariamente la facciata. L'abside è semicircolare, con tre piccole finestre a tutto sesto; la cripta, situata sotto il presbiterio, ripristinata nel 1926 e probabilmente risalente all’XI secolo, è di forma poliedrica (11 lati) e la copre un soffitto "a conchiglia". Il campanile fu invece ricostruito nel 1837: della torre campanaria risalente forse alla fase romanica della chiesa, non ne è restata traccia.

 

In origine la chiesa era abbellita di affreschi (tracce sono state osservate nella parte destra del tamburo absidale e della navata centrale). Oggi si conserva, sul lato sinistro, entrando, un frammento di affresco d’età rinascimentale  raffigurante una Madonna con Bambino e Santi.

Infine alla sinistra dell'altare maggiore si può ammirare una tela raffigurante una Madonna con Bambino (fine sec. XVIII) di Anonimo, attribuita alla scuola del Milani.