TEATRO COMUNALE "A. BONCI"

 

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L'armoniosa facciata neo-classica.

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Timpano del frontone

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Palcoscenico e (sotto) palchi

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sotto: affreschi della volta.

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Il bellissimo soffitto

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Grazia e perfezione al Bonci.

In una società aristocratico-nobiliare lo spettacolo teatrale era un intrattenimento racchiuso e risolto nei palazzi signorili: dalle fonti documentarie abbiamo notizie di spettacoli rappresentati a Cesena fin dal Cinquecento in palazzi patrizi cittadini (oppure in Cattedrale, a seconda del genere e del tema trattato).

 

Mutate le condizioni storiche e socio-culturali (fondamentale il passaggio dall'opera seria e buffa settecentesca all'opera romantica ottocentesca), le principali città della regione si andavano dotando di teatri civici nel corso del XVIII secolo.

Anche a Cesena, pur in ritardo rispetto alla realtà romagnola, si decise di affittare per la stagione teatrale il Teatro Spada nel Palazzo Spada già Alidosi (sito ove poi sorgerà il Teatro Comunale), già da tempo adibito a spettacoli aperti al pubblico e infine costruito in legno (la struttura fu inaugurata nel 1798).

Il teatro Spada aveva la tipica struttura "all'italiana", cioè di forma ogivale con platea e tre ordini di palchi e fino al 1843 (anno in cui fu demolito per lasciare il posto al nuovo Teatro Comunale) propose un'attività  importante, prevalentemente lirica (vi cantò anche la famosa Adelaide Ristori).

Il nuovo teatro civico (solo nel 1940 sarà dedicato al grande tenore cesenate Alessandro Bonci, morto lo stesso anno) sorse nel 1846 su progetto dell'architetto Vincenzo Ghinelli (1792-1871), che aveva disegnato il teatro di Senigallia (1839), sua città natale, ed era nipote di Pietro Ghinelli (1755-1834), costruttore di teatri.

Quello di Cesena però era all'epoca l'unico esempio romagnolo di teatro "algarottiano" (l'Algarotti fu il teorizzatore della superiorità acustica dei teatri con pianta "a ferro di cavallo" e con architettura interna "permeabile"), e, in ultima analisi, il ritardo con cui la comunità cesenate aveva affrontato il problema, si risolse in un innegabile vantaggio.

E’ infatti un tipico teatro "all'italiana", a palchetti, con cavea a ferro di cavallo e quattro ordini di ventitre palchi ciascuno, oltre a due di proscenio, sovrastati dal loggione.

Divenne presto famoso per la sua perfetta acustica. Inoltre il nuovo edificio, isolato come struttura architettonica, benché ubicato nel centro della città, introduceva una nuova consistente presenza monumentale e un elemento di alta qualificazione dell'organismo urbano.

Ghinelli aveva pienamente soddisfatto i desideri della classe dirigente cesenate: il nuovo teatro, accanto ai principi di solidità, armonia e bellezza soddisfaceva tutte le esigenze sceniche e funzionali che allora privilegiavano lo spettacolo lirico.

 

La disposizione planimetrica era inoltre perfetta non solo sul piano formale: la sala vera e propria risulta affiancata da una serie di ambienti destinati ad usi vari (ridotti e foyers); due grandi scaloni conducono dall'atrio agli ordini superiori, mentre quattro scale di servizio sono poste simmetricamente agli angoli della cavea.

La facciata (neoclassica, ornata di colonne ioniche), ispirata ad esempi prestigiosi (vd. la Scala di Milano), nella parte inferiore destina il portico al transito delle carrozze, mentre la zona superiore è abbellita da undici bassorilievi in cotto con simboli allusivi all'attività della fabbrica (raffigurazione delle Muse e delle divinità classiche che presiedono all'arte della musica e della poesia); nel timpano del frontone trovano posto lo stemma del comune e le personificazioni dei fiumi Savio e Rubicone (opere  del bolognese Gaetano Bernasconi, coadiuvato dal figurista Massimiliano Putti).

Il corredo scenico fu dipinto dal veronese Pietro Venier, il sipario originale da Antonio Pio ( raffigurava Dante accolto dall'Italia nel tempio della gloria); il secondino, opera di Antonio Liverani, con veduta del ponte sul fiume Savio, è stato sostituito con la riproduzione della fontana del Masini, opera di Alessandro Bagioli e Romolo Liverani; né vanno  dimenticati  gli apporti del disegnatore cesenate  Lucio Rossi e del ferrarese Francesco Migliari (quest’ultimo in particolare per la decorazione del soffitto e della cavea), mentre il macchinario scenico veniva eseguito dal cesenate Giuseppe Ceredi, sotto la direzione di Pacifico da Bologna.

Miracolosamente scampato alle distruzioni dell'ultimo conflitto mondiale, lamentò pochi danni (servì come alloggiamento delle truppe alleate) che vennero presto riparati. Ha di recente conosciuto un restauro consistente ed è stato riaperto il 25 gennaio del 1996 in occasione del 150° anniversario della sua inaugurazione.

 

Da allora ha ripreso la sua regolare attività articolata su sei settori specifici (prosa, ricerca, balletto, concertistica, lirica e teatro ragazzi) e su un centinaio circa di spettacoli, con presenze prestigiose e qualificate.

L'illustre attività del "Comunale", lunga 150 anni, offre uno spaccato significativo della storia del teatro italiano contemporaneo:

dai grandi impresari come Vincenzo Jacovacci, Santini, Romiti, Tinti (ecc..) ad artisti del calibro di  Teresa De Luigi Borsi, Fanny Elssler, Adelaide Ristori, Ermete Novelli, Virgilio Talli, Irma Grammatica (…) e di Alessandro Bonci  (insomma  quasi tutti i "grandi" a cavallo fra Ottocento e Novecento passarono dal teatro di Cesena).

 

Questa prestigiosa tradizione è stata di recente raccolta grazie a documenti spesso unici che costituiscono l'Archivio del Teatro donato al Comune da Danilo Settefonti, ricco di manifesti e locandine, programmi di sala, costumi e fotografie,  oggetti e memorie degli spettacoli, che raccontano il teatro e che ripercorrono puntualmente la lunga storia del Bonci,  rivissuta  attraverso un'ordinata ed illustrata esposizione (nella sala Gilberto Morellini), primo nucleo del Museo del Teatro in corso di allestimento.