INTERVISTE CINEMATOGRAFICHE


RUTGER HAUER, Vita da replicante

RUTGER HAUER
venerdì 09 luglio 2004

E chi se lo aspettava: dietro il volto glaciale da replicante, capello simil alluminio e occhio azzurro vetro, si nasconde il cuore di un regista di cortometraggi. Rutger Hauer, l'attore olandese reso celebre dal ruolo dell'automa poeta Roy in Blade Runner di Ridley Scott, lo scorso luglio è giunto in Toscana per ricevere l'Airone d'oro della 55° edizione del Montecatini Filmvideo, festival di cui è testimonial.

Fino al giorno prima ad Ancona, dove ha girato il suo secondo corto, Rutger Hauer è arrivato a Montecatini per premiare con 6mila euro ed un trofeo il miglior filmmaker di corti italiano del 2004, svelando un'incredibile passione per il cinema in formato ridotto.

(Intervista di Rutger Hauer: Prima parte. Seconda parte. Terza parte. Quarta parte)

Rutger Hauer, come nasce il suo amore per il corto?

Trovo questa manifestazione molto interessante. Come trovo interessante l'arte del corto. Credo sia ora di considerarlo come una forma seria e interessante di cinema, un modo perfetto per i registi di presentare se stessi. Vale anche per me: credo che la mia carriera sia ad un punto di svolta, sto cominciando dei nuovi lavori e ritengo che questo festival potrà essere una fonte di ispirazione per molti registi.

Di svolte ne ha vissute molte, lei è un attore in continua mutazione. Ma si porta sulle spalle un'eredità pesante: il ruolo del replicante di Blade Runner...

Quel ruolo non mi abbandonerà mai. Un personaggio è qualcosa che porti sempre con te: prima lo ingerisci, subito dopo lo liberi, ma l'essenza rimane proprio perché era già in te prima che lo interpretassi.

E poi c'era il famoso monologo finale: Ho visto cose che voi umani ... Una sua idea, vero?

Non del tutto, è mia solo l'ultima frase: "E tutti quei momenti verranno persi nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire".

Sempre in tema di robot, il suo connazionale regista Paul Verhoeven le aveva offerto la parte di Robocop. Perché l'ha rifiutata?

Ho pensato che dopo aver interpretato un gran bel robot, non fosse giusto fare il bis. E poi avrei dovuto recitare con il volto coperto fino a sotto il naso e più che fare l'attore mi sembrava di fare lo stuntman. Eppure avrei voluto lavorare ancora con Paul, è stato lui il mio "padre nel cinema".

Poi ha lavorato molto anche con registi italiani: Lina Wertmuller, Ermanno Olmi, Giuseppe Ferrara... Come giudica il cinema italiano dalla sua esperienza?

La mia esperienza è troppo limitata per poter esprimere un parere. Per farlo dovrei continuare a lavorare in Italia e ne sarei felice. Ma per noi attori non c'è molta differenza: noi portiamo una maschera, splendida e terribile, con la quale si può fare qualsiasi cosa. È un modo molto interessante per nascondersi, e molto sicuro. La responsabilità per un attore sta solo nel suo ruolo, ruolo che poi deve essere incastrato all'interno di un quadro.

Un esempio può essere il film di Ferrara: I banchieri di Dio, sul caso Calvi, dove lei interpretava il Cardinale Marcinkus. Il film tratta di uno degli episodi più oscuri della nostra storia politica, è un argomento che l'appassionava?

Sono stato chiamato in Italia dal regista, voleva in tutti i modi lavorare con me. Ho pensato: "fantastico". Poi ho chiesto: "reciterò in inglese?". La risposta fu negativa ma ho deciso di farlo comunque, tanto il mio ruolo era modesto. Ho dovuto concentrarmi più sulla lingua - che mi piace molto - e sulla sceneggiatura, per il resto mi sono messo nelle sue mani, una persona splendida. Credo comunque che, a parte polemiche e censure, il film abbia fatto capire qualcosa di più su quella faccenda oscura e segreta.

Da ragazzo lei era un ribelle, insofferente al potere, si dilettava di poesia, cercava l'avventura. Quanto di quel ragazzo esiste ancora e quanto lei trasporta nei suoi personaggi?

Spero lo si possa ritrovare nel modo in cui affronto il lavoro, ma non credo nei personaggi. Comunque negli ultimi quattro giorni, ad Ancona, ho girato un corto estremamente personale nel quale ho nuotato un giorno intero con i delfini e ho ballato sopra un monumento della città. C'è un po' di pazzia in tutto questo, no?


a cura di Edoardo Semmola - www.alteredo.org
(Giornalista e Critico cinematografico)

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Arte
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Aggiornamento: 27/08/2015