F.T. MARINETTI
La sensibilità futurista
Il mio manifesto tecnico della Letteratura futurista (11 Maggio, 1912) col quale
inventai il lirismo essenziale e sintetico, l'immaginazione senza fili e le
parole in libertà, concerne esclusivamente l'ispirazione poetica.
La filosofia, le scienze esatte, la politica,
il giornalismo, l'insegnamento, gli affari, pur ricercando forme sintetiche di
espressione, dovranno per molto tempo ancora valersi della sintassi e della
punteggiatura. Sono costretto infatti, a servirmi di tutto ciò per potervi
esporre la mia concezione.
Il Futurismo si fonda sul completo rinnovamento della sensibilità umana avvenuto
per effetto delle grandi scoperte scientifiche. Coloro che usano oggi del
telegrafo, del telefono e del grammofono, del treno, della bicicletta, della
motocicletta, dell'automobile, del transatlantico, del dirigibile,
dell'aeroplano, del cinematografo, del grande quotidiano (sintesi di una
giornata del mondo) non pensano che queste diverse forme di comunicazione, di
trasporto e d'informazione esercitano sulla loro psiche una decisiva influenza.
Un uomo comune può trasportarsi con una giornata di treno, da una piccola città
morta dalle piazze deserte, dove il sole, la polvere e il vento si divertono in
silenzio, ad una grande capitale, irta di luci, di gesti e di grida...L'abitante
di un villaggio alpestre, può palpitare d'angoscia ogni giorno, mediante un
giornale, con i rivoltosi cinesi, le suffragette di Londra e quelle di New York,
il dottor Carrel e le slitte eroiche degli esploratori polari. L'abitante
pusillanime e sedentario di una qualsiasi città di provincia può concedersi
l'ebrietà del pericolo seguendo in uno spettacolo di cinematografo, una caccia
grossa nel Congo. Può ammirare atleti giapponesi, boxeurs negri, eccentrici
americani inesauribili, parigine elegantissime, spendendo un franco al teatro di
varietà. Coricato poi nel suo letto borghese, egli può godersi la lontanissima e
costosa voce di un Caruso o di una Burzio.
Queste possibilità diventate comuni, non suscitano curiosità alcuna negli
spiriti superficiali, assolutamente incapaci di approfondire qualsiasi fatto
nuovo come gli arabi che guardavano con indifferenza i primi aeroplani nel cielo
di Tripoli.
Queste possibilità sono invece per l'osservatore acuto altrettanti modificatori
della nostra sensibilità, poiché hanno creato i seguenti fenomeni significativi:
1. Acceleramento della vita, che ha oggi, un ritmo rapido. Equilibrismo fisico,
intellettuale e sentimentale sulla corda tesa della velocità fra i magnetismi
contradittorii. Coscienze molteplici e simultanee in uno stesso individuo.
2. Orrore di ciò che è vecchio e conosciuto. Amore del nuovo, dell'imprevisto.
3. Orrore del quieto vivere, amore del pericolo e attitudine all'eroismo
quotidiano.
4. Distruzione del senso dell'al di là e aumentato valore dell'individuo che
vuol vivre sa vie secondo la frase di Bonnot.
5. Moltiplicazione e sconfinamento delle ambizioni e dei desideri umani.
6. Conoscenza esatta di tutto ciò che ognuno ha d'inaccessibile e
d'irrealizzabile.
7. Semi-uguaglianza dell'uomo e della donna, e minore slivello dei loro diritti
sociali.
8. Deprezzamento dell'amore (sentimentalismo o lussuria), prodotto dalla
maggiore libertà e facilità erotica nella donna e dall'esagerazione universale
del lusso femminile. Mi spiego: Oggi la donna ama più il lusso che l'amore. Una
visita a una grande sartoria fatta in compagnia d'un banchiere amico, panciuto,
podagroso, ma che paga, sostituisce perfettamente il più caldo convegno d'amore
con un giovane adorato. La donna trova tutto l'ignoto dell'amore nella scelta di
una toilette straordinaria, ultimo modello, che le sue amiche non hanno ancora.
L'uomo non ama la donna priva di lusso. L'amante puro e semplice ha perso ogni
prestigio, l'Amore ha perso il suo valore assoluto. Questione complessa, che mi
accontento di sfiorare.
9. Modificazione del patriottismo diventato oggidì l'idealizzazione eroica della
solidarietà commerciale, industriale e artistica di un popolo.
10. Modificazione della concezione della guerra, diventata il collaudo
sanguinoso e necessario della forza di un popolo.
11. Passione, arte, idealismo degli Affari. Nuova sensibilità finanziaria.
12. L'uomo moltiplicato dalla macchina. Nuovo senso ineccanico, fusione
dell'istinto col rendimento del motore e colle forze ammaestrate.
13. Passione, arte e idealismo dello Sport. Concezione e amore del "record".
14. Nuova sensibilità turistica dei transatlantici
e dei grandi alberghi (convegni e sintesi annuale di popoli e razze diverse).
Passione per la città. Negazione delle distanze e delle solitudini nostalgiche.
Derisione del divino silenzio verde e del paesaggio intangibile.
15. La terra rimpicciolita dalla velocità. Nuovo senso del mondo. Mi spiego: gli
uomini conquistarono successivamente il senso della casa, il senso del quartiere
in cui abitavano, il senso della città, il senso della zona geografica, il senso
del continente. Oggi posseggono il senso del mondo; hanno mediocremente bisogno
di sapere ciò che facevano i loro avi, ma bisogno assiduo di sapere ciò che
fanno i loro contemporanei di ogni parte del mondo. Conseguente necessità, per
l'individuo, di comunicare con tutti i popoli della terra. Conseguente bisogno
di sentirsi centro, giudice e motore dell'infinito esplorato e inesplorato. Da
tutto ciò deriva in noi un ingigantimento del senso umano e urgente necessità di
fissare ad ogni istante i nostri rapporti con tutta l'umanità e le nostre vere
proporzioni
16. Nausea della linea curva, della spirale e dei tourniquet Amore della retta e
del tunnel. Abitudine delle visioni in scorcio e delle sintesi visuali create
dalla velocità dei treni e degli automobili che guardano dall'alto città e
campagne. Orrore della lentezza, delle minuzie, delle analisi e delle
spiegazioni minute. Amore della velocità, dell'abbreviazione, del riassunto e
della sintesi. "Raccontami tutto, presto in due parole".
17. Amore della profondità e dell'essenza in ogni esercizio dello spirito.
Ecco alcuni deglì elementi della nuova sensibilità futurista che hanno generato
il nostro dinamismo pittorico, la nostra musica antigraziosa senza quadratura
ritmica, la nostra Arte dei rumori e le nostre parole in libertà.
Le parole in libertà.
Scartando ora tutte le stupide definizioni e tutti i confusi verbalismi dei
professori, io vi dichiaro che il lirismo è la facoltà rarissima di inebbriarsi
della vita e di' inebbriarla di noi stessi: La facoltà di cambiare in vino
l'acqua torbida della vita che ci avvolge e ci attraversa. La facoltà di
colorare il mondo coi colori specialissimi del nostro io mutevole.
Ora supponete che un amico vostro dotato di questa facoltà lirica si trovi in
una zona di vita intensa (rivoluzione, guerra, naufragio, terremoto ecc.) e
venga, immediatamente dopo, a narrarvi le impressioni avute. Sapete che cosa
farà istintivamente questo vostro amico lirico e commosso?...
Egli comincerà col distruggere brutalmente la sintassi nel parlare. Non perderà
tempo a costruire i periodi. S'infischierà della punteggiatura e
dell'aggettivazione. Disprezzerà ogni cesellatura e sfumatura di linguaggio, e
in fretta vi getterà affannosamente nei nervi le sue sensazioni visive,
auditive, olfattive,le sue fulminee riflessioni secondo la loro corrente
incalzante. L'irruenza del vapore-emozione farà saltare il tubo del periodo, le
valvole della punteggiatura e i bulloni regolari dell'aggettivazione. Manate di
parole essenziali senza alcun ordine convenzionale. Unica preoccupazione del
narratore: rendere tutte le vibrazioni del suo io.
Se questo narratore dotato di lirismo avrà inoltre una mente popolata di idee
generali, involontariamente allaccerà le sue sensazioni coll'universo intero
conosciuto o intuito da lui. E per dare il valore esatto e le proporzioni della
vita che ha vissuta, lancierà delle immense reti di analogie sul mondo. Egli
darà così il fondo analogico della vita, telegraficamente, cioè con la stessa
rapidità economica che il telegrafo impone ai reporters e ai corrispondenti di
guerra, pei loro racconti superficiali. Questo bisogno di laconismo non risponde
solo alle leggi di velocità che ci governano, ma anche ai rapporti multisecolari
che il pubblico e il poeta hanno avuto. Corrono infatti, fra il pubblico e il
poeta, i rapporti stessi che esistono fra due vecchi amici. Questi possono
spiegarsi con una mezza parola, un gesto, un'occhiata. Ecco perché
l'immaginazione del poeta deve allacciare fra loro le cose lontane senza fili
conduttori, per mezzo di parole essenziali ed assolutamente in libertà.
Morte del verso libero
Il verso libero dopo avere avuto mille ragioni d'esistere è ormai destinato a
essere sostituito dalle parole in libertà.
L'evoluzione della poesia e della sensibilità umana ci ha rivelati i due
irrimediabili difetti del verso libero.
1. Il verso libero spinge fatalmente il poeta a facili effetti di sonorità,
giochi di specchi previsti, cadenze monotone, assurdi rintocchi di campana e
inevitabili risposte di echi esterni o interni.
2. Il verso libero canalizza artificialmente la corrente della emozione lirica
fra le muraglie della sintassi e le chiuse grammaticali. La libera ispirazione
intuitiva che si rivolge direttamente all'intuizione del lettore ideale si trova
così imprigionata e distribuita come un'acqua potabile per l'alimentazione di
tutte le intelligenze restie e meticolose.
Quando parlo di distruggere i canali della sintassi, non sono né categorico, né
sistematico. Nelle parole in libertà del mio lirismo scatenato si troveranno qua
e là delle traccie di sintassi regolare ed anche dei veri periodi logici. Questa
disuguaglianza nella concisione e nella libertà è inevitabile e naturale. La
poesia non essendo, in realtà, che una vita superiore, più raccolta e più
intensa di quella che viviamo ogni giorno, è come questa composta di elementi
ultravivi e di elementi agonizzanti.
Non bisogna dunque preoccuparsi troppo di questi ultimi. Ma si devono evitare ad
ogni costo la rettorica e i luoghi comuni espressi telegraficamente.
L'immaginazione senza fili
Per immaginazione senza fili, io intendo la libertà assoluta delle immagini o
analogie, espresse con parole slegate e senza fili conduttori sintattici e senza
alcuna punteggiatura.
Gli scrittori si sono abbandonati finora all'analogia immediata. Hanno
paragonato per esempio l'animale all'uomo o ad un altro animale, il che equivale
ancora, press'a poco, a una specie di fotografia. Hanno paragonato per esempio
un foxterrier a un piccolissimo puro sangue. Altri, più avanzati, potrebbero
paragonare quello stesso fox-terrier trepidante, a una piccola macchina Morse.
Io lo paragono invece, a un'acqua ribollente. V'è in ciò una gradazione di
analogie sempre più vaste, vi sono dei rapporti sempre più profondi e solidi,
quantunque lontanissimi. L'analogia non è altro che l'amore profondo che collega
le cose distanti, apparentemente diverse ed ostili. Solo per mezzo di analogie
vastissime uno stile orchestrale, ad un tempo policromo, polifonico e polimorfo,
può abbacciare la vita della materia. Quando nella mia Battaglià di Tripoli, ho
paragonato una trincea irta di baionette a un'orchestra, una mitragliatrice a
una donna fatale, ho introdotto intuitivamente una gran parte dell'universo in
un breve episodio di battaglia africana. Le immagini non sono fiori da scegliere
e da cogliere con parsìmonìa, come diceva Voltaire. Esse costituiscono il sangue
stesso della poesia. La poesia deve essere un seguito ininterrotto d'immagini
nuove, senza di che non è altro che anemia e clorosi. Quanto più le immagini
contengono rapporti vasti, tanto più a lungo esse conservano la loro forza di
stupefazione...(Manifesto della letteratura futurista 11 maggio 1912).
L'immaginazione senza fili, e le parole in libertà c'introdurranno nell'essenza
della materia. Collo scoprire nuove analogie tra cose lontane e apparentemente
opposte noi le valuteremo sempre più intimamente. Invece di umanizzare animali,
vegetali, minerali (sistema sorpassato) noi potremo animalizzare,
vegetali:zzare, mineralizzare, elettrizzare o liquefare lo stile, facendolo
vivere della stessa vita della materia. Es., per dare la vita di un filo d'erba,
dico: "sarò più verde domani". Colle parole in libertà avremo: Le metafore
condensate. Le immagini telegrafiche. Le somme di vibrazioni.I nodi di
pensieri.I ventagli chiusi o aperti di movimenti.Gli scorci di analogie.I
bilanci di colore.Le dimensioni, i pesi, le misure e la velocità delle
sensazioni.Il tuffo della parola essenziale nell'acqua della sensibilità, senza
i cerchi concentrici che la parola produce.I riposi dell'intuizione.I movimenti
a due, tre, quattro, cinque tempi.I pali analitici esplicativi che sostengono il
fascio dei fili intuitivi.
Morte dell'io letterario
Materia e vita molecolare
Il mio manifesto tecnico combatteva l'ossessione dell'io che i poeti hanno
descritto, cantato, analizzato e vomitato fino ad oggi. Per sbarazzarsi di
questo io ossessionante, bisogna abbandonare l'abitudine di umanizzare la natura
attribuendo passioni e preoccupazioni umane agli animali, alle piante, alle
acque, alle pietre e alle nuvole. Si deve esprimere invece l'infinitamente
piccolo che ci circonda, l'impercettibile, l'invisibile, l'agitazione degli
atomi, il movimento Browniano, tutte le ipotesi appassionate e tutti i dominii
esplorati dell'ultramicroscopia. Mi spiego: non già come documento scientifico,
ma come elemento intuitivo, io voglio introdurre nella poesia l'infinita vita
molecolare che deve mescolarsi, nell'opera d'arte, cogli spettacoli e i drammi
dell'infinitamente grande, poiché questa fusione costituisce la sintesi
integrale della vita.
Per aiutare in qualche modo l'intuizione del mio lettore ideale io impiego il
carattere corsivo per tutte le parole in libertà che esprimono l'infinitamente
piccolo e la vita molecolare.
Aggettivo semaforico
Aggettivo-faro o aggettivo-atmosfera
Noi tendiamo a sopprimere ovunque l'aggettivo qualificativo, poiché presuppone
un arresto nella intuizione, una definizione troppo minuta del sostantivo. Tutto
ciò non è categorico. Si tratta di una tendenza. Ciò che è necessario è il
servirsi dell'aggettivo il meno possibile e in un modo assolutamente diverso da
quello usato fino ad oggi. Bisogna considerare gli aggettivi come segnali
ferroviari o semaforici dello stile, che servono a regolare lo slancio, i
rallentamenti e gli arresti della corsa, delle analogie. Si potranno così
accumulare anche 20 di questi aggettivi semaforici.
Io chiamo aggettivo semaforico, aggettivofaro o aggettivoatmosfera l'aggettivo
separato dal sostantivo isolato anzi in una parentesi, e diventato così una
specie di sostantivo assoluto, più vasto e più potente di quello propriamente
detto.
L'aggettivo semaforico o aggettivofaro, sospeso in alto della gabbia invetriata
della parentesi, lancia lontano tutt'intorno la sua luce girante.
Il profilo di questo aggettivo si sfrangia, dilaga intorno, illuminando,
impregnando e avviluppando tutta una zona di parole in libertà. Se, per esempio,
in un agglomeramento di parole in libertà che descrive un viaggio in mare, io
pongo i seguenti aggettivi semaforici tra parentesi: (calmo azzurro metodico
abitudinario) non soltanto il mare è calmo azzurro metodico abitudinario, ma la
nave, le sue macchine, i passeggieri, quello che io faccio e il mio stesso
spirito sono calmi azzurri metodici abitudinari.
Verbo all'infinito
Anche qui, le mie dichiarazioni non sono categoriche. Io sostengo però che in un
lirismo violento e dinamico, il verbo all'infinito sarà indispensabile, poiché,
tondo come una ruota, adattabile come una ruota a tutti i vagoni del treno delle
analogie, costituisce la velocità stessa dello stile.
Il verbo all'infinito nega per sè stesso l'esistenza del periodo ed impedisce
allo stile di arrestarsi e di sedersi in un punto determinato. Mentre il verbo
all'infinito è rotondo e scorrevole come una ruota, gli altri modi e tempi del
verbo sono o triangolari, o quadrati, o ovali.
Onomatopee e segni matematici
Quando io dissi che "bisogna sputare ogni giorno sull'Altare dell'Arte" incitai
i futuristi a liberare il lirismo dall'atmosfera solenne piena di compunzione e
d'incensi che si usa chiamare l'Arte coll'A maiuscolo. L'arte coll'A maiuscolo
constituisce il clericalismo dello spirito creativo. Incitavo per ciò i
futuristi a distruggere e a beffeggiare le ghirlande, le palme, e le aureole, le
cornici preziose, le stole e i paludamenti, tutto il vestiario storico e il
bric-à-brac romantico che formano una gran parte di tutta la poesia fino a noi.
Propugnavo invece un lirismo rapidissimo, brutale e immediato, un lirismo che a
tutti i nostri predecessori deve apparire come antipoetico, un lirismo
telegrafico, che non abbia assolutamente alcun sapore di libro, e, il più
possibile, sapore di vita. Da ciò, l'introduzione coraggiosa di accordi
onomatopeici per rendere tutti i suoni e rumori anche i più cacofonici della
vita moderna.
L'onomatopea che serve a vivificare il lirismo con elementi crudi e brutali di
realtà, fu usata in poesia (da Aristofane a Pascoli) più o meno timidamente. Noi
futuristi iniziamo l'uso audace e continuo dell'onomatopea. Questo non deve
essere sistematico. Per esempio il mio Adrianopoli Assedio - Orchestra e la mia
Battaglia Peso + Odore esigevano molti accordi onomatopeici. Sempre allo scopo
di dare la massima quantità di vibrazioni e una più profonda sintesi della vita,
noi aboliamo tutti i legami stilistici, tutte le lucide fibbie colle quali i
poeti tradizionali legano le immagini nel loro periodare. Ci serviamo invece dei
brevissimi od anonimi segni matematici e musicali, e poniamo tra parentesi delle
indicazioni come: (presto) (più presto) (rallentando) (due tempi) per regolare
la velocità dello stile. Queste parentesi possono anche tagliare una parola o un
accordo onomatopeico.
Rivoluzione tipografica
Io inizio una rivoluzione tipografica diretta contro la bestiale e nauseante
concezione del libro di versi passatista e dannunziana, la carta a mano
seicentesca, fregiata di galee, minerve e apolli, di iniziali rosse a ghirigori,
ortaggi, mitologici nastri da messale, epigrafi e numeri romani. Il libro deve
essere l'espressione futurista del nostro pensiero futurista. Non solo. La mia
rivoluzione è diretta contro la così detta armonia tipografica della pagina, che
è contraria al flusso e riflusso, ai sobbalzi e agli scoppi dello stile che
scorre nella pagina stessa. Noi useremo perciò in una medesima pagina, tre o
quattro colori diversi d'inchiostro, e anche 20 caratteri tipografici diversi,
se occorra. Per esempio: corsivo per una serie di sensazioni simili o veloci,
grassetto tondo per le onomatopee violente, ecc. Con questa rivoluzione
tipografica e questa varietà multicolore di caratteri io mi propongo di
raddoppiare la forza espressiva delle parole.
Combatto l'estetica decorativa e preziosa di Mallarmé e le sue ricerche della
parola rara, dell'aggettivo unico insostituibile, elegante, suggestivo,
squisito. Non voglio suggerire un'idea o una sensazione con delle grazie e delle
leziosaggini passatiste: voglio anzi afferrarle brutalmente e scagliarle in
pieno petto al lettore.
Combatto inoltre l'ideale statico di Mallarmé,5 con questa rivoluzione
tipografica che mi permette d'imprimere alle
parole (già libere, dinamiche e siluranti) tutte le velocità, quelle degli
astri, delle nuvole, degli aeroplani, dei treni, delle onde, degli esplosivi,
dei globuli della schiuma marina, delle molecole, e degli atomi.
Realizzo così il 4° principio del mio Primo manifesto del Futurismo (20 febbraio
1909): "Noi affermiamo che la bellezza del mondo si è arricchita di una bellezza
nuova: la bellezza della velocità".
Lirismo multilineo
Ho ideato inoltre il lirismo multilineo col quale riesco ad ottenere quella
simultaneità lirica che ossessiona anche i pittori futuristi, lirismo
multilineo, mediante il quale io sono convinto di ottenere le più complicate
simultaneità liriche.
Il poeta lancerà su parecchie linee parallele parecchie catene di colori, suoni,
odori, rumori, pesi, spessori, analogie. Una di queste linee potrà essere per
esempio odorosa, l'altra musicale, l'altra pittorica.
Supponiamo che la catena delle sensazioni e analogie pittoriche domini sulle
altre catene di sensazioni e analogie: essa verrà in questo caso stampata in un
carattere più grosso di quelli della seconda e della terza linea (contenenti
l'una, per esempio, la catena delle sensazioni e analogie musicali, l'altra la
catena delle sensazioni e analogie odorose).
Data una pagina contenente molti fasci di sensazioni e analogie, ognuno dei
quali sia composto di 3 o 4 linee, la catena delle sensazioni e analogie
pittoriche (stampata in un carattere grosso) formerà la prima linea del primo
fascio e continuerà, (sempre nello stesso carattere) nella prima linea di ognuno
degli altri fasci.
La catena delle sensazioni e analogie musicali (2a linea), meno importante della
catena delle sensazioni e analogie pittoriche (1a linea), ma più importante di
quella delle sensazioni e analogie odorose (3a linea) sarà stampata in un
carattere meno grosso di quello della prima linea e più grosso di quello della
terza.
Ortografia libera espressiva
La necessità storica dell'ortografia libera espressiva è dimostrata dalle
successive rivoluzioni che hanno sempre più liberato dai ceppi e dalle regole la
potenza lirica della razza umana.
1. Infatti, i poeti, incominciarono coll'incanalare la loro ebrietà lirica in
una serie di fiati uguali con accenti, echi, rintocchi o rime prestabilite a
distanze fisse (metrica tradizionale). I poeti alternarono poi con una certa
libertà questi diversi fiati misurati dai polmoni dei poeti precedenti.
2. I poeti, più tardi, sentirono che i diversi momenti della loro ebrietà lirica
dovevano creare fiati adeguati di diversissime e impreviste lunghezze, con
assoluta libertà di accentazione. Giunsero così al verso libero, ma conservarono
però sempre l'ordine sintattico delle parole, affinché l'ebrietà lirica potesse
colar giù nello spirito dell'ascoltatore, pel canale logico della sintassi.
3. Oggi noi non vogliamo più che l'ebrietà lirica disponga sintatticamente le
parole prima di lanciarle fuori coi fiati da noi inventati, ed abbiamo le parole
in libertà. Inoltre la nostra ebrietà lirica deve liberamente deformare,
riplasmare le parole, tagliandole, o allungandole, rinforzandone il centro o le
estremità, aumentando o diminuendo il numero delle vocali e delle consonanti.
Avremo così la nuova ortografia che io chiamo libera espressiva. Questa
deformazione istintiva delle parole corrisponde alla nostra tendenza naturale
verso l'onomatopea. Poco importa se la parola deformata, diventa equivoca. Essa
si sposerà cogli accordi onomatopeici, o riassunti di rumori, e ci permetterà di
giungere presto all'accordo onomatopeico psichico, espressione sonora ma
astratta di una emozione o di un pensiero puro. Mi si obbietta che le mie parole
in libertà, la mia immaginazione senza fili esigono declamatori speciali, sotto
pena di non essere comprese. Benché la comprensione dei molti non mi preoccupi,
risponderò che i declamatori futuristi vanno moltiplicandosi e che d'altronde
qualsiasi ammirato poema tradizionale esige, per esser gustato, un declamatore
speciale.