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MANIFESTO DEI MUSICISTI FUTURISTI
11 gennaio 1911
B. PRATELLA
Io mi rivolgo ai giovani. Essi
soli mi dovranno ascoltare e mi potranno comprendere. C'è chi nasce vecchio,
spettro bavoso del passato, crittogama tumida di veleni: a costoro,non parole,
né idee, ma una imposizione unica: fine.
Io mi rivolgo ai giovani, necessariamente assetati di cose nuove, presenti e
vive. Mi seguano dunque essi, fidenti e arditi, per le vie del futuro, dove già
i miei, i nostri intrepidi fratelli, poeti e pittori futuristi, gloriosamente ci
precedono,belli di violenza, audaci di ribellione e luminosi di genio animatore.
Or è un anno, una commissione composta dei maestri Pietro Mascagni, Giacomo
Orefice, Guglielmo Mattioli,Rodolfo Ferrari e del critico Gian Battista Nappi,
proclamava la mia opera musicale futurista intitolata La Sina d'Vargöun - su un
poema pure mio ed in versi liberi - vincitrice, fra tutte le altre concorrenti,
del premio di L. 10.000 destinato alle spese di esecuzione del lavoro
riconosciuto superiore e degno, secondo il lascito del bolognese Cincinnato
Baruzzi.
L'esecuzione avvenuta nel dicembre 1909 nel Teatro Comunale di Bologna, mi
procurò un successo di grande entusiasmo, critiche abiette e stupide, generose
difese di amici e di sconosciuti, onore e copia di nemici.
Essendo entrato, così trionfalmente, nell'ambiente musicale italiano, in
contatto col pubblico, cogli editori e coi critici, ho potuto giudicare con la
massima serenità il mediocrismo intellettuale, la bassezza mercantile e il
misoneismo che riducono la musica italiana ad una forma unica e quasi
invariabile di melodramma volgare, da cui risulta l'assoluta inferiorità nostra
di fronte all'evoluzione futurista della musica negli altri paesi.
In Germania infatti, dopo l'era gloriosa e rivoluzionaria dominata dal genio
sublime di Wagner, Riccardo Strauss eleva il barocchismo della strumentazione
fin quasi a forma vitale d'arte, e sebbene non possa nascondere, con maniere
armoniche ed acustiche abili, complicate ed appariscenti, l'aridità, il
mercantilismo e la banalità dell'anima sua, nondimeno si sforza di combattere e
di superare il passato con un ingegno innovatore.
In Francia, Claudio Debussy, artista profondamente soggettivo, letterato più
che musicista, nuota in un lago diafano e tranquillo di armonie tenui, delicate,
azzurre e costantemente trasparenti. Col simbolismo strumentale e con una
polifonia monotona di sensazioni armoniche sentite attraverso una scala di toni
intersistema nuovo, ma sempre sistema, e, di conseguenza, volontaria limitazione
egli non giunge sempre a coprire la scarsità di valore della sua tematica e
ritmica unilaterali e la mancanza quasi assoluta di svolgimento ideologico.
Questo svolgimento consiste per lui nella primitiva e infantile ripetizione
periodica di un tema breve e povero o di un andamento ritmico monotono e vago.
Avendo ricorso, nelle sue formole operistiche ai concetti stantii della Camerata
fiorentina, che nel 1600 dava nascita al melodramma, non è ancora pervenuto a
riformare completamente l'arte melodrammatica del suo paese. Nondimeno, più
d'ogni altro egli combatte gagliardamente il passato e in molti punti lo supera.
Idealmente più forte di lui, ma musicalmente inferiore è G.Charpentier.
In Inghilterra, Edoardo Elgar, coll'animo di ampliare le forme sinfoniche
classiche, tentando maniere di svolgimento tematico più ricche e multiformi
variazioni di uno stesso soggetto, e cercando non nella varietà esuberante
degli strumenti, ma nella varietà delle loro combinazioni effetti equilibrati e
consoni alla nostra complessa sensibilità, coopera alla distruzione del
passato.
In Russia, Modesto Mussorgski, rinnovato attraverso l'anima di Nicolò
Rimsky-Korsakoff, coll'innestare l'elemento nazionale primitivo nelle formule
ereditate da altri e col cercare verità drammatica e libertà armonica,
abbandona e fa dimenticare la tradizione. Così procede anche Alessandro
Glazounow, pur rimanendo ancora primitivo e lontano da una pura ed equilibrata
concezione d'arte.
In Finlandia e nella Svezia, pure attraverso l'elemento musicale e poetico
nazionale, si alimentano tendenze innovatrici, e le opere di Sibelius ne danno
conferma.
E in Italia?
Insidia ai giovani e all'arte, vegetano licei, conservatori ed accademie,
musicali. - In questi vivai dell'impotenza, maestri, e professori, illustri
deficienze, perpetuano il tradizionalismo e combattono ogni sforzo per allargare
il campo musicale.
Da ciò repressione prudente e costringimento di ogni tendenza libera e audace;
mortificazione costante della intelligenza impetuosa; appoggio incondizionato
alla mediocrità che sa copiare e incensare; prostituzione delle grandi glorie
musicali del passato, quali armi insidiose di offesa contro il genio nascente;
limitazione dello studio ad un vano acrobatismo che si dibatte nella perpetua
agonia di una coltura arretrata e già morta.
I giovani ingegni musicali che stagnano nei conservatori hanno fissi gli occhi
sull'affascinante miraggio dell'opera teatrale sotto la tutela dei grandi
editori. La maggior parte la conduce a termine male e peggio, per mancanza di
basi ideali e tecniche; pochissimi arrivano a vedersela rappresentata, e di
costoro i più sborsando del denaro, per conseguire successi pagati ed effimeri
o tolleranza cortese.
La sinfonia pura, ultimo rifugio, accoglie gli operisti mancati, i quali, a loro
discolpa, predicano la fine del melodramma come forma assurda e antimusicale.
Essi d'altra parte confermano la tradizionale accusa di non essere gli italiani
nati per la sinfonia, dimostrandosi inetti anche in questo nobilissimo e vitale
genere di composizione. La causa del loro doppio fallimento è unica, e da non
ricercarsi nelle innocentissime e non mai abbastanza calunniate forme
melodrammatiche e sinfoniche, ma nella loro impotenza.
Essi si valgono, nella loro ascensione, di quella solenne turlupinatura che si
chiama musica fatta bene, falsificazione dell'altra vera e grande, copia senza
valore venduta ad un pubblico che si lascia ingannare per volontà propria.
Ma i rari fortunati che attraverso a tutte le rinunzie sono riusciti ad ottenere
la protezione dei grandi editori, ai quali vengono legati da contratti-capestro,
illusori ed umilianti, rappresentano la classe dei servi, degli imbelli, dei
volontariamente venduti.
I grandi editori mercanti imperano; assegnano limiti commerciali alle forme
melodrammatiche, proclamando, quali modelli da non doversi superare ed
insuperabili, le opere basse, rachitiche e volgari di Giacomo Puccini e di
Umberto Giordano.
Gli editori pagano poeti perché sciupino tempo ed intelligenza a fabbricare e ad
ammannire secondo le ricette di quel grottesco pasticciere che si chiama Luigi
Illica quella fetida torta a cui si dà il nome di libretto d'opera.
Gli editori scartano qualsiasi opera che per combinazione sorpassi la
mediocrità; col monopolio diffondono e sfruttano la loro merce e ne difendono
il campo d'azione da ogni temuto tentativo di ribellione.
Gli editori assumono la tutela ed il privilegio dei gusti del pubblico, e colla
complicità della critica, rievocano, quali esempio o monito, tra le lagrime e
la commozione generale, il preteso nostro monopolio della melodia e del bel
canto e il non mai abbastanza esaltato melodramma italiano, pesante e soffocante
gozzo della nazione.
Unico Pietro Mascagni, creatura di editore, ha avuto anima e potere di
ribellarsi a tradizioni d'arte, a editori, a pubblico ingannato e viziato. Egli,
con l'esempio personale, primo e solo in Italia, ha svelato le vergogne dei
monopolii editoriali e la venalità della critica, ed ha affrettata l'ora della
nostra liberazione dallo czarismo mercantile e dilettantesco nella musica. Con
molta genialità Pietro Mascagni ha avuto dei veri tentativi d'innovazione nella
parte armonica e nella parte lirica del melodramma, pur non giungendo ancora a
liberarsi dalle forme tradizionali.
L'onta e il fango che io ho denunziato in sintesi rappresentano fedelmente il
passato dell'Italia nei suoi rapporti con l'arte e coi costumi dell'oggi:
industria dei morti, culto dei cimiteri, inaridimento delle sorgenti vitali.
Il Futurismo, ribellione della vita della intuizione e del sentimento, primavera
fremente ed impetuosa, dichiara guerra inesorabile alla dottrina, all'individuo
e all'opera che ripeta, prolunghi o esalti il passato a danno del futuro. Esso
proclama la conquista della libertà amorale di azione, di coscienza e di
concepimento; proclama che Arte è disinteresse, eroismo, disprezzo dei facili
successi.
Io dispiego all'aria libera e al sole la rossa bandiera del Futurismo, chiamando
sotto il suo simbolo fiammeggiante quanti giovani compositori abbiano cuore per
amare e per combattere, mente per concepire, fronte immune da viltà. Ed urlo la
gioia di sentirmi sciolto da ogni vincolo di tradizione, di dubbi,
d'opportunismo e di vanità.
Io che ripudio il titolo di maestro, come marchio di uguaglianza nella
mediocrità e nell'ignoranza, confermo qui la mia entusiastica adesione al
Futurismo, porgendo ai giovani, agli arditi, ai temerari, queste mie
irrevocabili
CONCLUSIONI
1. Convincere i giovani
compositori a disertare licei,conservatori e accademie musicali, e a
considerare lo studio libero come unico mezzo di rigenerazione.
2. Combattere con assiduo disprezzo i critici, fatalmente venali e ignoranti,
liberando il pubblico dall'influenza malefica dei loro scritti. Fondare a questo
scopo una rivista musicale indipendente e risolutamente avversa ai criteri dei
professori di conservatorio e a quelli avviliti del pubblico.
3. Astenersi dal partecipare a qualunque concorso con le solite buste chiuse e
le relative tasse d'ammissione, denunziandone pubblicamente le mistificazioni e
svelando la incompetenza delle giurie, generalmente composte di cretini e di
rammolliti.
4. Tenersi lontani dagli ambienti commerciali o accademici, disprezzandoli, e
preferendo vita modesta a lauti guadagni per i quali l'arte si dovesse vendere.
5. Liberare la propria sensibilità musicale da ogni imitazione o influenza del
passato, sentire e cantare con l'anima rivolta all'avvenire, attingendo
ispirazione ed estetica dalla natura, attraverso tutti i suoi fenomeni presenti
umani ed extraumani; esaltare l'uomo-simbolo rinnovantesi perennemente nei vari
aspetti della vita moderna e nelle infinite sue relazioni intime con la natura.
6. Distruggere il pregiudizio della musica "fatta bene" - retorica ed
impotenza - proclamare un concetto unico di musica futurista, cioè assolutamente
diversa da quella fatta finora. Formare così in Italia un gusto musicale
futurista, e distruggere i valori dottrinari, accademici e soporiferi,
dichiarando odiosa, stupida e vile la frase:."Torniamo all'antico".
7. Proclamare che il regno del cantante deve finire e che l'importanza del
cantante rispetto all'opera d'arte corrisponde all'importanza di uno strumento
dell'orchestra.
8. Trasformare il titolo ed il valore di "libretto d'opera" nel titolo
e valore di "poema drammatico o tragico per la musica" sostituendo
alle metriche il verso libero. Ogni operista d'altronde, deve assolutamente e
necessariamente essere autore del proprio poema.
9. Combattere categoricamente le ricostruzioni storiche e l'allestimento scenico
tradizionale e dichiarare stupido il disprezzo che si ha pel costume
contemporaneo.
10. Combattere le romanze del genere Tosti e Costa, le stomachevoli canzonette
napoletane e la musica sacra, che non avendo più alcuna ragione di essere, dato
il fallimento della fede, è diventata monopolio esclusivo d'impotenti direttori
di conservatorio e di qualche prete incompleto.
11. Provocare nei pubblici una ostilità sempre crescente contro le esumazioni
di opere vecchie che vietano l'apparizione dei maestri novatori, ed appoggiare
invece ed esaltare tutto ciò che in musica appaia originale e rivoluzionario,
ritenendo un onore l'ingiuria e l'ironia dei moribondi e degli opportunisti.
Ed ora la reazione dei
passatisti mi si riversi pure addosso con tutte le sue furie. Io serenamente
rido e me ne infischio: sono asceso oltre il passato, e chiamo ad alta voce i
giovani musicisti intorno alla bandiera del Futurismo che, lanciato dal poeta
Marinetti nel "Figaro" di Parigi, ha conquistato in breve volgere di
tempo i massimi centri intellettuali del mondo.
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