LA SVOLTA DI GIOTTO
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L'ICONOCLASTIADurante il primo stadio di espansione delle icone (VI-VII sec.), né l'amministrazione delle chiese né i teologi erano intervenuti per favorire il culto delle immagini, che doveva il suo successo alle credenze sparse in larghi strati popolari fin da epoche remote. Tuttavia, proprio nel 725 fu emanato dal basileus Leone III Isaurico il primo editto che ordinava la rimozione delle icone dalle chiese. Formalmente il motivo fu che stava dilagando la superstizione; in realtà si stava cercando un pretesto per tenere la chiesa subordinata allo Stato e per stabilire un compromesso tra cristianesimo e islam al fine di contenere l'espansione di quest'ultimo. "Gli Arabi, che da decenni percorrevano in lungo e in largo l'Asia Minore, non portavano a Bisanzio solo la spada, ma anche la loro cultura, e insieme a questa, la loro caratteristica ripugnanza nei confronti della riproduzione delle sembianze umane. L'iconoclastia nasceva così nelle regioni orientali dell'impero da un caratteristico incrocio di un'accezione rigorosamente spirituale della fede cristiana, con le dottrine di settari iconoclasti e le concezioni delle antiche eresie cristologiche, come anche gli influssi di religioni non cristiane, il giudaismo e soprattutto l'Islam"(G. Ostrogorsky, Storia dell'impero bizantino, Einaudi, Torino 1975). Tra gli oppositori più significativi vi era papa Gregorio II che fu punito da Leone III con la confisca di importanti territori: il che indusse la chiesa romana a rivolgersi decisamente verso i Franchi (come noto, nell'800 il papato incoronerà Carlo Magno col titolo di imperatore del sacro romano impero, in aperta violazione del diritto imperiale bizantino, e di lì a poco scatenerà la questione dogmatica del Filioque per potersi separare definitivamente anche sul piano ideologico). Il periodo iconoclasta terminò al Concilio Niceno II del 787 e definitivamente nell'843, dopo la morte dell'imperatore Teofilo, cui successe la moglie Teodora. Finalmente si era capito, grazie soprattutto alle teologie di Giovanni Damasceno, Teodoro Studita e Niceforo di Costantinopoli, non solo che parola e immagine hanno la stessa dignità, ma anche che la venerazione dell'immagine va distinta dall'adorazione di ciò che essa rappresenta. Nel corso del X secolo la chiesa s'impossessò dell'iconografia (ma anche della miniatura e della pittura murale) come di una bandiera, capace di servire, ancor meglio dei testi, la sua ideologia. Decisivo infatti fu il contributo di questa forma di trasmissione dell'ideologia per la conversione di popoli come quello bulgaro, serbo e russo. Oriente ed Occidente avevano dunque combattuto insieme l'errore iconoclasta, ma l'atteggiamento successivo fu molto diverso: l'Occidente ha preferito la strada del razionalismo, relegando progressivamente ai margini dell'arte cristiana il simbolismo. |