PAUL KLEE: UNA RICOGNIZIONE |
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4. TEMI: LA NATURA
L'artista – aggiunge Klee – si può anche permettere "di pensare che la creazione non può essere oggi interamente terminata ed estende così questa azione creativa del mondo dal passato al futuro. In tal modo conferisce alla genesi una durata". Klee si mette sempre dal punto di vista della genesi del mondo. E, aggiunge, che l'artista "è forse un filosofo senza volerlo". Il mondo com'è, come ci appare, sostiene ancora, è troppo chiuso nel tempo e nello spazio e forse su altri pianeti "si può essere giunti a forme completamente differenti". Questa visione è, nello stesso tempo, uno dei motivi centrali di quello che Renato Barilli chiama il principio femminile, ossia della durata e della permanenza (anche qui c'è un'allusione musicale). Niente più della suggestione geologica di certi suoi dipinti può darne il senso. Qui le profondità della prospettiva sono escluse, al massimo ci sono dei carotaggi, ma sempre svolti su un piano bidimensionale, così come si riporta un rilievo su una carta geografica. Klee è un grande cartografo dell'immaginario. Ma il suo geometrismo non è rigido, il mondo che rappresenta è pur sempre un mondo in movimento, che si è evoluto e che si evolverà. Non è il principio primo alla Mondrian, ma è l'impulso primario, e perciò le sue piastrelle, le sue tessere, sono rotte dai cromatismi e la materia pittorica non viene occultata per giungere alla rappresentazione del colore puro, ma serve a sostituire il senso del movimento. [Barilli, 2000] D'altra parte, l'evasione fantastica di Klee avviene sempre in un ambito naturale, in una dimensione immaginaria "in cui regno vegetale, regno animale, gli spazi cosmici e gli universi stellari si incontrano". (M. De Micheli) Strada maestra e strade secondarie del 1929 rappresenta il vertice di questa concezione: uno studio attento di come la delicatezza e l'eleganza della forma trascolora negli accostamenti cromatici e nelle loro variazioni appena percettibili: la moltiplicazione del sempre uguale non produce stasi, ma varietà, come se il principio primo si ibridasse e si deformasse a contatto con il suo realizzarsi, con il suo esserci, in un mondo terreno, in questo mondo. Un mondo che si fa tessuto: ecco, si tratta del tessuto originario con cui poi la natura farà il mondo, così come a partire da un qualsiasi tessuto, con le sue trame, con la qualità dei suoi fili, con l'intrecciarsi dei colori si cuciono poi gli abiti.Natura, ovviamente, è la totalità del mondo, anche quello artificiale, quello costruito dall'uomo. Secondo me, uno dei segni più alti, commoventi, di questa capacità di Klee di evocare assieme tempo, e quindi storia, spazio e quindi cartografie essenziali, memoria e quindi emozioni, è dato dal suo Piccola stanza veneziana. Con pochi colori e con un'economia delle linee Klee evoca e risolve la sensazione che può dare Venezia. C'è qui la memoria di un Settecento prezioso e in maschera, assieme alle acque dei canali e al loro tortuoso percorso, con un blu che allude anche alla notte, che può essere quella della decadenza ma anche della profondità temporale della storia della Serenissima. Un blu primordiale e intenso, come primordiali sono le acque ospitanti la vita, le acque della laguna che sono ragion d'essere della città. La cifra complessiva è l'estrema eleganza, come elegante è il merletto urbano di Venezia, riassunto in poche linee, come eleganti sono i protagonisti del suo immaginario (magari si tratta delle scorribande notturne di Giacomo Casanova, di cui – se si sta un po' in ascolto – è forse possibile sentire l'eco dei passi sulle pietre delle calli). Venezia è lì e ti guarda, con il segno dell'infinito – che è anche un'allusione alle maschere - quasi al centro del quadro e con il sintetico rosso dei suoi palazzi illuminati di vita notturna. Con quell'aria di eterno mistero che tenta di raggiungere il mare orientale. Tutto questo si può vedere da una piccola stanza veneziana, ma anche dall'emozione della propria memoria che il dipinto attiva. Il metro di misura di Klee, spesso alternato ad altri grafismi, comporta una scelta rigorosa, e per essa "nutre una predilezione particolare per l'interregno, quello dell'acqua e quello dell'aria, reale e nel contempo irreale". [Schmalenbach, 1970] Ma ciò avviene proprio perché si tratta di una metafora di quel mondo parallelo e tuttavia compresente a quello reale (come lo sono le diverse dimensioni immaginabili), poeticamente rappresentato. Questo dell'acqua e dell'aria è, peraltro, il regno in cui le metamorfosi sono più probabili, e proprio in questo passaggio metamorfico, quando una forma si sta dissolvendo per trasformarsi in un'altra, è possibile sorprendere l'essenza delle cose. Fino al punto, come in questo Paesaggio con uccelli del 1923, in cui aria e acqua si confondono, con gli uccelli che sembrerebbero piuttosto collocati in un paesaggio sottomarino o specchiarsi in esso. Di lì è possibile sorprendere l'intima natura del creato. C'è qui il motivo della iconicità, della raffigurazione, che Renato Barilli definisce principio maschile, come in Luna piena del 1919: la toppa di base, la mattonella riquadrata, qui si trasforma e allude ad una figura concreta, come se si sforzasse di metamorfizzarsi nel mondo nostro. Non è facile uscire dai giardini di Klee, scrive M. Micheli. Lo cito per esteso perché è un passo molto bello di questo storico dell'arte. "Ci si aggira tra arborescenze lunari, tra cespugli di corallo, su laghi di amianto. Si guardano tra i rami i verdi uccelli di fosforo, le stelle che si confondo con la brina. Si vive ora un paesaggio di quarzo, ora in una landa sottomarina, nel cuore di una luce preziosa di alga e di diamante. Talvolta si cammina invece sopra un mosaico vibrante oppure tra una selva di simboli domestici o esoterici che emanano un leggero tossico cromatico come per un'invisibile disintegrazione. Ma talvolta la sua visione si fa anche più immediata e diretta." Una poesia della natura che è la sua ispirazione essenziale, e non è un caso che Klee fosse molto amato dai poeti del tempo, in particolare dai surrealisti. |