L'arte della Russia antica è sostanzialmente
religiosa ed è compresa nei secoli X-XVII.
Con la conversione della Russia al cristianesimo
(fine sec. X), divenuto religione di stato, si adottarono i modelli della cultura
bizantina, che erano altamente evoluti nel mondo feudale europeo.
Le città in cui si concentra l'attività degli
iconografi sono Vladimir, Kiev e soprattutto Novgorod (la "Firenze russa").
In particolare a Novgorod, rimasta relativamente
libera dal giogo tataro, si sviluppa una scuola nazionale iconografica che
progressivamente si rende indipendente dai canoni bizantini, pur senza metterne in
discussione la concezione della luce, della prospettiva, delle proporzioni.
Il boom dell'arte iconografica russa si verifica nei
secoli XIV e XV, sostanzialmente sulla base di tre fattori:
lo sviluppo politico-civile della Russia ortodossa e
nazionalista, che ritrova fiducia nelle proprie tradizioni;
la spiritualità dei grandi asceti russi, riunitisi
soprattutto attorno al monastero della s. Trinità di s. Sergio di Radonez (1313-92), il
quale era chiaramente favorevole a una riscossa militare antimongola (non dimentichiamo
che tutti i maggiori iconografi erano monaci);
l'arrivo in Russia da Bisanzio di un pittore,
Teofane il Greco, le cui notevoli capacità artistiche fecero scuola agli iconografi
russi, tra cui appunto Rubljov.
Le icone di Teofane si caratterizzano per un tratto
incredibilmente sicuro, per la capacità di ottenere effetti psicologici altamente
espressivi con mezzi molto modesti.
Grazie al suo maggiore discepolo, Rubljov
("novello Giotto"), si afferma il superamento della tradizionale arte bizantina
(volti allungati, barbe corte, a volte leggermente appuntite, occhi particolarmente grandi
ecc.) in una nuova iconografia, detta appunto "russa" (volti più larghi, barbe
lunghe, occhi asiatici ecc.). Persino il volto di Cristo assume lineamenti russi.
Nell'architettura il passaggio si verifica
soprattutto nella concezione della cupola: da rotondeggiante che era diventerà
appuntita, a forma di bulbo di cipolla.
Tuttavia, la differenza maggiore nell'iconografia
riguarderà la particolare importanza che i russi, soprattutto con Rubljiov, ma anche con
Dionisio, vorranno dare ai sentimenti umani, al mondo interiore dei loro protagonisti, di
contro al carattere austero, rigoroso, oggettivo, ai limiti del convenzionale tipico
dell'iconografia tardo-bizantina.
Si ha insomma l'impressione che nella nuova arte
russa i pittori si sforzino di rappresentare più la psicologia dei personaggi (il lirismo
delle loro emozioni) che non il contenuto teologico del contesto in cui essi si muovono.
Quest'arte, tuttavia, già sul finire del XVI sec.
lascia intravedere i segni della sua decadenza. Divenuta status-symbol del potere politico
e religioso, l'icona di trasforma in un oggetto di lusso, dove la forza creativa
dell'artista si concentra sul gusto per l'ornato, sulla ricchezza delle vesti dei santi,
sulle sontuose decorazioni del trono sul quale siede il Cristo, ecc. Il vigore cromatico
inevitabilmente si affievolisce. Si arriverà addirittura a imprigionare l'icona di una
rivestitura dorata o argentata, rendendola così una sorta di opera di gioielleria.
Nel XVIII sec. l'arte sacra verrà progressivamente
sostituita dall'arte realistica, di contenuto laico.