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Transgenico: new agriculture?

Due italiani su tre le considerano rischiose e ne rifiutano l'applicazione in campo agricolo-alimentare. Eppure le biotecnologie sono divenute una realtà con la quale in futuro saremo chiamati a fare conti sempre più stretti. 

Nel 1998 in tutto il mondo c'erano ben 30 milioni di ettari di terreno coltivati con piante geneticamente modificate (Ogm), di cui 25 milioni solo negli Usa (69 per cento di terreno coltivabile), che si confermavano così i maggiori produttori del pianeta, seguiti dall'Argentina (15 per cento), dal Canada (9 per cento), Cina (6 per cento), Australia, Messico, Sudafrica, Spagna, Francia. 

Si calcola che tra il 1998 e il 2008 la crescita di prodotti biotecnologici soprattutto in campo agricolo sarà pari al 19 per cento, un'operazione davvero redditizia per le multinazionali che finirà con l'oscurare tutti i risultati positivi ottenuti in effetti in campo medico e industriale, come la modificazione genetica dei batteri per produrre insulina umana per malati di diabete. 

Allora: Ogm sì oppure no? Se n'è parlato a un convegno organizzato a Treviso dall'Associazione nazionale giovani agricoltori "Transgenico: new agriculture? Rischi e potenzialità per l'agricoltore e il consumatore". Indubbi i risultati ottenuti in campo medico e industriale ma ancora troppi gli interrogativi legati all'applicazione agricola-alimentare: "Mentre in laboratorio possiamo controllare gli effetti negativi che tali molecole di Dna manipolate possono produrre - ha dichiarato Piergiorgio Stevanato dell'Istituto sperimentale per le colture industriali di Rovigo - altrettanto non si può dire per gli esperimenti in agricoltura e nell'ambiente. Noi oggi non sappiamo ancora dire insomma se tali alterazioni provocheranno o meno danni al pianeta e ai suoi abitanti". 

L'unica cosa certa è che le multinazionali vi stanno investendo milioni di dollari e già questo potrebbe bastare a non farci dormire sonni tranquilli: se è solo il denaro infatti a muovere l'ingranaggio, la salute e la salvaguardia dell'ambiente stanno correndo grossi rischi. 

Ma perché modificare le piante? Salveranno davvero il mondo dalla fame come alcuni studiosi affermano? O si tratta solo di un paravento per accumulare profitti? Soia, mais, tabacco, colza, cotone, pomodoro: sono questi oggi i prodotti sui quali si stanno conducendo esperimenti transgenici. Per renderli più resistenti agli erbicidi, agli insetti, ai virus e per migliorarne la qualità, dicono. Un toccasana per gli agricoltori allora... oppure no? 

"Negli Usa - continua Stevanato - almeno il 55-75 per cento dei produttori agricoli si serve di piante transgeniche. Il mais modificato autoproduce per esempio una tossina che ammazza la larva pirolide, salvando le colture. Ma se usato senza bisogno gli agricoltori possono perdere almeno fino a 25 mila lire l'ettaro. Queste varietà insomma non danno rese maggiori. Il gene modificato non può incidere sulla produttività perché essa dipende da migliaia di geni presenti nella pianta. Ecco la verità". 

Ma non è finita. Allergie, resistenza agli anticorpi, rischi per la salute e per l'ambiente: sono e rimangono incognite inquietanti. Così come le reazioni che gli Ogm potrebbero scatenare sulle piante 'normali', destinate in caso di contaminazione a perdere una struttura che risale alla notte dei tempi. Vivremo allora in un pianeta dove pochi possiedono i brevetti delle piante modificate e tengono in pugno il mondo intero, rendendo il diritto al cibo un costoso privilegio? C'è solo un modo per evitarlo: cercare di saperne d'ora in poi il più possibile e pretendere leggi certe a tutela di uomo e ambiente.

Paola Fantin - www.tg0.it


Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Economia -  - Stampa pagina
Aggiornamento: 10/02/2019