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PINOCCHIO TRA I ROBOTLA TRISTE SAGA DEI NON-NATI: FRANKENSTEIN
Quante sono le storie che si tramandano a partire da una premessa che contraddice il naturale evento della nascita? Sono tantissime. Nascere senza essere nati. Eludere la strettoia fisiologica del parto... Il figlio di Mary Perché a soli 19 anni, nel 1818, Mary Godwin Wollstonecraft sentì il bisogno di scrivere la storia di una creatura mostruosa, nata, non dal corpo di una donna, ma dall'oscura alchimia di uno scienziato, Frankenstein? Bisogna ripercorre alcune tappe essenziali tra le note biografiche per riuscire a comprendere una semplice, sorprendente e angosciante verità: la storia della creatura deforme nata da un uomo, uno scienziato, che poi sfugge al controllo del suo stesso creatore... è l'autobiografia in chiave fantastica e grottesca della stessa autrice!
Quale confusione di nomi tra genitori e figli! L'autrice di Frankenstein, Mary, porta il nome della madre, e aggiungerà al cognome di lei Wollstonecraft quello del padre Godwin e, in seguito, il cognome del marito, il celebre poeta Percy Bysshe Shelley.
La sua esistenza è segnata sin dalla nascita da una tragedia che coincide con la morte della madre. Mary è causa indiretta, ma oggettiva, della morte della madre di cui porta anche il nome. Il parto è dunque per lei una esperienza già nelle premesse enigmatica e traumatica. Così sarà anche nella sua vita familiare costellata di aborti e da lutti (solo un figlio sopravvivrà). Come avrebbe potuto accostarsi alla maternità, ed alla capacità di amare in genere, senza prima avere potuto maturare nel personale bagaglio evolutivo una esperienza soddisfacente e soddisfatta di amore filiale? Si chiarisce in questo modo il senso altamente autobiografico della proiezione in chiave di metafora, quasi allegorica, della maggiore opera letteraria frutto della sua creatività. Sono un mostro, non sono nata! Questa proposizione, che è anche una negazione di sé, sembra animare l'intera trama dell'opera per cui è universalmente nota: Frankenstein!
Il cattivo rapporto che frequentemente la donna sviluppa con la stessa sessualità femminile è origine e causa di tanta parte della sventura umana. Il destino di fortuna o di sventura, la trama, l'ordito della storia deriva in proiezione della percezione che il sesso femminile ha di sé. Lo stesso destino, trama, ordito... diviene scrittura, evento e storia nella vita dell'uomo. Nella coppia Mary e Percy Shelley la trama del tema femminile, deforme e distruttiva, coincide con la tragica fine del poeta e marito. È strano che questa biografia sia rivendicata ed esaltata dalla tradizione del femminismo mondiale. Di esemplificativo c'é solo la drammaticità del problema; non la sua comprensione, né tanto meno una pure possibile via di soluzione. Ma non è stato sempre così. Nella trama della più celebre coppia di Penelope e Ulisse l'ordito è sempre scritto al femminile. Tra tela e vela si svolge tutto il contesto del racconto, ma l'esito della storia è invece emancipatorio, avventuroso e liberante, fino oltre ogni limite imposto delle Colonne d'Ercole. La morte giunge dopo una vita intensa, vittoriosa, ed è vissuta come libertà e libera scelta; come una rinascita riuscita, in ogni caso fuori e lontano dal bacino mediterraneo delle terre note. |