LE AVVENTURE DELL'AUTOBIOGRAFIA
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Giuseppe Cesare Abba (1838-1910) "Allora egli pensava che se tutti coloro che avevano visto in azione le grandi cose della rivoluzione italiana avessero portato il pensiero e lopera loro nel luogo natio per piccolo che questo fosse, la patria grande avrebbe rimesso grandemente il tempo che cause di ogni sorta le avevano fatto perdere nel mondo". Con queste parole da lui stesso dettate si può compendiare la parabola esistenziale di Cesare Abba, eroe garibaldino, senatore del giovane regno italiano, ma anche professore di lettere e preside di scuola.
In questo senso, va anche esaminata la sua produzione letteraria, soprattutto quella memorialistica, comprendente non solo Da Quarto al Volturno. Noterelle di uno dei mille, ma anche la Vita di Nino Bixio e Cose garibaldine. Per non tacere dei testi di pubblica istruzione quali Uomini e Soldati e le Alpi nostre. Si potrebbe dire che la vita le gesta e i libri di Cesare Abba sono la realizzazione del modello dellintellettuale deamicisiano, se questa proiezione non andasse rovesciata nel dire che lautore di Cuore rappresentava a tutto tondo nelle sue opere il mondo dei Cesare Abba. Giuseppe Cesare Abba, Da Quarto al Volturno Doveva venire il re a passare in rassegna tutto l'esercito garibaldino, un dodicimila che stavamo con l'armi al piede, in ordine di parata. Si aspettava! Il re sarebbe arrivato verso le due, avrebbe annunziato il cannone. E intanto nelle file si parlava, e passavano delle novelle bizzarre, motti, arguzie, cose da poema e da commedia. Udii persino delle volgarità. Ma non v'era allegrezza...
Quel cappello calcato giù sulle sopracciglia segnava tempesta. Vennero, passarono, lasciando un grande sgomento, arrivarono in fondo al viale, diedero di volta, ripassarono come un turbine, sparirono. E poco appresso i battaglioni furono messi in colonna di plotoni..., pareva che si dovesse marciare a qualche sbaraglio, tutti si era pronti... Così si andò verso il Palazzo reale, a sfilare dinnanzi al Dittatore piantato là sulla gran porta, come un monumento. E si sentiva che quella era l'ultima ora dei suo comando. Veniva la voglia di andarsi a gettar a' suoi piedi gridando: - Generale, perché non ci conducete tutti a morire? La via di Roma è là, seminatela delle nostre ossa! - Ma la guerra civile? Ma la Francia?... l'anno scorso fummo così amici con la Francia! Il Generale, pallido come forse non fu visto mai, ci guardava. S'indovinava che il pianto gli si rivolgeva indietro e gli allagava il cuore. Non so neppur uno di quelli che stavano vicino a lui. Che cosa contavano in quel momento? Lui, Lui solo: non vidi nulla. Ora odo dire che il Generale parte, che se ne va a Caprera, a vivere come in un altro pianeta; e mi par che cominci a tirar un vento di discordie tremende. Guardo gli amici. Questo vento ci piglierà tutti, ci mulinerà un pezzo come foglie, andremo a cadere ciascuno sulla porta di casa nostra. Fossimo come foglie davvero, ma di quelle della Sibilla; portasse ciascuna una parola: potessimo ancora raccoglierci a formar qualcosa che avesse senso... Commento a Da Quarto al Volturno di G. C. Abba Lultimo trionfo di Garibaldi. Non cè gioia tra le truppe garibaldine che aspettano di essere passate in rassegna, anzi cè il presagio di qualcosa di sinistro e inevitabile. Tutto si sta per compiere. Il successo militare, la conquista del regno borbonico fanno venire al pettine il nodo del patto con la monarchia. I discorsi tra i garibaldini sono addirittura sediziosi, perché qualcuno vorrebbe prendere in ostaggio il sovrano e portarselo tra i monti per continuare la battaglia.
Limmagine del condottiero è comunque grande per non dire sublime, è quella di un monumento che davanti alla porta di palazzo reale osserva sfilare le sue truppe che vorrebbero essere condotte a Roma per completare il progetto di riunificazione nazionale. Lautore utilizza a piene mani la retorica dellineffabile per esprimere ciò che non si può dire: lintima compenetrazione tra le truppe e il loro capo che condividono con lui il destino e la vittoria mutilata. Ogni sguardo dei volontari è rivolto al generale serrando in un dialogo silenzioso e quasi ad personam langoscia del momento, a partire dal quale nulla sarà più uguale. Poi la narrazione ritorna nel presente per fornirne uneco sconsolata che porta le notizie di Garibaldi autorecluso a Caprera come se vivesse su un altro pianeta. Abba G. Cesare, Da Quarto al Volturno. Noterelle d'uno dei Mille, 2010, Greco e Greco |