LE AVVENTURE DELL'AUTOBIOGRAFIA
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Benedetto Croce (1866-1952) Dopo il terremoto di Casamicciola del 1883, Benedetto Croce si recò a Roma in casa di Silvio Spaventa, dove le sue letture collegiali dai romanzi romantico-gotici alle Mie Prigioni, da De Sanctis a Carducci, ebbero a confrontarsi con gli insegnamenti del Labriola, che gli restavano in mente con "pochi punti che fissavo sulla carta e che rimuginavo in mente al mattino nel destarmi".
Linteresse per il De Sanctis riletto dopo il collegio rivive negli studi per lestetica interrotti quando nel novembre del 1900 dovette coadiuvare il commissario straordinario di Napoli nellamministrare le scuole del Comune. Finalmente lEstetica vide la luce nel 1902, anno di fondazione della "Critica", nella quale rivista Croce curò la parte di storia letteraria. Croce, Contributo alla critica di me stesso Ma io non traccerò né confessioni, né ricordi, né memorie della mia vita. Confessioni, ossia esame morale di me stesso, no, perché quanto stimo utile confessarsi in ogni istante, cioè procurare chiarezza a sé stessi nell'atto dell'operare, altrettanto mi pare inutile esercitare un giudizio universale sulla propria vita.
Inoltre, quando si tenta di rispondere con iscrupolosa coscienza alla domanda se si sia stato buono o cattivo, si avverte presto di aver posto piede sopra un terreno infido; perché, nel pronunziare un giudizio di quella sorta, si pencola sempre nella duplice opposta vicenda dell'adularsi o del calunniarsi.
E ricordi nemmeno, perché il passato mi riempie bensì di affetti e di malinconia, ma io non terrei lecito di mettere questi miei sentimenti sulla carta se non nel caso che mi presumessi poeta, ossia che quei sentimenti formassero centro di attrattiva del mio essere e oggetto delle mie migliori virtù spirituali. E certamente il passato mi fa sovente sognare; ma di brevi e rapidi sogni, presto ricacciati indietro dalle necessità del mio lavoro, che non è di poeta. Se dunque mi v'indugiassi, se dessi a quei ricordi, ai quali bastano i taciti colloqui interiori, forma di scritto o di discorso ad altri, ricadrei nel caso precedente delle vane e vanitose confessioni, e andrei incontro al meritato fastidio che suole suscitare chi pretenda interessare altrui ai casi propri, ossia alla propria transeunte individualità.
Ma la cronaca della mia vita, in ciò che può presentare di ricordevole, è tutta nella cronologia e nella bibliografia dei miei lavori letterari; e, non avendo partecipato né da attore né da testimone ad avvenimenti di altra sorta, non ho nulla o ben poco da dire sugli uomini da me conosciuti o sulle cose che ho viste. Che cosa scriverò, dunque, se non scriverò né confessioni, né ricordi, né memorie? Mi proverò semplicemente ad abbozzare la critica, e perciò la storia di me stesso, ossia del lavoro che, come ogni altro individuo, ho contribuito al lavoro comune: la storia della mia "vocazione" o "missione". Delle quali parole ho già temperato quel che possono avere di altisonante, col notare che ogni uomo conferisce al lavoro comune, ogni uomo ha la propria vocazione o missione, e può farne la storia; quantunque certamente, se avessi atteso solo alle mie faccende private e al governo della famiglia, o, peggio, ad adempiere la poco degna missione del gaudente, non starei ora a prender la penna per raccontarmi. Perché, insomma, io che ho composto tanti saggi critico-storici intorno a scrittori così contemporanei come remoti, procurando d'intendere di ciascuno il carattere e lo svolgimento e discernere quel che ciascuno aveva di proprio ed originale, non comporrò un saggio su me stesso? E' qui pronta la risposta: - Lascia che di te parlino gli altri. - E certamente lascio che ne parlino, quando lor piace; ma perché ne parlino con migliore informazione e maggiore esattezza, e magari con meglio istrutta severità, dirò loro anche quello che so dell'opera mia, persuaso che, nel dir questo, fornirò alcune osservazioni che assai probabilmente a loro sfuggirebbero o che ritroverebbero con difficoltà, quantunque senza dubbio a me ne sfuggiranno altre, che essi ben sapranno cogliere. Commento a Contributo alla critica a me stesso di B. Croce In queste pagine Croce esprime la sua opinione sui generi autobiografici. La sua non è una posizione teorica, ma è del tutto inserita nellesperienza personale e nelle necessità della sua comunicazione intellettuale. In questo senso egli mostra di conoscere quanto da lui si aspetta il lettore. Lidea di unautobiografia di confessione viene del tutto esclusa in quanto egli nega per se stesso e per ogni uomo la possibilità che la vita sia sottoposta a uninchiesta di ciò che è stato bene ed è stato male e quindi a un giudizio di buono e cattivo, prescindendo dal quadro complessivo della realtà in cui è inserita ogni esistenza. Ogni atto, ogni voce del passato può quindi scolorirsi alla luce del presente, perché fuori dal contesto in cui sono stati vissuti. E nemmeno Benedetto Croce vuole che le sue pagine vadano sotto il titolo dei ricordi, in quanto i brevi e rapidi sogni del passato devono, sono presto ricacciati indietro dalle esigenze del suo lavoro che non è quello di poeta. Daltra parte egli rifiuta di fare confluire le proprie riflessioni sotto il titolo di memorie ritenendo che esse non meritino tale collocazione di genere, perché il genere memorialistico s'interessa soprattutto di eventi collettivi, dei quali si presta testimonianza comunicando al lettore importanti notizia che altrimenti andrebbero perdute. Uomo di libri e di studio, Benedetto Croce accetta di fornire la propria testimonianza soltanto come contributo alla critica del proprio pensiero. Riappare così nel nostro secolo la memoria filosofica nella dimessa discussione di ciò che si conosce, in favore dei contemporanei e dei posteri che abbiano la necessità di attraversare lopera di don Benedetto valendosi della sua più sicura e avveduta guida. Di nuovo il privato, salvo linserto delle tragiche circostanze della perdita della famiglia, viene riassorbito dalla glorificazione dellopus letterario, del grande artigianato intellettuale al quale è dedicato il senso di unesistenza che pure conobbe onori e pubblici e fu in qualche modo esemplare per i contemporanei che gli riconobbero lantico ruolo di padre della patria repubblicana. Croce Benedetto, Contributo alla critica di me stesso, 1989, Adelphi |