L’Alba
E’ l’alba,
un fresco silenzio rischiara le tenebre;
nell’aria si ode un sussulto, un canto;
è il suon di campane che chiama.
La mistica quiete vien rotta;
è un bimbo che piange e tende la mano alla mamma.
La vita
Guarda !
io respiro;
senti !... anche il vento;
la terra gira e
il sole non è spento,
il fuoco brucia ancora
e tu cammini.
Donna del Viet-Nam
Donna non piangere
se il tuo uomo è ribelle.
Donna non piangere,
il tuo uomo combatte per te.
Donna non piangere,
se il tuo uomo non tornerà
avrai una ragione in più
per chieder la libertà.
Spirito umano
Oh madre natura !
E’ tuo figlio che ti chiama e che soffre.
Un dubbio l’affligge:
se è vero che l’uomo ha una fede,
se è vero che l’uomo ha intelletto,
se è certo in quello che crede,
perché è tormentato dall’odio ?
Dov’è lo spirito umana
che fratra le genti.
A Caterina
Ti ascolto, ti vedo nell’immagine,
tu parli e grazia muovi,
ma al tatto non ti sento.
Tua mente e idea sono a me vicine,
non sono cose nuove,
non perdonsi nel vento.
A tempi a tempi al tatto pur ti sento
sia con la neve, col sole o quando piove
ti stringo al petto con grande sentimento.
E’ un bene grande che in cor mio si muove
e ha fine solo quando il corpo è spento.
Il nostro mondo
Terra dall’immenso paese;
cielo dal celesteo infinito;
mare dalle profonde acque;
tombe voi siete
di giovani vite perse
per odio e idea folle, non anche per amore.
E tu pallida luna
che guardi sovrana,
pur non meravigli
per ciò che è rimasto
e pur sempre rimane
di questo tuo mondo lontano.
Umanità nova
Nel buio del mondo son perso,
cerco la verità e non la trovo,
vedo le umane vite corrotte,
trascinate dal male all’ingiusto atto,
galleggianti in un mare di odio.
Sistema moderno di regno
di principi brutti e incoscienti,
il cui trono è l’invidia.
Riesco così a capire
il buono ed onesto,
ch’al di fuori tagliato,
stenta e si lagna
in un povero mondo sbagliato.
Parnaso
Parnaso, ora io canto
delle tue doppie cime
quel vellutato manto
in queste poche rime.
La fonte tua sicura
di Aganippe e Crene,
scende da quell’altura
ed alla piana viene.
Con quella di Castalia
che pur ha stessa meta,
un estro che non sbaglia
tu porti al cor poeta.
Sei caro anche ad Apollo,
ma a Bacco più di lui
che si rompea il collo
per li sentieri tui.
E pure a me sei caro,
però non credo santo
e scusa se un po’ avaro
son stato in questo canto.
Gioventù
Gioventù che dall’infanzia nasci
e il puero uomo rendi,
non te ne andare,
non voglio che mi lasci,
ma voglio che mi infondi
di vita che sai dare.
La gioia tu mi porti,
l’amore e lo spensiero
e fai dimenticare
il giorno mio più nero
che viene in quel domani
quando devi passare.
E quando di canura
lo specchio mio è riflesso
e con la mano reggo
per aiutare il passo,
l’amico mio rimondo,
spero di te.
Ma tempo è già passato;
allora io mi chiedo:
che resta ? che sarà ?
.... di certo un bel ricordo
che più si rivivrà.
San Valentino
Dolce giornata
nel mezzo del febbraio
ch’al vespro, serenata
canta lo core gaio
alla sua cara dama
con nota appassionata,
per dirle quanto l’ama
e quanto sarà amata.
Uno sei fra li Santi,
oh Valentin nebbioso
ch’al core degli amanti
arrivi caloroso
e fai scordar li pianti
col tempo tuo festoso.
Tu porti tanto ardore
dall’alba profumata,
finché le tarde ore
diranno che è passata,
nel segno del Signore,
bellissima giornata
.............e l’uomo stringe al core
la donna innamorata.
10 Aprile
Ti ho visto donna, piangere
per il tuo figlio morto
sul campo della guerra,
e tu, ragazza, ridere,
pensando che è risorto
su questa nostra terra.
Risorto è al nostro cuore,
ma il corpo non è qui,
con noi per onorare,
chi alle passate ore
con lui erano lì
e seppero lottare.
Fur anime gentili,
modeste e ben sicure
di vincer la battaglia,
spezzando i cuori vili
di quelle giacche scure
e lurida canaglia.
Ed oggi memoriamo
i giovani ribelli
che madre ora è senza,
e non dimentichiamo
che sempre son fratelli
e sempre è Resistenza.
La pioggia
Scuro è questo cielo
in questo nuovo giorno,
lo vedo dal balcone
che, come enorme velo
mi gira tutt’attorno
con aria da ladrone.
E poi incomincia il tuono
che sembra un gran tamburo
picchiato a grossa mazza,
e quando s’ode il nono,
bagnato vedo il muro
e giù anche la piazza.
Scendo con l’ascensore
e solo per la via
mi reco a lavorare.
Chissà per quante ore
quest’acqua amica mia
continuerà a bagnare.
La libertà
La libertà è un frutto,
però è senza pianta,
non può venir per tutti
sebbene non sia santa.
Non si compra e non si trova
bisogna guadagnarla
è sempre cosa nuova
è sempre cosa bella.
Tanta è stata la gente
che in ogni tempo ha cercato
di vivere in libertà:
esempio quelli del venti
che nei campi tedeschi
son morti per onestà.
E ancora oggi non si trova
chissà quando verrà,
forse è una parola
che non viene e neppure va.
Viaggio di vita
Vita di sogni e di speranze
ti passa a giorno a giorno,
e non t’accordi
di tempi e lontananze
cui non puoi far ritorno.
Lenta è la fanciullezza
o forse tale sembra,
e non t’accorgi
ch’arrivi a giovinezza
temprato nelle membra.
Quando poi sei maturo
la vita allor capisci,
e non t’accorgi
ch’arrivi ad un futuro
e vecchio già finisci.
Passata è la tua vita
e questo tu lo sai,
ora t’accorgi
che essa è già finita,
ma tempo più non hai. |
Civiltà incivile E
ancor qui sulla terra
io vedo tanta gente
che forse per imbroglio
per altri fan la guerra
in quel del Medio Oriente
a causa del petrolio.
Mi resta da augurarmi
che tutto finirà
e gli uomini capiscano
che non sono le armi
segno di civiltà
se questa poi colpiscono.
Vietnam. Vorrei parlare
di ciò che è accaduto
sulla tua umida terra,
però nel tuo guardare
rimango tutto muto
per quella sporca guerra.
Ed anche a te mi volgo
lontano Mozambico
che vivi in oppressione,
col tuo pensar mi dolgo
eppur ti sono amico
per questa tua ragione.
Mi affaccio sopra il Cile
ed anche qui io vedo
un popolo schiacciato
da qualche uomo vile
che certo non ha un credo,
ma solo del peccato.
Lavorator dalle mani in mano
Fra voi io sono uno
e spero che, pertanto
questi miei pochi versi
non rechino a nessuno
offesa oppure pianto.
Vi riconoscerete
da queste mie parole,
sebben citati a gruppi,
eppure capirete
che certo non son fole.
Son fatti veritieri
e nel racconto sani,
seppure ben sicuro,
che accaduti ieri
così saran domani.
Mi limito e lo dico,
non entro nel privato,
perchè se lo facessi
un intimo mio amico
sarebbe malmenato.
Non vi dirò chi è
per quel mio giuramento
che ho fatto in precedenza,
però sappiate che
di noi ne vale cento.
Passiamo ad altro campo
a quelli più quotati
che tutti i nostri capi
in battere di lampo
leccan come gelati.
Se male li ho spiegati
con verso poco fino,
vi voglio precisare
che i sopra menzionati
solfeggiano al violino.
Non tutti son così
c’è anche chi più scaltro
e merita ! lo dico,
ti prende un po’ di lì
e poi anche per altro.
Sapete che fan quelli
nel vostro stesso ente,
diciamocelo pure,
ci prendon pei fondelli
però non valgon niente.
C’è ancora chi di porta
e lo sapete voi,
lavora senza zelo
e al capo lui riporta
ciò che facciamo noi.
Vi do una spiegazione
chiamando quello stesso,
in gergo popolare,
col nome di spione
per non dargli del fesso.
Però io v’assicuro,
non sono solo questi
che trovansi tra noi,
se guardo dietro il muro
coi sono anche gli onesti.
Ed ora amici amati,
se al cuor protesterete,
vuol dire che fra quelli
vi siete ritrovati
e zitti voi starete.
Lavoratori siamo,
ma agli altri non sicuri
e se ci guardiam bene,
che cosa produciamo ?
dei gran debiti scuri !
Or è che alla gente
spieghiamo ogni cosa,
perchè a ragion di popolo,
in questo nostro ente
chi non dorme, riposa.
Li Comunali
Or, care le mie genti
io v’andrò a cantare
di quei poveri venti
ch’al chiuso deono stare.
Inizio con l’entrare in grande casermone
con marcia lesta, lesta,
sapete! c’è il portone
che può cadermi in testa.
Poi salgo per le scale
su fino al primo piano,
e il messo comunale
ci vigila sovrano.
E poi con tanto stile,
noi, per segnar gli arrivi,
su un foglio a ciclostile
firmiamo come divi.
Ognuno indi và
al posto prefissato,
e quivi lui starà
contento e amareggiato.
Ed ora vò a iniziare
il giro per gli uffici,
per voi delineare
tutti li miei amici.
Nel loco più segreto
di questo palazzone,
vi trovo, lì di dietro,
seduto al suo bancone,
intento a scribacchiare
per uso delle genti,
un atto da firmare
dai due contraenti,
un uomo un po’ pelato
che fuma come un turco
e tossa come asmato.
Di fronte a lui poi c’é,
in questo stesso loco,
la bionda platiné
che scrive ancora un poco
con macchina a corrente
su quel deliberato
ch’è vita a questo ente,
o forse…. lo sa il fato.
Poi nell’ufficio accanto,
fra tutte quelle leggi
seduto come un santo
con tanti suoi maneggi,
troviamo chi di tutti
è capo e generale,
sian belli siano brutti
chi senza e col giornale.
In quel d’economato,
che a dir lo vero
v’è un uomo indaffarato
e quasi sempre nero,
perché gli han affidato
l’asilo e il cimitero,
del pubblico poi il prato
ed il paese intero.
I suoi poi tre colleghi
lì del locale accanto,
è meglio che nol neghi
progettano un impianto,
con tanta lor premura,
col verde e con il rosso,
che fatte poi le mura
ti cadono anche addosso.
Di fronte a questi qua
e sembra fatto apposta,
sapete chi ci sta?
colui che da l’imposta,
che ogni ventisette
a noi ci va contare
di tutte le indirette
tasse da pagare.
Proseguo in questo andare,
e subito lì a destra
vi vado a presentare
dell’ECA la meastra.
Per tutti lei ha parole,
per vecchi, per degenti,
per madri, per la prole
e ancor per altre genti.
Ed ora cari miei
entriamo in quel stanzone
ove metà di sei
di tutti ha la ragione.
Non sono manigoldi
perché, lor ogni mese,
ci danno i nostri soldi
per fare poi le spese.
Or ecco noi entriamo
in loco originale
e sapete chi troviamo?
messer l’elettorale
ch’a tutti noi regala
l’invito per andare,
non certo ad una gala,
ma al seggio per votare.
Adesso vo a cantare
chi ai vetri segregati
non sanno come fare
nelli civili stati.
C’è il lungo spilungone,
il piccolo pur esso
ed anche il capoccione
e ancora il gentil sesso.
Registrano e trascrivono
gli eventi della vita,
i morti e quei che vivono
gli passan fra le dita.
Ed ora a conti fatti
sol uno n’è rimasto,
l’ufficio degli atti
che sembra un grand’impasto
di tutte quelle carte
dagli anni consumate,
però una buona parte
son state cestinate.
Finisco amici miei,
cantando il mio compagno
che va notificando
creando tutto un lagno.
Infatti lui pignora
e poi và sequestrando,
i beni alla signora
un po’ di quando in quando.
E dopo questa muta,
con viso bonaccione
e cuore vi saluta
il vostro ser Ugone. |