Gli esercizi di Raymond Queneau

Gli esercizi di Raymond Queneau

Dario Lodi


Il testo più intrigante di Raymond Queneau (1903-1976) è sicuramente “Esercizi di stile”. Ve ne sono due edizioni, una del 1947 e una, ampliata, del 1969. É, in pratica, la bibbia dell’OuLiPo (Ouvroir de Littérature Potentielle, in italiano Laboratorio di Letteratura Potenziale). L’idea di questa fondazione, datata 1960, fu di Queneau e di François Le Lionnais, con incoraggiamenti vari, anche da parte del nostro Calvino.

L’OuLiPo intendeva favorire la creatività con l’ausilio di procedimenti matematici o paratali: la frase doveva raggiungere la perfezione e per farlo occorreva che le parole fossero come note di una musica sublime (la musica, com’è noto, ha a che fare direttamente o indirettamente con la matematica). L’intenzione rivelava un desiderio di affinità fra parola e numero, con la filosofia del numero a prevalere perché l’autore potesse giungere all’espressione intoccabile, attraverso uso e accostamenti pertinenti al tema. Ci sarebbe stata, così, padronanza assoluta nella produzione del concetto. Persino la fantasia sarebbe stata costretta a scendere a patti con una razionalità indiscutibile.

In effetti, “Esercizi di stile” è la narrazione di un fatto, banalissimo, in novantanove modi diversi. Si direbbe, da tutti i punti di vista possibili (come se fosse consentito un risultato del genere), ma soprattutto è un’operazione alla ricerca della verità assoluta. Questa pretesa è avanzata in perfetta buona fede, secondo un principio che già Jarry, inventore della disciplina, aveva espresso, quello che caratterizza la “Patafisica”, del cui Collegio Queneau era un membro importante: è un principio che recita ricerca instancabile della migliore soluzione intellettuale. Così la gnosi sveste i panni trascendentali e assume quelli razionali. Il filosofo russo Kojève, uno dei massimi hegeliani, di cui il Nostro fu seguace e segretario, è al centro di tutto questo.

D’altro canto, la prosa di Queneau ha carattere sperimentale: da qui una vena di scetticismo nelle sue teorie. Lo scetticismo, pur assai velato e profondo, probabilmente inamovibile, gli viene da un’appartenenza giovanile al Surrealismo, dove si professava il valore dell’inconscio – e dunque la forza dell’imponderabile – a sfavore della ragione, rea di guasti civili inenarrabili (la recentissima Grande Guerra e il dopoguerra alla rincorsa delle cause di una seconda guerra mondiale, come avverrà). L’inconscio era una via d’uscita che prometteva la conoscenza ultima della logica umana, scatenando, potendo finalmente intervenire a dovere nella natura dell’uomo, reazioni positive. Un guazzabuglio nel quale si poteva mettere ordine, proprio partendo dalla caratteristica distintiva del genere umano: la razionalità, e quella più facilmente apprezzabile, la logica deduttiva, purché rigorosa (ed ecco il ricorso alla matematica, vecchio sogno, per spiegare il tutto, sin dai tempi di Pitagora).

L’OuLiPo ha un’ambizione ben diversa da quella tradizionale. Essa si basa, infatti, sulla valorizzazione di ogni elemento mentale e non soltanto su quelli utilitaristici. Nei secondi, come da tradizione, esistono certamente eccezioni idealistiche, ma la loro definitiva conversione classica è tuttora inevitabile, in quanto il sistema sociale è storicamente di tipo materialistico. Questo materialismo, di cui spesso ci si vergogna, è una questione evolutiva, la cui partenza sta nelle prime, super difficoltose, condizioni di vita.

Queneau pensa nel mondo occidentale e lo fa da una posizione privilegiata. Era un intellettuale rispettato e ricercato, era una prima firma del grande editore francese Gallimard. Teneva conferenze. Era un tuttologo (senza spocchia). Amava la scienza. Era un ottimo conversatore. S’intendeva di filosofia, di matematica; era un drammaturgo, un poeta, uno sceneggiatore cinematografico. Scriveva addirittura testi per canzoni, era un pittore dilettante. Leggeva di tutto, Proust, Joyce, ma anche “Fantômas”, di Marcel Allain, trentadue volumi (lo rilesse diverse volte). Frequentava Miller, la Duras, Picasso, Man Ray, Buñuel, Malle, Bataille, e molti altri. Viveva in una realtà per così dire patinata, lontana da ogni problema pratico e quindi era in grado di dedicarsi a studi filologici approfonditi, senza disdegnare le discipline esoteriche. Un po’ come il nostro Emilio Villa (meno fortunato di Queneau).

Fu la rottura con Bataille, scrittore non accademico, fissato con l’erotismo, a dare al Nostro la carica per un’operazione letteraria originale, basata, per l’appunto, su visioni personali, rese oggettive da una formula capace di oggettività (la formula, detto volgarmente, dell’1+1 = 2; illuminante il suo saggio “Segni, cifre e lettere”, anche qui due edizioni, 1950 e 1965).

Queneau nasce come scrittore normale, va oltre la normalità con cautela, ma con molta autonomia intellettuale, dando alle stampe un romanzo simpatico, fresco e nuovo, ovvero “Zazie nel metro” (tradotto anche in film). Egli scrisse molto altro, nel solco della tradizione accademica, occupandosi anche dell’enciclopedia di Gallimard, ma la portata del suo pensiero si manifesta proprio con il testo d’apertura, quegli esercizi di stile, in realtà prove a inseguire il vero intoccabile – rassicurante per la sensibilità umana -, che non colpiscono per efficacia quanto per impegno certosino (e fortunatamente poco compiaciuto), concentrato sull’obiettivo. La meraviglia dello scritto sta nella sicurezza con cui lo scopo viene perseguito e il dubbio che esita a insinuarsi, quasi fosse un di più puntualmente in arrivo senza invito, pronto a criticare. E’ una critica essenziale che sta nell’animo umano e che prescinde dalle parole: questa è una cosa che Queneau subisce serenamente, arrivando a non considerarla. Tutto sommato un bel regalo, il suo. Da scartare con calma e con riguardo. La sorpresa è l’invito a insistere nella ricerca della verità con mezzi propri, i mezzi migliori, quelli della ragione. Fa testo, a questo proposito, il romanzo “Icaro involato” del 1968. Segni cifre e lettere 1950-1965.

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Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Letteratura
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Aggiornamento: 10-02-2019