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LE INFO VECCHIE E NUOVE
Le informazioni che vengono date dai media (specie la tv) relativamente ai fatti del mondo, quando non sono manipolate per scopi eversivi, sono in genere fini a se stesse, cioè del tutto inutili. I media fanno a gara a chi offre più news nella forma migliore, ma il risultato è che l'utilizzo di queste informazioni risulta inversamente proporzionale alla loro quantità. Un'informazione ha senso solo quando permette una qualche forma d'interazione. Se si descrive un problema bisogna anche proporre un modo per risolverlo, altrimenti si induce assuefazione e l'utente diventa indifferente alle cose, anche a quelle più tragiche. Troppa informazione rischia di schiacciare la responsabilità dell'individuo. I media, infatti, pur rivolgendosi a milioni di utenti, in realtà producono informazione solo per i singoli individui, poiché là dove manca una qualsivoglia forma di compartecipazione alla gestione della news, lì sicuramente c'è isolamento e quindi senso d'impotenza. Il web, in tal senso, sembra costituire, al momento, una valida alternativa alla televisione e ai media unidirezionali classici. Il web permette alcune cose molto importanti:
Naturalmente bisogna fare attenzione a non ricadere negli stessi errori dei media classici. Il web infatti, più ancora della tv, si presta a offrire una quantità incredibile di informazioni, difficilmente gestibili. Quando si comincia ad archiviare le news ricevute, senza neppure leggerle, convinti di poterlo fare in un secondo momento, si sta già trasformando il web in uno strumento inutile. La comunicazione offerta dal web è al momento molto più democratica di quella offerta dai media gestiti dal capitale (radio, tv, giornali ecc.), per la semplice ragione che la sua nascita è stata spontanea e la sua gestione non ha ancora dei centri direzionali univoci, in quanto la grande impresa solo da tempi relativamente recenti si sta interessando a questa forma di interazione-utente. La comunicazione dei media tradizionali è oggi tanto più universale quanto più vuota e standardizzata. E' un'informazione uniforme, omogenea agli standard comunicativi voluti dal grande capitale. Come tale, essa è quasi totalmente priva di contenuti utili ad affrontare e risolvere i problemi tipici delle società borghesi avanzate. Il valore di questa informazione è pari a quello delle preghiere per le mummie egiziane. Non solo infatti è un'informazione-chiacchiera - direbbe Heidegger -, ma è anche un'informazione il cui contenuto prevalente, più o meno mascherato, è sempre di tipo commerciale. Anche quando l'informazione non vende nulla di specifico, essa vende come minimo se stessa. I media tradizionali ci hanno dato un'enorme conoscenza di situazioni e realtà lontanissime dal nostro quotidiano e ci hanno indotti a credere che, pur non potendo noi risolvere nessuno dei grandi problemi che affliggono l'umanità, avrebbero tuttavia potuto farlo i nostri rappresentanti politici, che sicuramente dispongono di mezzi di molto superiori a quelli del comune cittadino. Il crollo di questa illusione ha certamente contribuito alla veloce diffusione della rete, che è la possibilità d'interagire direttamente con qualunque persona del mondo. Tuttavia ora non dobbiamo rischiare di non aver niente d'importante da dirci. * * * Gli utenti web pretendono di sentirsi parte del villaggio globale solo perché la navigazione ha virtualmente ridotto a zero le distanze. In realtà le ha accentuate. E per una serie di ragioni:
* * * La fatica che si fa per impadronirsi della tecnologia relativa all'uso del computer è sempre sproporzionata rispetto ai risultati che si ottengono, poiché questi riguardano prevalentemente la sfera intellettuale, non l'interezza dell'essere umano. L'attività di tipo informatico lega l'uomo alla macchina in un rapporto piuttosto esclusivo, unilaterale, individualistico. L'uomo si sforza mentalmente di apprendere determinate azioni, che a loro volta rimandano ad altre azioni correlate per analogia. In altre parole l'attività informatica rischia di presentarsi come una sorta di circolo vizioso, in quanto non riesce a far sviluppare l'uomo nella sua complessità interiore. Le capacità relazionali di un informatico sono in sostanza non più sviluppate di quelle di un drogato continuamente alla ricerca della propria dose. Il drogato vuole essere amico di tutti se tutti sono disposti a giustificarlo nella sua dipendenza. L'informatica sviluppa la ragione ma atrofizza i sentimenti. Sviluppa la mente ma riduce lo spirito. Questo limite può essere pericoloso, poiché la notevole potenza dei mezzi informatici rischia di essere gestita da persone con scarso senso del bene comune. Con l'informatica e ancora più con la telematica, la scienza diventa autoreferenziale e in nome del progresso scientifico, delle conoscenze quantitative, gerarchicamente organizzate, finisce col produrre solo disastri, in quanto inibisce lo sviluppo di altre forme di creatività e di socializzazione, che sono specifiche dell'uomo. L'informatica offre la possibilità di un controllo razionale della realtà, ma la realtà non può essere tenuta sotto controllo solo in modo razionale. Ci sono altri aspetti non meno importanti, preposti alla vivibilità del reale: l'amore, l'amicizia, l'altruismo, l'emotività... fino alle espressioni artistiche e poetiche. L'informatica rischia di produrre dei soggetti amorfi sul piano dei sentimenti umani e della morale privata e pubblica, delle persone scarsamente impegnate sul piano sociale e politico, e sostanzialmente degli individui capaci solo di prendere decisioni di tipo tecnico. Affidare a persone così "precarie" sul piano umano la gestione di mezzi così potenti, può risultare pericoloso. La scarsa dimestichezza con le contraddizioni della vita reale può portare a compiere delle scelte assolutamente arbitrarie, che ovviamente il potere politico ed economico giustificherà in nome della complessità delle cose. In nome di una complessità astratta si possono arrivare a fraintendere totalmente le esigenze, anche minime, della vita reale, la quale è sempre caratterizzata da contraddizioni che sono frutto della libertà umana e che quindi sfuggono inevitabilmente a interpretazioni di tipo informatico, che per quanto complesse siano, sono sempre schematiche. Insomma, se l'individuo ha dei problemi personali nel modo di rapportarsi agli altri, può anche sublimare tale handicap attraverso l'informatica, ma se le soddisfazioni che trova non hanno un feedback positivo a livello di rapporti sociali, cioè se non si evita con cura di confondere i "fini" coi "mezzi", il risultato del processo sarà inevitabilmente molto illusorio. L'INFORMAZIONE ENCICLOPEDICA Ormai l'informazione è così vasta e completa che per verificare le capacità di apprendimento di un individuo è preferibile sottoporlo a dei test di tipo maieutico. L'individuo (p.es. un candidato a qualcosa, ma anche un semplice studente delle Superiori o dell'Università) dovrebbe tirar fuori dalla propria esperienza o sensibilità, e non dalle proprie conoscenze pregresse, la risposta a un determinato quesito. Cioè, di fronte a un determinato problema o enunciato o ipotesi di soluzione, di cui il candidato può facilmente avere a disposizione in tempi relativamente brevi una quantità notevole di informazioni, quali considerazioni personali riesce a fare? Non si dovrebbe fare uno sforzo di memoria nozionistica, ma una sorta di rielaborazione personale sulla base di materiali informativi facilmente reperibili, di testimonianze inerenti a quel problema, di esempi dal contenuto analogo ecc. Dal punto di vista del contenuto noi abbiamo già tutto: quello che ci serve è l'abilità a ottenerlo e, fatto questo, la capacità a rielaborarlo in maniera utile, praticabile: il che non significa che la rielaborazione dev'essere per forza originale o inedita. Non ci viene chiesto di essere dei geni ma solo delle persone concrete che ragionano con la loro testa. Il sapere, con il web e la multimedialità, è diventato patrimonio di tutti, almeno in occidente: non ha più senso tenere in piedi un rapporto asimmetrico tra chi sa e chi non sa basato sulla scarsa diffusione del sapere, sulla riservatezza della conoscenza, sulla inaccessibilità delle fonti... Il problema più difficile da risolvere è quello di come mettere a frutto questa mole sterminata di dati conoscitivi. Insomma, è assai meglio simulare una sorta di situazione particolare e vedere come il candidato se la cava, piuttosto che chiedergli di ripetere cose standardizzate. Se vogliamo esercitarlo alla memoria è sufficiente fargli fare cose in cui la memoria è d'obbligo: p.es. imparare il copione di una rappresentazione teatrale o recitare dei versi o cantare una canzone. Il tutto in maniera molto creativa. La ripetizione mnemonica può far parte solo di un eserciziario specifico, non può più essere la regola con cui verificare l'apprendimento. PAROLE E FATTI Le parole che non corrispondono ai fatti sono destinate a invecchiare precocemente, ma quelle che vi corrispondono, se non invecchiano, sono pericolose. Meglio l'inutilità alla follia: fa meno danni. Meglio un filosofo che cammina sollevato da terra che un politico intenzionato a trasformare il mondo secondo la propria ideologia. Quando nei vangeli si diceva che il sabato è fatto per l'uomo e non viceversa, si predicava la fine di un primato ideologico, di un'astrazione in virtù della quale si pretendeva di stabilire la differenza tra bene e male. Se occorre concedere il primato all'essere umano, è evidente che di questo essere non si può dare alcuna definizione. L'essere umano è infatti caratterizzato da bisogni che cambiano di continuo, e dalla libertà di coscienza, che è inafferrabile. L'essere umano è l'insieme dei rapporti sociali che vive, la risultanza, sempre mutevole, di questi rapporti. E in questi rapporto la cosa più importante di tutte è la coscienza, cioè la possibilità di scegliere liberamente la soluzione migliore ai problemi che si affrontano. Ecco, la differenza tra una posizione ideologica e una umanistica sta appunto nel fatto che la prima non agisce finché non trova la soluzione migliore, oppure agisce senza tener conto della realtà (come p.es. in tutti i casi di terrorismo). Una posizione umanistica o democratica è invece flessibile, in quanto prende in considerazione non solo i bisogni ma anche i condizionamenti che limitano la possibilità di risolverli. Spesso politicamente i filosofi non valgono nulla, poiché ai piccoli passi preferiscono quelli grandi, sicché o non s'impegnano affatto in politica, oppure lo fanno da fanatici, non avendo il polso della situazione. Solo i popoli fanno le rivoluzioni che cambiano la storia: i rivoluzionari devono soltanto preparare il momento in cui la miccia andrà accesa. RIFLESSIONI TRATTE DA UNA DISCUSSIONE IN UNA MAILING LIST DI DOCENTI NEL 1997 Caro Paolo Manzelli, >Paolo: I nuovi strumenti di scrittura e comunicazione non rendono
necessariamente vecchi i precedenti. Certo, se consideriamo la rete come un megaipertesto è esattamente come dici
tu. Ma gli ipertesti didattici lo sono veramente? e fino a che punto? >Paolo Manzelli: L'informazione di per se stessa non diviene apprendimento; il passaggio tra memoria a breve ed a lungo termine che determina l'apprendimento, non è istantaneo e presuppone l'integrazione delle funzioni cerebrali. “L'integrazione delle funzioni cerebrali” è davvero una bella espressione
scientifica. Ma come potrà avvenire ciò senza rischiare di cadere nella
tentazione di trasformare la telematica in una nuova sostanza stupefacente? >L' informazione e la memoria a breve conducono il sistema cerebrale a processi di saturazione. Ti rendi conto che a questi livelli i TG, prima o poi (nei giovani è già
così), indurranno un atteggiamento del tutto analogo a quello indotto dagli
SPOT, cioè quello di cambiare canale! Mi piace sentirti dire... >la scienza ha accettato la separazione tra osservato ed osservatore, non domandandosi quale fosse né come funzionasse il sistema di elaborazione della informazione che il cervello realizza nel costruire le immagini che vediamo, i suoni che sentiamo... Infatti la scienza stessa s'è concepita come separata dalla natura e dalla realtà sociale: la scienza galileiana e baconiana è nata ponendosi il problema di come dominare la natura e i rapporti umani. Mi chiedo se il concetto di "dominio" doveva per forza essere strettamente correlato con la nascita della scienza o non ci poteva essere un'alternativa. L'alternativa attuale secondo te è quella di iniziare > una metodologia scientifica di attenzione quantitativa al mondo esterno, che ha reso ancor più un mistero l'uomo stesso e quindi le modalità di pensiero e di espressione, l'evoluzione della sua mente, così come il funzionamento del suo cervello. Quanto sopra è un inizio. ... e perché invece non prestare maggiore attenzione qualitativa al mondo
interno dell'uomo? E' forse scientifico solo ciò che è sperimentabile? L'umanità
dell'essere umano è sperimentabile? Se sì, i mezzi tecnologici che stiamo usando
e che stanno diventando sempre più sofisticati, siamo sicuri che siano i più
idonei? O il nostro profondo coinvolgimento col loro sviluppo alla fine ci
porterà soltanto alla conclusione che si potevano scegliere mezzi migliori? [...] Uno dei problemi che Eco secondo me non si pone è il seguente: la memoria che
un tempo veniva coltivata con la parola scritta e oggi coi CD-Rom ha la stessa
funzione della memoria che millenni fa si coltivava con la trasmissione orale? >Paolo Manzelli - Certo non è automatico sapere quanto sopra ed avere a
disposizione Netscape per risolvere il problema che tu, caro Enrico poni. Certo
è che deve essere eliminata quanto prima la passività di un sistema di
informazione privo di dialogo che ci priva tra l'altro di una reale democrazia
culturale. Caro Paolo, secondo me ti sei fatto capire benissimo, al punto che condivido
le tue osservazioni non al 100 ma al 1000% ! |
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Le immagini sono state prese dal sito Foto Mulazzani