Bertinotti contro la Nike |
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"JUST DO IT". Fatelo. E una semplice virgola. È stato lo slogan più sentito e più visto degli anni Novanta. E anche tra i più comprati. Rifondazione comunista quella virgola non la vuole più. Non sulla maglia dei nostri calciatori, non sulle tute con la scritta Italia dei prossimi mondiali di calcio. Basta bambini schiavi, il calcio azzurro deve ribellarsi. Questa è la richiesta.
Più perde importanza l'ideologia nel mondo, più ne acquista lo sport. Più non ci si combatte più nella società in nome di un'idea, più si vorrebbe che lo sport fosse sacro, buono, idealista. Più si fanno affari sporchi con tutti, in nome della convenienza e della mondializzazione, più si esige che lo sport li faccia puliti, e solo con qualcuno.
L'ultimo grido di dolore è quello di alcuni deputati di Rifondazione comunista che chiedono alla nazionale di calcio, all'Italia che andrà ai mondiali, di rinunciare al loro sponsor, l'americana Nike, perché è l'orco che mangia i bambini.
"L'AZIENDA sfrutta 24 mila bambini, gran parte dei quali minorenni, in cambio di un salario di 1.100 lire al giorno. In sei fabbriche asiatiche la manodopera avrebbe undici anni e guadagnerebbe appena 200 lire l'ora per cucire palloni e scarpe, meno dello 0,2 per cento del prezzo finale del prodotto".
I deputati Ramon Mantovani, Franco Giordano e Maria Celeste Nardini chiedono inoltre l'intervento di Veltroni ed esigono dal calcio azzurro il grande rifiuto. In fondo cosa sono i 7 miliardi per quattro anni che la Nike versa alla nostra federazione, senza contare che è in corso anche il rinnovo per mettere la virgola sulle maglie, se si riesce a salvare l'infanzia dal martirio?
Sono due anni che il colosso americano, che ha sede a Portland, cerca di rifarsi l'immagine contro l'accusa di massacrare di lavoro i bambini di Pakistan e Indonesia per due lire, tanto da aver programmato per questa primavera un viaggio del divo dell'Nba, Michael Jordan, sponsorizzato numero uno, nelle fabbriche che la compagnia detiene in Asia. A dimostrazione, che se anche l'ultima crisi economica da quelle parti ha tagliato i salari del 17 per cento, la Nike non ha nulla di cui vergognarsi.
Anche se il suo proprietario Phil Knight è stato accusato da qualche commentatore americano di essere per il profitto dell'azienda un molestatore di bambini.
È vero, 250 impiegati della sede dell'Oregon sono stati licenziati, il titolo in Borsa è un po' in ribasso, ma la Nike ha sempre dichiarato di essere in regola e di non impiegare nessuno al di sotto dei 16 anni. "Non esiste un caso al mondo, né in Indonesia né in Pakistan, di lavoro minorile all'interno delle aziende che producono per Nike", anche ieri la smentita dell'azienda di abbigliamento sportivo alle accuse dei parlamentari di Rifondazione è stata netta.
"Sono accuse false, non è tollerabile - aggiunge nella nota il portavoce di Nike Italy - la strumentalizzazione e l'invenzione della notizia solo per fini propagandistici e per cogliere facili consensi in un momento in cui l'attenzione pubblica è sensibile a questa problematica. L'irresponsabilità delle dichiarazioni di Rifondazione è allarmante: è davvero preoccupante se questo è il loro contributo alla piaga del lavoro minorile".
Uno dei punti vincenti della Nike è sempre stata l'immagine: giovane, anticonformista, sinceramente sportiva. In sede si va a lavorare in tuta, la missione è unica per tutti, vestire lo sport è la religione che tutti celebrano. Ogni campione ha il suo nome su un edificio, ci sono busti, poster, video dedicati agli eroi sotto contratto, ovunque. Per prendere in giro e ridicolizzare questa filosofia Michael Moore, un regista indipendente statunitense, già autore del premiato "Roger and me", un documentario sulla chiusura a Flint di una fabbrica della General Motors, ha girato "The Big One", con un'intervista a Phil Knight, di cui ora la Nike vuole tagliare alcune parti. Proprio quelle che riguardano il tema del lavoro minorile. Anche se Massimo Giungo, portavoce italiano, accusa Rifondazione di volersi fare pubblicità con i mondiali.
Sono sensibili al problema anche i grandi calciatori: Ronaldo, Zidane, Baresi hanno girato spot per i palloni puliti. Michel Platini ha garantito che Francia '98 sarà un campionato del mondo non schiavista, si giocherà Adidas e il materiale verrà dal Marocco. La Fifa sostiene la stessa battaglia. Domenica prossima a cura dell'Unicef in tutti gli stadi di A e B verrà fatto l'annuncio: "Questo pallone non l'ho cucito io", per dare libertà, dignità e istruzione ai bambini. E per dare allo sport non solo uno spot.
La Repubblica (16.04.1998)