SOLSTIZIO INVERNALE:
LA RINASCITA DELLA LUCE SOLARE
IL NATALE E LE SUE RADICI
I CULTI SOLARI NELL'EMISFERO NORD
PREMESSA
E’ scritto nella “Nuova Enciclopedia Cattolica” dell’Ordine
Francescano (ed. 1941): “… per inspiegabile che sembri, la data di nascita di
Cristo non è nota. I Vangeli non indicano né il giorno né l’anno”; “fu
assegnata la data del solstizio d’inverno perché in quel giorno in cui il
Sole comincia il suo ritorno nei cieli boreali, i pagani che adoravano Mitra
celebravano il Dies Natalis Solis Invicti” (giorno della nascita del sole
invincibile)”. Poiché è strabiliante che la principale Festività d’Occidente,
diffusa e celebrata in molte parti del mondo, abbia a supporto una così vaga
documentazione storica, siamo andati a ricercare, con spirito aperto al nuovo,
le documentazioni relative ed abbiamo fatto scoperte sorprendenti.
IL 25 DICEMBRE NATALE DEL SOLE:
LA FESTA PIU’ “INTERCULTURALE” DELL’ANTICHITA’
La data del 25 dicembre è un giorno di festa è tra le più ricca di commistioni
culturali e religiose della storia umana: nelle radici del Natale abbiamo culture e religioni provenienti dalla Siria, dall’Egitto,dalla Mesopotamia, dalla Persia, dall’Arabia e dalla stessa antica Roma.
Il 25 dicembre è la data di nascita e festeggiamento di personaggi divini
precedenti la comparsa di Cristo: il Dio Horus egiziano, il Dio Mitra
indo-persiano, il Dio babilonese Tammuz/Yule e Shamas; sempre il 25 dicembre
veniva festeggiato l’Invictus Sol Elagabalus a Emesa e il Dio Sole Dusares/Helios
a Petra. In tale data viene accreditata la nascita anche di Zarathustra e
Khrisna, Dioniso, Adone, Attis, , il Dio Freyr, secoli o millenni prima di
Cristo.
Alcune celebrazioni le troviamo nell’antichità addirittura in Messico
ed in India. Basti pensare che in corrispondenza del nostro 25 dicembre, le
popolazioni azteche e pre-azteche celebravano la nascita del Dio del Sole
Huitzilopochtli e di Bacab nello Yucatan. Nell’Emisfero Sud invece, essendo le
stagioni rovesciate e cadendo quindi il solstizio d’inverno in Giugno, vi era
la Fiesta del Sol (Inti Raymi – 24 giugno) delle antiche popolazioni incaiche
e pre-incaiche, festa ancor oggi celebrata in Perù e nella regione andina.
LE RADICI ASTRONOMICHE DEL NATALE: IL SOLSTIZIO D’INVERNO
Nell’emisfero nord, nei giorni 22-23-24 dicembre il Sole sembra fermarsi in cielo (più si è
vicini all’equatore più il fenomeno è evidente): è il Solstitium (Sole
fermo).
In astronomia sono quei giorni in cui il sole si ferma per invertire il
proprio moto nel senso della DECLINAZIONE; è cioè il punto dove il Sole
raggiunge la massima distanza dal piano equatoriale. Il buio della notte
raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Abbiamo la notte
più lunga ed il giorno più corto dell’anno. Subito dopo il solstizio, la
luce del giorno torna gradatamente ad aumentare ed il buio della notte a ridursi
fino al solstizio d’estate, a giugno quando avremo il giorno più lungo dell’anno
e la notte più corta.
Convenzionalmente il solstizio cade il giorno 21, ma per l’inversione
apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo. In
poche parole il solstizio d’inverno ai tempi significava che il Sole, giunto
nella fase più debole come luce e calore, non sprofondava nelle tenebre dove
sembrava precipitare, ma diventava con la sua vitalità “invincibile” (invictus)
sulle stesse tenebre, il Sole “rinasceva”, aveva un nuovo “natale”. Appunto
il “Natale del Sole Invincibile”.
Le popolazioni antiche ben conoscevano
questo fenomeno del solstizio e lo trasformarono in occasione di festa. Questa
interpretazione astronomica spiega perché il 25 dicembre (e giorni adiacenti)
sia una data presente in culture e paesi molto distanti tra loro, dall’India
al Messico, dal nord Europa all’Etiopia.
25 DICEMBRE DEL 274 D. C.: IL PRIMO NATALE DEL SOLE
Il 25 dicembre come giorno di festa grande compare in Italia ed in Europa per
la prima volta nel 274 D.C. per ordine dell’Imperatore Aureliano che fece
diventare Festa Ufficiale il Natale del Sole e la volle celebrata in tutto l’Impero
Romano: il Dies Natalis Solis Invicti.
L’imperatore Aureliano aveva appena
concluso la riunificazione dell’Impero Romano ed era reduce dalla grande
vittoria sull’ allora principale nemica dell’impero, la Regina Zebedia del
Regno di Palmira. La vittoria era stata resa possibile dallo schierarsi di Emesa,
città-Stato rivale, a fianco dell’esercito romano in un momento di
sbandamento delle milizie; questa discesa in campo a favore dei Romani fu
sostenuto dai sacerdoti di Emesa, cultori del Dio “Sol Invictus”; Aureliano
all’inizio della battaglia decisiva disse di aver avuto la visione
benaugurante del dio Sole di Emesa.
L’Imperatore trasferì a Roma, in segno di
ringraziamento, la classe sacerdotale e il culto del Sole di Emesa ed in onore
del Dio Sole Invincibile fece edificare un tempio di Stato a Roma, sulle pendici
del Quirinale (Campus Agrippae, attuale piazza S. Silvestro).
All’imperatore
non sfuggiva inoltre come l’adozione del culto del Sole in tutto l’Impero
potesse servire a consolidare la riunificazione ed essere elemento di unità
culturale. Nelle diverse forme, il culto del Sole era infatti presente in tutte
le regioni dell’impero, dall’Egitto all’Anatolia, tra le popolazioni
celtiche fino a quelle arabiche, tra i Greci e gli stessi Romani.
Aureliano
propose il Sol Invictus di Emesa ai cultori ellenico-romani del Sole-Apollo, ai
diffusissimi seguaci di Mitra, agli egiziani dei riti di Iside/Horus/Se rapide,
ai siriani ed arabi dei culti di Helios/Dusares e Baalim, ai Celti della
Mastruca e ai Germanici cultori della Yule, la Ruota, indubitabile simbolo del
Sole.
Particolarmente solenni erano le celebrazioni del rito della nascita del Sole
in Siria ed Egitto: i celebranti si ritiravano in appositi santuari da dove
uscivano a mezzanotte, annunciando che la Vergine aveva partorito il Sole
(raffigurato dagli egizi come un bambino).
La festa del Sol Invictus si affermò come la festa più importante dell’
Impero, con grande partecipazione popolare a Roma, anche perché si innestava ed
andava a concludere la festa romana più antica, i Saturnali.
In questo grande
pentolone di culti solari anche gli stessi culti cristiani si confondevano con i
culti solari, tanto che l’imperatore Adriano scriveva nel 134 d.C.: “Gli
adoratori di Serapide sono cristiani e quelli che sono devoti al dio Serapide
chiamano se stessi Vicari di Cristo.”
Lo stesso Tertulliano (circa 160-220 d.C.), vescovo di Cartagine cristiano e Padre della Chiesa, così scriveva: “… molti ritengono che il Dio cristiano sia il Sole perché è un fatto noto che
noi preghiamo rivolti verso il Sole sorgente e che nel Giorno del Sole ci diamo
alla gioia” (Ad Nationes I, 13). Sant’Agostino esortava i fratelli cristiani
a non festeggiare il 25 dicembre il Sole, bensì chi aveva creato il
Sole.
25 DICEMBRE DEL 330 D.C.: IL PRIMO NATALE CRISTIANO
L’Imperatore Costantino, che era, e rimase, anch’egli un cultore del Dio
Sole, abbracciando la fede cristiana trasformò nel 330 la festa del Sol Invictus del 25 dicembre in Festa Cristiana. In precedenza (7 marzo 321)
Costantino aveva cambiato anche il nome del primo giorno della settimana,
festivo,: da Dies Solis (“il venerabile “giorno del Sole) a Dominus, (giorno
del Signore).
Questi cambiamenti non furono sempre graditi, tanto che nel
centro-nord Europa è rimasto l’antico nome di giorno del Sole (Sunday tra i
Sassoni, Sontag tra i germanici). Nel 337 Papa Giulio I ufficializzò la data
del Natale da parte della Chiesa Cattolica, come riferito da San Crisostomo nel
390:
“In questo giorno, 25 dicembre, anche la natività di Cristo fu ultimamente
fissata in Roma”. Nel 354, si menziona per la prima volta in un calendario
della liturgia romana la festa del 25 dicembre cristiano. Nel 461 questa scelta
sarà riconfermata da Papa Leone Magno. Altri autori ecclesiastici rinviano al
354 con Papa Liberio la prima apparizione del Natale in Occidente.
La scelta
della Chiesa di Roma di far coincidere la nascita di Cristo con la festa pagana
più celebrata fu un tentativo di rispondere alla grande partecipazione che il
culto del sole conservava tra la popolazione dell’Impero, adattandolo culto
alla nuova religione.
Successivamente un’operazione del genere fu fatta anche
ricorrendo alle figure dei santi per sostituire divinità o feste locali (S.
Giorgio = Parilia, S. Giovanni=acqua, Assunzione = Diana.) In Africa e centro-sud America questa
pratica ha preso il nome di sincretismo religioso.
Nei primi tre secoli del Cristianesimo, la nascita di Cristo aveva date
diverse: 18 aprile, 29 maggio, per S. Cipriano era il 28 marzo, per S. Ippolito il
23 aprile, secondo Clemente Alessandrino il 20 maggio o il 10 gennaio o il 6
gennaio; quest’ultima data poi si affermò in oriente e da lì giunse a Roma
fino al cambiamento deciso da Costantino e poi ratificato dal Papa Giulio I.
L’imperatore
Giustiniano, circa duecento anni dopo, legalizzò questa data per tutto l’Occidente.
Altre Chiese cristiane, come quella ortodossa, copta, armena, continuano invece a
celebrarla il 6 gennaio (Epifania = Annunciazione)
All’epoca i cristiani della Mesopotamia accusarono i loro fratelli “romani”
di idolatria e di adorare il Sole per aver adottato la Festa del Sole come festa
della nascita di Cristo.
Anche le Chiese della Riforma, a cominciare dai
Calvinisti, accusarono la Chiesa di Roma di cedimento dei cristiani al
paganesimo. In effetti la dimensione pagana nel Natale durò a lungo.
Ancora centotrenta anni dopo la decisione di Costantino, nel 460, il Papa san
Leone Magno sconsolato scriveva: ”E’ così tanto stimata questa religione
del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella basilica di S. Pietro,
dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si
inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo
molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani
devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei”
(7° sermone tenuto nel Natale del 460 – XXVII-4).
Lo stesso S. Ambrogio dovette
ammettere: “Cristo è il nostro nuovo Sole”. Nel 376 venne soppresso il
culto di Mitra a Roma per ordine del prefetto.
Con l’editto dell’imperatore Teodosio del 392 che diede inizio alle
persecuzioni contro i riti pagani (da “pagos”=villaggio”), si conclusero a
Roma le ultime celebrazioni alla Dea Iside, madre di Horus (il dio Sole
egiziano), e infine nel 536 con i decreti dell’Imperatore Giustiniano con cui
chiudeva l’ultimo tempio ad Iside in Egitto, il Natale lentamente si affermò
come festa cristiana in tutto l’impero.
PROTESTANTI E “RIFORMA”: VIETATO FESTEGGIARE IL NATALE
I protestanti della “Riforma” misero
sotto accusa la scelta della Chiesa Romana di spostare il Natale al 25 dicembre,
con la motivazione che fu un cedimento al paganesimo. Il cristianesimo avrebbe
fatto rientrare dalla finestra culti solari di Babilonia passati ai pagani
romani! Nella città di Ginevra di Calvino si poteva essere multati e
persino messi in prigione per aver celebrato il Natale.
Il Parlamento Inglese proibì l’osservanza del Natale, definendola una
festa pagana. Quando i cristiani puritani andarono in America, stabilirono
questa stessa legge nella “Nuova Inghilterra” e il 25 dicembre del 1620
lavorarono più del solito.
Quarant’anni più tardi la Corte civile e penale
del Massachussets decretò le punizioni per chiunque avesse osservato le
festività natalizie: ”Chiunque venga trovato ad osservare, astenendosi dal
lavoro e festeggiando, tali giorni come il cosiddetto Natale, pagherà per
questa trasgressione 5 scellini”. Fino al 1800 il Natale non ebbe alcuna
rilevanza nelle chiese della “Riforma”.
1. CULTI A ROMA PRIMA DEL NATALE CRISTIANO:
I CULTI SOLARI E I SATURNALI
I CULTI SOLARI
La Roma pre-cristiana già aveva un proprio antico culto solare, quello del
Sol Indiges. Oltre duecento anni prima della nascita di Cristo, Roma aveva visto
giungere sul proprio territori Dei e culti d’oriente.: Iside e Serapide , poi
Cibale. Il Sole assumeva centralità e attualità nel Mediterraneo: Iambulo, un
nabateo, nel 120-100 a.C. scrisse un romanzo dove prefigurava un utopistico
nuovo ordinamento sociale, con comunanza dei beni, sotto il governo di Helios,
il Sole.
I primi secoli dell’era cristiana videro riversarsi su Roma una alluvione
di culti, soprattutto dall’Oriente; in linea di massima ben tollerati dagli
Imperatori in quanto accettabili nell’universo politeistico della religione
romana. Presero piede in particolare culti solari come quello monoteista
persiano di Mitra nel II-III Secolo d.C. (che diventò il culto più
concorrenziale al cristianesimo), il culto egiziano di Horus e Iside o di
Serapide, il culto ellenico-orientale di Dioniso e Apollo.
Nel primo secolo d.C.
scriveva Petronio “Il nostro territorio pullula di presenze divine, a tal
punto che si incontra più facilmente un Dio che un uomo”.
Nel secondo secolo
d.C. scriveva Celso “Molte persone anonime si aggirano dentro e fuori dei
templi come volessero emettere responsi… ciascuna di esse è sempre pronta a
dire: - Io sono Dio-, -Io sono Figlio di Dio-,-Sono uno Spirito Divino-“.
Il
culto del Sole fin dai tempi delle campagne di Giulio Cesare in Egitto era già
penetrato nell’ Impero. Cesare infatti aveva fatto trasportare a Roma non solo
gli obelischi di Heliopolis e di altre città egizie, ma anche i sacerdoti del
culto di Helios (uno dei nomi del Dio Sole egiziano) che trovarono subito
seguaci nella capitale.
Giulio Cesare fece introdurre il calendario solare
egiziano; l’anno solare egiziano (redatto dall’astronomo alessandrino Sosigene) venne successivamente adottato col nome di Calendario Giuliano, di 12
mesi come quello attuale, salvo la correzione apportata da Papa Gregorio nel
1582, che tolse 10 giorni in totale e introdusse l’anno bisestile ogni quattro
anni.
In questi secoli, anche a rappresentazione delle nuove tendenze culturali e
religiose solari, furono eletti numerosi imperatori cultori del Dio Sole.
L’imperatore Comodo (161-192) si fa raffigurare in compagnia di Iside e
Serapide (altro nome del Dio Sole egiziano). Abbiamo la dinastia degli
imperatori Severi che prima favoriscono il culto di Iside e Serapide e
costruiscono il tempio più bello della città sul Quirinale (dove ancora sta un
obelisco egiziano), poi favoriscono il culto di Eracle e Dioniso, infine
introducono il culto del Dio Sole di Emesa (precedentemente ad Aureliano).
Con
l’imperatore Caracalla si ha il passaggio dalle divinità solari egiziane a
quelle siriane, e anche il massimo della “contaminazione” culturale: con lui
si invoca il ”solo Dio Zeus Serapis Helios, invincibile signore del mondo”.
L’imperatore Massimino il Trace è invece cultore del Dio Sole Mitra come
sembra lo fosse stato Nerone. Nel 218 divenne imperatore Elagabalus (già
sacerdote del Sole ad Emesa), che si attribuì il nome del Dio Sole (El Galab =
Dio Sole) e che fece costruire un tempio sul Palatino dedicato al Dio Sole
Invictus siriano.
Successivamente l’imperatore Aureliano stabilì la festa del
Sol Invictus, che continuò con Diocleziano ed altri fino a Costantino compreso,
che fece incidere il Sole sul suo famoso Arco in Roma. In quei secoli furono
fatte coniare da molti imperatori monete con l’effige del Sole e sul retro la
propria, in altre monete è raffigurata Iside che allatta il Dio Sole bambino
Horus.Anche le insegne militari dell’ esercito imperiale portavano i simboli
del Sol Invictus. In quei secoli Roma era piena di templi e luoghi di culto delle
diverse divinità solari.
Basti pensare che la Basilica di San Pietro è stata costruita sopra il
tempio del Dio Sole Mitra ed ha tuttora al centro della piazza un obelisco
egiziano. Ancora oggi le guide turistiche di Roma offrono escursioni nei mitrei,
luoghi catacombali, santuari ricavati in ambienti sotterranei dei cultori di
Mitra: le cripte dove avveniva questo culto sono state trovate in tutta Europa
fino in Irlanda.
I culti di Iside ed Horus, che ebbero addirittura in Roma il
loro centro nel II secolo d.C., durarono fino alla fine del IV secolo. Questo
quadro dimostra la forte presenza di culti dedicati al Dio Sole dopo la nascita
di Cristo e nel periodo precedente al natale Cristiano. Prima ancora della
decisione di Aureliano di festeggiare il “Dies Natalis Solis Invicti” il 25
dicembre, in tale giorno ricorreva il festeggiamento per la nascita del dio
Horus in Egitto, la festa del “Sol Invictus” a Emesa, del Dio Sole Dusares
nel Regno di Palmira, delle divinità solari Shamas e poi Yule a Babilonia. In
tale data veniva inoltre attribuita la nascita di Mitra e poi del suo profeta
Zorohastro (Zarathustra).
I SATURNALI
Festività e riti dell’ antica Roma furono un continuo adattare la
tradizione di Roma a quella dei popoli vinti per renderla “universale”: all’inizio
abbiamo influenze latine, etrusche e sabine, poi greco-ellenistiche e
orientali.
I Saturnali furono tra le feste latine più antiche dell’Impero
Romano; iniziavano il 17 Dicembre e furono prolungate fino al 24 dicembre sotto
l’imperatore Domiziano. Erano una festa religiosa dedicata all’antico Dio
Saturno (da Satus = semina). Saturno (il Cronos greco) nella più antica leggenda
era re del Lazio prima della fondazione di Roma.
Ai primordi i Saturnali erano una festa religiosa e sociale molto complessa,
ben descritta da Frazier nel libro “Il ramo d’oro”: durava un lungo
periodo, si ribaltavano i ruoli sociali, uno schiavo faceva il Re per tutto le
feste e poi veniva sacrificato. A Saturno si dedicavano sacrifici umani fino a
quando, dice la leggenda, Eracle (Ercole) passando dal Lazio, convinse gli
abitanti a non sacrificare vite umane ma ad offrire in loro vece statue di
argilla e ceri accesi.
Da qui iniziò l’usanza di scambiarsi doni, statue d’argilla e ceri
accesi nei giorni dei Saturnali. Nella Roma degli imperatori durante questa
festa le scuole restavano chiuse e permase l’usanza di scambiarsi doni
(candele, noci, datteri, miele).
I Saturnali iniziavano con il rito del “lettisternio”:
statue degli Dei venivano stese sui letti; si offriva poi il cibo a Giove ed a
dodici dei, cibo che veniva in seguito consumato pubblicamente dai
partecipanti.
Il primo giorno c’era la celebrazione religiosa con processione
fino al tempio di Saturno posto alle falde del Campidoglio e si facevano
sacrifici sull’Ara lì posta; si accendevano le candele e vi era un grande
banchetto al quale tutti erano invitati; si facevano anche i brindisi e gli
auguri. Il tutto a spese dello Stato.
Vi era l’uso di giocare a Tombola,
considerata il grande gioco di Saturno: questo gioco era però caricato di
sacralità in quanto serviva per predire il prossimo futuro attraverso i numeri,
aveva funzioni oracolari (oggi le ritroviamo nel gioco del Lotto con le
associazioni di eventi o sogni ai numeri– vedi la Smorfia).I pagani facevano
la veglia per tutta la notte per attendere e salutare la nascita del Sole
nuovo.
Quando giunse a Roma il culto di Dioniso, nei Saturnali si festeggiava la sua
eterna giovinezza e si regalavano i suoi tre simboli: il mirto, il lauro e l’edera. Durante
i Saturnali gli schiavi erano liberi e non avevano obblighi verso i loro
padroni.
Per gran parte della popolazione, che svolgeva lavoro agricolo, i Saturnali
annunciavano un lungo periodo di riposo in attesa della primavera.
Come possiamo notare, molte delle usanze dei Saturnali si sono conservate
fino ad oggi e caratterizzano il nostro modo di festeggiare il Natale: accendere
le luci (delle candele prima, elettriche oggi), il banchetto, lo scambio di
doni, la celebrazione religiosa, regalarsi i ceri, i datteri, le noci e cibi
dolci come il miele, fare i brindisi e gli auguri, la chiusura delle scuole, la
lunga festa…
2. DIO SOLE SIRIANO: “INVICTUS SOL ELAGABALUS” DI EMESA
L’influenza siriana della città di Emesa (l’odierna Homs in Siria) sulla istituzione della Festa del
Natale è stata storicamente la più significativa. L’imperatore Aureliano,
che istituì il “Dies Natalis Solis Invicti” il 25 dicembre 274, si ispirò
proprio al Deus Sol Invictus ed alla sua festa nella città di Emesa, festa che
cadeva il 25 dicembre. Emesa diede tre imperatori a Roma.
Da Emesa l’imperatore
romano Settimio Severo prese in moglie Giulia, nata dalla stirpe dei sacerdoti
del Dio Sole, e portò il culto a Roma già prima di Aureliano.
Da Emesa
proveniva l’imperatore Elagabalus che portò a Roma culto, sacerdoti e la
sacra pietra a forma di cono con base circolare (pietra che fu riportata dopo l’uccisione
dell’imperatore). Sulla pietra era scolpita un’aquila con un serpente nel
becco: un simbolo del Sole. Quando fu ucciso, fu rimandata indietro la pietra
sacra.
Molti particolari lasciano intendere che il culto del Sole di Emesa fosse
di origine araba, di nomadi beduini: la presenza di una pietra cultuale, i nomi
delle dinastie reali, l’evirazione del sommo sacerdote, il divieto di mangiare
carne di maiale. Altre teorie sostengono la provenienza di questo culto dall’egiziana città di Heliopolis o dalla mesopotamica Babilonia, sempre in un epoca
antecedente al 1400 a.C.
Eliodoro di Emesa scrisse nel III secolo d.C. il romanzo
forse più completo di quel secolo, “Le Etiopiche” che ben descriveva questa
“contaminazione” tra culti solari egiziani e siriani, arabici ed etiopi.
3. DIO SOLE INDO-PERSIANO-MESOPOTAMICO: IL CULTO DI MITRA
Il culto di Mitra è quello che ha sostanzialmente più influenzato il rito
religioso del Natale e la stessa religione cristiana. Sia a Mitra/ Dio Sole sia
ad un suo profeta, Zarathustra, sono accreditate le nascite il 25 dicembre,
molti secoli prima della nascita di Cristo. Mitra è fatto partorire da una
vergine, è denominato “il buon pastore”, aveva 12 compagni, effettuava
miracoli, sepolto in una tomba è risorto dopo tre giorni e la sua resurrezione
veniva celebrata ogni anno.
Il mitraismo è una religione che ha avuto il suo
massimo sviluppo in Persia ma sembra sia di origine indiana. Altri storici
sostengono che sia di origine mesopotamica. Del nome Mitra in Persia, Varuna in
India si trovano tracce fin dal 1400 a.C. (compare nei testi sacri indiani Rig
Veda) ma è possibile che questa divinità sia ancor più anteriore. Gli Ari lo
tenevano in grande considerazione.
Mitra, col nome di Bel, compare anche nel 1400 a.C. tra gli Dei di Stato dell’Impero dei Mitanni in Mesopotamia,
dove veniva festeggiato il 25 dicembre con la festa del Son (in babilonese Sole)
invincibile: era considerato figlio del Sole e Sole egli stesso.
Zarathustra è un profeta che si ritiene nato
nel 714 a.C. in Persia, combatté il politeismo dei popoli nomadi e favorì la
nascita di un codice di leggi civili e morali valido per la crescente
popolazione che da nomade diventava agricola e stanziale.
Propose una religione
universale e monoteista basata sul “Giusto sentire, giusto parlare, giusto
operare” richiamandosi all’antico culto del Dio Sole Mitra e facendolo
confluire successivamente nel nuovo Dio Mazda. La sua religione è nota anche
come Parsismo o Zoroastrismo ed è ancora praticata in alcune zone dell’India
e della Persia. Dai suoi detti, pensieri ed insegnamenti fu scritto il libro
sacro “Avesta”, già noto ad Alessandro Magno.
Si dice che nessuna religione
più dello Zorohastrismo abbia affermato il valore della cultura. Questa
religione avrà enormi influenze sulle successive religioni monoteiste, come l’islamismo,
il cristianesimo e l’ebraismo (le famose Leggi di Mosè sono le leggi
introdotte dal re di Giuda, Gioisa, nel 621 a.C. nel suo Deuteronomio, quindi
postume a Zarathustra).
Con la conquista persiana di Babilonia il mitraismo
entrò in relazione con le religioni mesopotamiche ed ebraiche (gli ebrei erano
in esilio a Babilonia ed i persiani ne furono i liberatori).
Successivamente il
culto mitriaco, ebbe una grande ripresa con l’imperatore persiano Artaserse II
e nel periodo ellenistico, quando si diffuse nelle province dell’impero Romano
e nella stessa Roma portato dai soldati romani che già sotto Pompeo si
convertivano in massa. Il culto veniva celebrato in grotte o sotterranei; l’iniziazione
prevedeva il battesimo con l’acqua santa, il pasto in comune con condivisione
di pane e acqua. Al Mitraismo sono accreditati i rituali e le credenze di:
- la recitazione delle preghiere
- l’atto delle mani giunte
- la genuflessione
- confessione delle colpe che contemplavano penitenze (prima corporali, poi
sostituite da lavori socialmente utili)
- la confermazione (cresima),
- segnarsi la fronte con le dita,
- esposizione dell’ostia-disco solare sull’altare,il sacerdozio solo
maschile,
- credenza nei premi e nelle pene nell’aldilà, e nel giudizio divino, il
paradiso (parola che in persiano ancor oggi vuol dire “giardino”), l’inferno
con fuoco e fiamme (non è eterno e i “cattivi” verranno restituiti al mondo
nel giorno della resurrezione), la disposizione dell’altare (il banco di pietra
davanti l’Abside), la stola, il copricapo dei vescovi (che si chiama ancora
mitria), le vesti, i colori,
- l’uso dell’incenso, l’aspersorio, e dei lumi accesi davanti all’altare, la
stessa architettura delle basiliche, dove si eseguivano i riti in pompa magna.
Mitra, soprannominato “Il Salvatore” salì al cielo col Carro del Sole
dopo aver consumato il pasto sacro; la sua resurrezione avveniva in primavera ed
i suoi sacerdoti così recitavano: “Rallegratevi, iniziati; il vostro Dio è
risorto dalla morte. Le sue pene e sofferenze saranno la vostra salvezza.” (da
Dupois, Origine di tutti i culti, vol.5).
Nel terzo secolo d. C. l’imperatore
di Persia Ardashir, della dinastia dei Sassanidi, dopo aver riunificato l’impero,
fece riscrivere in 21 libri l’ “Avesta” perduto, e fece del Mitraismo una
religione di Stato; sarà di esempio per i successivi imperatori romani.
Le
liturgie e litanie saranno poi mutuate dal cristianesimo, prima con i riti
bizantini, poi con quelli della Chiesa Romana (Rituale Romanum); l’Avesta
sarà di esempio anche a Maometto per la stesura del Corano.
I Magi erano una
classe sacerdotale di questo culto e saranno fatti “entrare” nella
tradizione del Natale Cristiano come annunciatori della nascita del
Messia.
4. DIO SOLE EGIZIANO: IL CULTO DI HORUS, OSIRIDE E ISIDE
Il 24-25 Dicembre era festa grande nell’Egitto dell’epoca: in tale data
si festeggiava la nascita del Dio Sole Bambino Horus; il culto di Horus e della
madre Iside ebbe molta diffusione in Roma nei primi due secoli d.C. con templi
ed Imperatori devoti. Ad Heliopolis si celebrava il 24-25 dicembre già nel 1400
a.C. la festa del Dio Sole che aveva il nome di Ra, considerato anche lui Figlio
del Sole e Sole egli stesso.
Horus, il Dio Sole, era frequentemente rappresentato come un bambino con la
corona solare in testa. Il Dio Sole in Egitto assunse nel corso dei millenni
svariati nomi: Ra, Aton, Osiride, Serapide (nome e culto introdotto da Tolomeo
nel III secolo a.C.) e Horus.
Il nome “Serapide” comparve come attributo
addirittura a fianco di nomi di Imperatore romani. Interessante il culto del Dio
Sole Aton, introdotto circa nel 1350 a.C., dal Faraone Amenophi IV, marito di
Nefertiti, (il cui successore fu il più a noi famoso Tutankamen): fu il primo
culto monoteista e universalista della storia umana ma fu spazzato via dalla
rivolta dei sacerdoti politeisti.
In Egitto vi era addirittura una città
dedicata al Dio Sole, la famosa Heliopolis, con una vasta classe sacerdotale
dedicata al suo culto ed alla sua diffusione.
Il Colosso di Rodi (300 a. C.), una
delle sette meraviglie dell’antichità, rappresentava il Dio Sole Helios e
richiese 12 anni di lavoro.
I culti egiziani del Dio Sole hanno forse più di
tutti influenzato il cristianesimo e lo stesso ebraismo (gli ebrei vissero per
secoli in Egitto) essendo precedenti ad entrambe queste ultime religioni.
Horus
è partorito da una vergine, ha avuto 12 discepoli, è stato sepolto e poi
resuscitato, ha ridato vita ad un morto (El Azar us= Lazzaro), era
soprannominato la verità, la luce, il messia, il buon pastore, il KRST (l’Unto).
Era denominato anche fanciullo divino e Iusa, figlio prediletto.
Il padre divino
di Horus era Osiride, con cui si confondeva (“Io e mio Padre siamo Uno”),
mentre il padre terreno era Seb (Giuseppe); l’angelo Thot annuncia ad Iside
che concepirà un figlio verginalmente. Nasce in una grotta, annunciato da una
stella d’oriente, viene adorato da pastori e da tre uomini saggi che gli
offrono doni. A 12 anni insegna nel tempio e poi scompare fino ai 30 anni. Horus
viene poi battezzato sulle rive di un fiume da Anup (Giovanni) il battista, il
quale in seguito verrà decapitato. Combatté 40 giorni nel deserto contro Set
(Satana), ha compiuto numerosi miracoli e camminato sulle acque.
Con Iside ed
Osiride, Horus costituiva la trinità egizia. A Luxor, su edifici risalenti al
1500 a.C. si possono vedere immagini relative all’Annunciazione e all’Immacolata Concezione di Iside.
Osiride, il padre di Horus, risale a tempi ancora
più arcaici dell’antico Egitto, anch’esso rappresentava il Dio Sole: aveva
oltre 200 definizioni avendo assorbito nel tempo altre divinità egiziane. Il
suo culto prevedeva l’ingestione di focacce di frumento in comunione,
considerate la sua “carne”, e l’elevazione al cielo dell’ostensorio.
Osiride fu dall’inizio alla fine considerato il Dio che soffrì e morì; al
momento della sua morte il cielo si oscurò. Vi era in suo onore un inno che
assomiglia al Padre Nostro: “O Amen, che sei nei cieli…”. Il salmo 23
della Bibbia è considerato la copia di un testo egiziano che nomina Osiride
come “Buon Pastore”.
Spesso Osiride era rappresentato da un occhio racchiuso
in un triangolo equilatero, immagine che si può rivedere all’interno delle
Chiese cristiane. A proposito dell’Ostensorio, la cui elevazione rientrava nei
rituali di Osiride, contrariamente a quanto si pensa per la liturgia cristiana,
non prende il nome dall’ostia ma accade il contrario. Si chiamava ostensorio
almeno un millennio prima di Cristo; ostiare corrispondeva ad un etimo egizio (e
si traslò anche nel latino) e significava mostrare, far vedere, cioè mostrare
il disco solare ai fedeli.
La liturgia cristiana conservò anche l’abbassamento
del capo, perché nei primi riti di Osiride-Aton all’aperto, vi era l’accorgimento
di abbassare la testa per non guardare il Sole evitando così il rischio di
perdere la vista.
Quando i riti di Osiride-Aton furono trasferiti all’interno
dei templi, i sacerdoti ricorsero ad un disco d’oro con i raggi intorno;
appunto l’ostensorio, elevato in alto, ma rimase l’abitudine di abbassare il
capo.
Nel culto cristiano l’ostia consacrata risale alla fine del 1400 d.C.,
mentre la forma dell’ostia fu stabilita dal Concilio di Trento; per spezzare i
legami con il Sole pagano raffigurato nell’ostensorio.
All’inizio del 1400
san Bernardino da Siena sostituì il disco d’oro luccicante con una teca con
dentro il simbolo dell’eucarestia, il pane.
Studiosi sostengono che molte
storie presenti nei Vangeli si possono ritrovare molto tempo prima nel Libro di
Enoch e nei testi dei monaci egiziani chiamati i “Terapeuti”,
successivamente associati agli Esseni. Nei sotterranei di Roma vi è una
rappresentazione di Horus allattato dalla madre vergine Iside risalente al II
secolo D.C.
5. DIO SOLE BABILONESE: IL CULTO DI SHAMASH E TAMMUZ/ YULE / ISHTAR
Al 3000 a.C. risalgono le feste di celebrazione del Dio del Sole Babilonese
Shamash, nel giorno corrispondente al nostro 25 dicembre.
Il Dio Sole Shamash, Utu in sumerico e Shamas in accadico, è una divinità
popolare in tutta la storia della Mesopotamia; il suo nome si riferisce al Sole,
ma anche alla giustizia ed alla predizione in quanto il Sole vede tutto,
compreso il futuro; risiede insieme alla sua sposa in templi chiamati “la Casa
Bianca” (E’ BABBAR).
Shamas è rappresentato da un disco solare. Come tra
gli egiziani ed altri popoli di tradizione plurimillenaria, gli dei mutano il
nome nel tempo.
In Babilonia comparve successivamente il culto della Regina del
Cielo (Isthar) e di suo figlio Tammuz, il dio creduto la reincarnazione del
Sole. La nascita di questo Dio avveniva proprio durante il solstizio d’inverno:
in questa veste di bambino a Babilonia il Dio Sole Tammuz prendeva il nome di
Yule e il Giorno di Yule veniva festeggiato il 25 dicembre.
La dea Ishtar veniva
rappresentata anch’essa (come Iside in Egitto) avente tra le braccia il suo
“unico figlio” con una aureola di dodici stelle intorno al capo (i 12 segni
zodiacali).
Il culto di Tammuz/Yule era talmente forte e diffuso che nella
stessa Bibbia troviamo il profeta Ezechiele, nel VI secolo a.C, rimproverare le
donne di Gerusalemme perché piangevano la morte di Tammuz (in questo culto
Tammuz dio-pastore muore e poi risorge dopo tre giorni).
Altra grande divinità
di Babilonia era Marduk, o Bel-Marduk che in babilonese voleva dire “vitello
del Sole”.
6. DIO SOLE ARABO: IL CULTO DI DUSARES/HELIOS
A Petra (nell’attuale Giordania) il Dio Sole Dusares era celebrato il 25
dicembre già dal 600 a.C.
Epifanio, il vescovo cristiano della città di
Salamina, padre della Chiesa e noto storico, affermava nel IV secolo d.C. che da
tempo a Petra (la capitale del Regno di Palmira) era festeggiato Dusares/Helios,
il Dio Sole, nel giorno 25 dicembre.
Era la festa principale di questo Regno,
governato da una donna nel suo momento massimo di espansione, e che dalla
penisola arabica si era esteso fino all’Etiopia ed a buona parte dell’Egitto prima di essere distrutto dall’imperatore romano Aureliano nel III
secolo d.C.
Dusares veniva celebrato sopra una pietra nera quadrangolare di lato
cm 60 e alta cm 120; la presenza della pietra richiama ad una origine animista
(i culti delle pietre) della divinità, ma altri studiosi ne sostengono l’origine
dalla città egiziana di Heliopolis, o mesopotamica di Babilonia.
7. DIO INDIANO KRISHNA
C’è scritto nei Rig Veda (Veda della Lode) indiani in epoca antecedente al
primo millennio a.C.: “Il capo degli anacoreti chiamò a sé Devaki e le disse:
- Vergine e madre, salve! Nascerà da te un figlio e sarà il salvatore del
mondo. Ma fuggi, perché il tiranno Kansa ti cerca per farti morire col tenero
frutto che rechi nel seno. Darai al mondo il figlio divino e lo chiamerai
Krishna il sacro –.
Krishna nacque da una vergine: “Mahadeva, il Sole dei Soli, le apparve nel lampo di un folgorante raggio
sotto forma umana. Allora concepì il figlio divino.” (Rig Veda, brani tratti
dalla traduzione di E. Shurè, I Grandi Iniziati, Bari, 1941).
Anche la storia di
Krishna suggerisce influenze sulle religioni posteriori, compreso il
cristianesimo. E’ partorito da una vergine, chi la feconda compare sotto forma
di luce, è perseguitato da un tiranno che ordina l’uccisione di migliaia di
bambini, è la seconda persona della trinità indiana, è denominato il dio
pastore, fa miracoli e ascende al cielo. La radice del suo nome è similare a
quella di Cristo (Il nome completo di Gesù Cristo fu definito integralmente e
ufficialmente solo nel 325 d.C. nel Consiglio di Nicea). La vita di Krishna è
ricchissima di particolari che ritroviamo nella storia narrata di
Cristo.
8. ALTRI CULTI SOLARI
Vengono dati per nati o festeggiati ogni anno nel solstizio d’inverno: Dioniso
(di cui Microbio riferisce:”…subito dopo la sua sepoltura, egli risuscitò
dalla morte e salì al cielo”), Apollo, Eracle, il Dio Siriano Adone, il Dio
frigio Ati (Attis), lo scandinavo Freyr (figlio di Odino), il celtico-irlandese
Samhein (anche lui risorto dalla morte dopo tre giorni).
Inoltre durante il
solstizio invernale nelle Americhe del Centro-Nord abbiamo i festeggiamenti di
questi Dei: Bacab (Yucatan) messo al mondo dalla vergine Chiribirias ed il Dio
azteco del Sole,Huitzilopochtli
LA DATA DI NASCITA DI GESU’
Questa ricostruzione della data di nascita
di Gesù è la versione più recente e attestata.
Chi stabilì che Cristo nacque nell’anno 1 fu il monaco Dionigi il Piccolo
nel secolo VI, al quale risultava dai suoi calcoli che fosse nato in
corrispondenza dell’anno 754 dalla fondazione di Roma. La sua datazione fu poi
adottata come inizio dell’era cristiana dal Monaco Beda il venerabile nel 725
d.C. ed è la datazione attualmente in uso.
Gli storici hanno ampiamente
dimostrato che è una data errata, anche basandosi sul Vangelo di Matteo (3,16)
dove l’evangelista raccontava che Erode decise la strage di tutti i bambini
primogeniti sotto i due anni.
Di Erode si conosce la data della morte, che
avvenne nel 4 a.C. pochi giorni prima dell’eclisse del 13 marzo. Luca, nel suo
Vangelo, scrive che Gesù era nato durante il censimento di Quirino, funzionario
romano in Siria. Quirino però fece due censimenti, uno nel 6 d.C. come
governatore, l’altro nel 6 a.C. come funzionario insieme a Sanzio
Saturnino. Gli storici prendono quindi il 6 a.C. come data di riferimento per
ulteriore indagine.
Quando nel 330 d.C. l’imperatore Costantino stabilì la celebrazione in
tutto l’impero del Natale Cristiano in luogo della festa del Sol Invictus (in
occasione delle cerimonie per la nuova capitale dell’impero, Bisanzio) accadde
che il Natale fu celebrato due volte in quell’anno: il 6 gennaio come da
tradizione in Bisanzio e poi ancora il 25 dicembre come da decreto imperiale che
fissava il definitivo cambiamento. Così l’anno 1079 dalla fondazione di Roma
diventa l’anno 1080, grazie a questa doppia celebrazione.
I ricercatori hanno
quindi stabilito l’anno di nascita di Cristo nel 7 a.C; poi hanno cercato la
conferma astronomica, richiamandosi ai passi del Vangelo di Matteo. Matteo era
un uomo istruito formatosi alla scuola dei Caldei, i più competenti in materia
di astronomia. In nessun testo religioso orientale o occidentale, compresi i 72
Vangeli, tra riconosciuti ed apocrifi si parla di cometa o di stella in
occasione della nascita con esclusione di quello di Matteo. Solo gli annali
cinesi registrano un fenomeno luminoso proprio nel 7 a.C.
Matteo parla di una grande stella luminosa e così scrive: “I Magi
partirono verso occidente seguendo la direzione della grande stella luminosa che
indicava loro la via verso Gerusalemme, ma non trovarono colà nulla. Sostando
nella notte e con gli occhi fissi in cielo, si accorsero che la stella questa
volta indicava la nuova direzione, verso sud, verso Betlemme.”
In pratica i
Magi si videro indicare prima Gerusalemme (ovest), poi Betlemme (sud). Gli
astronomi utilizzando la simulazione al computer sono riusciti a riprodurre il
fenomeno celeste che avvenne sui cieli notturni della Palestina: non si trattava
di una stella, men che meno cometa, ma di una straordinaria congiunzione dei
pianeti Giove e Saturno, che per diffrazione della luce risultavano cinque volte più
luminosi della somma delle singole sorgenti, come due volte la luna piena.
Questi due pianeti apparvero in cielo così vicini da sembrare una unica stella:
è un fenomeno che si ripete ogni 854 anni.
Giunti su Gerusalemme, Giove e Saturno apparvero spostarsi a sud verso
Betlemme. Era la notte del 13 novembre dell’anno 7 a.C.
ALTRI RITI E PERSONAGGI DEL NATALE
IL PRESEPE
La parola presepe significa “mangiatoia” ed indica la greppia nella
quale, come racconta il Vangelo di Luca, fu posto il Bambino Gesù alla sua
nascita.
Sono i Vangeli Apocrifi (cioè non accettati dalla Chiesa come ispirati)
che parlano della grotta nella quale era collocata la stalla ed indicano la
presenza del bue e dell’ asinello che con il loro alito riscaldano l’umile
culla.
Pur se i soggetti della natività compaiono su alcuni sarcofaghi del IV
secolo, la vera e propria origine del Presepio è da ricondurre alle antiche
rappresentazioni sacre eseguite durante le feste natalizie e dalle quali S.
Francesco, secondo tradizione, avrebbe tratto l’idea del presepe,
realizzandolo per la prima volta in un bosco presso Greccio nel Natale del
1223.
Alla fine del 1200 apparvero rappresentazioni artistiche della natività:
la più antica è “L’oratorium Praesepis” di Arnolfo di Cambio,
conservato nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, su commissione del
Papa Onorio IV.
La popolarità del presepio ebbe però inizio solo nel 1400, in
particolare nell’Italia centro – meridionale e per l’opera divulgatrice
dei frati francescani e domenicani.
Nella seconda metà del secolo, l’uso di
disporre semplicemente una serie di statuine contro uno sfondo dipinto fu
sostituito dall’elaborazione di paesaggi in rilievo. A Napoli sorse una vera e
propria arte del presepio: famoso fu quello con figure in legno di S. Giovanni a
Carbonara nel 1484.
Nell’Italia settentrionale si producevano invece opere
grandi in terracotta. A Napoli nel 1700 nacque il “figurinaro”, cioè
creatore di statuette, e comparvero così gli specialisti di pastori, gli
animalisti ecc. Anche le composizioni diventarono più complesse, con scene di
vita quotidiana.
Da Napoli questa arte si diffuse in Spagna (figure in creta in
Catalogna), in Portogallo, in Francia: in Provenza venivano allestiti presepi,
in teatrini o negozi, composti di vari quadri divisi da fondali e le figurine
erano marionette mosse da un congegno interno.
L’Italia del nord esportava
presepi nel nord Europa, in particolare su richiesta delle chiese in
Polonia. Esistono presepi ritagliati nella carta o nella stagnola, presepi
splendidi a forma di cattedrale gotica in Polonia. Nel presepe è tradizione del
nord Italia raffigurare la capanna, e del sud Italia raffigurare la
grotta.
I RE MAGI
I Magi, o Magusei, erano una classe sacerdotale del popolo dei Medi, popolo
unito e alleato ai Persiani. Questa classe sacerdotale, che parlava aramaico ed
era di origine semitica affiancava i grandi sacerdoti dei santuari e praticava
gli insegnamenti di Zarathustra ed il culto di Mitra.
Più anticamente ancora
erano chiamati “athravan” (accenditori del fuoco) e praticavano il culto del
fuoco sacro. Il compito principale dei Magi era quello di tenere sempre il fuoco
acceso; facevano questa cerimonia (di ravvivare il fuoco) cinque volte al giorno e
suonavano una campanella per farvi assistere i fedeli, i quali portavano loro
offerte di cibo.
I cultori di Zarathustra si tramandavano uno scritto attribuito
allo stesso Zarathustra dove si profetizzava l’apparizione di una stella
lucente in cielo, e vi erano indicate istruzioni sui doni da offrire al
Salvatore.
Dei Magi ne parla, nel Proto-Vangelo,
Giacomo che era un maestro di giustizia degli esseni; numerosi esseni ebrei
erano rimasti influenzati dalla religione di Zoroastro, portata dai Persiani
quando li liberarono dalla dominazione babilonese.
Nel “Vangelo arabo-siriaco
dell’infanzia” la predizione della venuta del Messia è attribuita a Zarathustra: “e vennero a Gerusalemme dei Magi, come aveva predetto
Zarathustra”.
L’evento della nascita di un Salvatore era atteso da molti
seguaci delle religioni dell’epoca, in particolare dagli ebrei. L’usanza dei
doni nel giorno della Epifania risale al fatto che il Natale in oriente veniva e
viene festeggiato il 6 gennaio e in concomitanza con l’arrivo dei Magi, che
portavano i doni.
A Milano, nella Basilica di S. Eustorgio erano conservare le
presunte ossa reliquarie dei Magi fino a che Federico Barbarossa, dopo l’anno
mille, le prelevò e portò in Germania.
La Cattedrale di Colonia custodisce ora
queste reliquie (presunte). Successivamente una parte di queste reliquie venne
restituita a Milano e sono conservate nella basilica milanese.
I nomi dei Magi
(che successivamente furono fatti “diventare” re) compaiono per la prima
volta su un mosaico nella basilica di S. Apollinare Nuova a Ravenna: Gaspare (il
Moro), Melchiorre, Baldassarre. I loro tre doni consistevano in oro (dono per
i Re), incenso (per le adorazioni sull’altare), mirra (considerato un balsamo
per i defunti).
LA STELLA COMETA
La stella cometa è entrata nella tradizione del natale cristiano, ma anch’essa
indica la confusione che circonda le radici del Natale. Abbiamo visto che
nessuna cometa è osservata e registrata negli anni presunti della nascita di
Cristo, e che il fenomeno luminoso fu da addebitarsi alla congiunzione di Giove
e Saturno il 13 novembre del 7 a.C., nella costellazione dei Pesci.
Tutta la
storia della cometa nasce da un quadro di Giotto, nel 1301 alla Cappella degli
Scrovegni; il pittore, accanto alla Natività, dipinse l’Epifania e inserì
sopra la capanna una cometa. Per un motivo molto realistico e contemporaneo del
suo tempo: proprio in quell’anno, nel 1301, a Dicembre, apparve in cielo la
famosa cometa di Halley, allora molto luminosa ed appariscente.
BABBO NATALE
Babbo Natale è San Nicola. San Nicola nacque a Patara (Turchia) da una ricca
famiglia, fu il Vescovo di Myra nel IV secolo d.C. e li venne seppellito.
Nel 1087 la sua salma e il suo tesoro presunto furono trafugati da cavalieri
crociati italiani. La salma fu lasciata a Bari e di questa città San Nicola
diventò il santo protettore. Di lui parla anche Dante nel Purgatorio
(XX-31-33).
La leggenda più antica su San Nicola ha subito poi leggere correzioni per
renderla adatta ai bambini, ma così raccontava: tre giovani povere erano destinate alla prostituzione. Un nobiluomo caduto in
miseria voleva sposarne una ed era commosso dai loro pianti. Andò da S. Nicola
che promise di aiutare tutti: per due notti consecutive lanciò un sacco di
monete d’oro all’interno della casa delle tre fanciulle. Al terzo giorno
trovò le finestre chiuse, ed allora fece entrare in casa il sacco calandolo dal
camino. Intorno al camino erano stese delle calze, che si riempirono di monete d’oro.
Nella
fantasia popolare S. Nicola diventò “il portatore di doni”, nella notte del
6 dicembre (S. Nicola) e successivamente nella notte di Natale.
Il culto di San
Nicola, che si era diffuso nel nord Europa, fu poi portato dagli immigrati
olandesi in America. Il santo in olandese veniva chiamato Sinter Klass ma negli
Stati Uniti si affermò come Santa Klaus.
Nel 1809 lo scrittore Washington Irvin raccontò per la prima volta gli
spostamenti di Babbo Natale nel cielo per la distribuzione dei regali; nel 1821
il pastore americano Clement Clarice Moore scrisse una favola sul Natale, per i
bambini, nella quale il personaggio di Babbo Natale appariva con una slitta
tirata da otto renne.
Nel 1860 Thomas Nast, illustratore e caricaturista del giornale New Yorkais
Illustrateur Weekly, rivestì Babbo Natale di una lunga mantella guarnita di
pelliccia. Per quasi 30 anni Nast illustrò tutti gli aspetti della leggenda di
Natale e nel 1885 stabilì la residenza di Babbo Natale al Polo Nord.
L’anno
seguente lo scrittore americano Gorge P. Webster precisò che la fabbrica di
giocattoli e dimora di Babbo Natale erano nascosti tra i ghiacciai del Polo
Nord.
Nel 1931 la Coca Cola decise di usare Babbo Natale nelle sue campagne
pubblicitarie e commissionò ad un artista americano, tale Haddon Sundblom, l’incarico
di ridisegnare e standardizzare il vecchio santo gentiluomo.
L’artista si
ispirò al suo vicino di casa, commesso viaggiatore sempre indaffarato con
pacchi e pacchetti, un uomo grasso con barba bianca e fare pacioso. Vicino di
casa + colori bianco e rosso della coca cola = Babbo Natale.
L’immagine
convinse i dirigenti della Coca Cola che la riportarono su una delle prime
pubblicità: un folletto ciccione con la pancia a botte, il barbone bianco, che
indossa un abito rosso bordato di pelliccia bianca, stivali neri e cinturone con
in mano una bottiglia di Coca Cola. Da quando quella campagna pubblicitaria fu
conclusa, nessuno al mondo ha mai più visto Babbo Natale raffigurato con colori
diversi. Come invece il cavallo bianco di San Nicola si sia trasformato in
quattro renne, questo non si sa.
L’ALBERO
L’Albero è una cattedrale delle culture animiste più antiche ed il suo culto è ancora diffuso.
Chi ha viaggiato nell’India nel nord, nell’Asia Centrale, in Cina, in
Tibet, in Siberia avrà sicuramente notato che alcuni alberi, in genere i più
antichi o maestosi, sono oggetti di culto: vengono legati sottili fili intorno
al tronco per mettervi incensi accesi, infilarvi ghirlande di fiori; alla base
dell’albero vengono deposti fiori, cibo, lumi accesi. Questa tradizione si
conserva un po’ in tutto il mondo.
G. Moussian ha rinvenuto una tavoletta
babilonese molto antica, del 1850 a.C., dove vi è raffigurato un albero
schematizzato, e sui rami delle losanghe che raffigurano gli astri, ed alla
sommità il Sole che domina. E’ il più antico albero di Natale finora
rinvenuto (considerato poi che a Babilonia festeggiavano il Dio Sole Samash il
25 dicembre….).
I babilonesi usavano decorare l’albero con frutti. L’albero
è presente in tutte le religioni arcaiche: è l’albero cosmico della
mitologia germanica (la tradizione odierna riparte proprio dai germani), è l’albero
indiano dei Veda, è l’albero della Vita persiano e biblico…
Celti, Sassoni,
Normanni portavano alberi in casa per tener lontani gli spiriti cattivi, gli
Egiziani portavano le palme ed i Romani gli abeti. Come segno di venerazione
verso gli alberi consacrati gli antichi erano soliti appendere mele ed altri
frutti come offerta alle divinità.
La tradizione era estesa in tutto il nord
Europa: per ringraziare la terra della sua generosità ed in segno di buon
auspicio per i successivi raccolti, i contadini appendevano sugli alberi i
frutti dei loro raccolti. Gli antichi Germani vi appendevano anche pietre ai
rami della quercia per far tornare gli spiriti fuggiti con la caduta delle
foglie. Successivamente gli alberi si arricchirono di frutti colorati,
ghirlande, e candeline.
La prima ripresa di questa usanza la troviamo a Strasburgo in Germania nel
1539, ma solo nel 1800 diventò una usanza generale. Fabbricanti germanici e
svizzeri. cominciarono a produrre ninnoli di vetro soffiato, gli americani
successivamente aggiunsero l’idea delle lampadine. Poi nel 1840 la duchessa di
Orleans, imitando l’ambasciatore asburgico, fece addobbare un enorme albero
nel giardino di Tuilleries e… la moda dilagò tra tutte le corti europee.
IL CEPPO NATALIZIO
Dalla festa del Sol Invictus proviene l’usanza di bruciare un ceppo a
Natale: Il ceppo doveva essere di quercia e doveva bruciare per 12 giorni: da
come era bruciato o dalle scintille si prediceva il futuro. Le ceneri venivano
conservate e usate come rimedi contro malattie e calamità.
IL VISCHIO
Nei culti dei druidi, i sacerdoti celtici, c’era l’usanza di tagliare il
vischio con un falcetto a forma di serpe d’oro. Il vischio poi veniva raccolto
in un drappo bianco avendo cura di non farlo toccare per terra e lo si immergeva
nell’acqua di un lago.
A questo punto, abbracciarsi sotto il vischio per il
natale-festa del Sole era benaugurante; infatti il vischio era anche chiamato
“guarisci-tutto” per le sue proprietà medicinali. Questa sua natura invita
a superare ogni dolore e calamità; secondo i druidi il vischio assicurava il
bel tempo, il raccolto abbondante e la protezione contro i malefici: per questo
si usa regalarlo ad inizio d’anno. Con l’affermazione della religione
cristiana, il vischio, a causa dei suoi legami con la tradizione pagana, fu
sostituito dall’ agrifoglio.
Il CAPODANNO
Chiamato in epoca romana “Caledae Ianuariae”, dal 332 d.C. viene
celebrato a Roma come festa liturgica della Circoncisione di Gesù Cristo. E’
il capodanno civile per quasi tutti i paesi del mondo, e religioso per
cattolici, anglicani ed evangelisti. I cristiani ortodossi celebrano l’anno
nuovo il 14 gennaio.
In Occidente il 1° gennaio si fa cominciare l’anno
solare, in Cina l’anno inizia con la prima luna nuova nel segno dell’“Acquario”,
i mussulmani (che hanno come anno d’inizio delle datazioni il 622 d.C.)
seguono un calendario luni-solare e la data del capodanno, come per i cinesi,
varia ogni anno.
Indiani, persiani, curdi lo inaugurano il 21 marzo, i buddisti
dello Sri Lanka iniziano l’anno il 14 aprile. A settembre viene festeggiato il
capodanno ebraico e l’antico capodanno cristiano-copto.
LA STRENNA
Per strenna natalizia si intendevano, nell’antichità tra i Romani, i rami
d’albero che venivano regalati alle Calende di Gennaio come augurio di
prosperità ed abbondanza. I Re dei Sabini volevano che questi rami fossero
raccolti nel bosco dedicato alla Dea Strenia.
L’EPIFANIA E LA BEFANA
L’Epifania, che vuol dire Manifestazione,
agli inizi del IV secolo coincideva con la festa per la nascita di Cristo che
andava affermandosi il giorno 6 gennaio. Ma a seguito della decisione dell’Imperatore Costantino di anticipare la festa cristiana del 6 gennaio e di farla
coincidere con la festa del Natale del Sole pagano del 25 dicembre, si creò una
difformità di rituali. La Chiesa Cattolica allora riempì la festa del 6
gennaio con l’arrivo dei Magi, e la chiamò festa dell’Epifania.
Secondo alcuni
studiosi la parola Epifania nel corso del tempo, in particolare in Toscana, è
stata corretta dalla lingua locale in Befania e poi Befana. A Firenze nel 1400
si usava festeggiare l’Epifania rievocando l’ultima tappa del viaggio dei
Magi con cortei-processioni spettacolari, ma con ridotta valenza religiosa.
Comparvero i primi cortei mascherati con riferimenti alle sacre rappresentazioni
medievali ed al viaggio dei Magi a Betlemme. E mimi che rappresentavano i
significati religiosi dell’ Epifania.
Pian piano l’aspetto profano della
festa prese il sopravvento su quello religioso, prese piede la libertà nel
mascherarsi ai cortei, successivamente comparvero i carri che raggiunsero il
massimo splendore nel 1700. Sui carri, spesso decorati da artisti, c’erano
figure femminili chiamate Befane e che rappresentavano la festa.
All’Epifania o Befania del 1766 il carro più ammirato fu quello del “Trionfo di
Bacco”. Si passò anche dallo splendore delle vesti dei primi cortei alla cura
del grottesco.
Intorno alle Befane c’erano numerosi Befani, o Befanotti, col
volto spesso dipinto di nero, vestiti in modo sgargiante e col volto tinto di
nero, che in qualche modo richiamavano i re Magi.
I Befani chiedevano soldi per
sé e per pubblica beneficenza oppure vino, ed in cambio recitavano canzoni,
religiose o profane, dette Befanate. I partecipanti ai cortei portavano fantocci
fatti di stracci e issati su pertiche (“Befane”), venivano caricati su carri
illuminati da fumose torce.
I carri erano attorniati da giovani che soffiavano
in stridule e lunghe trombe di vetro. Giunti i carri ed i partecipanti nella
piazza principale, veniva dato fuoco ai fantocci-befane: questa usanza a Firenze
è durata fino a fine 1800.
L’Epifania si caratterizzò così come
anticamera, festa di apertura del periodo carnevalesco. In seguito, e
dappertutto, l’Epifania si è caratterizzata come festa per bambini, con il
recupero della tradizione dei doni dei Magi.
LUIGI AMBROSI
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