DEMOCRAZIA ELETTRONICA

IDEE PER UN SOCIALISMO DEMOCRATICO
L'autogestione di una democrazia diretta


DEMOCRAZIA ELETTRONICA

La democrazia partecipativa in rete ha senso quando le idee che si vogliono cambiare esistono in rete, quando i soggetti da “colpire” per le loro idee sbagliate, antiquate, liberticide ecc. si muovono in rete, agiscono con disinvoltura in rete e vogliono loro stessi “colpire” quella parte di rete ostile alle loro idee. Se questi soggetti antidemocratici agiscono al di fuori della rete, la democrazia elettronica, digitale, può far poco.

La democrazia telematica può organizzare un consenso virtuale tra soggetti democratici che agiscono in rete, ma poi questi soggetti hanno bisogno di vedersi fisicamente e di agire fisicamente.

Un soggetto telematico, per essere presente in rete in maniera convincente, ha bisogno di visibilità, di consenso, di interazione. Se questo soggetto ha idee antidemocratiche, facilmente viene colpito, facilmente si crea attorno a lui una efficace opposizione.

Ma se questo soggetto usa la rete in maniera superficiale, poco interattiva, come semplice vetrina, la battaglia dei soggetti democratici non può essere svolta unicamente coi mezzi della rete: occorre anche un impegno diretto, personale, fisico, occorre agire in campi che con la rete hanno poco o nulla a che fare.

Questo significa che chi si butta nella rete, con idee democratiche o antidemocratiche, può farlo solo a condizione di doversi assumere delle responsabilità, dei rischi.

La rete fa paura: l’interazione troppo spinta può essere pericolosa (anche sul piano semplicemente tecnico), fastidiosa da gestire (perché disperde le energie, spreca il tempo), può causare spamming o infezioni da virus, può scoppiare in liti furibonde, denunce, esagerate incomprensioni (spesso anomale nella vita reale).

Quanto più le idee sono “politiche” tanto più suscitano delle reazioni “ideologiche”. L’Italia è fatta così. Spesso non si vedono veri dibattiti culturali, tra persone civili, che vogliono capire, che vogliono cercare motivazioni sociali, scientifiche ecc. Ma vi sono soltanto insulti tra persone trincerate su schieramenti opposti, come se fossero in guerra.

La domanda che a questo punto verrebbe da porsi è: davvero la democrazia digitale aiuta la democrazia reale? Il fatto che l’interazione sia più semplice, tra persone geograficamente molto distanti tra loro, davvero incide positivamente sulla democrazia in generale? Non si sta forse caricando la democrazia telematica di aspettative superiori alle sue stesse forze e capacità?

Bisogna guardare le cose con disincanto. Quando la rete è nata, più di un decennio fa, aveva pochi strumenti interattivi (la posta elettronica, le newsletter, le mailing list, poi col tempo sono venuti fuori i forum, le chat, i blog, gli applicativi per la formazione a distanza, le aree riservate in cui interagire a vari livelli). Aveva pochi strumenti ma molta ansia di creare progetti comuni, di creare qualcosa di alternativo alla mancanza di partecipazione nella vita reale.

Oggi gli strumenti sono moltissimi, ma ancora poca resta la tensione a creare una vera democrazia digitale, in cui strumenti come petizioni e sondaggi sortiscano l’effetto di mutare aspetti significativi della vita politica o legislativa.

La prima generazione che ha visto la rete nascere, oggi è demotivata. E le generazioni successive che si sono appropriate degli strumenti della rete, non riescono a fare community, a incidere sui meccanismi della vita reale.

Qui bisogna procedere secondo me in due direzioni:

  1. fare della democrazia digitale un supporto della democrazia reale, ma questa democrazia reale non può semplicemente essere quella che si esplica al momento del voto. La democrazia reale è quella che vede impegnati costantemente i soggetti sul piano locale, intenti a riappropriarsi di un potere decisionale che è stato loro tolto dalle istituzioni rappresentative. La democrazia non può essere solo delegata, deve essere anche diretta;
  2. indurre i poteri istituzionali a scendere in rete, a darsi strumenti tecnologici che permettano la diffusione e il confronto delle idee. Ai cittadini non serve conoscere le email di tutti i parlamentari, se poi questi parlamentari non rispondono alle loro richieste di collaborazione, di intervento ecc. Possiamo pretendere che la democrazia delegata si avvicini a quella diretta nella misura in cui sappiamo unire la democrazia virtuale a quella reale.

Se la democrazia diretta ha ancora un qualche significato, allora non è più possibile ch’essa sia rappresentata dai soli partiti. Il partito è uno strumento della democrazia; altri strumenti possono essere quelli dell’associazionismo, del volontariato, della cooperazione… Anche queste realtà possono pretendere di partecipare alla democrazia diretta.

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La rete è nata per esigenze militari, di sicurezza (fare di ogni parte un tutto, per evitare che colpendo il centro si bloccasse tutta la periferia). È nata dalla paura.

Poi quando s'è sviluppata in ambito civile si è scoperto che un altro fattore l'aveva fatta nascere: la solitudine.

La rete è figlia di società avanzate di tipo individualistico: società che si sentono minacciate nel loro benessere fasullo, nella loro apparente sicurezza e che s'illudono di poter risolvere questi problemi creando "comunità virtuali", cioè astratte, in cui la fisicità del contatto viene sostituita dalla magia dei bit. C'è più "religione" di quanto si pensi in questa tecnologia.

E la generazione di allora oggi è terribilmente in crisi, demotivata. Era entrata in rete con grandi aspettative: si pensava di poter cambiare la realtà con gli strumenti della rete. Invece la rete sembra marciare su un binario parallelo rispetto alla realtà.

Probabilmente perché la realtà è dominata dalla politica dei partiti e questa politica è dominata da una generazione che della rete non sa nulla.

Oggi la rete è gestita da chi non ha potere effettivo nella realtà. Anzi chi ha potere nella realtà ha paura della rete, la vuole strumentalizzare, o addirittura strangolare come sta facendo p.es. la Siae, o come voleva fare la legge Urbani.

Dunque come può il web, sviluppandosi, influire sulle dinamiche della vita reale? A quali condizioni può farlo?

La rete può senza dubbio contribuire ad allargare il mercato (le aziende possono più facilmente vendere all'estero); la rete ha fatto nascere nuovi mestieri e aree produttive: webmaster, grafico digitale, giornalista telematico, webmarketing, logistica, archiviazione dati, sicurezza...

Ma possiamo con sicurezza dire che ha fatto anche aumentare la democrazia politica nel nostro paese? Di sicuro è aumentata quella sociale: ma quella politica? I centri del potere si sentono in qualche modo vincolati dai comportamenti della rete?

Internet all'inizio veniva sentita come una minaccia da tv e quotidiani. Oggi forse questa paura non esiste più. L'editoria è entrata finalmente in rete e forse un giorno smetteremo di comprare giornali di carta o di usare un televisore separato dal monitor.

Ma il potere politico, a parte i siti istituzionali e burocratici di Camera e Senato e quant'altro, è davvero entrato in rete? La casta di privilegiati che ci governa è davvero disposta a interagire con chi potrebbe mandarli a quel paese per un milione di motivi?

I politici non sono abituati ad ascoltare la realtà, per molti versi non sanno neppure cosa sia la realtà. Per questo la rete dovrebbe sempre essere affiancata da una partecipazione alla vita reale. Non possiamo rischiare di diventare come i politici, loro sul versante della realtà, noi su quello del virtuale.

Non possiamo sostituire la democrazia reale con quella virtuale; abbiamo già i politici che hanno sostituito quella reale con quella formale, quella diretta con quella delegata.


Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Politica - Socialismo democratico
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Aggiornamento: 11/12/2018