FASCISMO E ANTIFASCISMO

IDEE PER UN SOCIALISMO DEMOCRATICO
L'autogestione di una democrazia diretta


FASCISMO E ANTIFASCISMO

Se si educa l’essere umano a pensare in maniera negativa, abituandolo a osservare solo “il male del mondo”, quando questo male lo toccherà in prima persona, la sua reazione sarà inevitabilmente istintiva e scomposta.

Egli infatti, non essendo stato abituato a trovare le soluzioni più giuste per tutti i problemi, sarà indotto a pensare che il modo migliore per risolvere quel problema che lo riguarderà personalmente, sia l’uso della forza o della violenza.

Ecco perché chi dispone del potere della comunicazione di massa ha una grande responsabilità: o usa i media in maniera educativa o li usa in maniera diseducativa. L’informazione non può mai essere neutrale, neppure quando dice di voler separare i fatti dal commento. Nel momento stesso in cui si sceglie di comunicare un fatto invece che un altro, ci si sottopone al rischio di influenzare negativamente la psicologia delle masse.

Quando si è costantemente abituati a osservare violenze d’ogni genere (in film, telegiornali, documentari...), la gente comune (soprattutto quella meno consapevole o più qualunquista) si fa l’idea che quella sia l’unica realtà possibile e che di fronte a una realtà del genere l’unica soluzione praticabile sia quella di usare gli stessi strumenti, possibilmente con più astuzia, con meno scrupoli morali, per potersi affermare meglio e prima degli altri.

Una visione costantemente negativa della vita parte da una concezione individualistica e disperata della vita e porta inevitabilmente a tale stile di vita. La disperazione porta alla violenza, sugli altri e anche su se stessi (quando ci si accorge di non avere più risorse).

Dobbiamo abituare gli esseri umani a pensare in positivo, non per illuderli che la realtà sia senza problemi, non per restare ciechi di fronte alle contraddizioni, ma per avere fiducia nelle proprie capacità, per credere nella possibilità di cambiare le cose, col contributo di tutti.

Il fascismo è sempre il prodotto di una lenta evoluzione della società verso l’accettazione dell’immoralità, della corruzione... Il fascismo non nasce perché qualcuno in particolare lo vuole. Nasce perché i tanti che al momento opportuno non avevano fatto nulla di positivo, si ritrovano a non avere la forza sufficiente per opporsi a un male che si presenta sempre con il volto della “salvezza”.

Chiunque attende la venuta di un “messia”, vive una concezione individualistica e quindi fatalistica dell’esistenza. Si attende un “liberatore” appunto perché ci si ritiene incapaci di affrontare e risolvere i problemi sociali, e anche perché si ritiene che le masse non siano in grado di risolvere alcunché se non vengono guidate con la forza.

Il fascismo è la radicalizzazione dei mali dell’individualismo: è la pretesa di risolvere in maniera autoritaria le contraddizioni antagonistiche della società borghese.

Finché gli uomini non si abituano a gestire in maniera collettiva, partecipata, le risorse di cui dispongono, per risolvere i problemi che si presentano, il pericolo del fascismo sarà sempre dietro l’angolo, sia esso di destra o di sinistra. Solo le sue sembianze cambieranno, per poter ingannare le nuove generazioni (le quali si illuderanno di non essere “fasciste” solo perché diranno di non voler ripetere gli errori del passato).

Il colmo dell’ipocrisia infatti avviene quando in nome del collettivismo o del populismo si affermano princìpi fascisti. Lo stalinismo non è forse stato un fascismo di sinistra? E il fascismo italiano non è forse nato coll’intenzione di realizzare gli ideali del socialismo? E il nazismo non si chiamava forse “nazional-socialismo”?

Ecco perché il fascismo più pericoloso non è mai quello che inizialmente si presenta per quello che è, bensì quello che si maschera con le sembianze dell’anti-fascismo.

DOVE VA IL 'NEOFASCISMO'?

Vi sono alcune analisi politiche che fanno risalire alla fine degli anni '70, con la regressione economica e l'aumento della disoccupazione, lo sviluppo considerevole del cd. 'neofascismo', cioè di quei gruppi estremisti di destra finanziati dai monopoli. Anche l'ondata fascista che portò Hitler al potere si formò sotto l'impatto d'una crisi economica mondiale, quella degli anni '29-'33. Di fronte alla acuta lotta di classe, la borghesia temeva di doverci rimettere. Fu appunto il grosso capitale tedesco che affidò le sorti del paesi a un dittatore che sapesse parlare alle masse. Non fu Hitler a impadronirsi del potere, ma il potere economico e militare a impadronirsi di lui.

Oggi i monopoli, divenuti transnazionali, sono ancora più potenti. E l'odio per il comunismo è diminuito solo perchè in occidente ci si culla nell'illusione che la perestrojka porterà alla restaurazione del capitalismo anche nei paesi socialisti. Intanto gli atti violenti e terroristici dei neofascisti continuano a destabilizzare i regimi democratico-borghesi, onde semplificare il compito dei monopoli nella lotta contro i movimenti democratici e pacifisti.

Ma il fascismo non è soltanto la dittatura sanguinaria e terrorista dei milieux più reazionari della borghesia monopolista, è anche un sistema specifico di creazione di riflessi e comportamenti sociali fondati sulla misantropia, il permissivismo, l'élitismo e il culto dell'aggressività, unitamente alla cieca obbedienza, alla deresponsabilizzazione dell'individuo, al fanatismo e a una disciplina di tipo 'prussiano'. A tal fine tutti i mezzi sono buoni: dalla demagogia sociale e nazionalista al terrorismo sino al razzismo.

Le crisi strutturali che investono tutta la vita socio-economica e politica delle società capitaliste e che sono aggravate dal disfunzionamento del sistema di regolazione statale, fanno sì che intere categorie di lavoratori perdono progressivamente il loro tradizionale status sociale. Vengono meno non solo certe sicurezze materiali, ma anche determinati valori spirituali e persino molti legami sociali in cui fino a ieri si credeva. L'individuo, costretto ad adattarsi a un ritmo di vita sempre più esigente e mutevole, è soggetto a uno stress permanente, non avendo né i mezzi né le capacità per farvi fronte. Ecco perchè molti vanno affermando il principio "ciascuno al suo posto"...

Non perdendo occasione di denunciare la corruzione, la concussione, il burocratismo di uno Stato parlamentare borghese indubbiamente in crisi, i neofascisti propongono come alternativa all'uomo comune (che spesso ha una coscienza piccolo-borghese) l'idea di uno Stato che serva a ristabilire l'ordine, la giustizia, ponendosi al disopra degli interessi di classe nell'interesse della nazione. L'ideologia neofascista viene presentata come un nuovo sistema di valori, un nuovo programma di azione.

Per ridare fiducia alla piccola borghesia tedescoccidentale, seriamente scossa dalla crisi economica, gli ideologi neofascisti del partito democratico-nazionale la qualificano col termine di "nucleo sano del popolo tedesco", "spina dorsale dello sviluppo sicuro della nazione", ecc. Alla piccola borghesia i neofascisti promettono una piena libertà d'impresa; ai piccoli e medi produttori giurano che li difenderanno contro l'arbitrio dei monopoli; ai piccoli commercianti che li preserveranno dalla concorrenza 'antisociale' delle grosse società commerciali; ai medi imprenditori e commercianti promettono un calo delle imposte, sbocchi maggiori per i prodotti; agli scrittori e agli artisti assicurano la possibilità di consacrarsi interamente all'arte e alla letteratura. La demagogia neofascista sa tener conto della specificità dei diversi strati della piccola e media borghesia. Persino agli operai garantiscono giusti salari e piena occupazione.

Il neofascismo fonda le sue speranze di successo sul fatto che, a motivo della crescente crisi economica capitalistica, milioni di giovani si trovano già da oggi in 'esubero'. Per i prossimi anni, a seguito della forte ristrutturazione tecnologica, gli effetti saranno devastanti: la disoccupazione massiccia diventerà cronica e non più solo ciclica o congiunturale. Il terziario non può espandersi all'infinito, specie se gli imprenditori invece di reinvestire in modo produttivo si limitano a sfruttare i capitali solo in modo finanziario, accorpando o assorbendo altre attività economiche deficitarie o incapaci di reggere la concorrenza.

Sin dall'inizio degli anni '80, nei paesi dell'Europa occidentale i giovani al disotto dei 25 anni rappresentavano il 40% dei disoccupati. In Gran Bretagna un disoccupato su tre ha meno di 24 anni. Appena terminata la scuola più di 200.000 giovani inglesi, ogni anno, vanno ad ingrossare le file dei disoccupati: di questi si sa a priori che uno su cinque non troverà mai un impiego stabile e redditizio. Nei quartieri poveri (gli slums) delle grandi cities la disoccupazione tocca oggi l'80-90% dei giovani. In Spagna, nel 1987, il 75% dei giovani aventi un'istruzione superiore risultava senza lavoro. Negli USA quasi la metà dei giovani neri è inoccupata.

Nei paesi capitalisti d'Asia la situazione non è più brillante: in Thailandia i giovani costituiscono il 60,4% dei disoccupati; a Singapore il 56,9%; nelle Filippine il 54,9%; nel Sudcorea il 46,7%. Gli ambienti neofascisti sanno benissimo che questi giovani, se orientati in un certo modo, potranno aderire con relativa facilità alle organizzazioni fasciste. In particolare la demagogia fascista gioca sui sentimenti di solitudine, di angoscia e disperazione, intensificando la propaganda soprattutto fra gli studenti. E i risultati di questo intenso lavoro già si fanno sentire: nei paesi euroccidentali le organizzazioni fasciste e filofasciste raggruppano più di 330.000 giovani.

A questi giovani da tempo si vanno unendo criminali di professione, declassati pronti a tutto. Le statistiche ufficiali sui neonazisti li classificano nella categoria dei giovani: in realtà essi fanno già parte del lumpen-proletariato al soldo di organizzazioni fasciste. Nella città tedesca di Duisburg il partito neonazista NPD ha presentato alle ultime elezioni municipali due noti criminali. Uno dei responsabili dello stesso partito tentò a Braunschweig di svaligiare una banca. Il partito fascista nipponico, diretto dal vecchio terrorista Akao, è prevalentemente composto di delinquenti professionisti. Anche in Portogallo esistono organizzazioni di questo genere. Lo sfruttamento dei marginali a fini terroristici ed eversivi è proporzionale all'aumento numerico degli stessi marginali che si lasciano coinvolgere in questi movimenti.

Gli ambienti militari di estrema destra appoggiano più o meno segretamente questi gruppi, finanziandoli, addestrandoli, deviando le indagini della magistratura su di loro. Tali ambienti sono sempre più ansiosi di smantellare definitivamente il movimento operaio e di scatenare una guerra contro il socialismo. Tutti gli scandali che in questi ultimi anni li hanno visti coinvolti (dalla P2 ai servizi segreti deviati sino alla strage di Ustica) non hanno fatto altro che acuire il desiderio di farla finita una volta per tutte sia col socialismo che con la democrazia borghese formale. Molti generali sono pronti per il colpo di stato. La stessa volontà di emanare leggi sempre più repressive (vedi ad es. quella che si sta discutendo sulla droga) è appunto indicativa della necessità del capitale di avere un governo forte che lo rappresenti, molto esecutivo e poco parlamentare.

Esistono partiti e organizzazioni fasciste sparse in tutto il mondo: apparentemente sembrano poco influenti, data l'esiguità del numero dei loro militanti, rispetto alle forze democratico-borghesi o anche alle stesse forze di sinistra, ma gli appoggi governativi e statali di cui godono sono vastissimi. NATO e CIA li finanziano abbondantemente: si pensi al MSI in Italia, all'Unione Nazionale in Grecia, al Movimento nazionalista in Turchia. In Francia il Fronte Nazionale è attivissimo. Le Pen, il suo leader, non fa che osannare Hitler e Pinochet. In Spagna la Nuova Forza, l'Alleanza apostolica anticomunista, la Solidarietà spagnola, la Gioventù nazional-rivoluzionaria sono finanziate esplicitamente da potenti gruppi come la Confederazione spagnola degli imprenditori, il Banco Atlantico, il Banco Union... In Germania chi 'paga' sono i consorzi e i miliardari come F. Flick, G. Quandt (parente di Goebbels), la grossa società chimica BASF; in Svezia il milionario Carlberg; In Giappone, Yasuda; in Portogallo, il banchiere Esperiti Santo e il monopolista Mello; negli USA i magnati della finanza Heritage Foundation. Alcune delle organizzazioni fasciste (ad es. i cosiddetti "lupi grigi" turchi), sotto pressione delle masse e dell'opinione pubblica mondiale, sono state sciolte, ma solo formalmente. Intanto, a livello internazionale, opera una forte Lega anticomunista semi-clandestina.

Tutti costoro hanno profondamente in odio il movimento pacifista e l'attuale tendenza al disarmo delle superpotenze. Nel contesto della crisi che scuote la società borghese, il programma terzoforzista (fra capitalismo monopolistico-statale e socialismo) di costruire una società sovraclassista, veramente nazionale, giusta, può avere un certo successo. Sottovalutare queste forze, questa tendenza e questa pseudo-cultura può diventare molto pericoloso.

SULLE FOLLIE DI MASSA

La follia più pericolosa è quella che si ammanta dei crismi della ragione (il fascismo voleva realizzare gli ideali del socialismo!), è quella che cattura le masse con la propaganda (il fascismo come movimento, come esperienza concreta di liberazione), è quella che, infine, ha un potere costrittivo (il fascismo come regime, come feroce dittatura). Non è la follia del singolo che fa paura, ma quella della società strumentalizzata dagli intellettuali, a loro volta strumentalizzati dal capitale o vittime delle ideologie.

La follia di massa si forma quando, per l'illusione di credere che, in ultima istanza, trionfa sempre la ragione, non si sono volute prendere, al momento opportuno, le misure adeguate per risolvere determinati fattori di crisi. Il torto di lasciar correre, fidando nelle istituzioni, non ha fatto altro che favorire l'accumulo delle contraddizioni e, di fronte alla sempre più palese impotenza delle istituzioni, si è deciso di reagire istintivamente. Così è nato, di recente, il fenomeno delle Leghe (così era nato il fenomeno del fascismo).

Il sistema tende a promuovere o a tollerare le follie di massa (p.es. la guerra contro l'Irak, il fenomeno dei naziskin, la violenza negli stadi ecc.) anche per nascondere, agli occhi dei cittadini, la propria irreversibile crisi. Generalmente, quando la crisi del sistema è appena agli inizi, le follie di massa vengono temute dal sistema (si pensi ad es. al terrorismo o alla tossicodipendenza), ma quando la crisi del sistema è profonda, le follie di massa vengono alimentate (direttamente, come ad es. con il consumismo sfrenato, o indirettamente, come ad es. coll'inerzia con cui si combatte la mafia o il neo-fascismo), proprio perché si spera di poter ricontrollare la situazione facendo appello a leggi speciali. Con l'introduzione di queste leggi, molte libertà democratiche verranno coartate se non eliminate. Si crea così il clima favorevole alla dittatura. Ad un certo punto infatti si affermerà che le leggi repressive non bastano, che occorrono misure di forza più energiche, ecc.

L'indifferenza, nei confronti delle follie di massa, viene usata dal sistema non solo quando esso sa di non avere i mezzi democratici per superare la propria crisi strutturale, ma anche quando aspira a giocare, in ultima istanza, la carta dell'autoritarismo. Solo che per giocare tale carta il sistema ha bisogno dell'indifferenza dei progressisti e della follia delle masse ignoranti, che si lasciano strumentalizzare. La dittatura infatti non è cosa che si possa imporre senza incontrare resistenze di sorta.

Se l'opposizione sceglie l'indifferenza, lo fa in genere per due ragioni: o non sa come risolvere concretamente le contraddizioni del sistema (era la posizione del liberalismo crociano), oppure spera di poterle risolvere solo dopo che esse, da sole, hanno portato il sistema al crollo (era la posizione del socialismo riformista).

ORIGINI PSICO-SOCIALI DEL FASCISMO

Nei paesi capitalisti, quando le crisi sistemiche raggiungono punte tali da non permettere più alla borghesia il tranquillo governo dei suoi interessi privati, normalmente si fanno strada teorie che da un lato sono populistiche, in quanto dicono di rifarsi alla volontà popolare, e dall'altro sono autoritarie, in quanto, di fatto, si servono della volontà popolare per affermare una dittatura di tipo fascista.

Queste teorie ottengono in maniera relativamente facile il consenso di quegli strati sociali che non sanno farsi valere nei periodi di crisi, né in senso democratico, cioè trasformando l'individualismo anarchico in una democrazia popolare autentica, né in senso borghese, non avendo forze o capacità sufficienti per realizzare un proprio business o per assumere ruoli istituzionali di rilievo.

Ai suoi esordi, il fascismo ha bisogno dell'appoggio di masse incapaci non solo di vero spirito imprenditoriale ma anche di autentico senso democratico. Il fascismo è in grado di garantire, da un lato, l'illusorietà di una vera democrazia economica, e dall'altro l'illusorietà di un'appartenenza di popolo. L'individuo isolato, di scarsa iniziativa imprenditoriale o di debole consapevolezza critica, si sentirà maggiormente protetto da quel partito autoritario che governerà per lui.

A questo punto è facile rendersi conto che la democrazia parlamentare è solo un intralcio alla realizzazione delle idee fasciste. Essa non è sufficientemente demagogica, in quanto non permette un contatto diretto, immediato, con le masse.

Paradossalmente il fascismo afferma una democrazia più diretta di quella borghese-parlamentare, ma, proprio perché si tratta di "fascismo" e non di "parlamentarismo", il rapporto con le masse viene ad essere vissuto in modo ancor più strumentale.

Il fatto è purtroppo che in occidente siamo talmente abituati agli eccessi dell'individualismo, che ogni manifestazione di partecipazione democratica si presenta viziata da una falsità di fondo, che è tanto più accentuata quanto più si cerca di far leva sul consenso popolare.

Le civiltà pre-antagonistiche vivevano il collettivismo con più naturalizza e, in tal senso, anche con più ingenuità. Ancora non conoscevano le doppiezze e le astuzie della personalità individualistica, la cui ampiezza e profondità è notevolmente aumentata da quando è stata adottata l'ideologia ebraico-cristiana. La persona era tale solo se si considerava parte di un tutto, al di fuori del quale non era nulla. Anche oggi le dittature dicono la stessa cosa, e lo dicevano persino l'idealismo filosofico oggettivo di Hegel e Gentile, ma il riferimento alla "totalità" riguarda un mostro che di umano non ha nulla: lo Stato.

Avendo puntato tutto sulla valorizzazione del singolo proprietario, l'occidente borghese, ogniqualvolta ha tentato di recuperare lo spirito collettivistico, non ha fatto altro che generare forme disumane di convivenza. Sotto questo aspetto il "socialismo reale" va considerato come una forma di individualismo politico innestata in un territorio avente tradizioni collettivistiche.

I fatti hanno dimostrato che non è possibile recuperare lo spirito del collettivismo misconoscendo tutte le caratteristiche delle civiltà pre-antagonistiche.


Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Politica - Socialismo democratico
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Aggiornamento: 11/12/2018