PROSPETTIVE POST-CAPITALISTICHE

IDEE PER UN SOCIALISMO DEMOCRATICO
L'autogestione di una democrazia diretta


PROSPETTIVE POST-CAPITALISTICHE

Se uno dovesse misurare il valore di sé, come persona, sulla base del criterio di valore dominante in questa società, il denaro, con cui si tende a dare valore ad ogni cosa, non riuscirebbe a resistere alla tentazione di rinunciare a qualunque valore extra-economico. Cioè il passaggio dal primato dell'etica a quello dell'economico, che comporta sicuramente una lacerazione interiore, produce una sorta di effetto a domino, in cui qualunque valutazione che potrebbe essere soggetta a parametri etici diventa di fatto patrimonio esclusivo del dio quattrino.

Non solo, ma nella mente di questo soggetto amorale facilmente s'insinua la convinzione che sia possibile conservare una propria identità morale, o una propria legittimità sociale, dedicandosi in toto ai traffici commerciali, o comunque concedendo a questi traffici un'importanza che la democrazia non dovrebbe concedere. Il fatto è che in una società borghese questa trasformazione interiore viene sempre più avvertita come un fenomeno naturale.

Al punto che in questa società il soggetto che si pretende o che vuole essere morale, appare all'opinione che dai media viene fatta passare per dominante, come un soggetto isolato.

Ovviamente sarebbe assurdo sostenere che in una società borghese la moralità è possibile solo a titolo personale o privato. Se il soggetto vive pubblicamente una vita borghese, è borghese anche nella vita privata, nonostante i camuffamenti delle varie religioni; se invece il soggetto subisce le leggi del capitale con rassegnazione e in privato si sforza di salvaguardare la propria moralità, allora bisogna dire con franchezza che è illusorio pensare di poter conservare la propria moralità in un atteggiamento del genere.

Sono solo gli ingenui che credono nell'equazione "assenza di profitto=sicura moralità". Spesso anzi è vero il contrario: la precarietà economica porta facilmente i marginali a vivere un'esistenza priva di valori, soggetta a qualunque forma di compromesso. Il capitalismo genera "disumanità" non solo a causa del denaro ma anche a causa della sua mancanza.

Infatti il capitalismo non è solo economia ma anche cultura del denaro, cioè consumismo, abbondanza, spreco, speculazione ecc. E' il trionfo dell'idea di mercificazione. Questa cultura penetra anche nelle menti dei marginali, che così vivono la loro esistenza con rancore, invidia, gelosia ecc.

L'esperienza dovrebbe quindi indurci ad affermare che non esiste alcuna condizione sociale che di per sé possa garantire livelli più o meno grandi di eticità. Tutto dipende sempre dal livello di consapevolezza che si possiede.

Di regola le persone marginali sono persone "di valore" quando fanno della loro oppressione un motivo di riscatto sociale della classe cui appartengono. Non è, beninteso, la politica che dà dignità alla coscienza morale, ma la politica può offrire gli spazi necessari perché la moralità possa vivere e svilupparsi come coscienza collettiva.

Naturalmente è da scartare a priori l'idea che la società del futuro debba essere priva di commerci. Di per sé il mercato non è immorale: è piuttosto l'idea di dover vivere per il mercato a rendere impossibile l'esistenza. E' la dipendenza dalle leggi del mercato e soprattutto da quelle dei monopoli che distrugge ogni forma di libertà.

Il mercato ha senso quando la società è basata sull'autoconsumo. Anzitutto i cittadini, valorizzando le proprie risorse locali, devono fare in modo di potersi garantire il minimo della sopravvivenza; poi possono pensare di affidare al mercato il loro surplus o le loro esigenze rimaste insoddisfatte.

Chi sostiene che solo il mercato garantisce la qualità delle merci, dimentica sempre di aggiungere che per ottenere questa qualità molte persone devono pagare dei prezzi moralmente inaccettabili e che spesso solo poche persone traggono veri benefici da questa qualità.

E' quindi preferibile meno sofisticazione nelle merci e più garanzie sociali per tutti. Anche la sicurezza della propria sopravvivenza fa parte dei beni primari da salvaguardare. Questo senza considerare che è tutto da dimostrare che la qualità delle merci capitalistiche sia tale da risultare assolutamente innocua per gli interessi della natura.

Vanno tenacemente combattute le espressioni di chi sostiene che se non si riduce il costo del lavoro non si può essere competitivi. Semplicemente perché la competitività acquisita riducendo il costo del lavoro non si traduce mai in una maggiore sicurezza sociale.

ORIGINE E FUTURO DEL CAPITALISMO

Perché il capitalismo non è nato nel mondo romano? Perché mancava il cristianesimo, o meglio, il suo tradimento.

Ciò è in un certo senso paradossale: l’assenza del cristianesimo ha impedito la nascita del capitalismo invece di favorirla. Eppure il capitalismo è nato a causa della crisi del cattolicesimo occidentale.

Questo significa che il capitalismo non sarebbe mai potuto nascere se non ci fosse stato un grande ideale (in decadenza) da distruggere.

Ma questo significa anche che, al momento di nascere, il capitalismo ha avuto bisogno di affermare degli ideali non meno elevati di quelli cattolici in decadenza, per poter essere accettato dalle masse.

Il fatto che le masse non si siano subito accorte della falsità di questi ideali borghesi, la dice lunga sul tipo di crisi che stava attraversando il cattolicesimo-romano.

Ora, se c’è una cosa che andrebbe studiata è proprio l’origine storica di questa crisi del mondo cattolico, che va sicuramente messa in relazione alla rottura dei rapporti col mondo cristiano-ortodosso dell’Europa orientale.

Quando saranno chiarite le responsabilità della chiesa romana nella formazione di una mentalità anticristiana, bisognerà poi occuparsi dei tradimenti che la stessa chiesa ortodossa ha operato nei confronti dell’autentico messaggio di Cristo (tradimento che si può rilevare nell’elaborazione degli stessi vangeli e soprattutto nell’ideologia paolina).

Una problematica di questo genere risulterà ovviamente del tutto estranea alla storiografia USA, che praticamente ha a che fare con una nazione nata protestante (calvinista in particolare). Gli USA potranno essere aiutati a recuperare le radici della democrazia sociale, riscoprendo il valore delle società e culture pre-colombiane.

Viceversa, in Europa occidentale non esiste più nulla di pre-capitalistico. Le uniche realtà esistenti si trovavano nella parte orientale, almeno fino a quando il socialismo amministrato non ha cercato di inglobarle nel proprio statalismo.

Se in Europa orientale non riscoprono il valore delle civiltà pre-capitalistiche, costruendo un socialismo moderno veramente democratico, saranno costretti a riprodurre il modello capitalistico attualmente egemone a livello mondiale. Il che sarebbe catastrofico per l’intera umanità, poiché il capitalismo può sussistere solo se accanto a pochi paesi sfruttatori ne esistono tanti che si lasciano sfruttare.

Anche da questo si comprende che il capitalismo non ha futuro. Se si facesse una nuova guerra mondiale per rimescolare le carte dello sfruttamento internazionale, le conseguenze sarebbe tragiche per gli stessi paesi capitalisti (di vecchia e nuova data), poiché con gli attuali arsenali nucleari difficilmente potrebbero esserci dei vincitori.

Se in futuro esisteranno delle potenze che vorranno dominare la scena mondiale, esse non potranno certo utilizzare i metodi (vecchi e nuovi) del capitalismo. La loro forza bellica dovrà essere messa al servizio di ideali che, almeno in apparenza, dovranno sembrare più grandi di quelli del capitalismo.

STATO, MERCATO E LEGGI DI NATURA

Comuni, Signorie, Principati, Stati-Nazione, Imperi... La borghesia s'è sviluppata in maniera progressiva, non perché ha creato un "progresso" per l'umanità, ma perché l'ha fatto lentamente, tant'è che ad ogni grave crisi del suo sistema o stile di vita essa è riuscita, o con la forza o con l'astuzia, a riprendersi, allargando addirittura la propria sfera d'influenza.

Nessuna forza che le si opponeva è mai riuscita a invertire la rotta: nessuno è mai riuscito ad approfittare, definitivamente, delle sue crisi, dei drammi e delle tragedie ch'essa creava. La borghesia ha indotto le masse a credere di poter risolvere i propri problemi semplicemente usando altri mezzi e modi, più potenti dei precedenti.

In quest'ultimo millennio la borghesia non ha fatto altro che aumentare il proprio potere, sottomettendo un numero sempre più grande di persone. La forza, la resistenza, l'abilità e l'astuzia della borghesia nel cercare di sopravvivere e, anzi, di espandersi è stata enormemente sottovalutata.

La borghesia ha avuto buon gioco proprio perché i suoi avversari, che detenevano il potere prima ch'essa riuscisse a imporsi (e cioè le classi aristocratiche, laiche ed ecclesiastiche), non avevano alcun titolo per dimostrare che il loro stile di vita era qualitativamente migliore; tant'è che quando s'è trattato di combattere con le armi il diffondersi dei mercati, quelle classi non si sono mai alleate né coi contadini né con gli operai. Anzi, contadini e operai si sono lasciati coinvolgere, ingenuamente, dalla stessa borghesia, i cui diritti, essendo essa all'opposizione, apparivano più giusti dei privilegi millenari rivendicati da clero e nobiltà.

E quando contadini e operai, insieme alla borghesia, han vinto la loro battaglia contro le classi parassitarie della rendita feudale, essi non han chiesto alla borghesia alcuna vera contropartita: si sono sacrificati per nulla, si sono lasciati ingannare, si sono illusi di poter diventare davvero liberi, di poter addirittura diventare ricchi come i borghesi.

Invece la borghesia li ha traditi subito e, piuttosto che vederli emancipare, liberarsi delle loro catene ancestrali, ha stretto alleanze coi nemici d'un tempo, i quali non chiedevano di meglio.

Dopo essersi guadagnata il potere economico, la borghesia voleva anche quello politico e non era disposta a spartirlo con chi avrebbe potuto contestarla per i suoi metodi disumani d'arricchimento, anche se formalmente leciti, legalmente ineccepibili.

La borghesia ha saputo ingannare le masse meglio di qualunque altra classe sociale. E nessuno ha saputo accorgersi in tempo che quando essa, a causa delle proprie intrinseche contraddizioni, subiva preoccupanti rovesci, quello era il momento giusto per abbatterla. Forse l'unica vera eccezione è stata la rivoluzione d'Ottobre, peraltro tradita subito dopo la morte di Lenin.

Sicché in realtà è stata la stessa borghesia che ha saputo approfittare delle proprie crisi, ampliando ulteriormente i propri poteri. Essa ha creato delle trasformazioni ancora più pericolose delle precedenti.

Il capitalismo, p.es., nacque nell'Italia cattolica, ma si sviluppò nei paesi protestanti. Le guerre di religione in Europa, tra cattolici e protestanti, posero le basi per lo sviluppo impetuoso degli Stati Uniti, paese calvinista per eccellenza. Le due guerre mondiali indebolirono enormemente l'Europa occidentale (soprattutto i due imperi coloniali di Francia e Inghilterra), a tutto vantaggio degli Stati Uniti. Le forze di sinistra s'illusero che due guerre così devastanti sarebbero state sufficienti per frenare lo sviluppo del capitalismo o, quanto meno, per regolamentarlo attraverso uno Stato cosiddetto "sociale". Invece il capitalismo s'è diffuso in maniera vertiginosa dagli Usa al Giappone, dal Giappone al Sud-est asiatico e poi in tutto il mondo. Le guerre mondiali non hanno fatto altro che spostare il baricentro del capitale dall'Europa occidentale agli Stati Uniti, dall'Atlantico al Pacifico. Le singole nazioni europee si sono distrutte reciprocamente, permettendo a una supernazione, oggi di 300 milioni di abitanti, di dominare incontrastata la scena internazionale.

Oggi, se scoppiasse una terza guerra mondiale e gli Usa venissero sconfitti e crollasse l'intero occidente, come una locomotiva che, deragliando, si trascina con sé tutti i vagoni, nuove supernazioni capitalistiche, come la Cina e l'India, che da sole hanno un terzo di tutti gli abitanti del pianeta, subentrerebbero alle precedenti, senza alcuna difficoltà, avendo esse da tempo acquisito, proprio grazie all'occidente, i criteri per fare affari sui mercati mondiali.

Questo spiega perché il problema non è più solo quello di come abbattere l'attuale sistema, ma è diventato anche quello di come impedire che venga ereditato dall'Asia. E, a tale proposito, i modi fondamentali per poterlo fare sono soltanto due, quelli previsti dalla storia (non dobbiamo inventarci nulla):

  1. sostituire il mercato con l'autoconsumo, che era lo stile di vita antecedente alla nascita dello schiavismo e che, nel periodo medievale, ha convissuto con la rendita parassitaria delle classi feudali e col clericalismo della chiesa romana;
  2. sostituire lo Stato (che nella sua forma embrionale è nato appunto con la nascita dello schiavismo o del servaggio forzato) con l'autogestione di collettivi autonomi, democratici, basati sull'autoproduzione e quindi sull'autoconsumo, disposti al baratto solo per i prodotti eccedenti il fabbisogno quotidiano.

Stato e mercato sono due facce d'una stessa medaglia, che vuole dire, sostanzialmente, "delega di poteri" (politici ed economici), ovvero "rinuncia all'autonomia", ovvero "spersonalizzazione" o "deresponsabilizzazione".

Dobbiamo recuperare noi stessi, la nostra identità umana. E, per farlo, non c'è altro modo che lasciarsi guidare dalle leggi della natura.


Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Politica - Socialismo democratico
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Aggiornamento: 11/12/2018