TEORIA E PRASSI

IDEE PER UN SOCIALISMO DEMOCRATICO
L'autogestione di una democrazia diretta


TEORIA E PRASSI

Non si può rischiare di cadere nell'ingenuità di credere che la costruttività di una posizione esistenziale o sociale possa dipendere, sic et simpliciter, dalla capacità ch'essa dimostra di contestare lo status quo. La verità di una posizione pratica non può essere dimostrata dalla verità della posizione teoretica ch'essa esprime. La verità di una prassi può essere dimostrata solo praticamente. E di regola il compito di tale dimostrazione spetta alla storia, non tanto ai soggetti che hanno elaborato determinati principi.

Questo senza considerare che nessuna verità concernente la libertà umana può essere dimostrata praticamente, proprio perché la "verità" (della "libertà") non è un concetto empirico, che possa in qualche modo essere "dimostrato". Si possono constatare delle conseguenze, causate da determinati atteggiamenti culturali, ma la verità, essendo strettamente connessa alla libertà, implica un coinvolgimento della coscienza personale, che va al di là di ciò che può o non può essere tecnicamente o concretamente dimostrato.

Generalmente, a una critica acuta, estrema, radicale delle contraddizioni sociali è sempre preferibile una critica che parta da posizioni pratiche più integrate nel sociale o che comunque sia in grado di evolvere verso un coinvolgimento graduale in un progetto riformatore o addirittura rivoluzionario. Indubbiamente in una società fortemente borghese, un'evoluzione del genere non avviene quasi mai, poiché la coscienza si corrompe e si piega, in maniera relativamente facile, a fatali compromessi. Lenin infatti diceva che mentre in Russia era facile iniziare la rivoluzione e difficile proseguirla, in Europa occidentale era vero il contrario.

Perché un soggetto diventi rivoluzionario occorrono, se vogliamo, dei traumi esistenziali (a Lenin, p.es., morì il fratello terrorista, impiccato dallo zar) o una vita economicamente precaria, disagiata (come quella che condusse Marx). E' molto difficile che in una società borghese un intellettuale possa pervenire alla verità delle cose partendo da posizioni borghesi, o comunque è molto facile che, dopo esser pervenuto a una verità oggettiva delle cose, l'intellettuale ricada nel limite tipico di questa società: l'opportunismo dettato dalle esigenze del benessere materiale. 

D'altra parte quando un'intera società è profondamente borghese, i traumi sono all'ordine del giorno (soprattutto nelle periferie neocoloniali): il che dovrebbe, in teoria, rendere più frequenti gli atteggiamenti contestativi. Ma così, purtroppo, non è. Non basta infatti lo sfruttamento per compiere la rivoluzione, e neppure la coscienza dell'oppressione, altrimenti il marxismo non avrebbe avuto bisogno del leninismo: occorrono anche una teoria e una strategia rivoluzionarie.

Il migliore atteggiamento rivoluzionario è quello che difende i valori pre-borghesi, poiché tale atteggiamento non è frutto di un'alienazione interna alla persona ma solo esterna, nel senso che il soggetto può essere stato espropriato dei mezzi che gli permettevano di vivere materialmente, senza per questo essere stato espropriato di valori e tradizioni passate. Tuttavia, molti rivoluzionari (p.es. i populisti) facevano del loro legame col sistema pre-capitalistico una sorta di garanzia in bianco e si illudevano di poter risolvere in maniera relativamente pacifica le proprie controversie con l'incipiente stile di vita borghese. Ancora non avevano sperimentato su di loro tutte le amarezze e le frustrazioni del capitale.

L'altro atteggiamento rivoluzionario, quello più risoluto, è tipico di chi vuole costruire valori post-borghesi e questo ovviamente accade solo dopo aver constatato la perdita definitiva, irreversibile, di quelli pre-borghesi. Tale atteggiamento rivoluzionario è molto aggressivo, perché frutto di un'alienazione insopportabile, personale e materiale. Spesso infatti sfocia nell'anarchismo, se non nel terrorismo distruttivo, fine a se stesso. Ci vuole una grande maturità (e Lenin p.es. l'aveva) perché la rivoluzione si mantenga nei limiti del buon senso.

La cosa migliore sarebbe quella di conciliare le due posizioni rivoluzionarie (pre-borghese e post-borghese) al fine di realizzare un obiettivo comune, che tenga conto dei valori antichi e nuovi. Se la civiltà rurale lotta contro la borghesia, senza pensare al socialismo, è senza dubbio destinata a perdere la guerra (storicamente infatti le ha perse tutte), perché non ha la scaltrezza sufficiente, gli strumenti più idonei per potersi difendere.

Ma se le forze operaie vogliono combattere il capitalismo senza tener conto di quelle contadine, la sconfitta è non meno certa, perché gli operai non sono in grado di resistere a lungo senza l'appoggio dei contadini. Per un operaio il salario è tutto, per cui può essere facilmente ricattato. E una volta occupate le fabbriche che farebbe senza l'appoggio delle masse contadine? Lenin ad un certo punto lo capì, ma non fece in tempo a farlo capire a tutto il suo entourage.

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Nessuna cosa è più importante di quella di come risolvere i problemi concreti della gente. Non si può acquistare la fiducia della gente se non sul modo in cui si affrontano e risolvono i problemi comuni.

L'unica vera garanzia di autenticità di una persona la si può misurare sulla base dell'impegno dimostrato nel cercare di risolvere i problemi della gente, considerando peraltro che spesso i problemi più grandi non sono che la somma di molti piccoli problemi.

La validità di una teoria va dimostrata quotidianamente nella prassi. Il leader che si allontana da questo principio, anche momentaneamente, rischia di perdersi e, perdendosi, di ingannare la gente.

Se invece sono i cittadini che non credono nei propri dirigenti, allora questi devono avere l'umiltà di dimettersi, lasciando che i cittadini si assumano tutte le responsabilità delle loro decisioni.

La coerenza di teoria e prassi non è un tirocinio per una futura attività, ma è ciò che occorre per affermare l'integralità della persona umana, che ha bisogno di verificare costantemente la verità di ciò in cui crede.

Chi pensa di poter rinunciare a tale coerenza, dedicandosi soltanto alla ricerca intellettuale, ai grandi progetti culturali, senza entrare nel vivo dei problemi sociali, perde il suo tempo, in quanto una teoria sganciata dalla relativa prassi è falsa in partenza, o tende a impoverirsi, anche se in astratto appare più giusta di altre. E' facile essere coerenti quando non ci si misura con la realtà.

La storia si preoccuperà di dimostrare che i migliori cittadini sono stati e sempre saranno quelli che avranno vissuto con coerenza, nella vita quotidiana, i principi in cui idealmente credevano. Saranno infatti gli stessi cittadini che più di altri avranno cambiato atteggiamento al mutare delle circostanze e avranno evitato di restare legati ai loro principi solo per una ragione di astratta coerenza.

La coerenza è per i bisogni umani e non questi per quella. La teoria va commisurata alle esigenze pratiche: i voli pindarici non portano da nessuna parte. In tal senso il dominio dell'attività intellettuale su quella manuale non farà che aumentare i conflitti sociali, proprio perché non è un atteggiamento naturale. Il potere politico degli intellettuali facilmente perde il senso della realtà.


Le immagini sono prese dal sito "Foto Mulazzani"

Web Homolaicus

Enrico Galavotti - Homolaicus - Sezione Politica - Socialismo democratico
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Aggiornamento: 11/12/2018